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Ricordi Scuola 34 - In prima con i grandi numeri








Arrivò poi il 1998, anno in cui avrei lasciato l’insegnamento dell’Inglese come insegnante specialista e sarei tornata a riprendere il ruolo normale.

Infatti si sentiva dire da più parti che gli insegnanti specialisti stavano per essere eliminati in quanto erano stati formati molti docenti specializzati, che avrebbero provveduto ad insegnare l’inglese nelle propria classe, come previsto dal progetto generale del Ministero.
Avevo qualche dubbio, ma non volevo rischiare di perdere la sede in cui lavoravo che mi era davvero molto comoda.
E poi a me l’Italiano piaceva moltissimo:  mi offriva tanti spunti di approfondimento psico-pedagogico e didattico, mi consentiva percorsi interdisciplinari complessi e mi apriva finestre di conoscenze personali che mi attraevano come sirene!
Così chiesi di rientrare nel ruolo normale.

Ancora una volta, mi  fu  assegnata una classe prima: vi  avrei insegnato -  udite! udite! - quasi tutte le materie!

Quell’anno,  a causa della costante diminuzione delle nascite, era stato possibile formare una sola sezione di prima, invece delle solite due, quindi piuttosto numerosa.
Neanche a farlo apposta, in quel periodo veniva introdotta anche l’insegnante prevalente, figura ancora piuttosto nebulosa e controversa…  ma mi dissero che per legge andava attuata la nuova organizzazione,  per cui non mi restava che accettare la nuova sfida.
Per carattere non ho paura delle cose difficili, così affrontai quel grande grosso cambiamento con il mio solito sorriso.

Solo con il tempo capii che molti colleghi me ne attribuivano un significato politico, significato che non mi aveva neppure sfiorato quando il direttore didattico mi aveva comunicato che era necessario procedere secondo quanto previsto dalla legge vigente.
Avvenne, però, che mi trovai ad essere l’unica insegnante prevalente del Circolo e questo, come vedremo, non andava bene per svariate ragioni.
Tuttavia quell’anno fu meraviglioso!

Io mi occupavo dell’italiano, dell’inglese, della matematica, della musica, dell’immagine, mentre una seconda insegnante provvedeva a sviluppare l’area antropologica.
Questo per completare l’orario settimanale degli alunni che andava oltre le ventidue ore prestate da una singola insegnante.

Partii in quarta con l’Italiano e l’Inglese, forte delle mie precedenti esperienze.
Anche la musica e l’immagine mi trovarono creativa.
La cosa significativa di quell’anno, però, fu la matematica che non affrontavo da quando ero stata insegnante unica in provincia di Modena.
Naturalmente mi preparai a sperimentare: per me ogni cosa doveva essere speciale e motivante, mai ripetitiva e datata!

Era già da un po’ che seguivo un aggiornamento sulla nuova matematica.
Ci seguiva, in particolare, un professore dell'Università di Bologna.
Era un aggiornamento serio e strutturato, prolungato negli anni.
Così, decisi di partire con la sperimentazione che una sua allieva stava portando avanti, credo in Abruzzo, la quale si caratterizzava per lo studio della materia partendo in classe prima con i grandi numeri, di cui gli allievi avevano comunque esperienza.
Poteva sembrare strano, ma già a quell’età i bambini conoscevano molti grandi numeri.
Per esempio, riconoscevano che se uno di loro era alto 100 cm era più basso del compagno alto 110 o che il 54, età della nonna di Pierino, era più grande di 38, età della mamma di Elisa..

Le esperienze che facemmo insieme in questo settore furono divertenti e indimenticabili.
Oltre ai grandi cartelloni murali sui quali registravamo i dati, ricordo le strisce di spesso cartoncino, corrispondenti all’altezza di ogni singolo alunno, che vi aveva personalmente riportato il proprio nome e l’aveva colorata e decorata (evidenti gli spunti interdisciplinari).
Per i bambini era chiaro, sul cartellone che le riportava tutte, chi fosse il più alto e il più basso e, quindi, quali numeri fossero più grandi o meno grandi.
Poi ci pesammo con la bilancia, confrontammo i numeri delle strade e così discorrendo.

Anche gli alunni con maggiori difficoltà di apprendimento, partecipavano con buona soddisfazione di tutti.
Infatti potevano utilizzare i potenti mezzi dell’osservazione, del concreto, del fare, del fare insieme.
Appresero di riflesso con facilità numeri e quantità (da 0 a 20) previsti per la classe prima, mentre si sentivano importanti nel vivere esperienze che gli altri bambini di quell’età non vivevano né avevano vissuto nelle prime degli anni precedenti.
Naturalmente c’erano state anche tante altre diverse esercitazioni, senza dimenticare un po’ di insiemistica.

La sperimentazione messa in atto riuscì pienamente ed i dati furono inseriti in quella generale che stava interessando alcune scuole di altre regioni italiane.
Purtroppo non mi fu possibile proseguire con questa nuova matematica in classe seconda.
Mi sarebbe piaciuto molto, perché avevo scoperto sul campo ancora una volta quanto potesse essere bella e interessante la matematica, solo a volerlo, trovando il coraggio di esplorare nuovi sentieri di gioco-apprendimento.





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