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1. Caspar David Fredrich Donna alla finestra - 1822 |
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2. René Magritte La chiave dei campi 1936 |
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3. Edward Hopper - Scompartimento C - 1938 |
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4. Giovanni Bellini - Pala di Pesaro - 1475 |
Alla finestra
Giochiamo?
Vi va?
A quale di queste finestre
avreste voglia di affacciarvi?
Perché?
Dunque,
vediamo dove queste immagini
ci condurranno?
Racconta
✏
Edward Hopper - Scompartimento C - 1938
La mia scelta è immediata. Salgo sul treno
sicuramente e mi siedo accanto al finestrino. Nell’attesa lo abbasso un
poco per gustare l’aria.
Mi piace la stazione. Gente che arriva, gente che parte. Un gran via vai di bagagli di tutte le forme e colori. Cosa
porteranno con sé queste persone? Cosa si lasceranno alle spalle? Cosa avranno nella mente e nel cuore? Mille
emozioni che a guardare bene traspaiono dai loro volti.
Tutti egualmente interessanti. Ognuno ha la
sua storia. Non penso a me, a cosa provo ora. Penso a cosa potrebbero provare
loro e questo mi intriga e allo stesso tempo mi rilassa, perché navigo con la
fantasia.
Egualmente interessante è il momento della partenza del treno e tutto
quanto il viaggio naturalmente. Bellissimo vedere il paesaggio che all’ inizio
si “sposta” piano piano, che ondeggia quasi, e che poi scorre veloce, sempre
più veloce. Quel che vedo via via
scompare tanto che sembra perdersi. Con i miei capelli al vento e l’aria che mi
invade il viso, mi lascio tutto alle spalle e vado incontro al nuovo.
Ciò
nonostante so che nulla si perde perché anche se ci sembra di dimenticare la
mente trattiene e alla prima occasione
ecco che tutto ci torna davanti. Per questo ho scelto il finestrino del treno
per provare questa emozione. Bello o brutto che sia il mio bagaglio non lo
voglio perdere. Mai!
(Claudia)
✏
Edward Hopper - Scompartimento C - 1938
Entro dentro la finestra numero tre.
Il dipinto "Scompartimento C "di Edward Hopper ritrae una donna seduta in un vagone del treno… in realtà sono io.
Sono io che ho deciso di partire, di andare lontano per esplorare nuovi mondi fuori e dentro me. Ne sentivo veramente il bisogno, quasi come fosse una fuga da me stessa e dai miei pensieri.
Dal finestrino dello scompartimento, scorre il paesaggio e intravedo il ponte che delimita il confine fra lo scenario naturale e la città, ma io sono piegata su me stessa… sembro assorta nei miei pensieri, in realtà sono solo rilassata.
Sono felice di essere qui da sola in questa sera di metà agosto e, nonostante la solitudine che ho ricercato, mi sento al sicuro come non mi sentivo da tempo. Mi sento libera e respiro la libertà osservando la guida turistica che ho sulle ginocchia.
Il cappello a tesa larga mi fa ombra sul volto e nasconde i miei occhi… mi scende una lacrima, ma è di gioia.
(Monica)
✏
Edward Hopper - Scompartimento C - 1938
Sì, Edward Hopper sembra conoscere una parte di me, un po' all'antica e fuori dal tempo, che convive in me da sempre.
Questa signora potrei perfettamente essere io: l'abbigliamento un po' severo, ma anche elegante con tanto di cappellino, coincide con quello che avrei potuto scegliere io per quel periodo storico. La postura, il libro, forse un album e un quaderno, li avrei portati certamente con me per un viaggio così lungo e romantico.
Sì, voglio aprire questa finestra o finestrino che sia. Basta leggere! Ho bisogno di sapere, di conoscere.
Il mio viaggio è iniziato molte ore fa e il sole adesso sta per tramontare. I colori sono meravigliosi lassù sulle cime degli alberi del bosco che costeggia il fiume in questo momento. Forse non potrò aprire materialmente questo finestrino, ma con la mente posso farlo. E sì che posso farlo!
L'acqua del fiume scorre verso la foce, ma avverto con chiarezza che va anche verso un futuro pieno di fascinose sorprese, mentre il ponte è un po' troppo severo, è vero, ma è però pieno di mistero. Lo voglio attraversare per andare al di là del fiume dove sento che c'è qualcosa che irresistibilmente mi attira.
A vederlo da vicino il fiume è tutt'altra cosa. È vivace e canterino e il ponte, così grigio e anonimo è costruito invece con piccole pietre lisce, levigate, disposte con cura, che da dentro non si vedevano. Il vetro rendeva tutto spento, freddo, quasi privo di vita.
Adesso invece la luce del tramonto sfidando anche il buio del bosco. Ci entro senza timore alcunom ho grande voglia di vedere tutto nel dettaglio.
Ma guarda che strano! In questa radura si muovono delle ombre indistinte, delle masse stranissime che cambiano continuamente forma e posizione. Mi guardano di sottecchi, non hanno il coraggio di avvicinarsi troppo.
Io le osservo per un po' con curiosità. Cerco di coglierne qualche significato.
È così che finisco con l'entrare in una massa immateriale che si è appena dilatata. Vediamo...
Mi ritrovo repentinamente davanti ad una finestra di casa mia. Avrò quattro anni più o meno e sono in piedi su una seggiolina dipinta di verde. In questo modo posso guardare fuori e scoprire ciò che accade nella strada, ma non ci sono molti passanti e pioviggina. Io sono comunque molto più interessata ad un portacipria di metallo, pensi sia di ottone, che mi ha regalato lo zio d'America transitato per casa mia pochi giorni fa. Questo pjccolo portacipria mi sembra prezioso. Quadrato, con il coperchio con delle scanalature verticali, mi ammalia. Lo continuo ad aprire e a chiudere con insistenza. All'interno c'è uno specchietto e uno sportellino che si apre pigiandolo con l'unghia del mio piccolo dito. Evidentemente la cipria che ci si può mettere è quella in polvere che in questo periodo va alla grande.
Toc... tic-totòc! Nella grande pentola di alluminio, sul lavandino di graniglia, una grossa chiocciola si è staccata dal coperchio ed è ruzzolata sul fondo.
Nella strada la signora Ines è arrivata davanti al portone. Chiude l'ombrello e scompare all'interno con la grossa borsa di pelle piena di verdure acquistate al mercato. Mi colpiscono le sue strisce intrecciate che formano una robusta scacchiera, piacevole nei suoi colori alternati ruggine e nero.
Stridio di freni. Siamo in stazione.
Spero di rimanere ancora sola in questo vagone, per tornare ad esplorare, appena il treno sarà ripartito, al di là del finestrino.
Sarà proprio meglio così... o forse no?
(Vanina)
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Edward Hopper - Scompartimento C - 1938
Sono salita, che gioia, non c'è molta gente. Ora mi accomodo qui dove c'è un posto solo e mi godo questo viaggio.
Dal finestrino vedo correre davanti al mio sguardo immagini stupende, fiumi, piccoli antichi paesi arroccati sulla montagna. Oh, una galleria! La userò per chiudere gli occhi e sognare ciò che in passato ho fatto tante volte e ora non faccio più perché che ci verrei a fare da voi? Non ci siete più.
Tanti anni fa, quando venivo a trovarvi, prendevo questo treno e durante il viaggio leggevo il libro che sempre mi accompagnava e poi cominciavo a pensare a quella che era la vita in quel periodo: alle mie gioie e alle mie ansie, al desiderio di incontrarvi, di raccontarvi il più possibile tutto ciò che mi stava accadendo o che mi era accaduto nel periodo che era corso tra questo viaggio e quello precedente, non dovevo dimenticarmi di niente... poi dovevo chiedervi tante cose, sulla vostra salute, sui viaggi che stavate programmando, qualche pettegolezzo di questo o di quel personaggio della vostra vita lassù lontani da me. Il viaggio allora era un volo... tutta presa dai miei pensieri, il paesaggio fuori dal finestrino mi accompagnava, rilassandomi, mai però avrei desiderato uscire da lui per entrare in un'altra realtà anche se molto piacevole: era talmente piacevole il mio presente che volevo godermelo attimo per attimo.
Poi le cose sono cambiate. i miei viaggi si sono fatti improvvisamente settimanali.
Al lunedì partivo con uno spirito svuotato da tutti quei pensieri gioiosi che prima si susseguivano nella mia mente. Non c'era più entusiasmo nelle mie partenze e nemmeno nei ritorni perchè tu papà eri ricoverato per un grave intervento.
Il finestrino del mio scompartimento non lo guardavo più, cercavo di leggere il libro e non pensare.
Tutto questo è durato tre mesi, quei mesi che non usciranno più dalla mia mente. Però dopo tanto tempo una cosa è rimasta importante nei miei viaggi in treno: il desiderio di starmene in silenzio e parlare con voi.
(Lauretta)
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Edward Hopper - Scompartimento C - 1938
Cerco di distrarmi, di darmi
un contegno, ma non ci riesco. Questo sferragliare mi intriga troppo. Metto il
libro sulle ginocchia, guardo fuori dal finestrino e mi perdo. Ho davanti a me un
mondo a due velocità. Gli alberi che sfrecciano vicino al mio naso fuggono
veloci come il vento che neanche riesco a vedere le loro foglie.
Le colline che ci salutano da lontano scivolano placide davanti ai miei pensieri. Gruppi di case sparse mi portano alla mente l'immagine del presepe. Due velocità quindi ma che si armonizzano, si completano.
Vorrei uscire di qui e integrarmi in questo paesaggio fiabesco dove potrei essere apprezzata e non usata.
Cosa mi aspetta quando sarò arrivata a destinazione? Solo alienazione. La mia condizione di donna che continua il suo lavoro. Guido un bus del servizio pubblico e devo sottostare a orari, traffico, pedoni da scansare, pedoni da far salire, da salutare, a cui far pagare il biglietto. Sorridere, sorridere sempre e per forza. Questo è il nostro motto.
Dissero che era per sei mesi, ma sono vent'anni e non si vede la fine. Ci chiamarono per sostituire gli uomini che erano stati chiamati alle armi e, siccome secondo loro la guerra finiva presto, tempo pochi mesi e gli uomini sarebbero tornati. Sostituivamo gli uomini in guerra, adesso sostituiamo gli uomini morti. Stolta umanità. Quale sarà il destino di questo mondo impazzito? Certo dovranno trovare un altra soluzione ai loro litigi, perchè un'altra guerra non la subiremo mai più.
Mi piacerebbe trovare una casetta libera in questo paradiso che mi circonda, qualche capretta per fare del formaggio da usare come moneta di scambio e tanta pace. Sento desiderio di pace, di serenità, di armonia. E tanti libri. Voglio vivere una, due, cento vite. Voglio guardare il cielo, voglio sognare. Io non sono un robot e nemmeno voglio diventarlo. Voglio annusare la terra, sentire il rumore dell'erba che cresce e l'odore della pioggia che si avvicina. Voglio sorridere alle nuvole che mi guardano, voglio correre nel grano maturo, voglio tutto ecco!
Insomma voglio vivere!
Le colline che ci salutano da lontano scivolano placide davanti ai miei pensieri. Gruppi di case sparse mi portano alla mente l'immagine del presepe. Due velocità quindi ma che si armonizzano, si completano.
Vorrei uscire di qui e integrarmi in questo paesaggio fiabesco dove potrei essere apprezzata e non usata.
Cosa mi aspetta quando sarò arrivata a destinazione? Solo alienazione. La mia condizione di donna che continua il suo lavoro. Guido un bus del servizio pubblico e devo sottostare a orari, traffico, pedoni da scansare, pedoni da far salire, da salutare, a cui far pagare il biglietto. Sorridere, sorridere sempre e per forza. Questo è il nostro motto.
Dissero che era per sei mesi, ma sono vent'anni e non si vede la fine. Ci chiamarono per sostituire gli uomini che erano stati chiamati alle armi e, siccome secondo loro la guerra finiva presto, tempo pochi mesi e gli uomini sarebbero tornati. Sostituivamo gli uomini in guerra, adesso sostituiamo gli uomini morti. Stolta umanità. Quale sarà il destino di questo mondo impazzito? Certo dovranno trovare un altra soluzione ai loro litigi, perchè un'altra guerra non la subiremo mai più.
Mi piacerebbe trovare una casetta libera in questo paradiso che mi circonda, qualche capretta per fare del formaggio da usare come moneta di scambio e tanta pace. Sento desiderio di pace, di serenità, di armonia. E tanti libri. Voglio vivere una, due, cento vite. Voglio guardare il cielo, voglio sognare. Io non sono un robot e nemmeno voglio diventarlo. Voglio annusare la terra, sentire il rumore dell'erba che cresce e l'odore della pioggia che si avvicina. Voglio sorridere alle nuvole che mi guardano, voglio correre nel grano maturo, voglio tutto ecco!
Insomma voglio vivere!
(Rita)
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Interessante!
Senza esserne a conoscenza,
le prime cinque finestre che sono state scelte,
che sono poi quelle delle Signore de
"La Panchina" di Lucca,
si rifanno tutte al dipinto di
E. Hopper.
Che ne dite?
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