Poesia - Mazzamarilli

Nell’aria insolitamente tersa
si stagliano oggi
i vecchi coppi ordinati,
confusi dall’oscurità.

Dietro, il nudo tiglio maestoso
lancia i rami affilati
a sfiorare l’azzurro.
Solo qualche nodo antico
offre ora riparo alle umide tortore
che infrangono a tratti
la trasparenza dell’aria.

Appena un filino di nebbia
confonde la luna
e mi ricorda le brume silenti
che qui sono di casa.
I miei occhi
rubano avidi
l’immagine
di tal splendido quadro.
Stanotte lo appenderò
nel mio cuore,
a rivivere i giorni lontani
vissuti con gli elfi
e con i mazzamarilli.

Ed è subito un muoversi
di canne agitate
nell’aria senza vita,
un ululare vago di tramontane,
un guizzare di rossi e di ori,
un  tintinnare allegro di campanelli.

E dal buio recente di ieri
l’immagine cara riappare
e subitanea richiama
le mitiche fiabe di un tempo,
quando trepida la fantasia
spiava le gelide nebbie palustri
e sognava.

Calda l’angusta dimora,
appena decorosa,
sembrava allora una reggia
e gli ori e le tramontane
evaporavano  come d’incanto
sulla ghisa della stufetta,
lucida e tersa,
nel  lucore del suo smalto bianco.

Tenere piccole tortore,
umidi ammassi di piume
sul tiglio solitario,
grazie per aver fermato il mio tempo
ad un sabba primordiale.