C'era una volta... Biancaneve
A me sembra che al mondo d’oggi si è propensi a mettere tutto in discussione, tutto è sotto esame, pensando di esorcizzare il male che attualmente molto spesso emerge dalla nostra società. Nella mia analisi vorrei partire dal fatto che si tende ad asserire che un po' tutte le fiabe, e in questo caso Biancaneve, siano deleterie per i nostri ragazzi. In questo io sono d’accordo in parte.
Nonostante che la fiaba di Biancaneve non sia politically correct, visto che qui per essere bella la donna deve necessariamente avere la pelle bianca come la neve, e così la sognava la madre di Biancaneve; nonostante che si parli di Nani, e qui sono simpatici, buoni, laboriosi ma nani, è discriminatorio, la fiaba qualcosa ci insegna. La società è cambiata e quindi il modo di pensare, ma trovo che possiamo fare un'analisi della fiaba in questione al fine di cercarne i lati positivi. Vale a dire: la matrigna vuole avere giornalmente la certezza di essere la più bella e la fiaba ci insegna che la bellezza non è un valore. Infatti prevale la perfidia.
C’è chi vuole asserire che i Nani sfruttano Biancaneve ma a me pare che loro stavano bene ed erano belli allegri anche prima che lei arrivasse ad invadergli la casa, facendogli addirittura notare il disordine nel quale vivevano. Poi, non contenta di avergli occupato l'abitazione, mangia il pranzo a tutti e sette. E comunque non era certo segregata, visto che, grande e grossa com’era rispetto a loro, poteva scappare almeno quando erano a lavorare. E qui vorrei sottolineare che i nani lavoravano addirittura in miniera, un lavoro che attualmente è considerato altamente usurante.
Il padre è pressoché assente e infatti non se ne occupa, trattandosi di figlia femmina, probabilmente. A quel tempo e forse anche oggi, generalmente, l’educazione della donna era affidata solo alla madre pensando alle affinità emotive.
La matrigna appare come una strega ma d’altronde non si può dire che tutte, proprio tutte, le donne siano brave persone. Ce ne sono e ce ne sono state di questo tipo, credetemi.
La fiaba ha un lieto fine e ci aiuta a sperare che in qualche modo possiamo migliorare le nostre eventuali situazioni difficili.
Ecco la speranza. Non mi pare poco.
Così cercai e lessi la raccolta dei fratelli Grimm e quella di Calvino che sono moto diverse come impostazione. Ho letto anche due o tre saggi sull’origine e i significati intenzionali ed inconsci che contengono. Uno, in particolare “Il femminile nella fiaba", pur analizzando fiabe della tradizione centro-est europea, fornisce modalità di interpretazione anche per quelle della nostra tradizione italiana, quelle che riportò Calvino, nelle varie versioni che trovò con una minuziosa ricerca, anche se incompleta. Le fiabe sono nate dai miti antichi, si sono accompagnate ad essi e sono diventate un modo popolare e casalingo per trasmetterne il senso. Sono state tramandate oralmente per secoli, per questo ne coesistono tante versioni che si sono adattate alle “necessità” locali.
Infatti, a poco a poco sono diventate da racconti per adulti, fatti intorno al fuoco nelle veglie invernali delle case contadine, a indicazioni per i bambini di comportamenti da adottare nella vita quotidiana e a rassicurazioni sulla possibilità di vincere le avversità della vita seguendo quelle indicazioni.
Molti personaggi principali di esse sono femminili e ciò mi fa pensare che soprattutto le bambine da sempre sono state oggetto di queste indicazioni, di questi avvertimenti perché in una posizione sociale più disagiata, di qualunque ceto poi facessero parte.
Biancaneve, come Cenerentola, Cappuccetto rosso, Raperonzolo e altre, riescono a salvarsi dalla morte o da una vita infelice, quasi sempre grazie all’aiuto di un uomo, che le salva e spesso le sposa. Questo ha creato il desiderio nelle bambine di trovare il famoso Principe Azzurro ed anche oggi, pur avendo la consapevolezza che un tale personaggio nella realtà è molto raro, comunque influenza le scelte delle giovani donne in campo sentimentale.
Nella fiaba di Biancaneve, in particolare, la protagonista appare estremamente passiva, ingenua e fragile.
Gli altri personaggi sono il padre, assente o indifferente alle sorti della figlia, la matrigna che ha paura di invecchiare e di perdere la sua femminilità - raccontata come bellezza per semplificare - i nani, innocui come maschi (perché piccoli come bambini), il principe che si impossessa della ragazza, pur essendo apparentemente morta perché ammaliato dalla sua bellezza (come a dire che la passività è virtù).
Quindi ciò che questa fiaba voleva insegnare alle bambine in poche parole era che per liberarsi dalle ingerenze delle madri e dalle difficoltà di relazione con esse, l’unica via era attendere di essere scelte dall’uomo, scelte per la loro capacità di sottomissione, non per qualità peculiari. Prima o poi quell’uomo sarebbe arrivato, anche con l’aiuto di altri uomini, che l’avrebbero “raccomandata” per le sue doti casalinghe: questa era la parte rassicurante della storia.
Walt Disney ne fece un cartone animato bellissimo, dove avveniva una prima evoluzione della ragazza, conferendo al personaggio simpatia, dolcezza e anche un po’ di ironia.
Un’altra versione cinematografica recente l’ho rivista in tv verso Natale scorso: “Biancaneve” del 2012 (“Mirror, mirror” titolo originale) con Lily Collins, la protagonista, e Julia Roberts, la matrigna.
In questo film, finalmente Biancaneve durante la storia si evolve, diventando da ingenua e infantile a coraggiosa e combattiva, mentre il principe, in un primo momento bonariamente ridicolizzato, si allea con lei per farle riprendere il trono usurpato dalla matrigna, una strega potente e prepotente, che affama il popolo del regno. Il padre, da anni presunto morto in battaglia, è invece vittima di un incantesimo della moglie, che lo ha trasformato in un terribile drago, salvato poi dalla figlia nel finale. I nani sono una compagnia di esseri rifiutati dalla comunità per il loro aspetto, diventati temibili briganti dal cuore buono, che insieme a Biancaneve e al principe riporteranno giustizia e prosperità nel regno.
Sinceramente questa è la versione che preferisco e non mi importa che sia stata stravolta una delle versioni più conosciute, perché le fiabe sono sempre state adattate, come dicono gli/le studiosi/e alle varie situazioni locali e trasformate di volta in volta, secondo il periodo storico, finché non sono state scritte, quindi per i nostri tempi quest’ultima è la versione migliore, secondo me, veramente educativa per le bambine, che devono prendere in mano la propria vita e affrontare le difficoltà con coraggio, intelligenza, facendo squadra e pensando anche al benessere altrui .
Silvana B.
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