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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



F I L O - la RIVISTA de "La Panchina" n. 9

     


      



Filo

un filo di parole da 0 a 100 anni

quindicinale di opportunità

“La Panchina” editrice  

n. 9 - 31.12.2023



Editoriale

Care amiche ed amici di F I L O,
in questo giorno speciale, l'ultimo dell'anno,
sarò breve con i discorsi.

Così levo subito in alto il calice,
insieme a tutta la redazione,
per augurarvi ed augurarci
uno splendido 2024,
in cui le guerre si ricomporranno,
le diatribe si alleggeriranno,
le parole diventeranno gentilezza,
la buona volontà lenirà le malattie
e la disponibilità alleggerirà
le necessità di ogni tipo.

Vi sembra troppo?
Forse sì, lo è,
ma, se in questo brindisi pieno di parole
sentiamo il cuore tremare per l'emozione,
siamo già tanto tanto avanti.
Proviamo a crederci?

Buon 2024

Vanina



Risponde Vanètte

a cura di Vanina DG.

Ultimo quesito del 2023. È quello di Daniel da Bournemouth, che si è trasferito a Portovenere da alcuni anni. La domanda che pone a se stesso ed anche a noi è molto intrigante per me, penso anche per voi, perché ha un ampio respiro, induce alle riflessioni, alle emozioni e ha anche un che di filosofico. 
Arrivato a Portovenere, Daniel è rimasto letteralmente abbagliato dal fascino che emana questo luogo. Ne è sorpreso e non capisce.
Quella chiesetta a strisce che svetta lassù solitaria sullo sperone di roccia a picco sul mare e quell'arco con vista, da dove si affacciava anche Shiller, per non parlare del Sentiero dell'Amore... certamente sono molto piacevoli.
Ciò che lui, però, non riesce a spiegarsi è come possa essere rimasto così fortemente stregato, visto che il mare c'è anche a Bournemouth, che peraltro è un luogo di villeggiatura da sempre, con giardini curati e case graziose e ben tenute, in cui si respira serenità e benessere.
L'elemento comune è il mare e sa fare la sua parte.
Dunque, caro Daniel, cosa posso dire al riguardo? Ho avuto la fortuna di frequentare entrambi i luoghi e, se dovessi fare una scelta obbligata, anch'io opterei per Portovenere.
Sì, il mare caratterizza entrambe le località,  ma è indubbio che i colori che ci avvolgono  siano tutt'altro. E le dimensioni dell'abitato rispetto all'azzurro infinito che vi si respira è tutt'altra cosa. Le case in massima parte arrampicate su per la collina, pur restaurate, rimandano ad un impianto antico, ad una vita completamente diversa cui forse vorremmo tutti ritornare e ci spingono ad un atteggiamento più contemplativo e di ricerca di spiritualità piuttosto che di efficienza e di competizione.
Questo io ho percepito personalmente. Sappi, Daniel, che un po' ti invidio. Non mi hai detto di cosa vivi a Portevenere, ma mi piace immaginarti nella veste di uno scrittore che può scegliersi liberamente il luogo del cuore in cui vivere.
Buon anno, Daniel! 
A voi lettori di "F I L O" auguro uno splendido anno insieme!
Ci ritroviamo nel prossimo anno.
Auguri!


Il fascino del giardinaggio

a cura di Lauretta G.

Come mi piacerebbe avere le stesse peculiarità della Macfadyena Unguis-cari!
Pensate un po', questa bella, robusta, rigogliosa pianta è resistente al caldo, anzi lo ama, ha una richiesta d'acqua quasi inesistente, non viene colpita da nessuna malattia, è anallergica,  sta bene in esposizione in pieno sole,  non richiede altro che un muro o una recinzione  dove arrampicarsi. Insomma è il massimo per una coltivazione senza fatiche tranne quella di darle una potatina dopo la fioritura primaverile tra marzo e aprile, se no lei con il suo entusiasmo di crescere vi copre la casa.
Molto decorativa, questa pianta è così chiamata perché lungo lo stelo portante (piuttosto sottile) ha delle spine a forma di uncino, molto simili alle unghie dei gatti. Queste spine le permettono di arrampicarsi dove preferisce. 
E'una pianta sempreverde, quindi ideale per coprire un muro vecchio o isolare il vostro giardino da sguardi indiscreti.
La sua fioritura, di un giallo splendido, è molto ricca e spettacolare per la quantità di fiori che riesce a produrre.  I suoi fiori sono tubolari  con il calice a forma di coppa con cinque lobi e nascono a gruppi di tre. 
Il suo nome comune è vite ad artiglio di gatto perchè come la vite ha degli artigli per arrampicarsi ed è originaria dell'America Centrale e del Sud America.
Il suo uso principale è quello di creare ombra data la sua grande capacità di espandersi senza problemi.
Quando i medicinali non erano ancora diffusi, secoli fa, i sudamericani ne utilizzavano le radici per curare infiammazioni intestinali. 
Provatela, nel vostro giardino, la Macfadyena unguis-cati lo arricchirà con la sua bellezza e il suo colore.
.
Macfadyena Unguis cari


Persone e personaggi

a cura di Claudia B.

Buon anno a tutti voi!
Visto che stiamo per passare al nuovo anno, io ho pensato di fare un tuffo nel passato proponendovi la storia di David Lazzeretti o Lazzaretti, con una a invece di una e come già lui volle cambiare nel suo cognome, Il Cristo dell’Amiata. Vi annuncio che questa é la prima parte e che proseguirò e finirò con il prossimo numero. Vedrete il perché.
David Lazzaretti  nacque ad Arcidosso, sul Monte Amiata, nel 1834 in una famiglia molto povera e molto religiosa. Era di umili origini ma come tutti coloro che avevano interesse alla letteratura, fu autodidatta poiché frequentò solo la prima classe presso la scuola parrocchiale. Era un ragazzo estroverso e molto fantasioso e per questo era  chiamato Milleidee. A quel tempo nei paesi pressappoco tutti avevano un soprannome.
Nonostante le difficoltà di scrittura poco leggibile e piena di errori, scrisse diversi stornelli e poesie, nonché  degli opuscoli religiosi fra cui  “La mia lotta con Dio” e“ Le livre des fleurs Célestes”, pubblicati in Francia perché in Italia fu condannato dal Santo Uffizio.
Vi ho sicuramente stupito di ciò, ma nel suo girovagare stimolato anche dal suo lavoro oltre che dalla curiosità e fantasia, ebbe modo di recarsi nella Gran Certosa di Grenoble.
David faceva il barrocciaio trasportando Terra di Siena in vari paesi del grossetano ma anche a Siena e a Roma. Si sposò nel 1856 ed ebbe cinque figli, ma sopravvissero solo Turpino e Bianca.
Dal 1868 in poi ebbe via via delle visioni mistiche causate probabilmente da grandi febbri pare malariche e cominciò a predicare.
Riuscì ad ottenere un’udienza dal papa Pio IX  che lo ascoltò senza dargli alcun peso e lo liquidò con la sola benedizione. Mortificato della poca attenzione, si ritirò via via in varie grotte come eremita, ma poi tornò al paese predicando le sue idee, scostandosi dalla Chiesa Cattolica.
Fondò una Chiesa chiamata Giurisdavidica, adottando il simbolo di una croce con due C contrapposte che tutti i seguaci ricamarono in rosso sulle vesti.
Costruì una chiesa fatta di sassi tipo nuraghi sul Monte Labro da lui chiamato Monte Labaro. La sua dottrina era rivolta all’aiuto dei bisognosi  e per aiutare raccoglieva denaro. Questo gli costò varie denunce e arresti. In alcune situazioni pare fosse aiutato da Don Bosco.
Andò a Grenoble perchè aveva conosciuto un ricco magistrato francese dedito alla politica favorendo il re di Francia che lo invitò a casa sua.  Probabilmente vedeva in lui un allealto. Pubblicò quindi alcuni scritti in Francia mentre in Italia sarebbero stati banditi.
Fini sotto processo del Santo Uffizio dove dichiarò che sarebbe rimasto in Francia, ma i suoi seguaci lo acclamavano e lo convinsero a tornare ad Arcidosso.
Nel 1878, durante un suo pacifico corteo, fu fucilato come sovversivo per conto del nuovo Stato Italiano e della Chiesa in quanto scomunicato ed eretico.
Il  suo nome oramai aveva varcato i confini ed  essendo il suo cadavere stato studiato da Cesare Lombroso, In moltissimi si sono occupati di lui. Compare nei Quaderni di Gramsci che ne condannava l’uccisione, criticando il costume punitivo dell’epoca
Filosofi e letterati si sono occupati del suo misticismo come Guy de Maupassant e Arrigo Petacco di cui detengo il libro. Ai giorni nostri Simone Cristicchi ne ha fatto un’opera teatrale.
Certe sue idee sono classificate come progressiste perché nella sua comunità del Monte Labbro, aveva istituito l’obbligo scolastico, la condivisione dei beni e pure una specie di suffragio universale. La sua Fratellanza Cristiana si proponeva il perdono, la carità, il mutuo soccorso. Nessuna presunzione o vanagloria doveva regnare perché Dio può in qualsiasi momento umiliarci, abbatterci e ridurci a nulla.
Certe idee furono ben accolte da molti paesani perché esasperati da pesanti tasse e divieti di diritti che il governo aveva imposto.  Erano i tempi della famosa Tassa sul Macinato.
Credo proprio di avervi proposto un personaggio interessante soprattutto perché da semianalfabeta riuscì a dare del filo da torcere al Santo Uffizio.
Ad Arcidosso, presso il Palazzo Comunale, esiste un Centro Studi David Lazzaretti mentre la parte museale è situata presso il Castello Aldobrandesco.
Il Santo David,  come viene chiamato dai caperci, (soprannome degli abitanti di Arcidosso) è sepolto nel cimitero di Santa Fiora.

Monte Labro dove David Lazzeretti
aveva edificato
la sua chiesa  giurisdavidica.


  

Sulle ali della fantasia

a cura di Rita G.

Le Olimpiadi sono state meravigliose e confesso che hanno dato anche molte soddisfazioni, ma quanto impegno! Tutte le cose allestite con tanta fatica, andavano smantellate prima dell'alba per sicurezza.
Sono riuscita ad andare a letto un paio d'ore e quando mi alzo trovo Fantasia distrutta, sparapanzata sul mio divano, che mi guarda sfinita.
Con calma nei giorni successivi facciamo commenti infiniti e ci raccontiamo la soddisfazione che sentiamo dentro di noi.
Sono in pensiero per Fantasia perchè la vedo giù e non accenna a riprendersi. Ha molti compiti anche di rappresentanza, ma non riesce a tirarsi su. Io da molto tempo ho prenotato una settimana di ferie e non vedo l'ora che arrivi lunedì per partire. 
Ho saputo una novità adesso e ve la dico senza tanti giri di parole: Fantasia verrà con me e Mia e addio serenità e pace.
Al momento di partire, eccola che arriva con vestiti dalla forma antica tipo Mary Popins e con un borsone altrettanto desueto e enorme, che lei porta con disinvoltura. Ho dato istruzioni al navigatore e ci affidiamo a lui.
Sono un po' perplessa dato che non mi è mai capitato di fare viaggi lunghi e sono agitata. Per fortuna sono stata irremovibile sul fatto di prendere la mia macchina. Hanno paventato scenari di rotture del motore, bucature di gomme, rotture varie  eccetera, visto che la mia auto è vecchiottam e loro ne volevano prendere una nuova a noleggio. Figuriamoci. Una sola è la macchina che guido volentieri ed è la mia Carlotta. Punto i piedi e, affermata questa mia decisione,  facciamo piani, ci ripassiamo i nostri itinerari, i compiti di relazioni affidati a Fantasia,
Poi madre Fatessa ricomincia da capo, vuole essere rassicurata di nuovo e di nuovo ancora. È la prima volta che una comunità entra in contatto diretto con un'altra. Finalmente decide di accettare le sue paure e... si parte. Mia ha ottenuto di avere il suo Fatino in macchina insieme a lei e noi abbiamo accettato per non avere una Mia nervosa e noiosa che ci avrebbe creato ulteriori motivi di stress.
A circa metà strada, Fantasia decide di fermarsi a mangiare e io sono curiosa di vedere cosa ha portato nel suo enorme borsone. Mi aspetto che tiri fuori un panino e una bottiglia d'acqua e scendo per sgranchirmi le gambe nella speranza che l'aria fresca porti via anche un po di stanchezza.
Salgo di nuovo e ORRORE. 
Il borsone è aperto e tra i suoi manici spunta il tetto del castello delle fate che per secoli è rimasto nascosto in fondo all'orto della mia casa.
Mi prende un colpo anzi due. Mi hanno fregato! Per questo non me l'hanno detto sennò se lo sognavano un viaggio così lungo con mille responsabilità, anzi con la responsabilità di un intero popolo affidata alle mie magre capacità di guida. Scendo per non farmi sentire dai Fatini e inizio a urlare con la voglia di dire un mucchio di parolacce alla responsabile, ma all'ultimo momento mi astengo.
Riflettendo capisco che oltre alla responsabilità che non si può negare, c'è la grande fiducia che hanno riposto in me e io sono loro grata.
Ripartiamo e mi rendo conto che per me le sorprese non finiscono ancora. Quando prenotai la mia settimana di ferie, naturalmente dissi loro la località che avevo scelto e loro si resero conto che era la zona in cui risiede la più grande comunità fatesca conosciuta così a mia insaputa hanno deciso che era arrivato il tempo di adeguarsi alla modernità e intraprendere questo viaggio per conoscerli.
Quando arriviamo scopro che è davvero vicino al mio albergo e, fatte le dovute presentazioni, vado nel mio alloggio e lascio i fatini, le fate e la loro Madre Fatessa a godersi ciascuno della compagnia degli altri e ad esplicare tutti i compiti che si erano prefissi. Mentre mi avvio al meritato riposo, pregusto già il bel sonno ristoratore che mi aspetta. 
C'è da affrontare il viaggio di ritorno, ma ci penseremo. Sta scritto "A ciascun giorno basta la sua pena".
 

                                                         

  Andando Andando Andando  

a cura di Alba P.

Tornado tornando... vi racconto da dove ero rimasta. Infatti vi avevo promesso che vi avrei raccontato tutto quanto, quando sarei ritornata.
Vi dirò che ho finito bene il Natale andando a Merano, in un posto incantevole anche se mancava la neve. Si tratta di un piccolo villaggio, costruito apposta per il Natale in mezzo alla natura, con tante casine e tanti alberelli, lunghi viali, con una grande pista di pattinaggio e tante tante luci natalizie.
Le persone erano vestite in costumi tirolesi ed erano molto allegre. Grandi boccali di birra a non finire e un gran mangiare.
Peccato che mancasse la neve al paesaggio, però le cime dei monti erano molto bianche.
Le luci natalizie erano così tante che mi sembrava di essere in quei paesaggi che si fanno sotto l'albero... e io lì con gli occhi spalancati mi sentivo proprio bene.
Sì, mi sono sentita proprio a Natale, con amici giusti e simpaticissimi, a cui devo dire grazie per avermi fatto passare un Natale così spensierato. Mi ci voleva proprio.
Poi, rientrata a casa, ho trovato un'altra sorpresa: una mia amica aveva comprato il biglietto per uno spettacolo a Firenze, perciò sono arrivata e sono ripartita. È stato un magnifico spettacolo di ballerini cinesi, molto colorato, molto movimentato. Cambiavano in continuazione costumi e scenario ed è durato due ore... non durato, volato!
Come vedete anche per la fine anno sono stata bene. 
Poi vi racconterò dell'ultimo giorno dell'anno e del primo giorno di quello nuovo. Tutto adesso sarebbe troppo lungo.
Ciao ciao e alla prossima per la fine del racconto.



Lo sapevate?

a cura di Silvana C.

Il progresso ha cambiato i giochi dei ragazzi.
È passata la Befana ed ha lasciato i giocattoli (per i più grandicelli): apparecchi elettronici e telefonini.
Anni fa portava giocattoli di legno e dopo i più moderni di materiale ferroso. Quelli di legno erano fatti dai genitori in maniera grezza: lettini e pentolini per le bambole, mini cucine, camioncino e macchinine per i maschietti.
Nella stagione più calda i bimbi giocavano all'aperto: si dondolavano sulle altalene, facevano il tiro alla fune, il così detto gioco della campana. Quest'ultimo consisteva nel disegnare in terra dei quadrati con dei numeri dove i ragazzi saltavano con una gamba di quadro in quadro; non dovevano pestare le righe e contavano i punti che sommavano.  Arrivò il giocattolo fatto direttamente dalle fabbriche più rifinito e infine gli stessi giocattoli venivano dotati di motorini e di telecomandi per guidarli.
Con il progresso i ragazzi preferiscono divertirsi con giochi elettronici e specialmente con i telefonini. Che differenza!



LUOGHI... SPECIALI

a cura di Mariella A. 

Eccomi di nuovo, cari lettori.
Non c'è luogo speciale che non sia legato a persone speciali, a momenti di vita intensi, facili o difficili, ed anche quello che vi racconto lo conservo gelosamente nel mio cuore. *Mara non potrà leggere queste mie parole, ma insieme ci siamo regalate pillole di intensa amicizia che tutt'ora vivono nel pensiero e nel cuore.*
Negli anni passati, quando ancora lavoravo, c'erano dei momenti in cui sentivo un immenso bisogno di lasciarmi alle spalle, per qualche giorno, le incombenze familiari, il chiasso gioioso della scuola, ma soprattutto gli impegni assai gravosi che, proprio nella scuola, mi ero assunta e mi accompagnavano in ogni momento. Fu in uno di questi periodi che decisi di... scappare! Con me partì  Mara, la mia amica del cuore, anche lei oppressa da problemi familiari. Insieme ad un gruppo di amici partimmo per la Costiera Amalfitana, decise a goderci quei meravigliosi paesaggi, ad immergerci nel profumo degli agrumi, a intrufolarci in un mondo assai diverso dalla nostra quotidianità.
Ci ritrovammo a percorrere quella strada panoramica verso sera, quando le luci accese rendevano incantevole il paesaggio  e spettacolari le scogliere a picco sul mare illuminato dalla luna.
Arrivammo all'apice della salita e, proprio lì, sulla cima, ci attendeva il nostro albergo. Ci ritrovammo, Mara ed io, incantate davanti ad uno spettacolo da lasciare senza fiato. In basso, sotto di noi, due golfi si aprivano ai nostri occhi. Il golfo di Napoli, da un lato, si mostrava in tutta la sua bellezza con la  costa punteggiata di luci e lo spettacolo del Vesuvio sullo sfondo.
Il tempo di riprendere fiato e voltarci verso l'altro golfo, quello di Salerno, altrettanto bello! Fu Mara a scuotermi da quel mio incantesimo, difficile fu rispondere al suo richiamo ed avviarmi verso l'albergo. Ed il mattino successivo, alla luce del sole, il panorama che ci si presentò davanti aveva davvero un che di magico. Mi sembrò di trovarmi sospesa tra cielo e mare, circondata da toni di azzurro di una varietà indescrivibile, dal fruscio del vento tra le fronde dei pini, dai rumori ovattati di una natura incontaminata. E laggiù, in mezzo a quell' infinità, l'isola di Capri!
Eravamo a Sant' Agata sui due golfi, un piccolo paese quasi sconosciuto, che mi è rimasto nel cuore! 



ANZIA   IL GIOCO DELL'INFANZIA   IL GIO

a cura di Maura B.

L’Infanzia negata
“Ogni bambino ha diritto di crescere sano e in condizioni di sicurezza di sfruttare il suo potenziale, di essere ascoltato e preso sul serio. Lo ha sancito trent’anni or sono l’Assemblea generale delle Nazioni Unite nella convenzione sui diritti dell’infanzia.".
Non è stato cosi per un bambino pakistano Iqbal Masih che già a quattro anni lavorava in una fornace, in seguito la sua famiglia per ripagare un debito lo vendette a un commerciante di tappeti e di conseguenza fu costretto a lavorare anche per dodici/quattordici ore al giorno.
La vita del piccolo operaio fu costellata di continui abusi, addirittura legato al telaio in modo da non poter fuggire per un compenso di neanche tre centesimi.
Un giorno riuscì con altri bambini a sfuggire ai suoi aguzzini e a partecipare a una manifestazione contro lo sfruttamento dei minori. Queste sono le sue parole: ”è lui che deve avere paura di me, di noi della nostra ribellione .Nessun bambino dovrebbe impugnare mai uno strumento di lavoro .Gli unici strumenti che un bambino dovrebbe tenere in mano sono le penne e le matite“.
Per un breve periodo riuscì a ottenere la libertà (grazie all’aiuto di un sindacalista ) e a diventare un simbolo contro lo sfruttamento dei minori .
Purtroppo in un giorno di festa (16/04/1995) domenica di Pasqua, Iqbal venne brutalmente ucciso mentre stava andando a messa .
Questo coraggioso bambino ci ha lasciato un messaggio forte: è indispensabile avere coraggio e forza d’animo per combattere tante ingiustizie presenti nel mondo. Grazie alle sue proteste molti bambini furono liberati da quella tremenda schiavitù.
Questa vicenda mi ha profondamente commossa e io spero con tutto il cuore che finalmente Iqbal possa correre felice lassù dove il cielo è sconfinato.


      

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