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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Una fiaba per sognare - Livia











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C'era una volta... una graziosa bambina che viveva in un città piuttosto piccola, ma proprio ridente, che si affacciava su un bellissimo mare azzurro.
Soprattutto in primavera, cielo e mare splendevano come diamanti.

Era molto matura per la sua età, in fondo aveva solo otto anni, forse perché era sempre insieme agli adulti e si era abituata a trattare argomenti più seri e complessi.
Infatti era figlia unica e non aveva cuginetti nati da poco come lei.
Poiché utilizzava un linguaggio molto articolato per la sua età, gli altri bambini la osservavano con una certa meraviglia e preferivano giocare tra di loro piuttosto che coinvolgerla in giochetti stupidi in cui si sentivano osservati e giudicati.
Lei allora sorrideva e si allontanava, impegnandosi in qualche altra cosa che la interessava maggiormente.

Livia, questo era il suo nome, era davvero una brava bambina.
Cercava di essere obbediente, a scuola stava attenta e faceva sempre tutti i compiti, aiutava la mamma quando poteva e leggeva tutti i libri della biblioteca di classe.

Livia aveva anche una grande passione.
Amava la musica e amava ballare.
Fin da quando era piccolina frequentava una scuola di danza e la sua gioia più grande era indossare il tutù e le scarpette di seta rosa.
Questi erano i suoi momenti preferiti, di estasi, e se li godeva pienamente.
Ci pensava continuamente alla danza, ovunque fosse e lungo tutta la giornata.
Non vedeva l'ora di lasciare tutto e di recarsi nel luogo incantato in cui luci e musica sembravano attendere solo lei.
Questo accadeva ogni giorno, senza parlare della fatica che faceva a lasciare tutto e a ritornarsene a casa a fine lezione.



🌺

Eccola alla sbarra davanti al grande specchio.
Che luce emanava da quell’intera parete che ampliava lo spazio e rendeva tutto magico!
Sì sentiva completamente a suo agio.
Ora era finalmente nel suo mondo.
Che felicità essere lì!

Livia si mise subito in posizione e cominciò ad eseguire gli esercizi preparatori che faceva sempre.
I piedi in posizione, sollevò le braccia con la grazia profonda propria della sua figurina sottile e senza peso.
Controllava costantemente allo specchio la sua postura, cercando di correggere quello che a lei sembrava un movimento non ben eseguito.

Fu in quel momento che li vide apparire all'interno del magico quadro.
Lei una vera principessa d'altri tempi, lui un principe bellissimo e forte.
Avanzavano verso il centro di un magnifico salone pieno di luci, di ori, di decorazioni e di specchi sontuosi.
Li guidava una musica che non aveva mai sentito prima.
Bellissima.

I due, raggiunto il punto centrale dell'incredibile salone, si fecero un inchino e presero a danzare.
Lei si muoveva come fosse una bambolina senza peso, lui la faceva volare in aria come una libellula libera nello spazio senza confini.

Livia si immobilizzò dimentica di tutto, di dove fosse e di cosa stesse facendo.
Oh, come avrebbe voluto essere lei quella principessa!
Anzi, a ben guardarla, quella principessa aveva proprio il suo viso, i suoi capelli, i suoi piedini.
Adesso sentiva le sete ed i pizzi ricadere con grazia sul suo corpicino, mentre la mano del principe sfiorva la sua, invitandola a partire con un'elegante pirouette.

E gli ori e gli specchi cominciarono a ruotare intorno a lei, che si librava immersa in una felicità senza spazio e senza tempo, al centro di una vera giostra fantastica, che brillava di mille luci scintillanti.



🌺

La musica andava e andava.
In qualche modo ripartiva sempre da capo per percorrere lo stesso sgocciolio di note ancora e ancora.
Reiterava senza fine quel motivo languido che toccava le sue emozioni più profonde.
Intanto i suoi piedini si muovevano leggeri sul pavimento lucido, in cui i sapienti colori dei marmi intrecciavano suggestivi decori.

Livia, guidata dal tocco leggero delle mani del principe, si spostava con eleganza sulle punte in un turbinio di sensazioni che la stordiva.
Percepiva la presenza di molte persone ferme ad osservare lungo le pareti del salone, certamente dame e cavalieri convenuti per il ballo.
Non si curava di loro eppure era proprio la loro presenza che rendeva quel ballo ancora più esaltante, straordinario.
Era davvero meraviglioso essere così al centro dell'attenzione, ammirata e riverita, corteggiata dal principe in un’atmosfera da sogno che la stordiva e la inebriava.

L'ultima nota, l’ultimo passo.
La musica era finita. Un po' anche la magia.
“Molto bene!” sentì dire dall'insegnante che le si era avvicinata.
Alla sbarra ora c'erano molte sue compagne che, anche se non se ne era affatto accorta, si erano unite a lei per fare gli esercizi di riscaldamento.
Se ne stavano immobili e composte, in attesa che la musica ripartisse.

Livia si sforzò di concentrarsi su ordini e suggerimenti che la maestra via via impartiva e ben presto giunse l'ora di tornarsene a casa.
Doveva ancora rileggere e rivedere un paragrafo di storia, ma quello non era un problema.
Avrebbe impiegato dieci minuti prima di cena.
Invece aveva una fame da lupi.
Chissà se la mamma aveva preparato qualcosa di buono...
Lei, Livia, era celiaca e non poteva mangiare tutto, ma la sua mamma era bravissima e trovava sempre qualcosa di buono per stupirla.
Chiuse ben bene il borsone e lasciò lo spogliatoio.

Brrr.. che freddo faceva fuori!
La bora soffiava decisa, scompigliando tutto.
Rivide per un attimo il salone dorato in cui aveva vissuto una vera e propria estasi con il bellissimo principe.
Cercò di richiamare alla memoria il suo volto gentile, ma fu tutto inutile.
No, proprio non ci riusciva.
Delusa, si infilò in macchina e richiuse con troppa enfasi lo sportello.



🌺

Tra la scuola, i libri e le meravigliose letture, le lezioni di danza, i giorni passavano in gran fretta, mentre Livia continuava a sognare e a vivere nel suo mondo fantastico.
La musica e la danza continuavano a trascinarla sempre più lontano.

Non appena si metteva alla sbarra e cominciava a fare qualche esercizio di riscaldamento, si ritrovava in un mondo strepitoso in cui le sembrava di vivere avventure molto reali e concrete.
Ne assorbiva gli umori, i colori, i suoni e le atmosfere, vivendole pienamente al massimo della sua sensibilità.

A parte i suoi incontri con il bel principe sorridente, le capitava spesso di sperimentare l'ebbrezza dell'assenza di peso.
Che sensazione divina!
Quando lo specchio cominciava a dilatarsi e ad andare oltre i suoi limiti, un azzurro infinito dalle mille sfumature riempiva ogni cosa, le entrava dentro e lei in esso si tuffava senza riserve.

A tempo di musica, si librava nell'aria, sfiorando con i suoi piedini i piccoli sbuffi di nuvola che qua e là punteggiavano l'azzurro.
E continuava a danzare, libera nello spazio libero, libera di andare attraverso l'infinito, senza meta, senza regole, senza percorsi obbligati, libera di vivere attimi di tempo senza tempo, sola eppure pienamente in compagnia.
In quei momenti raggiungeva un benessere pieno, profondo, straordinario.
La musica andava e andava e lei volteggiava e volteggiava ancora.
Quando la musica finiva, ripiombava di botto nella realtà degli esercizi alla sbarra.
Al disappunto seguiva un sorriso, perché si perdeva di nuovo tra le note e i movimenti abituali per ricominciare a sognare nuovi azzurri e nuovi cieli.

Ma venne un brutto giorno.
Era d'estate e saltellava sulla sabbia a piedi nudi.
Le lezioni di danza in quel periodo dell'anno venivano sospese con suo grande dispiacere e lei non voleva darsene per vinta.
Così accennava passi di danza sulla spiaggia, convinta che nessuno badasse a lei.

Anche quel giorno aveva preso a ballare sulla battigia, incurante delle conchiglie spezzate che le facevano un male tremendo, quando inavvertitamente le calpestava.
E invece in molti, grandi e piccini, celati sotto gli occhialoni e i tettucci dei lettini, la osservavano con malcelata e,  spesso malevola, curiosità.




🌺

Livia non sapeva di suscitare tutto questo interesse, immersa nel suo candore e nella sua semplicità com'era.
Solo a volte le arrivava un qualcosa di non ben definito che feriva la sua sensibilità, qualcosa che le dava  sensazioni spiacevoli che non sapeva definire.
L'approccio amicale di una sua certa coetanea era, infatti, piuttosto ambiguo.
A volte si mostrava gentile e desiderosa di giocare con lei e di adattarsi ad una relazione alla pari.
Altre volte era scostante e un po' aggressiva senza apparente motivo.
Livia, che si sentiva sola, l'accettava nelle sue molteplici sfaccettature, cercando di capirne il perché.

Da un po' di tempo, poi, questa ragazzina aveva stretto un insolito legame con una bambina più piccola e introversa, bisognosa di essere accettata e, forse, gestita.
Si era formato, così, uno strano sodalizio che si metteva rapidamente in azione soprattutto quando non c'erano alternative più interessanti.
La più grande e la più furbetta influenzava moltissimo la più piccolina, manovrandone il comportamento senza troppa fatica.
Le due ignoravano Livia, rimanendo mute in sua presenza.
Ridacchiavano quando lei compariva nei paraggi o si allontanavano quando capivano le sue intenzioni di avvicinarsi.
Insomma, mettevano in atto veri e propri atti di bullismo ancorché velati dalla buona educazione.

E non era tutto.
Anche gli adulti ci mettevano del loro.
È noto come le mamme spesso non si accorgano di quanto i figli siano diversi da quello che sembrano e che comunque li difendano ad oltranza senza avere mai il più piccolo dubbio.
Così vedere Livia tanto assennata, studiosa, matura, attivava una dinamica perversa.
La osservavano anche loro, pronte a trovare qualche difetto compensativo per non sentirsi ferite nel loro lavoro di madri.





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Fu un attimo.
Le due amiche arrivarono sulla battigia come un tornado.
Correvano come proiettili sparati da una pistola,  sorridendo complici tra di loro.
Poi di colpo invertirono la rotta.
Lo scontro violento fu inevitabile.
Falciarono Livia, che nel frattempo si era fermata per tornare verso il suo ombrellone.

Mentre le due ancora ridevano un po' doloranti, Livia rimase a terra come un sacchetto vuoto.
La sua caviglia si era inevitabilmente rotta.
Tra il disorientamento, il dolore e le lacrime, Livia si rese conto che per un bel po' di tempo avrebbe dovuto dire addio alla sua amatissima danza.
Adesso non sentiva quasi più nemmeno il dolore.
Semplicemente era inebetita.

Poi ci furono le solite cose… la corsa in ospedale, il gesso, i farmaci, la riabilitazione.
Livia aveva perso la leggerezza che la caratterizzava.
Continuava ad applicarsi in qualche modo nelle attività scolastiche, poi si rifugiava nelle sue amate storie, nei libri e nella fantasia.

Non c'era giorno che non si rivedesse alla sbarra e soprattutto che non rivivesse le sue avventure nel grande specchio delle meraviglie.
Quando ciò accadeva, si isolava completamente e non c'era verso che si accorgesse di ciò che avveniva intorno a lei.

La riabilitazione.
In realtà questa era una vera e propria tortura.
Sì, perché lei sentiva un male terribile e i suoi movimenti non accennavano a sciogliersi, a ritornare fluidi e funzionali, anzi, la caviglia non sembrava più la sua.
Non voleva andarci più - tanto non serviva a niente - e la sua mamma faceva molta fatica a trascinarla dalla fisioterapista.
Così non si riusciva ad andare avanti.
I suoi genitori erano adesso proprio molto preoccupati.

In questo modo passò un tempo piuttosto lungo.
Venne metà ottobre e niente era davvero cambiato.






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Trascorsero così lunghi giorni tristi.
Dunque, il gesso era stato tolto.
C'erano già state tante interminabili sedute di riabilitazione, ma nulla ormai era più come prima.

Livia sentiva il suo piede che non obbediva e spesso un dolore lancinante e inspiegabile compariva in un punto della caviglia.
Il suo umore diveniva ogni giorno più tetro.

Quando era sola, scarabocchiava ovunque orribili facce degne di un film horror, che nascondeva rapidamente quando i suoi adulti di riferimento si avvicinavano a lei, e invece di tutù, principi e balli, i suoi pensieri si andarono riempiendo di tutt'altre immagini.
Poi cominciò a sentire nella testa strane canzoncine che ripeteva sottovoce in modo ossessivo, mentre anneriva violentemente i ghigni sulle terribili facce che scarabocchiava dappertutto.

Tu sei il male, il male, il male.
Viver non vale, vale, vale.
Non voglio più vederti, stattene fuori.
Vattene via, muori, muori.

Ti odio e ti detesto,
se dormo e se mi vesto.
Ti colpirò e ti colpirò,
finché ti ucciderò.

Prendi,  tieni, muori, muori,
adesso, subito, tra atroci dolori.


Dov'era finita la Livia distesa e solare?
I suoi genitori erano disperati.
Anche se non vedevano questi momenti, intuivano che c'era qualcosa di molto grave in quella situazione in cui si erano venuti a trovare.
Così pensarono di prendere un appuntamento con una psicologa per fare aiutare Livia a tornare in qualche modo nella serenità.







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La psicologa parlava e parlava e Livia s'incupiva e si rattristava.
Sembrava che ormai non ci fosse più via di uscita, quando il miracolo accadde.

Come in tutte le fiabe, ecco finalmente profilarsi all'orizzonte l'eroe, quello che avrebbe risolto ogni problema con la magia di un’idea, di un gesto.
Infatti ci fu l'arrivo di un nuovo giovane ortopedico nell'ospedale della città, preceduto dalla fama di essere molto competente.

Già al primo incontro, lo specialista riuscì a stabilire con Livia un dialogo che la ragazzina da tempo rifiutava con tutti. Probabilmente lo vedeva più giovane, più simile a lei, meno dottorale e lontano.
Poi, dopo ulteriori e rapidi indagini diagnostiche, il medico trovò che c'era un qualcosa che aveva necessità di essere rimesso a posto e che era la causa degli scarsi risultati raggiunti da Livia nella riabilitazione.
Era qualcosa di molto semplice, in verità, ma avrebbe fatto una grande differenza nella vita futura di Livia.
La ragazzina lo ascoltava ammirata e non batté ciglio quando il chirurgo affermò che avrebbe dovuto fare un piccolissimo intervento in cui, dava la sua parola, lui avrebbe rimesso tutto a posto.

In casa di Livia cominciò nuovamente a respirarsi un'aria più leggera, una nuova speranza di poter riprendere una vita serena.
Ci fu l'operazione, effettivamente non troppo difficile da sopportare. Sarà anche che quando la mente e il cuore sono disponibili e fiduciosi tutto diventa un pochino più semplice.

Seguirono i soliti riti riabilitativi, ma quello che fu strabiliante fu che questa volta  tutto andò avanti rapidamente e i risultati si vedevano giorno dopo giorno.
Non solo... il chirurgo affermava che Livia avrebbe potuto ritornare a ballare sulle punte come una farfallina, perché non c'erano più danni permanenti ad impedirlo!

Così eccola di nuovo alla sbarra, con gli occhi puntati nel grande specchio pieno di luce, a sognare balli magici in sontuosi saloni.
Ben presto ci fu il primo vero spettacolo in teatro.
L'étoile emozionata si esprimeva con grazia sulle tavole lisce del palcoscenico.
In prima fila il giovane chirurgo guardava compiaciuto lo spettacolo.





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