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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

Clicca sulla pagina desiderata.

L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



F I L O - La RIVISTA de "La Panchina" - n. 20

  



Filo

un filo di parole da 0 a 100 anni

un filo di nuove opportunità
ogni tre settimane

“La Panchina” editrice  

n. 20 - 16.12.2024



Editoriale

Ci siete?
Tutti pronti
per questo numero speciale di
"F I L O"?

Come si sa,
la nostra RIVISTA,
ha sospeso momentaneamente
la pubblicazione quindicinale,
per lasciare spazio negli incontri de
"La Panchina"
all'elaborazione di un nuovo libro.
Non potevamo saltare, però,
l'occasione del Natale per farvi gli auguri
e lo facciamo
con questo numero speciale.
È bello e confortante
ritrovarvi qui
ed immaginarvi a leggere
"F I L O",
a casa vostra, in un'atmosfera natalizia
piena di profumi e di magia!

🎄 Auguri! 🎄

 Vanina


Leggi con me  Leggi con me  Leggi con me

a cura di Monica T.

Calendario dell’Avvento
Carissimi/e lettori e lettrici di Filo,
sono tornata con una edizione speciale per questo Natale!
Nelle mie ricerche tra i libri da proporvi nella rubrica “Leggi con me” ho scoperto una chicca molto interessante, si tratta di… un “Calendario dell'Avvento - 25 racconti brevi per celebrare il Natale”, edito da Big Bee Books.
E’ un viaggio “magico” attraverso 25 giorni di racconti ricchi di valori ed insegnamenti:
. la forza dell'amicizia,
. l'importanza della gentilezza,
. la potenza della solidarietà,
. il valore immenso dell'amore,
e molto altro…
Ogni racconto è accompagnato da un disegno da colorare, rendendo il libro ancora più coinvolgente.
Sono favole per bambini, ma ispireranno anche noi adulti… Che cosa aspettate a leggerlo tutti insieme in famiglia davanti a una gustosa cioccolata in tazza?!
Auguro a voi e ai vostri cari un caldo e lieto Natale!


Risponde Vanètte

a cura di Vanina DG.

Che piacere essere qui e ritrovarvi proprio laddove ci eravamo lasciati! Siamo a Natale e l'argomento che solletica molti di voi gira inevitabilmente intorno a questo momento.  Così questa volta non potevo non rispondere a più lettori contemporaneamente - Giovanni da Chioggia, Virginia da Locorotondo, Vittorio da Pinzolo, e Paolo, Rossella, e ancora e ancora - perché siete davvero moltissimi a farmi, la stessa domanda: "Natale: regali, regali, regali... ma come si fa a non restarne prigionieri?". 
Devo dire che anche io mi sono posta la stessa domanda in questi ultimi anni e, ad essere proprio sincera, non ho ancora trovato una risposta che mi soddisfi completamente.
Regali sì, regali no.
È inutile dire che donare è qualcosa che comunque tocca per un istante nel profondo sia chi riceve sia chi dona, ma in questo momento storico ha ancora senso farsi irretire in questa fiera del consumo?  
Ricordo che quando ero piccola, l'idea del regalo era molto, ma molto ridotta e ristretta rispetto a quella che abbiamo oggi. Risentiva molto del fai da te, del riutilizzo virtuoso dei materiali che addirittura veniva insegnato a scuola, della scelta di piccole cose da acquistare, limitate comunque nel numero, anche nelle famiglie più abbienti.
Ricordo che si partiva in anticipo per cucire grembiulini raccogligocce  per le bottiglie con ritagli di vecchie stoffe oppure un micro rametto di vischio confezionato in una mini scatoletta trasparente.
Oggi ci si sente in obbligo di fare regali a tutti quelli che ci sono intorno, badate bene, obbligati non mossi da un vero desiderio personale. Così si fa incetta di ciarpame d'ogni tipo, cose inutili che non sono belle e non si useranno mai, che poi andranno smaltite insieme a carte plastificate e nastri sintetici.
Allora che fare? Forse sarebbe interessante che cominciassimo noi a ridimensionare questo carosello, semplicemente allestendo piccole cose ma pensate, regalando pensieri e parole che possano toccare il cuore, acquistare quello che le persone comprerebbe altrimenti da sole.
Insomma dobbiamo rifuggire da quel meccanismo del "si deve" perché la moda lo dice.
So che non ho risposto a tutte le vostre esigenze, ma ci possiamo provare, che ne dite?
Intanto io ci sto provando... spero di riuscire a fare meglio.


Il fascino del giardinaggio

a cura di Lauretta G. 

Euphorbia pulcherrima
E' tanto bella, decora la nostra casa nel periodo natalizio, si chiama Euphorbia pulcherrima,  Poinsettia o più comunemente Stella di Natale. E' una pianta originaria del Messico che, se spontanea, può arrivare anche a 4 metri di altezza e nella sua grande bellezza nasconde un lattice irritante per la pelle. Da noi è considerata una pianta da appartamento.
Noi siamo convinti che il suo fiore sia rosso, ma non é così. Il suo fiore è giallo, circondato da 5 foglie di colore rosso, rosa o bianco.
Per le sue caratteristiche, la fioritura della Poinsettia avviene in inverno perche in questo periodo il tempo di luce solare é minore rispetto al periodo estivo o primaverile. Per avere un'ottima fioritura dovremmo darle non più di 8 ore di luce. E qui già si comincia a dare consigli per far si che rifiorisca...
Infatti, l'anno successivo a quello in cui ha adornato le nostre feste natalizie difficilmente si riesce a rivedere la fioritura anche se la pianta appare in salute (sempre che chi si occupa di lei,  abbia provveduto a frequenti concimazioni e rinforzi periodici di fosforo e potassio)
Io, dopo essermi informata sulle tecniche di coltivazione, ho deciso che non era la pianta adatta a me. Pensate che per avere l'eclatante presenza delle foglie rosse bisognerebbe coprire questa parte della pianta con un telo che la protegga dalla luce. 
Io amo curare le piante, ma quando la cosa diventa una sfida, io rinuncio. 
Un'altra cosa che mi dà molto fastidio è vedere  queste piante  in vendita nel loro splendore e già sapere che se il prossimo Natale saranno ancora vive, ben difficilmente faranno il fiore spettacolare che le contraddistingue. 
Quindi associo questa pianta a una morte precoce e tutta la gioia di averla svanisce.  La Stella di Natale non fa proprio per me!


Persone e personaggi

a cura di Claudia B. 

Truman Capote
Siamo in clima di Natale. Girando per le vetrine in cerca di idee per i tradizionali doni mi sono fermata davanti a una famosa libreria. Dico doni, non  regali. In questo caso mi piace adoperare la parola doni perché la trovo più appropriata al momento.
Il libro, secondo me, é sempre il regalo giusto, basta conoscere la persona a cui è destinato il nostro pensiero. Lo possiamo personalizzare con una dedica e resta valido in questo caso ogni anno per Natale anche come addobbo della casa, visto le belle copertine a tema. L’addobbo in casa è indispensabile per creare l’atmosfera. Non è consumismo o apparenza, ma partecipazione alla festa.
Non per essere avara ma i doni sono tanti per cui anche la spesa va considerata. Ho letto alcuni titoli in mostra e mi ha incuriosito l’autore di due libri in particolare. Truman Capote. Ho pensato al Film, Colazione da Tiffany. Non sapevo che Capote avesse scritto anche qualcosa sul Natale e mi sono decisa ad entrare, se non altro per leggere la recensione.  Le recensioni sono personali ma danno sicuramente un’idea del libro che andiamo ad acquistare.
"Un Natale" e "Ricordo di Natale".  Ho trovato che si tratta di racconti autobiografici e in questo momento così magico non c’è nulla di meglio che entrare con il nostro animo migliore nelle vite delle persone. Non intendo certo promuovere i libri, non è mio mestiere ma, occupandomi della rubrica  "Persone e Personaggi", è indispensabile per me capire cosa spinge uno scrittore a raccontare la sua esperienza di vita nel periodo più atteso e più amato dell’anno e pure importante per la costruzione personale dei bambini.
Trattandosi di autobiografia e non di fiaba, è adatto anche agli adulti che possono quindi meglio capire le conseguenze dei loro eventuali comportamenti balordi. Capote ha scritto "Un ricordo di  Natale" nel 1956 e "Un Natale nel 1982". Ciò è significativo. A distanza di ben ventisei anni è tornato sull’argomento e ne possiamo dedurre, conoscendo la sua biografia, che il Natale lo ha segnato nell’anima. In fondo è uno scrittore del romanzo-verità, del romanzo non inventato.
Truman Capote è lo pseudonimo di Truman Streckfus Persons. Nacque a New Orleans nel 1924. Data la sua vita travagliata si riteneva orfano. La madre lo ebbe a soli sedici anni ma era dedita all’alcool mentre il padre lo abbandonò quando ne aveva quattro. Crebbe nella famiglia di alcuni parenti e si rifugiò nei libri. Il padre ricomparve nella sua vita dopo che Truman ebbe successo e soldi e la madre lo volle con sé dopo il secondo matrimonio. Capote infatti era il cognome del patrigno e Truman lo assunse per far dispetto all’odiata madre. A causa della sua tendenza omosessuale e del suo difficile carattere  non veniva compreso dai compagni per cui fu isolato anche a scuola. La sua infanzia fu quindi difficile e solitaria ma ebbe il conforto dell’affetto della cugina Sook e di Harper Lee, un’amica fedele che diventò poi famosa con il  romanzo “Il buio oltre la siepe”.
Quando Truman iniziò il percorso letterario veniva invitato come intellettuale dandy e ottenne in questo frangente l’amicizia di Humphrey Bogart, Ronald Regan, Andy Warhole, Tennessee Williams e pure di Jackie Kennedy. Si dice che in America tutto è possibile ma la condizione di benessere non durò molto. Finì dedito all’alcool come sua madre e l'alcool insieme ai tranquillanti minarono la sua salute. Fu ricoverato più volte per disintossicarsi ma senza risultati. Morì  nel 1984 allontanato da tutti per una cirrosi epatica.
Le grandi opere restano immortali e vi posso dire che quei libri li ho poi acquistati, con l’intento di leggere in seguito anche  "Preghiere esaudite", il suo ultimo romanzo pubblicato postumo. Non lo conosco ma mi incuriosisce. Il titolo promette bene.



Ri * fless * ioni

a cura di Silvana B.

Io e il TACCHINO
“Quanto tempo è che non vedo un tacchino?”. Questo mi sono chiesta l’altro giorno. Ma non in foto, non in video, non… cotto!
Non c’è niente da fare, proprio non me lo ricordo.
Ho nella memoria solo la scena in cui alcuni polli e tacchini becchettavano vicino ad una casa, davanti la quale passavo per andare a scuola, quella elementare. Poi più nulla, i tacchini sono scomparsi dalla mia vita.
E se ne ho visti ancora, li ho dimenticati.
Così sono entrata nel web e ho cercato informazioni su questo grande uccello, gallinaceo, domestico.
Un momento: domestico qui da noi, invece, nell’America settentrionale e centrale ne vivono ancora moltissimi allo stato selvatico. Probabilmente, in ricordo del tempo in cui cacciare animali selvatici come quello era indispensabile ai pionieri, gli statunitensi lo hanno eletto a piatto principale nel giorno del ringraziamento.
Cortes ne trovò di addomesticati nel regno degli Atzechi, ne portò alcuni in Spagna in dono al re e un secolo dopo erano ancora una rarità in Europa.
Nei boschi d’America vivono in branco, con un tacchino anziano che lo guida, ma quando devono attraversare un fiume o prendere un’altra decisione straordinaria, si riuniscono per alcune ore o giorni prima di entrare in azione: una società democratica, a modo loro!
Sono praticamente nomadi: si spostano e camminano molto ogni giorno per trovare cibo e riparo. Dormono sugli alberi, che raggiungono svolazzando, le mamme con i piccoli sui rami bassi, gli altri su quelli più alti. Sono molto educati: ogni mattina appena svegli si danno il buongiorno glottolandosi per un po’.
Il loro verso si chiama “glottolio”, infatti fanno “glo,glo glu”, più o meno.
Il nome scientifico è Meleagris e ne esistono due specie, che si diversificano soprattutto per il piumaggio, che nella ocellata è multicolore un po’ come quello dei fagiani e nella gallòpava è più o meno grigio, bianco o beige, con striature varie. Il primo è diffuso solo nello Yucatan, America centrale, l’altro in tutta quella settentrionale. Col tempo, addomesticato, ne sono state selezionate circa cinquanta sottospecie.
Quando si dice addomesticato, nel caso del tacchino, è come dire allevato per mangiarselo. In realtà, nella civiltà contadina venivano tenute con cura le tacchinelle (le femmine) per covare anche le uova delle galline, delle oche e anatre pigre.
Eh, sì, le tacchinelle hanno il senso materno molto sviluppato: se durante il periodo della cova vedono un uovo di qualcun altro lo devono covare, quel che ne esce ne esce, va bene comunque!
Le uova di tacchino non si mangiano abitualmente, anche se sono simili a quelle di gallina, perché ne fanno solo una cinquantina l’anno e le tacchinelle ne covano una ventina alla volta per quattro settimane.
Si tratta di una specie poligama (con il corteggiamento simile a quello del pavone, ruota della coda inclusa), ma, caratteristica rarissima in natura (detta partenogenesi accidentale arrenotoca), possono anche nascere pulli da uova non fecondate, solo maschi. Insomma, per le tacchinelle è meglio se ci sono i ‘mariti’ tacchini, ma se non ce ne fossero si arrangerebbero lo stesso: l’importante per loro è covare e far schiudere le uova!  
Adesso che ne so di più, il tacchino mi risulta un po’ più simpatico, ma l’escrescenza carnosa sul becco mi fa ancora impressione. Chissà se è proprio per questo che non ho ancora trovato notizie su tacchini allevati per compagnia, o forse perché hanno vita breve: quello selvatico non arriva a due anni e quello allevato può arrivare a dieci, anche se è piuttosto delicato, soprattutto durante la crescita.
Per concludere, non ho mai trovato un animale che abbia il nome così diverso in ogni lingua, dunque: in francese si chiama DINDE, in spagnolo PAVO, in inglese Turkey, invece in turco HINDI, in portoghese PERU, in rumeno CURCAN, infine… in veneto PITO, in Umbria BILLO!



Lo sapevate?

a cura di Silvana C.

Il Natale oggi
Il Natale oggi nella mia città è radioso. La città è tutta scintillante di addobbi per le strade. Fili di lucine  attaccati  alle facciate dei palazzi e belle stelle comete nelle piazze principali.
Sembra un sogno quando verso l'ora del crepuscolo si accendono tutte e la città prende un aspetto particolare.
In piazza  Grande hanno fatto il mercatino con ambulanti nelle casine di legno, sono cinquantacinque. Vendono tanti articoli artigianali e roba da mangiare particolare.
È tutto molto bello! E pensare che tanti anni fa abbellivano solamente con qualche albero di Natale  e  in alcune chiese.


  Andando Andando Andando  

a cura di Alba P.

Cari amici, era un po' che non ci si sentiva. Sono stata un po' impegnata, ma ora sono qua per raccontarvi, come al solito, il mio ultimo viaggio, questa volta in quel di Roma. Mi ha invitato la mia amica Lauretta de "La Panchina".
Per me era una cosa nuova: mi aveva invitato ad andare a Roma. Ero un po' scettica inizialmente, poi mi sono decisa, tanto erano solo due giorni.
Non vi dico quello che ho visto... tanta tanta arte! Eravamo con Francesco, un suo caro amico, che spiegava molto bene. Francesco è una grande persona. É molto profondo e sa molto di tutto. 
Abbiamo visto molti quadri che conoscevo, ma di cui non sapevo la spiegazione. Lui mi ha fatto capire tutto e mi ha levato i dubbi.
Vi dico anche una cosa: Lauretta ha insistito due giorni per andare a vedere il quadro del Caravaggio. Lui prometteva, ma poi non ci s'andava mai. Il giorno in cui finalmente l'abbiamo visto siamo rimasti tutti, anche io, molto molto stupefatti. 
Poi Francesco ci ha condotto in varie chiese, come quella di Sant'Andrea e quella di Sant'Agostino, nel palazzo della Cancelleria, in un chiostro dei cappuccini, con tante di quelle opere d'arte e tutti quei dipinti nelle chiese, che non si finiva più.
"Come si fa?" mi sono chiesta "A quei tempi esisteva la mente artificiale?". Certamente no: era tutto nelle mani dell'uomo e io spero che queste bellezze arrivino anche lontano nel tempo, nel 2900, nel 3000, insomma nel futuro.
È non è  finita  qui. Lauretta mi ha invitato sempre con Francesco, la prima domenica del mese di dicembre, quando c'era la prima domenica del mese gratis, a vedere Palazzo Pitti a Firenze. Mamma mia! Che meraviglia! 
Non vi dico che cosa non c'era. la Galleria Palatina. Io avevo visitato gli Uffizi, ma la galleria no. Anche lì, ogni sala veva i suoi quadri e le sue sculture. Ogni sala aveva un tema. Non vi dico le bellezze da godere con i miei occhi spalancati! Ancora una volta ero stupita e presa dalle tante domande che mi venivano in mente.
Quanta arte ci sarà ancora da vedere, ma io non arriverò mai a stancarmi. Ho molta sete di arte. Siccome ho iniziato tardi ad interessarmi di questo, ora ho una gran sete di sapere, di vedere, di sentire  
In questo "Andando", ho avuto tre giorni pieni. Spero di avere ancora tante occasioni da poter sfruttare. Un ringraziamento speciale alla mia amica Lauretta per avermi introdotto in questa avventura stupenda nel magico mondo del sapere e del vedere. E come si dice: "Alba, non è mai troppo tardi!".


LUOGHI... SPECIALI

a cura di Mariella A. 

Carissimi lettori, siamo di nuovo insieme in questo magico dicembre, pieno delle luci scintillanti, dei profumi di pino, castagne bruciate, vin brulé, aria gelida, del calore di casa che sa, ora più che mai, di famiglia.
Si vive un'atmosfera magica che riporta alla mente un Natale di molti anni fa, quando i ragazzi erano piccoli e da pochi mesi avevamo cambiato abitazione.
La nostra casa era immersa nei campi, un po' isolata, lontana da strade trafficate, circondata da prati verdi, i pioppi e gli alberi del nostro giardino; davanti a noi, oltre i campi, la strada, le prime case ed una vecchia corte.
Come tradizione, per la festa dell'Immacolata ci ritrovammo tutti insieme a preparare l'albero e addobbare casa. Ben presto l'atmosfera gioiosa invase le stanze, mentre I ragazzi ridevano e cantavano felici. "Mamma, mamma" gridava la più piccola" mettiamo le luci anche fuori, sulla betulla, così  dalla strada possono vederci!"
La betulla, che durante l'autunno ci aveva regalato uno spettacolo unico con le sue innumerevoli foglioline gialle, come monete d'oro, ora era un tronco bianco scheletrico accanto al cancello del giardino. Quale migliore idea di adornarla con lucine gialle intermittenti e qualche filo dorato? Eccoci tutti al lavoro e finalmente, non senza fatica, il nostro albero fu pronto. Quanta emozione vedere quella pioggia d'oro che faceva bella mostra di sé nel giardino!
Più  tardi, quando le ombre della sera avvolsero le case ed i prati, chiudemmo la porta e ci ritrovammo a guardare attraverso i vetri della finestra, la nostra betulla d'oro e laggiù, oltre i campi, le luci del Natale nei giardini e nelle case come a dirci che non eravamo soli!
Ed ecco che accendemmo il fuoco nel caminetto; la legna crepitava, le fiamme mandavano bagliori straordinari nella luce crepuscolare ed il profumo intenso della resina di abete invase la stanza.
Faceva molto freddo quella sera, quando ci ritirammo a dormire al calduccio dei nostri piumoni. La mattina dopo lo spettacolo che si presentò agli occhi dei bambini, con il naso appiccicato ai vetri delle finestre, fu di una bellezza indescrivibile. Eravamo soli, immersi in una distesa bianca... candidi i campi, arabescati i rami brulli degli alberi, ghiacciati i fossi intorno. Un paesaggio da fiaba con la brina che si tingeva dei colori dell'arcobaleno sotto la luce dei primi raggi di sole!
Il mio cuore perde un battito nell'emozione dei ricordi!  
 


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Appendice

Sulle ali della fantasia

a cura di Rita G.



Fantasia... e Poesia 

C'era grande aspettativa in quelle piccole fate e nelle loro maestre, perché era stato indetto il primo concorso “Natale vivo” e la scuola  aveva deciso di partecipare.  Era prevista una uscita in città di tutte le alunne e dopo molti discorsi e raccomandazioni, l'esperienza aveva avuto inizio e lo scenario era decisamente fantastico. Luci e addobbi luminosi brillavano unendo un palazzo all'altro e dolci musiche accompagnavano il passeggio delle persone. Essendo una esperienza nuova le nostre fatine avevano dovuto accettare di essere protette da un incantesimo di invisibilità e camminavano con la bocca aperta dalla meraviglia e gli occhi spalancati in cui si poteva scorgere uno stupore vero e intenso.
Per rispettare le regole del concorso, dovevano prendere una immagine a piacere del Natale e riprodurla su  una cartolina. Alcune delle fatine non erano mai state in città, tanto meno per le festività e iniziarono a guardarsi intorno. Subito saltarono loro agli occhi le vetrine dei negozi addobbate con colori e luci sempre più belle. Non sapevano più dove guardare fino a quando in una stradina laterale trovarono una vetrina totalmente al buio senza nessuna decorazione nel cui locale retrostante  erano alloggiati degli animali. Insomma era una stalla.
Le fatine erano stordite dal contrasto con la ricchezza ostentata poco lontano e, guardando bene, si accorsero che una donna era sdraiata sulla paglia con un bambino piccolo stretto al petto, vicino vicino ad un bue per godere del calore emanato dal suo enorme corpo. Anche un asinello poco lontano dava ospitalità col suo tepore ad un uomo vestito di stracci che non lo riparavano certo dal freddo intenso. Quando si furono riprese dallo stupore, capirono che quel presepio vivo davanti ai loro occhi era quanto di più prezioso avessero visto fino a quel momento, più bello di tutte le luci, le decorazioni e le musiche che accompagnavano le persone riccamente vestite che passeggiavano in cerca di trovare qualcosa di abbastanza inutile per spendere i loro inutili soldi.
Spontaneamente si misero a riordinare la stalla e mentre lo facevano iniziarono a cantare le ninnananne che avevano imparato per le feste, così senza averlo pensato precedentemente, il presepe che avevano scelto per la loro cartolina si era arricchito anche del coro degli angeli come narrano le scritture.
Solo poche persone attratte da quella melodia fecero quei pochi passi per andare incontro al mistero, gli altri si accontentarono dell'effimero e trovarono in esso la loro realizzazione.                           



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