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Ricordi Scuola 36 - Noi, un bosco








In quei cinque anni dedicai tutta me stessa all’innovazione, alla sperimentazione, all’educazione di nuove generazioni.
Dopo quei cinque anni, ci furono ancora cinque anni con due sezioni e tanti bambini, e ancora altri cinque con altre due sezioni.

Tantissimi furono gli spunti raccolti per proporre agli alunni attività interdisciplinari che avevano sempre l'obiettivo di sviluppare più abilità e competenze ad un tempo.
Così, in tutti questi anni di sperimentazioni, esperienze didattiche, progetti ne ho avuti e organizzati davvero tanti.
Ne evidenzierò solo alcuni, così come mi tornano semplicemente alla memoria, perché possano offrire un piccolo quadro delle atmosfere che i miei alunni hanno vissuto con me.



Noi, un  bosco


“Noi, un bosco” l’ho ancora nel cuore.
L’esperienza fu così entusiasmante che l’ho ripetuta più volte.

Immaginate un intero lungo corridoio della scuola tappezzato, da ambo le parti, di spessa carta da pacco, sulla quale cresceva un bosco meraviglioso, molto intricato e suggestivo, un bosco vivo e palpitante!
Per realizzarlo, uno per uno, ogni alunno si era steso con braccia e dita allargate, mentre l’insegnante e i compagni riportavano grossolanamente la sua sagoma sul cartellone dando vita ad un albero.
Spesso le sagome si sovrapponevano formando un intrico di rami e tronchi spettrali.
Ogni alunno dipingeva con le tempere il suo sé-albero, rifinendolo con pennarelli neri e quant’altro.

Il bosco attraversava tutte le stagioni: l’autunno con l’aiuto di foglie rosso-arancio volteggianti nell’aria e sul terreno; l’inverno con fiocchi di neve a tempera o di cotone incollati; la primavera con  un tripudio di fiori di pesco, dipinti o in carta crespa, ed uccellini e farfalle; infine, l’estate con il mare all’orizzonte e molto verde.
Il bosco rimaneva lo stesso, ma il suo aspetto-umore cambiava lentamente nel corso dei mesi.
Un po' proprio come noi, sempre gli stessi e pur mutati dal tempo.

Percorrendo da un capo all'altro il corridoio della scuola, la sensazione era fortissima.
Circondati da forme tanto alte in movimento e da tutto quel colore, l'illusione di trovarsi in mezzo ad un bosco vero era facile e verosimile.

In termini di obiettivi, per i bambini la magia di quel bosco consentiva di esplorare lo spazio, conoscere il proprio sé corporeo, sviluppare il senso artistico applicandosi a numerose tecniche espressive, mettersi in relazione con gli altri in un sistema strutturato nella realtà ma anche nella rappresentazione simbolica, ampliare la capacità di collaborazione, rafforzare la propria autostima attraverso la ”bellezza” dell’elaborato che ognuno aveva contribuito a realizzare in modo cosciente e organizzato.

Quale fu il valore aggiunto?
In fondo tracciare la sagoma di un bambino era cosa scontata, che in generale si faceva.

A mio avviso, la differenza stava nel fatto che non si trattava di una semplice operazione ripetuta e meccanica fatta dall'insegnante.
In questo caso gli alunni erano protagonisti e dovevano procedere da soli partendo da uno spunto fornito.
L'insegnante forniva un aiuto solo se indispensabile.
Per esempio, dopo aver tracciato la sagoma del compagno, l'insegnante controllava che la stessa fosse completa e comprensibile, prima di far procedere a sovrapporne di nuove con un altro gruppo di lavoro. E  via così.

Tuttavia, la cosa più importante era il fatto che non si trattava di una forma inanimata disegnata tanto per fare, ma che c'era un progetto complesso che legava tutte quelle tecniche altrimenti fredde e sterili e che conduceva alla realizzazione di qualcosa di speciale, concreto e mai visto.
La parte emotiva era profondamente coinvolta e si estrinsecava in quella grande motivazione che sempre si respirava nella nostra  classe.

Dunque, al termine dell'esperienza, tutti erano stati protagonisti, nessuno escluso.
Tutti si erano sentiti utili, anzi indispensabili, mentre si  realizzava quella immagine grande e e complessa che li rallegrò e fece loro compagnia per l'intero anno scolastico!

Come non esserne orgogliosi?




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