A Lucca era ormai autunno. Le giornate erano ancora gradevoli, ma la luce era ormai cambiata. Il tempo meteorologico piuttosto sonnacchioso era proprio adatto a ricominciare a programmare eventi.
Questo proprio stava accadendo in una piccola corte della città.
"Giovanni, ho selezionato anche queste lettere, tutte estratte dal blog. Trattano in qualche modo di fiabe. Le proporrei agli ospiti che interverranno all'evento. Che ne dici?".
"Grazie, Veronica. Darò un'occhiata e poi ti farò sapere.".
Veronica numerò il file e lo salvò nella cartella che aveva già diligentemente intestato.
Monica
💻
Paganico, 3 giugno 2023
Cara Vanina,
finalmente, cara amica, mi sono decisa a raccontarti quello che mi hai insistentemente chiesto nella tua lettera precedente.
Sai, ho avuto una resistenza molto forte ad affrontare l'argomento delle favole narrate prima di addormentarsi, e qui potrei far finta di avere un amnesia e non ricordare quel particolare, ma la realtà è un'altra.
A me le favole, non le ha mai raccontate proprio nessuno. NESSUNO ho detto. Non esiste nemmeno una figura umana che seduta sul mio letto si occupasse teneramente di me.
Ripensando, che io ricordi, nemmeno un animale si è mai scomodato a salire sul mio letto per farsi coccolare e sì che che il gatto in casa c'è sempre stato. Si vede che anche lui doveva sottostare come tutti a delle regole ferree e nelle camere non saliva.
Navigando nei ricordi tristemente lancinanti delle mancanze subite, forse per compensazione, mi sono imbattuta in un ricordo che mi ha dato gioia. È questo che ti voglio raccontare perchè è un'esperienza che non tutti hanno fatto.
Devi sapere che nella terra in cui sono nata, non c'era la cultura di coltivare il granturco, forse la terra non era adatta, chissà. Comunque una certa quantità forse per uso familiare, veniva coltivato. Quando era maturo, veniva colto a mano anche con l'aiuto dei contadini che abitavano vicino e veniva poi caricato sul pianale del carro a cui erano stati messi dei rialzi in modo da aumentarne la capienza. Veniva poi portato a casa e stipato nella “parata” che era quello che noi definiremmo un garage. Completamente aperto da un lato, serviva a riporre il carro, la falciatrice e altri attrezzi agricoli da attaccare alla coppia di buoi che a lavoro finito si riposavano nella stalla.
Poi alla sera, ci riunivamo nella parata e alla fievole luce di una lampadina, il granturco veniva sgusciato con le foglie più resistenti lasciate attaccate alla pannocchia in modo da poterlo ammazzettare e attaccarlo alla parete della casa colonica a farlo asciugare per il tempo necessario. Il casolare diveniva in quel periodo uno spettacolo di colori e di gioia per gli occhi. Ricordo che anche noi bambini ci mettevamo all'opera alacremente, ma la buona volontà si scontrava con la resistenza che facevano le foglie alle nostre piccole mani e ci stancavamo quasi subito.
Quelle sere piene di stornelli, di frasi maliziose, fatti narrati spesso sottovoce perchè c'era il “tetto basso” erano per noi una grande festa perchè saltavano tutti gli obblighi, saltava l'orario per andare a letto, era l'occasione per cogliere qualche frase a noi sconosciuta su cui rimuginavamo per giorni, potevo finalmente sentire mia madre ridere di gusto. Insomma, la nostra vita sempre uguale, triste, fatta di regole, di obblighi, di divieti, si trasformava e diveniva come una favola, ricca di cose belle e di sorrisi.
Cara amica mia, vedi come l'animo umano si bea anche di poco quando in esso c'è la gioia e la serenità.
Adesso ti lascio perchè mentre scrivevo, il tempo è passato e io devo preparare il pranzo per la mia famiglia. Nella speranza di risentirci presto, ti abbraccio.
Rita
💻
Lucca, 11 maggio 2023
Cara Rina,
sei sempre la mia più cara amica e lo sai, anche se adesso, da quando tuo marito è in pensione, dopo tanti anni trascorsi qui a Lucca dove ci siamo conosciute, sei ritornata a vivere a La Spezia, tua città natale.
Ti volevo parlare di che cosa faccio oggi. Devi sapere che noi siamo un gruppo di amiche che si incontrano ogni settimana per scambiare idee, emozioni e tutto ciò che ci sembra interessante, per poi scriverne. Sì, per scriverne, perché la scrittura ci è utile per conoscerci meglio nel nostro profondo.
Oggi ci stiamo raccontando dì quali novelle ci raccontavano quando eravamo piccole.
Io non ho conosciuto le nonne. Mia madre e mio papà, quando si sono sposati, erano senza la mamma perchè le loro erano già morte. Così nessuno me le raccontava. Quando ho imparato a leggere, però, mi hanno regalato alcuni libri di novelle, specialmente le più conosciute.
Per questo ho detto alle mie amiche che non ho molta conoscenza di novelle inventate dalle nonne, ma che ascolterò molto volentieri loro per sentire che cosa mi racconteranno.
Silvana
💻
Lucca, 8 giugno 2023
Carissima Adelaide,
sai, proprio oggi, durante il viaggio, parlavamo di un tale, piuttosto originale, vissuto tanti anni fa. Ricordo che ne parlavano, divertite, le donne che a quel tempo, nei pomeriggio, si mettevano a lato strada, ognuna con la propria sedia, a sferruzzare di maglia e uncinetto. Ebbene, ti racconto cominciando tranquillamente con “C’era una volta”.
C’era una volta un signore che abitava da solo in una casa non lontano dalla loro e anche dalla mia. Lo avevano soprannominato “Cavicchio” forse perché era talmente avido che avrebbe cavato il sangue dalle rape. Ebbene, avendo lui una terra coltivata a vigneto, si faceva aiutare via via da qualche bracciante occasionale. Una mattina portò con sé un certo Settimio. Il tragitto era stato abbastanza lungo visto che andavano a piedi e poi, lavora e lavora, era arrivata l’ora della colazione e Settimio avvertiva i crampi della fame.
- Ottavio, che dici, si mangia qualcosa?
- O Settimio, mi pare prestino. Ormai arriviamo in fondo al filare e poi si mangia.
Ottavio continuava a lavorare e Settimio con pazienza, anche se affamato, lo seguiva. L’orologio del campanile del paese vicino suonò i dodici rintocchi e Settimio cominciò a urlare dalla fame. Ottavio ebbe quindi una tale paura che si fermò di colpo e di corsa andò a prendere il tascapane. Il tascapane era una sacca di stoffa, generalmente blu, che i braccianti portavano a tracolla con il cibo per l’intera giornata
- Ovvia, Settimio, ora si mangia.
- Ottavio, mi dai un poco di vino? Io senza vino non so mangià!
- O Settimio, lo porterò domani. 0ggi c'ho l'acqua bona! Ora mangiamo alla svelta n’avesse a piove!
- Ottavio, ma che piove! C’è un sole che spacca le pietre…
E comunque quel giorno il padrone, come si diceva una volta, era Ottavio e Settimio quindi continuò a lavorare mesto, mesto fino al tramonto. Tornarono a casa che a malapena vedevano il viottolo tanto che era scuro.
La mattina seguente Ottavio passò a chiamare Settimio per una nuova giornata di lavoro. Non c’era il campanello, allora, già sotto casa, Ottavio chiamava a voce alta Settimio.
- Settimio….Settimio…. E’ ora d’andà…..
Cominciava appena ad albeggiare e Ottavio da sotto udì una voce che rispondeva:
- E’ ito….! E’ ito…..!
Vedi, non so se sono aneddoti o storie vere, ma certo che sono insegnamenti di vita. Mai esagerare con le richieste perchè diventano pretese.
Un abbaccio forte e alla prossima.
Carlotta
💻
Lucca, 28 maggio 2023
Care amiche de "La Panchina",
vi devo raccontare un po' della mia storia per quanto riguarda le fiabe. Allora, scendendo le scale dentro di me, per quanto mi ricordo, non ho alcuna visione di fiabe che mi raccontavano.
Tuttavia, di solito la sera prima di andare a letto, tutti i miei cari si radunavano a veglia e i miei genitori raccontavano tante storie di vita vissuta che a me, devo dire, piacevano molto e incuriosivano. A me sembravano novelle il sentir parlare di persone che conoscevo e dei loro figliuoli che erano anche miei amici, scoprire cosa combinavano, e in questi racconti erano pure comprese le mie marachelle
Una fiaba proprio mia, che ho letto e riletto e che mi faceva sognare, era quella di Cenerentola. Mi piaceva perché come ho detto mi faceva sognare: m'immaginavo di essere io Cenerentola e aspettavo questo cavaliere col cavallo bianco che mi rapiva e mi portava via lontano in un mondo magnifico, sempre con sé ovunque andasse.
Devo confessare che questo sogno c'è ancora in me, è lì nella mia mente, anche essendo grande ed essendo una che ama viaggiare e girare il mondo, ma tutto proprio tutto.
Vivo così, sperando che succeda, anche se lo so che è un sogno che non si avvererà mai, ma poi tra me e me mi dico: "Alba, ma sognare intanto non fa mica male, anzi fa bene allo spirito e alla mente!" e spero proprio con questo fiaba di risalire queste scale della mia prossima vita.
Spero anche di non avervi deluso non avendo favole da raccontare che mi ricordi, ma io incomincerò a leggerne per me anche se mi piace molto di più stare coi piedi per terra.
Un caro saluto a tutte voi e a presto.
Alba
💻
Carissima Rita,
visto che è da un po' di tempo che non ci vediamo, ho deciso di scriverti e, per farti conoscere qualcosa in più di me, ho pensato di raccontarti un mio ricordo lontano lontano che mi è tornato alla mente e mi ha fatto sorridere...
Quando avevo due anni e mia mamma mi raccontava le favole, leggendole sui libretti che, ricordo ancora, erano decorati con disegni molto simpatici per bambini. Questi libretti mia madre li acquistava in una grande libreria gestita dalle sorelle Alberti (delle quali ti parlerò in futuro).
Io ascoltavo queste favole che mia madre mi leggeva mentre mi dava da mangiare o prima di fare la nanna.
Senza averne coscienza, io a furia di sentirle, le imparavo a memoria.
Quando mia cugina, che mi faceva da baby sitter si rese conto che le avevo imparate, fu colpita da una idea geniale: mi insegnò a passare il ditino sulle parole scritte sul libretto.
Quando ebbi imparato, mi portò a trovare mia madre in ufficio con il libretto che sapevo a memoria sotto il braccio.
Arrivate sul posto mia cugina diceva alle colleghe di mia madre: "Sapete che Lauretta ha già imparato a leggere?". Io mi posizionavo su una delle grandi scrivanie con il ripiano ricoperto in pelle ed iniziavo a dire la favola in rima seguendo con il dito. Le colleghe di mia madre spalancavano gli occhi, dicendo: " Ma, ha due anni, com'è possibile che questa bambina sappia già leggere?"
Vedi, Rita, come mi ha fatto fare un figurone con le colleghe di mia madre quando cominciavo a dire: " Un giorno la Pinina, trovandosi in cucina..." seguendo lo scritto col ditino. Ho stupito tutte , ma poi ripensandoci, non so se le ho proprio convinte della mia intelligenza...
Però, devo ammetterlo, ero molto fiera dello spettacolo che inscenavo anche se sapevo benissimo che stavo mentendo... Ma la mia mamma non dava a vedere di essere a conoscenza della mia menzogna e io mi sentivo molto fiera di lei che mi appoggiava in quella ridicola truffa infantile.
Ciao, Rita, spero di vederti presto per poterti raccontare di persona un'altra favola imbrogliona della mia infanzia.
Lauretta
🌊
3013
Ora terrestre: 3.38 del 13 marzo
Anche questo file fu scaricato in un battibaleno.
Il ronzio appena percettibile delle macchine era incessante e senza incertezza alcuna. Questo ritrovamento aveva tutta l'aria di essere veramente importante.
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