L u c i l l a
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Il telefono squillò improvvisamente nel buio della sera.
"Zia, zia... la nonna sta male... è grave... grave... gravissima... anzi... anzi è morta!" mormorò singhiozzando sua nipote Daniela in preda ad un vero e proprio attacco di panico.
Lucilla rimase un attimo senza parole. Poteva vedere le sue lacrime oceaniche, come le aveva viste la prima volta quando lei era piccolissima, un giorno in cui aveva nostalgia della sua mamma. Prima ancora di pensare alla nonna che se ne era andata, lontana da lei, in un'altra città, prima di poter pensare e far salire a galla il suo dolore, si attivò per cercare di calmare quella nipote che di autocontrollo ne aveva sempre avuto davvero poco.
La morte... già la morte... e cosa ci si poteva fare? Era presente nella vita di ogni persona già alla nascita e in qualche modo andava accettata.
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Lucilla era, ed era sempre stata, una
persona sensibile, apparentemente delicata, ma tutt'altro che una persona
debole in realtà. Lo aveva dimostrato nel corso degli anni senza quasi darlo a
vedere.
Come poteva essere altrimenti? Aveva scelto da subito un suo personale modo di crescere che si basava,
oltre che sull'attenta osservazione degli altri e del mondo, su un elegante ed esercitato
autocontrollo, il British Self-control che aveva incontrato durante il suo primo vero approfondimento
dello studio della lingua inglese. Non aveva ancora sedici anni.
Quando ci ripensava, si rivedeva
con una chiarezza straordinaria nel momento esatto in cui aveva fatto quella
considerazione, che poi avrebbe caratterizzato tutta la sua vita.
L'aula trasudava storia da tutti i
pori. Scaffali annosi in legno scuro pieni di libri, scuro ed antico anche il
tavolo intorno al quale sedevano loro studenti, pochi a dire il vero.
L'insegnante cercava di introdurli
nel mondo culturale richiamato dalla lingua e raccontava e commentava e ci
metteva anche un certo entusiasmo. Fatto sta che lei era entrata per sempre in
quella dimensione, che le sembrava la più idonea a dissezionare gli accadimenti, e dunque la vita, senza esagerazioni e
senza soffrire troppo nel ricercare soluzioni.
Si era ripromessa di esercitarsi
all'autocontrollo perdendosi nell’immagine ricorrente del liquido ambrato nella
bellissima tazza di porcellana inglese. Si immaginava con piacere seduta al
piccolo tavolo con signore compite e moderatamente sorridenti, come avrebbe
sperimentato molti molti anni dopo, durante un creamy tea domenicale nel Dorset, pieno di abiti e acconciature improbabili, di
chiacchiere e di pasticcini deliziosi alla crema.
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Nel corso del tempo Lucilla aveva rafforzato la sua
propensione a considerare i vari punti di vista prima di giudicare o decidere o
reagire in modo sbagliato. Era diventata bravissima nel controllare le sue
reazioni d'impatto alle parole, agli avvenimenti, ai problemi che capitavano
tra capo e collo e tentavano di strizzare il cuore senza permesso.
Questo le aveva dato una grande mano a non fare pesanti errori in quegli anni giovanili, quando generalmente ci si butta nelle avventure senza riflettere sulle conseguenze. E questo era un bene. Ne era molto fiera.
Così Lucilla, sempre misurata, veniva guardata quasi con incredulità, ma poi in molti la cercavano e la ricercavano per ricevere da lei consigli di buonsenso ai loro immancabili problemi.
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Intanto gli anni passavano, prima con esasperante lentezza, poi sempre più velocemente, recando con sé gli inevitabili accadimenti della vita. Lucilla assorbiva con autocontrollo sempre più raffinato tutto ciò che incontrava sul suo cammino. Era diventata bravissima. Malattie, morti, matrimoni e nascite si stemperavano intorno a lei con una certa leggerezza, sempre e comunque con l'eleganza dell'autocontrollo.
Lucilla era fiera di come era diventata. Scandagliava spesso se stessa, le sue reazioni e quelle degli altri, il suo sentire, le emozioni, che riusciva a contenere a livelli accettabili. Aveva imparato a limitare le ferite dell'animo e questo la poneva ad un livello di esperienza tale da poter essere anche di grande aiuto agli altri.
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Avanzando negli anni, però, Lucilla cominciava a chiedersi se tutto quel controllo avesse anche un prezzo.
Adesso aveva quasi trentaquattro anni... ed era ancora sola. Un compagno? No, non c'era ancora. Qualche incontro senza importanza c'era stato, ma onestamente come si faceva a incontrare un compagno che avesse un minimo di quelle qualità che per lei erano indispensabili?
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Quanti anni erano passati! Realmente tanti. Adesso Lucilla si guardava spesso indietro con orgoglio, pensando alle tantissime cose che aveva realizzato nella sua vita, anche grazie a quel famoso British Self-control che l'aveva stregata giovanissima al tavolo di una lezione di inglese.
Dopo due figli ormai parecchio adulti, più nipoti e nipotini che le giravano intorno, qualche capello bianco da coprire, un esercito di persone che aveva spronato all'autocontrollo, ora le capitava di fermarsi a riflettere sulle sue grandi capacità di farsi scivolare addosso vita, morte, miracoli con cui entrava in contatto.
Il suo era ed era stato un vivere bello, equilibrato, avrebbe detto armonico. Tuttavia a volte, in questi ultimi tempi, le veniva fatto di chiedersi se tutto quel controllo non fosse stato poi davvero troppo. Eh, sì! Tutta quell'attitudine a contenersi non aveva forse finito con lo stemperare anche ogni momento di bellezza e di gioia? Era stato forse così che pian piano si era trasformata senza accorgersene in una persona anaffettiva?
Un solo attimo, poi Lucilla ritornava immediatamente alla sua convinzione che l'autocontrollo fosse l'unico modo per vivere sereni... e la serenità era stata sempre ciò che aveva desiderato fin da quando era poco più di una bambina.
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"Non c'è bisogno di disperarsi... sai che la nonna ti direbbe la stessa cosa. L'hai vista tante volte asciugarsi di nascosto le lacrime, poi annodarsi di nuovo il grembiule dietro la schiena e preparare la pastella per friggervi il formaggio della merenda. Non è così?".
"Sì, zietta, ma io sono triste... non posso pensare di restare senza la nonna...".
"Anch'io, cara, ma non possiamo fare niente. Dai, adesso faccio la valigia e mi metto subito in viaggio."
Click.
Lucilla riagganciò con troppa cura la cornetta. Si asciugò una lacrima e si avviò nel ripostiglio per tirare giù una qualsiasi valigia.
Ciao cara Panchina, sempre pronta ad accogliere chiunque voglia leggere, riflettere, raccontarsi.
RispondiEliminaEd ecco questo racconto che fa riflettere.
Benedetto questo British Self - control! Proprio benedetto non direi, anche se pure io ne sono spesso intrappolata.
È importante saper controllare i nostri comportamenti, ma ci sono momenti in cui è più che salutare dare sfogo alle proprie emozioni. Ed allora cosa c'è di più efficace di una esplosione di riso, di una accesa litigata, di una corsa sfrenata, oppure di un pianto liberatorio o di un abbraccio strettissimo, per liberare il nostro essere da quei lacci che ingabbiano i nostri sentimenti più interiori?
Qualche volta questo british self control mandiamolo al "diavolo"!
Accetto di buon grado il tuo suggerimento, cara Mariella. Il bianco e il nero non sono mai il massimo per vivere al meglio. L'elasticità mentale e la capacità di scegliere nei vari frangenti sono il vero segreto per trovare benessere ed equilibrio.
EliminaGrazie per aver commentato! Sei di grande stimolo per "La Panchina". Ti aspetto ancora,