T e a
Mi avevano dato un orario preciso, quello della ricreazione pomeridiana .
Parcheggiai la macchina vicino al cancello e scesi rapidamente. Avevo paura che non mi facessero più entrare, intanto la rivedevo all'opera l'anno precedente.
Eccola lì in piena attività. Continuava a parlare, a parlare, a parlare. Quel giorno eravamo arrivati a scuola da soli dieci minuti eppure lei era già pienamente in forma e parlava, parlava, parlava, con quel suo tono monotono e ininterrotto, che ti entrava nella testa. L'ascoltai per un po' mettendo in atto qualche tecnica di rilassamento per cercare di riportarla ad un autocontrollo più efficace, ma senza ottenere alcun risultato.
La voce sottile, non troppo alta, sarebbe stata anche gradevole e il ritmo era armonioso, tipico di chi sa cantare ed apprendere facilmente le lingue straniere. Il problema era che questo fiume di parole era continuo, infinito... e si sovrapponeva a ogni altra conversazione, spiegazione, attività più o meno rumorosa avvenisse in classe. Per noi comuni mortali era impossibile concentrarci su un qualsiasi compito, anche il più elementare, a causa di questo sottofondo sonoro che finiva con l'avvolgerci come una terribile melassa.
E poi? E poi aveva irretito un'alunna che non aspettava altro e alla quale non pareva vero di aver trovato una compagna interessante alla quale fare da spalla in qualcosa di diverso dalle cose correnti. Così il fiume di parole scorreva senza soluzione di continuità tra loro, apparentemente estraniate da tutto, soverchiando il senso normale del mondo che non ne scalfiva minimamente l'attenzione.
Il bello era che comunque in Tea era attiva una seconda Tea alla quale non sfuggiva proprio niente di ciò che veniva detto e di ciò che veniva fatto. Se del caso poteva anche intervenire e commentare, riprendendo immediatamente il personale fiume di parole monotono e abituale subito dopo.
Quella mattina le due avevano iniziato alla grande e come al solito non davano retta a nessuno, mettendo a dura prova la pazienza dei compagni..
Allora trovai una soluzione che potesse dare un po' di sollievo alle due, che evidentemente evidenziavano esigenze diverse ed urgenti, ma anche a tutti gli altri che volevano capire ciò che io stavo spiegando.
Spostai due banchi accoppiandoli in modo tale da formare un tavolo di lavoro per loro due, dove avrebbero potuto utilizzare, forbici, colla, pennarelli - cosa che a loro piaceva moltissimo - ma non tanto per giocare e perdere tempo.
Assegnai loro un vero e proprio compito per la realizzazione di una piccola storia che avrebbe fatto parte di una raccolta in cui sarebbero confluite quelle di tutti gli altri gruppi allestite in un secondo momento.
Poi feci un patto con loro: avrebbero parlato a voce bassissima in modo che io potessi spiegare la lezione con calma agli altri che erano pronti ad ascoltare. In un secondo momento avrei spiegato loro personalmente quello che avevo già spiegato ai compagni, mentre questi ultimi avrebbero fatto il lavoro di gruppo elaborando storie sul tema assegnato.
Le due furono così contente di questa soluzione ed accettarono l'accordo. Con responsabilità riuscirono a lavorare con molta soddisfazione, quasi in silenzio assoluto. In ogni caso noi riuscimmo a fare una bella lezione in tempi brevi e in un ambiente sano e positivo. Successivamente facemmo il cambio di attività e le due alunne ascoltarono con interesse ciò che io andavo spiegando.
Al momento della comunicazione delle storie elaborate, tutti i gruppi furono fieri dei risultati, in particolare Tea e la sua amica, che videro riconosciuto il loro lavoro, in verità molto originale, perché alle due la fantasia non mancava di certo.
In seguito questa modalità di lavoro fu sfruttata molte volte. Il bello era che riuscivano a trovare la calma da sole, avendo quel tempo a disposizione per ricreare un nuovo legame giornaliero tra di loro prima e poi con l'ambiente scuola lasciato il giorno precedente.
Purtroppo per tutta una serie di motivi che qui non starò a spiegare le due avevano cambiato scuola, ma per me era di fondamentale importanza accertarmi che le due ragazzine capissero come quella fosse una scelta personale e non un rifiuto da parte mia. Io non le avevo certo abbandonate, anzi.
Così quel giorno, il nuovo anno scolastico era cominciato da poco, io avevo preso quell'appuntamento per andare a trovare Tea, cosa che avevo già fatto con l'altra alunna che aveva preso a frequentare una scuola diversa e che ero andata a trovare il giorno prima.
Suonai il campanello. Da dietro l'edificio proveniva un allegro vocio di bambini intenti a giocare in quel pomeriggio di settembre ancora caldo e pieno di luce.
Dopo aver incontrato le insegnanti, mi addentrai da sola nel giardino alla ricerca di Tea. Sembrava scomparsa nel nulla.
La trovai finalmente nascosta in un bagno deserto che affacciava nella zona dei giochi. Muta... da non crederci! Era impaurita fortemente dal senso di colpa per avermi lei abbandonata. Pensava che io fossi arrabbiata con lei. Si nascondeva in quel luogo non molto accogliente e, in quell'atteggiamento, di confusione appariva piuttosto regredita.
La rassicurai come meglio potevo e pia pian piano Tea ritornò a parlare, dando il via libera al suo torrente di parole che le consentivano di sfogare il suo disagio e le sue ansie.
Tea è ormai adulta. Non so con esattezza come scorre oggi la sua vita. So per certo che abbiamo avuto insieme tanti momenti di grande empatia. Io li ricordo con vero piacere e l'animo è sereno perché credo di avere fatto il mio massimo per lei.
Spero che anche Tea conservi questi momenti come piacevoli ricordi.
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