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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Fiaba - Gico, l'equilibrista








  Gico, l'equilibrista



🦎

Nico, l'uccellino nero dal becco giallo, era ora molto cresciuto e appariva molto più sicuro di sé.
Infatti atterrò con grande sicurezza sulla scala ormai quasi del tutto in ombra, mentre il sole scompariva piano piano dietro il campanile della chiesa.
Le luci automatiche del giardino si erano appena accese, segno questo che la sera estiva era già decisamente avanzata.

La sua leggerezza si bloccò all'istante e il suo cuoricino sembrò arrestarsi per un breve tempo. Davanti ai suoi occhi si materializzò ancora una volta uno strano... stranissimo essere di cui nessuno gli aveva mai detto nulla fino a quel momento.
Non gli faceva proprio paura, perché tutto sommato si sentiva grande davanti a lui, ma il suo aspetto non era affatto rassicurante. 
Sembrava duro, era corazzato, bitorzoluto e a placche, aveva peraltro assurde zampette lunghe lunghe e magre, per non parlare del musetto che era davvero un poema. Non si capiva bene se fosse serio, minaccioso, infido, pericoloso oppure semplicemente sornione e riflessivo.

Nico rimase lì a scrutarlo nella sua immobilità per un po': meglio non rischiare avvicinandosi. Sentiva la testa in fiamme per tutte le considerazioni che vi si scontravano al suo interno.
Dunque, era qualcosa di realmente vivo o semplicemente una decorazione posta lì da qualcuno ad abbellire il muro? Non riusciva a capire. Forse avrebbe potuto provare a dargli una beccatina... ma no, non era affatto prudente.
Si avvicinò, però, di qualche centimetro per osservarlo più da vicino. Che strano! Se ne sentiva attratto! C'era qualcosa in lui, comunque, che lo affascinava: il movimento che sembrava riuscire a fare, l'insolita postura, la leggerezza, l'armonia con cui restava aggrappato a quel muro. Anche essendo in grado di volare, Nico non avrebbe mai potuto spiaccicarsi in quel modo su quella parete. Al massimo poteva camminare sulla scala e saltare da uno all'altro di quegli infiniti scalini.

Invece quel coso sembrava un equilibrista. Neppure Ragno Rosso del platano riusciva a fare tanto, se non avesse avuto quella tela sottile a sostenerlo... ma anche con l'aiuto della tela la sua posizione era sempre la stessa: non riusciva certo ad assumere una tale svincolata scioltezza!

Possibile? Era vivooo! Gli era parso o l'equilibrista si era mosso? Sì, era proprio vivo come lui, perché adesso aveva girato con una lentezza esasperata la testa rigida e tozza, mostrando un enorme occhio piuttosto inespressivo.
Lo fissava e aspettava. Chissà cosa mai aspettava!





🦎
Allora Nico girò la sua testolina per poterlo guardare meglio con il suo occhio destro, senza interferenze. Fu così che si trovarono, occhio nell'occhio, in un circuito di resistenza a chi durava di più in quella seria posizione.
Quel coso era perfettamente a suo agio, ma Nico non lo era per niente. Lui era un merlo e non stava fermo a lungo e poi in natura tutti erano indaffarati a cercare cibo, a costruire nidi. Quello invece sembrava inamovibile, per questo lo inquietava. Così riprese a saltellare sulle sue zampette per ritrovare il suo abituale equilibrio.
Quasi quasi era meglio lasciarlo lì a fare la bella statuina e andarsene a cercare qualcuno di più vivo, fosse un lombrico da mangiare o un compagno per fischiare un po' insieme.
Eppure possibile che quello non facesse proprio niente? La sua curiosità continuava a solleticarlo.

Fu distratto per un attimo da due o tre zanzare che gli sfiorarono in postazione il becco al suono di quel loro fastidiosissimo Zzzzzz. Le pettegole si dirigevano senza indugio verso quel muro sul quale il coso era immobile da un tempo incredibile ignare della sua presenza.
Zac! Una lingua larga, spessa e appiccicosa uscì improvvisamente dal muso pietrificato di quel coso e - puf! – le tre zanzare erano scomparse.
Per poco Nico restò pietrificato anche lui. Proprio non se l'aspettava… allora qualcosa quell'essere faceva! Sì, era vivo...

“Ciao, Nico. Mi chiamo Gico. Io ti conosco…” lo apostrofò inaspettatamente il coso dopo aver gustato in un baleno lo spuntino sibilante. Oh, che voce profonda... e non si era mosso di un millimetro.
“Finalmente parli! Dunque, ti chiami Gico…”.
“Sì, questo è il mio nome. Io amo restarmene silenzioso e immobile, ma ti ho visto spesso saltellare in questo giardino mentre me ne stavo nascosto nella mia fessura preferita. Sai? Io ho molta antica esperienza nella mia specie e non ho bisogno di fare tante corse per vivere… riesco a farlo benissimo restandomene qui, fermo.”.
“Dici davvero?”.
“Certo! Io mi cibo di insetti e vivo sui muri e nelle cantine delle case, meglio se un po' vecchie. Sono un geco e sono utile all'uomo. Lo aiuto a tenere pulita la sua casa perché lo libero dagli insetti, anche nocivi, che altrimenti diventerebbero troppo numerosi.”.
“Non faccio fatica a crederti dopo averti visto all'opera… e adesso cosa stai facendo?”.

Il geco equilibrista a questo punto, infatti, aveva ritirato fuori la lingua appiccicosa e se la stava passando sugli occhioni privi di palpebre come fosse un tergicristallo.
“Scusa! Stavo pulendo i miei occhi da alcuni granellini fastidiosissimi che ci si erano depositati.”.
“Sei davvero particolare, Gico... e sono contento di conoscerti. Non avevo mai incontrato un essere simpatico come te. Ero stato attratto dalla tua grande capacità di restare immobile in quella strana posizione da equilibrista, ma sei ben strano davvero per molti aspetti… direi che per un giovane merlo come me sei eccezionale!”.





🦎

La luce del giorno era ormai quasi scomparsa del tutto. Gli animali notturni si erano messi in movimento già da qualche tempo. 
La vita, seppure spesso nascosta e invisibile, ferveva ad un ritmo frenetico in quel giardino in cui le luci automatiche si erano accese già da un bel po'.

Nico fu richiamato da un tripudio di farfalle notturne che sciamavano verso i punti luce attratte da quei richiami prepotenti, forse anche piuttosto imprudentemente.
Gico restava sul muro immobile ora che la conversazione si era fermata per un attimo. 
Zac! La lingua larga, spessa e appiccicosa uscì improvvisamente dal suo muso pietrificato e - puf! - la nera falena, che si era imprudentemente avvucinata, scomparve nel suo stomaco.

Ormai era proprio buio, Nico doveva tornarsene al nido. Aveva vissuto un momento felice. Sì, era contento di se stesso perché aveva fatto una nuova interessantissima esperienza. Aveva conosciuto Gico, un essere incredibile, che gli era parso molto riflessivo, equilibrista e decisamente saggio. 
Pensò che avrebbe potuto passare oltre e non fermarsi ad osservare quello strano coso equilibrista. In questo caso non avrebbe scoperto le tante cose inimmaginabili della vita di Gico, un importante coinquilino del suo giardino. 

Era l'ora. Nico si girò verso Gico in segno di saluto,  poi fischiettando se ne volò via.















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