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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



F I L O - la RIVISTA de "La Panchina" n. 14

  

      

   



Filo

un filo di parole da 0 a 100 anni

quindicinale di opportunità

“La Panchina” editrice  

n. 14 - 27.3.2024



Editoriale

Salve,
lettori di F I L O.
Ben felici di avervi qui con noi.
Come va?
Prima di lasciarvi alle nostre rubriche,
che spero troverete  interessanti,
vorrei intrattenermi un breve tempo con voi
per augurarvi una 

Buona Pasqua

una Pasqua davvero serena,
a dispetto di tutte le tensioni
che il mondo ci propina,
piccole e grandi,
lontane da noi o molto vicine.
Proviamo ad accantonare
per questo tempo di rinascita
tutto ciò che ci preoccupa e ci dà ansia.
Con la primavera che avanza piena di luce,
questo non è poi tanto difficile, vero?
Perdiamoci nei colori della Natura
e lasciamoci trasportare
dagli zefiri gentili delle parole.
Ne troverete tante anche qui a seguire,
pensieri ed emozioni,
che ci faranno ritrovare
calma, chiarezza
e serenità nel giudizio.
Dunque,

Mille Auguri

e buona lettura! 
 
Vanina


Leggi con me  Leggi con me  Leggi con me

a cura di Monica T.
Carissimi lettori,
grazie per tutti i messaggi e le lettere che mi avete inviato in questo periodo!
Torniamo al “FILO” con i diari con “Il diario londinese” di Lorenza Mazzetti, edito da Sellerio Editore Palermo.
Questo libro ha una tipologia di diario diversa rispetto agli altri che vi ho proposto: non annotazioni giornaliere come per Sof'ja Tolstaja, ma scrittura di ricordi personali come testimonianza dei fatti accaduti.
Riporta due tipologie di scrittura. Una narratrice delle sue vicessitudini  da Firenze a Londra  per riuscire a realizzare il suo sogno, l'altra poetica, puntualmente descrittiva dei ricordi dell'infanzia con la sorella gemella e gli zii ebrei.
Ho ammirazione per la tenacia con cui Lorenza ha superato tante difficoltà e per le decisioni prese per riuscire a fare per i suoi film il Free Cinema.
Vi invito a leggere questo libro percorso da una fervida energia creatrice, di giovinezza e di voglia di sorprendersi.


Risponde Vanètte

a cura di Vanina DG.

Eccomi ancora con voi, carissimi lettori! Vengo subito al sodo  con il nuovo quesito.
So che siete in molti a non amare l'organizzazione delle feste in famiglia e, infatti anche Elena di Carpi mi propone una domanda su questo argomento, la cui risposta potrebbe interessare molti di voi. In particolare, mi ha colpito molto che la sua richiesta di un mio parere parta dalla lettura di una pagina proprio del blog "La Panchina" di cui la nostra rivista è un interessantissimo approfondimento. Bianca, una delle protagoniste del terzo libro nato da "La Panchina" e in via di pubblicazione, ha proprio il problema di come accogliere la famiglia di suo marito che, invece di godere dello stare insieme, spesso critica il suo operato e non è mai contenta di quello che trova.
Ad Elena di Carpi capita spesso di avere come Bianca il mal di stomaco nei giorni precedenti le festività e adesso ci risiamo. In questo caso stiamo parlando di Pasqua e, anche se il detto recita "Natale con i tuoi e Pasqua con chi vuoi", è evidente che in questa casa di Carpi c'è l'abitudine di trascorrere insiene anche la Pasqua.
Dunque, come potrebbe fare Elena a superare questo disagio che rende conflittuale qualsiasi bel momento di riunione in casa sua? Mi dice chiaramente che a Natale quando è lei ad andare in casa dei suoceri, lei si sente più tranquilla e cerca di apprezzare tutto quello che sua suocera fa, cercando di lodare ogni più piccolo particolare positivo. Così rimane molto male quando vede che qualsiasi cosa lei metta in atto la suocera non le fa mai un complimento per quello che trova a casa sua e per come viene accolta con tanta gentilezza. Allora, cosa possiamo consigliare ad Elena?
Mi sento di rispondere ad Elena partendo da alcuni aspetti comunicativi che ci possono essere d'aiuto. Prima di tutto dovremmo convincerci, con onestà intellettuale, che ciò che facciamo noi è giusto, perché è il massimo di quello che di cui siamo capaci. Quindi offriamo con sicurezza le nostre scelte ai nostri ospiti, mandando il messaggio che noi stessi ci crediamo e che sappiamo che verranno apprezzate da tutti i convenuti. 
Avete mia sentito parlare della profezia che si autodetermina? Avendo un'aspettativa positiva è possibile influenzare la percezione degli ospiti che si chiederanno il perché di tanta sicurezza e finiranno con il cogliere gli aspetti utili a realizzarla.
Questo è uno spunto da cui partire, dopo di che cerchiamo di fare al meglio, senza ansia, quello che riteniamo giusto e, visto che è Pasqua ed Elena credo abbia un giardino, prepariamo un pranzo all'aperto con tanti rami fioriti, magari di pesco o di ulivo, apparecchiando una tavola insolita lontana dalle abitudini della suocera. Una certa eleganza, senza esagerare, potrebbe colpire questa donna che non critica la tavola in sé ma forse esprime una resistenza nei confronti della nuora, in un rapporto che non ha ancora risolto.
L'essere semplice e sicura, cara Elena, paga sempre. Un po' di gnocco fritto che ci sta sempre bene, una qualche frittatina con l'aceto balsamico e un buon lambrusco, cattureranno sicuramente la suocera, che si ritroverà nei suoi elementi culturali tradizionali. Non sono troppo difficili da realizzare ed il confronto con ciò che fa la madre di tuo marito non potrà nuocerti. Naturalmente uno o due piatti che portino la tua firma di nuora e di padrona di casa non potranno mancare, d'accordo?


Il fascino del giardinaggio

a cura di Lauretta G.

Oggi vi racconto di una sorpresa trovata in un grande giardino visto qualche giorno fa.
Stavo visitando una splendida villa con un altrettanto fantastico giardino del quale sono state salvate poche piante in vista di un rifacimento dello stesso. Ero sulla stupenda terrazza della villa quando una pianta conosciuta, sfuggita all'incursione del giardiniere di grandi dimensioni, ha colpito la mia attenzione. 
Grande, maestoso, faceva bella mostra di sé un bellissimo corbezzolo. Le sue dimensioni dicevano chiaramente che di anni ne aveva tanti e, grande sorpresa, mostrava piccoli frutti in fase di maturazione.
Grande piacere ho provato nel capire che il corbezzolo era stato graziato dal giardiniere, quindi avrebbe dato da assaggiare i suoi delicati frutti a quell'adorabile bimbo che abita la casa da un anno. Mi sono ricordata di quando io, piccola, non resistevo e rubavo, all'insaputa dei miei genitori quei dolci, coccolanti frutti di cui mi era stato detto di assaggiarne solo uno quando capitavo sotto all'albero.
Mi ci sono voluti parecchi anni per scoprirne casualmente il perchè. Il nome latino del corbezzolo è Arbutus Unedo, ciò vuole significare che nell'antichità consigliavano di mangiare un solo frutto. Perché? Forse perché un consumo abbondante di questi frutti può provocare disturbi sul funzionamento dell'intestino? Oppure perché storicamente si pensava che mangiandone molti si provasse una strana sensazione di ubriachezza. Per questo il Corbezzolo era la pianta sacra a Bacco. I suoi frutti vengono utilizzati per produrre un delicato liquore mentre i suoi fiori bianchi sono molto graditi dalle api, per cui si produce anche un ottimo miele di corbezzolo.
La pianta, sempreverde, può crescere fino a dieci metri. Produce fiori bianchi, frutti rossi e foglie carnose verdi; per questo motivo il poeta Giovanni Pascoli dedicò al corbezzolo i suoi versi simboleggiando in questa pianta la bandiera italiana che nel Risorgimento diventò il simbolo del Tricolore .
La pianta perenne  del Corbezzolo é spontanea nella macchia mediterranea e sulle coste atlantiche della Spagna e del Portogallo. Cresce senza problemi in terreni aridi, nei boschi. Si moltiplica per seme dopo il periodo tardo autunnale della fioritura e  poi l'anno successivo, nello stesso periodo dà i frutti sferici rossi e dolci. Praticamente nel tardo autunno sulla pianta vi sono sia i fiori che i frutti. Sembra che nel bosco, accanto al corbezzolo sia possibile raccogliere i funghi porcini. Io li cerco, ma non mi è ancora capitato di trovarli...


Persone e personaggi

a cura di Claudia B.

Stavolta voglio dare  un preciso titolo al mio articolo: la Balia. Fin da piccola ne sentivo parlare e mi fa piacere raccontarvi qualcosa in merito.
E' una figura per fortuna ormai scomparsa ma che ha avuto  un grande ruolo nella società fin dai tempi antichi. Per esempio, nell’antica Grecia si venerava la Dea Hera madre di Eracle che nell’antica Roma prendeva il nome di Giunone madre di Ercole,  mentre la dea Etrusca Uni allattava Ercole, tanta era ed è l’importanza dell’allattamento.
Dall’ottocento e fino alla metà del novecento circa, in Italia la Balia divenne una vera e propria professione, il Baliatico. Molte madri che appartenevano a famiglie facoltose e che non volevano allattare per non trovarsi escluse dalla vita mondana, ricorrevano alla Balia. Pensate  che non erano loro a scegliere la donna che avrebbe dovuto nutrire e accudire il loro bambino ma il suocero o il marito!
Sorse una sorta di Società per il Baliatico a cui potevano ricorrere per scegliere la persona di loro gradimento. Questo ufficio era sorto per garantire la corretta salute fisica e mentale della Balia. Preferibilmente veniva scelta quella proveniente dalla campagna perché intesa più robusta e quindi il suo latte più pregiato.
Le  nutrici emigravano anche all’estero e in particolare in Egitto, al tempo della costruzione del canale di Suez, dove si resero necessari ingegneri e architetti. Ovviamente era la condizione economica che le spingeva a lasciare il figlio da poco partorito a parenti o vicini. Vendevano praticamente il loro latte e dopo tanto sacrificio, al loro rientro, si sentivano criticate e denigrate come se avessero voluto lasciare la famiglia per andare a vivere in modo agiato.

D'altra parte erano oggetto d’invidia perché ovviamente venivano ben nutrite, considerate, indossavano belle uniformi e pure qualche gioiello che veniva loro regalato a ogni stadio di crescita del bambino che accudivano. Presentandosi poi al meglio davano lustro alla famiglia per la quale lavoravano.
Sapete a cosa si trovavano queste donne al rientro? Pensate che i loro figli più piccoli la riconoscessero come madre? Questa era l’ipotesi migliore. Lascio a voi pensare a quella peggiore. Ho letto di molte attrici e pure regine che hanno dato i figli a balia nemmeno troppi anni fa. Questa  pratica si è interrotta con l'arrivo del latte in polvere ma è passata alla storia.



Lo sapevate?

a cura di Silvana C.

Durante la colazione un bimbo, che non ha fame, si mette a sciupare una fetta di pane, sbriciolandola per terra e sulla tovaglia. Il babbo lo guarda e poi gli dice: "Non lo fare più... tu sapessi il tempo che ci vuole e il lavoro che c'è dietro una fetta di pane prima che arrivi sulla tavola. Il contadino comincia a seminare il grano e dopo aver gettato i semi nelle zolle dei campi aspetta che crescano le piantine. Col passare del tempo, queste diventano prima spighe verdi e poi quando sono mature prendano un colore dorato. A questo punto vengono raccolte con la trebbiatrice, che è una macchina agricola che viene utilizzata per sgranare e separarle dalla paglia. Il frumento pulito viene portato al mulino dove poi viene trasformato in farina, messa nei sacchi e portata ai vari fornai. Questi la lavorano con dosi giuste di lievito e acqua e fanno il pane, dandogli tante e tante forme: filoncini, pane casalingo e panini vari.  Quando lo compriamo si porta a casa,  si affetta e si mette nel cestino sulla tavola.".
Il bimbo ha ascoltato molto attento il racconto e ha promesso che non lo sciuperà più.


  Andando Andando Andando  

a cura di Alba P.

Care lettrici e cari lettori, oggi vi racconto di un museo che ho visitato da poco; il museo si chiama Museo degli Innocenti ed è a Firenze. Mi ha molto colpito cosa nasconde questo museo, cosa c'è al suo interno. È chiamato così perché una volta vi si portavano e vi si abbandonavano i neonati. Se non venivano abbandonati, i bambini venivano affidati per un po' di tempo per essere nutriti. Poi alcuni venivano ripresi quando le famiglie erano in grado di sfamarli. 
È un museo un po' particolare, non ci sono quadri ma si vede che c'è passata tanta sofferenza. Non vi sono quadri dipinti ma quadri di vera vita vissuta. C'è la storia, c'è tanta storia: tutti i passaggi che venivano fatti da quanto li lasciavano in quella rotondina, tutto in anonimato. Le suore con quei vestitoni e i cappelli grandissimi,  piccole vasche in cui dormivano piccolini e grandi e poi quei fasciatoi con tutte quelle fasce, i bimbi tutti fasciati e legati come salami, i biberon molto diversi da quelli di ora.
Poi attraversando dei grandi saloni ci sono tanti tanti lenzuoli. Di sopra, c'è una grande terrazza in cui venivano messe ad asciugare le lenzuola e tutte le cose quando venivano lavate.
Dopo aver attraversato queste stanze,  si sale in una stanza molto particolare, una grande stanza con un grande armadio ovale, tutto pieno di cassettini piccoli. Mi chiedevo a cosa mai potesse servire, poi mi hanno spiegato che contengono tutta la storia del bambino che veniva lasciato. Ogni cassettino contiene un piccolo pezzo d'amore, un oggetto lasciato lì per poi riprendere il proprio bambino in futuro. Sapete perché? In ogni cassettino c'è un pezzo di camicino, un calzino, un fazzolettino, un orecchino, un pezzo di catenina, un cuoricino a metà e così tanti tanti cassetti ma proprio tanti. Sono ricordi che servivano come segni di riconoscimento per chi ritornava a prendere i bambini. Gli altri venivano abbandonati. Alcuni cassettini erano vuoti: il segno che quelle mamme erano tornate a riprendere i loro bambini.
È un museo di cui si parla poco e si conosce poco. Almeno io non lo conoscevo, ma vale quanto gli altri musei, credo di più. Gli altri sono pieni di dipinti, lì  ci sono pezzi di cuore spezzati.
Arrivata in quella stanza lì, tutta cassettini, siccome tanto c'era poca gente o nessuno, mi sono soffermata a lungo, perché mi sono immaginata tutte quelle mamme che lasciavano i bimbi con quei pezzettini. Magari uno lì, l'altro sul loro cuore. Quanto avranno sofferto!  Stando in silenzio, senza rumori, senza nulla, non ci crederete, ma sentivo piangere i bimbi e quelle mamme che li abbandonavano. Ci deve essere stata molta molta tristezza, molto sconforto.
Poi passato il momento, non mi andava giù il fatto che io non conoscessi questo museo o per lo meno poco e pensavo a queste mamme e a quanto avranno pianto nel dover lasciare per forza le loro creature.
Comunque andate a visitarlo. Rimarrete sconvolti, ma è più interessante dei soliti musei.


LUOGHI... SPECIALI

a cura di Mariella A. 

Siamo quasi arrivati alla primavera, ma oggi è una giornata grigia e piovigginosa, proprio come accade nel mese di novembre, una di quelle giornate in cui la malinconia e la noia la fanno da padrone. Ed allora cosa c'è di meglio che mettere in ordine le vecchie foto? Ognuna di esse rievoca tempi lontani e ricordi felici, riporta alla mente persone e luoghi quasi dimenticati.
Mi è capitata sotto gli occhi questa vecchia foto in bianco e nero, scattata quasi 70 anni fa da mio papà, quando eravamo andati a trovare i parenti di  mamma che vivevano  a Mammiano basso, una frazione di San Marcello Pistoiese. Mamma infatti non era Lucchese: era nata in provincia di Pistoia, dove erano rimasti tutti i parenti, per poi trasferirsi a Lucca con la famiglia all'età di 12 anni. Era consuetudine, tre o quattro volte l'anno, andare a visitare quei parenti sparsi nella provincia di Pistoia per mantenere saldi quei legami di sangue che non volevamo dimenticare.
Ecco, questa foto mi ritrae insieme ad alcuni cugini di terzo grado con i quali trascorrevo le giornate esplorando i luoghi vicini. Al di là di quel muretto su cui siamo in posa, scorreva il torrente Lima che divideva in due la vallata, costringendo gli operai dello stabilimento metallurgico a percorrere chilometri per andare al lavoro. Verso il 1920 fu costruito il ponte sospeso, un passaggio pedonale metallico che permetteva agli operai di evitare percorsi lunghissimi e fu utilizzato a tale scopo fino a quando lo stabilimento non fu chiuso. A quel punto il ponte sospeso sul torrente Lima divenne un'attrattiva per i turisti , una passeggiata a mezz'aria provando il brivido dell' altezza, non senza quello delle vertigini e del dondolare pericolosamente nel vuoto. Tutto intorno il paesaggio era spettacolare: in alto il cielo, sotto le cime degli alberi, e laggiù, in basso, il gorgoglio dell'acqua... insomma ti senti sospeso nel vuoto ed immerso nella natura con la sensazione di volare!
Da piccola non osavo avvicinarmi più di tanto a quel ponte, ma quando fui più grandicella, insieme ai cugini, volli provare il brivido di salirci. Ricordo ancora la pericolosa sensazione di oscillare, la paura di precipitare, il brivido di guardare in basso, e soprattutto il terrore quando le assi di ferro cigolavano e ondeggiavano nel vuoto. Non riuscii a proseguire nella traversata e tornai indietro tenendomi saldamente alle reti metalliche rette da grossi cavi d'acciaio.
Sono tornata molte volte in quei luoghi ma non sono mai riuscita a salire di nuovo sul ponte e ad attraversare la valle!
È  lungo oltre 200 metri, largo poco meno di un metro, sospeso a circa 35 metri di altezza : per il Guinness dei primati è stato il passaggio pedonale più lungo del mondo.
Ancora oggi, dopo più di un secolo, molti sono i visitatori che restano rapiti dall' emozione di sentirsi aggrappati al cielo e sospesi nel vuoto come se volassero!




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🥁

Appendice

Sulle ali della fantasia

a cura di Rita G.


La Goccia 

🌊
Il mare era mosso, molto mosso e la schiuma cavalcava le onde creando un ribollire di potenze sempre in movimento in un perenne primeggiare di forze immani.
 Il vento come cavallo imbizzarrito cavalcava le onde sempre più alte ululando inferocito. Lei si trovava in quella situazione un po' al limite perché quella non era esattamente la giornata giusta per giocare. Era una delle più belle creature marine che si fossero mai viste nel mondo liquido. Formata da minuscole particelle di acqua tanto che era difficile riconoscerla nella sua forma solida.  
Circondata da una leggera sostanza gelatinosa per evitare che le gocce si separassero, era stata presa alla sprovvista da un soffio di vento violento che l'aveva trovata fuori dall'acqua in quell'attimo del salto proprio prima di atterrare, o meglio di ammarare ed era stata portata via. Si trovò a volare sopra il mare che ruggiva e poi una forza immane la fece volare sopra la spiaggia che ribolliva di sabbia. Idrina era consapevole di essere spacciata. Granelli di sabbia le volavano intorno in un vorticoso balletto e la sfioravano ad una velocità mai vista. Decise di utilizzare quel momento per godersi quello spettacolo meraviglioso e poi un colpo la trafisse. Un granello di sabbia la coinvolse nel suo balletto e poi fortuna volle che prese la traiettoria per cadere proprio in cima all'onda. Era frastornata si rendeva conto di aver rischiato molto ignorando le regole. Si ricongiunse al suo popolo e occhio non poteva vederla, ma da allora quando c'è il mare mosso, molto mosso, potrete vedere Idrina che guarda sognante la spiaggia nel ricordo di quell'avventura meravigliosa e letale che la portò ad un passo dall'annientamento per prosciugamento. Bella avventura ma da non ripetere.                   


🌊
La nostra temeraria goccia, ha ricoperto una carica onoraria. È diventata  la  più ricercata racconta storie di tutta la colonia.
É vero che che c'è il signor “bellafonte” come professore di storie, ma cosa vuoi che sia una storia raccontata per sentito dire in confronto a uno che la storia l'ha vissuta. Ascoltare Idrina quando è insieme agli altri bambini, senti quanto è presa dal suo racconto e intenta a spiegare la differenza tra asciutto e bagnato ad un branco di strani pesciolini che di asciutto non hanno mai visto nulla. Sta riscuotendo un vero successo.
Ho visto molti adulti fingersi indaffarati per sentirla parlare e i Rettori non possono non tenerne conto, dato che nei giovani si è instaurato un certo malcontento e ai piani alti si respira aria di novità.
Ora cari amici dovete sapere che c'è una cosa che è stata tenuta segreta e che solo i tre rettori ne sono custodi. Io mi ero fatta quasi scappare la verità quando sopra parlai della loro forma liquida, il che lasciava intendere che ci fosse anche un altra forma. Ebbene sì, io sono stata Rettore e vi posso dire che questi esseri strabilianti, possono assumere qualsiasi forma essi vogliano. Solida, gassosa, e chissà quante altre e possono come i camaleonti, mimetizzarsi con l'ambiente che li circonda, e respirare con qualunque tipo di respirazione conosciuto e non. Queste facoltà erano state tenute segrete a causa di una dispersione della popolazione estremamente curiosa e della feroce caccia a cui erano stati sottoposti per poterne studiare le meravigliose capacità. Stiamo andando verso il futuro.
Vedremo i risultati dei radicali cambiamenti che sono stati messi in atto.
Dopo lunghe e travagliate discussioni, fu istituito un nuovo e articolato piano di studi, volto a stimolare l'apprendimento e la piena maturazione del carisma che ciascuno sente di poter incarnare per il servizio alla comunità e per la propria realizzazione. Fin qui solo buone intenzioni vedremo in seguito.

      

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