Il portachiavi misterioso
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È notte.
Il giardino comunale è tremendamente deserto
e quasi completamente buio.
Un'ombra scivola furtiva sul vialetto,
la ghiaia scricchiola sinistramente
al suo passaggio.
"C'è qualcosa sotto la siepe. Oh, è un portachiavi. Che ci fa in un punto così.... così improbabile? Semplice, no? Qualcuno lo avrà perso... Eppure non sembra affatto così.
Qualcosa in quest'oggetto sorprende, attrae, inquieta.
Cosa apriranno mai queste chiavi?
Che faccio? Lo lascio lì oppure no? Sento che c'è un forte richiamo che non comprendo pienamente, però... Non so cosa fare... Lo prendo, non lo prendo, lo prendo, non lo prendo...".
Che faccio? Lo lascio lì oppure no? Sento che c'è un forte richiamo che non comprendo pienamente, però... Non so cosa fare... Lo prendo, non lo prendo, lo prendo, non lo prendo...".
Non sa perché sia così titubante,
scomparso anche il suo senso civico
che direbbe di raccoglierlo
che direbbe di raccoglierlo
e portarlo al più vicino ufficio
degli oggetti smarriti
o, magari, a quello di polizia,
in cui qualcuno
potrebbe aver fatto
una denuncia di furto...
Un attimo.
Si guarda intorno.
Non c'è assolutamente nessuno.
Si china di scatto
e in un lampo,
ghermisce il portachiavi,
che sparisce nella sua tasca.
Chi continua?
Quale porta o quale oggetto
aprono le chiavi
appese allo strano portachiavi?
Cosa troveremo di là?
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🕶
Io vorrei che quell'uomo che ha trovato le chiavi fosse il mio papà, che con quelle chiavi aprisse la porta di casa mia...
In questo caso io sarei la persona più felice di questo mondo... poterlo abbracciare di nuovo, raccontargli tutte le vicende successe in questi quindici anni senza di lui, dirgli ti voglio bene, forse perché non gliel'ho detto quanto avrei voluto.
Con lui avevo un rapporto speciale e mi manca tantissimo.
Vorrei fosse lui ad aver trovato quelle chiavi per aprire di nuovo la mia porta, per rivederlo anche solo per un attimo.
(Wilma)
🕶
Intanto
s'incammina verso casa sua. Non ha
assolutamente voglia di staccarsi da quelle chiavi, le tiene in tasca e le
protegge con la sua mano per paura di perderle a sua volta. Chissà, potrebbero
essere incantate...
Arrivata
velocemente a casa le guarda bene e si accorge che sono un poco arrugginite.
Chissà quanto tempo sono state là, sotto a quella siepe? E poi pensa: - Hanno tutta l'aria di essere chiavi
di una vecchia porta di soffitta perché non sono moderne.
Le trova veramente affascinanti.
Quasi subito le affiora
nella mente un'immagine molto nitida. Si rivede ad aprire la porta della soffitta
della casa della sua adolescenza. Quella
stanza buia nella quale si rifugiava ogni volta che voleva stare sola, lontana
dalle voci, dal mondo. Bellissimo quel luogo pieno di cose nonostante emanasse odore
di polvere! Tra i mille oggetti c'erano
delle valige colme e mal richiuse dalle quali tirava fuori i vestiti della
mamma di quando era giovane e pure le scarpe con i tacchi che lei ogni volta
adorava indossare guardandosi in un piccolo specchio sistemato malamente sopra
un vecchio comodino che doveva necessariamente spostare a destra, a manca o in
alto, o in basso per potersi ammirare. Non poteva vedersi per intero ma si
immaginava e si vedeva persino bella con quella roba addosso. Soprattutto con
quell'abito nero e verde smeraldo. Ne sentiva persino il profumo e con quel
profumo intenso che la stordiva, ballava e ballava fino a farsi girare la
testa.
D'improvviso un trillo. C'è qualcuno alla porta. Nasconde quella chiave
nel cassetto dove custodisce da tempo il suo ultimo diario e richiude ben bene.
Nessuno avrà mai quella chiave
sicuramente. Ha deciso. E' troppo importante per lei. Quel tuffo nel passato è
stato un toccasana per la sua mente che a volte fa cilecca.
(Claudia)
🕶
🎈
Con
una sicurezza che non corrispondeva alla realtà, Eleonora si affrettò ad uscire
da quel buio che sempre la inquietava quando rientrava a casa la sera.
A quell'ora la città sembrava deserta, estranea, nemica... e lei ne aveva timore, quasi paura. Si sentiva completamente fuori posto, come se vivesse in una realtà parallela.
Deglutì con fatica per superare quel groppo alla gola che l'attanagliava costantemente e si strinse la sciarpa intorno al collo ancora una volta.
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A quell'ora la città sembrava deserta, estranea, nemica... e lei ne aveva timore, quasi paura. Si sentiva completamente fuori posto, come se vivesse in una realtà parallela.
Deglutì con fatica per superare quel groppo alla gola che l'attanagliava costantemente e si strinse la sciarpa intorno al collo ancora una volta.
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Eccola
al portone di casa che richiuse con fretta eccessiva subito dopo essere scivolata all'interno.
E poi fu alla porta del suo appartamento.
E poi fu alla porta del suo appartamento.
Confusa com'era stava per aprire con le chiavi
di quel portachiavi che aveva messo meccanicamente in tasca. Se ne accorse in
tempo per fortuna. Eccola silenziosa percorrere il primo metro del corridoio di quello che avrebbe dovuto essere il suo rifugio sicuro e poi
arrestarsi... davanti alla cucina. Qui si mostrò poi con grande cautela.
Anche quella sera l'uomo stravaccato sulla sedia beveva vino rosso nel disordine atavico che regnava in quei pochi metri quadrati e di quello dei mille annebbiati pensieri nella sua testa che solo lui conosceva.
Anche quella sera l'uomo stravaccato sulla sedia beveva vino rosso nel disordine atavico che regnava in quei pochi metri quadrati e di quello dei mille annebbiati pensieri nella sua testa che solo lui conosceva.
Fu un colpo al cuore per lei e le mancò il respiro.
Eleonora fece dietrofront, brandì come un talismano l'insolito portachiavi che aveva trovato e fuggì con le chiavi che nella corsa tintinnavano amiche.
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Eleonora fece dietrofront, brandì come un talismano l'insolito portachiavi che aveva trovato e fuggì con le chiavi che nella corsa tintinnavano amiche.
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Nel viale
alberato dell'elegante quartiere il palazzo recava il numero 235 sul grande portone.
La donna infilò la chiave più piccola nella toppa ed entrò. Si guardò con
sicurezza intorno nell'androne molto accogliente, in cui un'imponente vetrata
lasciava intravedere il grazioso giardino interno ben curato.
La donna puntò con decisione verso la scalinata di marmo. Tralasciò di afferrarsi al corrimano, che conduceva ad una balconata in plexiglass trasparente. Non degnò neppure di uno sguardo l'ascensore che pure era lì, libero, in attesa. Salì invece agilmente i gradini a due a due fino al primo piano e svoltò nel corridoio di sinistra. (continua)
La donna puntò con decisione verso la scalinata di marmo. Tralasciò di afferrarsi al corrimano, che conduceva ad una balconata in plexiglass trasparente. Non degnò neppure di uno sguardo l'ascensore che pure era lì, libero, in attesa. Salì invece agilmente i gradini a due a due fino al primo piano e svoltò nel corridoio di sinistra. (continua)
(Vanina)
🕶
Alessandra raccolse le chiavi che aveva visto per terra e se le mise nella tasca della giacca. Ormai a quell’ora tarda gli uffici per gli oggetti smarriti erano chiusi. Chi poteva aver perso un mazzo di chiavi in un posto così isolato del giardino comunale?
Lei aveva preso l’abitudine di andar in quel luogo a fare jogging alla sera dopo cena, lo trovava estremamente tranquillo anche se isolato. Certo che pensandoci bene poteva saltar fuori in qualsiasi momento un malintenzionato pronto a farle del male. Per fortuna portava sempre con se uno spray al peperoncino!
Quando rientrò nel suo appartamento iniziò ad analizzare per bene il mazzo di chiavi che aveva trovato. L’incuriosiva il portachiavi fatto a mano... le sembrava una foglia stilizzata. Chi poteva aver fatto con tanta cura quella foglia e cosa potevano aprire quelle chiavi? Questo era davvero un mistero!
Decise di scrivere un post sul gruppo di Facebook del comune, forse qualcuno era ancora sveglio e avrebbe potuto leggere. Si addormentò sul divano con le chiavi in mano. Al risveglio trovò una notifica di un adolescente che dichiarava che le chiavi erano di suo nonno Edoardo, le aveva perse il pomeriggio precedente dopo la partita di burraco con gli amici al giardino comunale.
Si diedero appuntamento per il pomeriggio al fatidico parco, dove si presentò anche Edoardo tutto riconoscente per aver ritrovato le chiavi, ma soprattutto il portachiavi che aveva fatto la moglie con tanto amore. Era talmente grato che si propose di fare da scorta ad Alessandra durante le sue corse serali, lui naturalmente l’avrebbe affiancata in bicicletta!
Le chiavi non avevano aperto nulla di particolare o magico, ma avevano aperto qualcosa di molto più importante: la porta dell’ amicizia!
(Monica)
🕶
È l'ora del crepuscolo, mi trovo in un parco dove vedo una signora, forse della mia età, che passeggia davanti a me, poi si china e raccoglie un mazzo di chiavi.
Si gira, mi vede e mi chiede: "Di chi saranno?" .
Facciamo tante supposizioni e forse pensiamo che le può avere perse qualche giovane che correva in questo viale. Chi corre ha sempre pantaloncini con delle tasche senza bottoni.
Certo che il maratoneta quando arriva a casa non può entrare senza chiavi, speriamo che qualcuno gli apra la porta e che lui non viva solo.
Però noi due quale decisione saggia possiamo prendere riguardo alle chiavi?
Ci guardiamo intorno. Vediamo un muretto e decidiamo di appoggiare lì sopra, magari mettendoci intorno dei grossi sassi per attirare l'attenzione.
Tutto si risolverà bene se chi le ha perse ripercorre la strada che ha fatto.
Fra qualche giorno ritornerò lì perché sono curiosa di vedere se ci saranno ancora.
Salutata la signora ho proseguito per la mia strada.
(Silvana)
🕶
Correva la ragazza, correva forte, ma gli uomini dietro di lei correvano più forte. La stavano raggiungendo. Le chiavi erano nella sua mano e bruciavano. La sua vita era tutta in quelle chiavi, non poteva lasciarle nelle loro mani.
Alla fine ce la fecero, le saltarono addosso e lei d'istinto gettò il mazzo di chiavi in un cespuglio. Per fortuna, loro non se ne accorsero.
Lui camminava svelto perché il parco di sera non era sicuro neppure per un uomo e quando le vide le prese e in un raptus di follia se le infilò in tasca rabbrividendo.
Si sentiva strano, gli sembrò che quella meta a cui si stava dirigendo non fosse più importante e chissà perché tornò indietro.
Camminò a lungo. Passò vie e vicoli male illuminati, costeggiò palazzi e catapecchie e davvero credeva di essere impazzito perché lui stesso non si capacitava del suo andare.
Per fortuna non aveva nessuno a casa a chiedersi il perché della sua assenza ma insomma, andare in giro per la città come uno straniero e per di più di notte, era roba da ridere o forse da piangere?
Si stava interrogando mentre le sue gambe lo portavano dove volevano loro, quando le chiavi cominciarono a bruciare nella sua tasca. Le tirò fuori e si spaventò.
Una chiave strana, ma strana davvero era completamente brillante e rovente. Ora era spaventato sul serio.
Voleva andarsene di corsa, ma le sue gambe erano inchiodate davanti a quel misero portoncino e non si volevano muovere, anzi era decisamente allucinante accorgersi che la chiave sembrava tirarlo ancora di più verso il portoncino. La chiave vibrava, brillava, si dimenava pure nella sua mano e folle in una notte pazzesca, si ritrovò ad infilarla nella toppa.
La porta si aprì e un mondo incredibile si rivelò ai suoi occhi.
Una luce tenue illuminava la stanza e decine di animali strani dormivano sui mobili dentro cucce dalle forme più incredibili. Gli sembrava di vedere un gatto con il pelo violetto, ma doveva sbagliarsi di sicuro. Poco più in là, una brandina malmessa, ospitava una ragazza, con un occhio pesto e gonfio, la camicetta strappata che gli sorrise.
Alcune ore dopo, aveva le idee più chiare su quella ragazza, infatti lei gli aveva raccontato una storia davvero incredibile. Diceva di venire da una isola semidisabitata i cui abitanti erano sconosciuti al mondo. Vivevano sotto terra perché non potevano vedere la luce del sole. Avevano un pizzico di magia e solo poche persone potevano entrare in contatto con loro. Lui era uno dei pochi.
Era venuta spinta dalla curiosità per il nostro mondo di cui aveva sentito parlare, ma viveva isolata e usciva solo di notte come pure i suoi animali. Gli era capitato spesso di aiutare ragazze che erano aggredite da delinquenti nel parco, ma quella notte dopo aver tolto ai bruti la loro preda, era diventata preda lei stessa. Non poteva rischiare che trovando le chiavi scoprissero il suo rifugio e così le aveva gettate via nella speranza che le trovasse uno dei pochi che erano capaci di riportargliele.
Lui non aveva ancora deciso se crederle.
Era decisamente sconvolto, ma si ricordò che ogni tanto aveva letto di donne che avevano denunciato di aver subito violenza nel parco e essere state salvate da una ragazza con i capelli che brillavano.
No! lui non credeva ai gatti viola, non credeva ai capelli che brillavano, figuriamoci poi ai popoli che vivono sotto terra. Lui era una persona seria, un matematico con i piedi per terra, ma come mai un gatto viola stava faceva le fusa strusciandosi alle sue gambe e una ragazza dai capelli che brillavano gli stava sorridendo donandogli una pace e una serenità a lui sconosciute?io
(Rita)
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Grazie Vanina ❤️
RispondiEliminaGrazie a te, carissima Wilma! ❤
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