La cinciallegra
La maledizione si attuò quel giorno di fine inverno in cui la temperatura era scesa così tanto da disegnare trine di galaverna in ogni anfratto.
Il primo treno del mattino fischiò all'improvviso, senza riguardo alcuno, con tutta la forza del suo congegno meccanico.
Sotto il ponte di ferro, il nido della cinciallegra dondolò paurosamente al passaggio del velocissimo convoglio finché non si staccò quasi del tutto dal pilone, che con il ponte aveva fornito protezione fino a quel momento.
Le pagliuzze gelate entravano nella carne dell'uccellino come aghi acuminati. A niente le servivano le sue belle piume, quelle di cui andava tanto fiera. Si strinse al suo compagno, ma questi non dava cenno di risposta.
Sarebbe morta? No, non poteva. Doveva ancora deporre le sue preziose uova.
Cosa era successo? Faceva davvero freddissimo. Eppure era quasi primavera... Che tristezza!
La povera cinciallegra si sentiva sempre più debole... più debole... debolissima.
Sì, sarebbe morta così, senza neppure poter dare una beccatina amorosa al suo compagno.
Ne era sicura. Anche se il nido non si fosse irrimediabilmente staccato, sarebbero comunque morti lì, dondolando nel vuoto e intirizziti dal freddo.
Il tempo lentamente continuava a soffiare la sua tristezza sul ponte spettrale.
La povera cinciallegra si preparò a morire.
Pian pianino si allontanò dal quel luogo di paura, seguendo un confortante profumo di zagare, mentre cercava di raggiungere un campanile che sembrava chiamarla con il suono delle sue campane.
Il treno era ormai lontano.
Poi un raggio di sole spuntò all'orizzonte. In lontananza un grattacielo lo accolse e brillò di lucente cristallo. Il ghiaccio luccicò ancora per un po', poi goccia dopo goccia si sciolse nella polvere.
Ecco, il nido si era fermato. Il giorno era ormai alto.
La cinciallegra aprì gli occhi e vide il suo compagno che, di ritorno con un rametto nel becco, si accingeva a riparare il loro rifugio.
Avrebbe deposto le sue uova preziose!
La vita aveva vinto ancora una volta.
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