Conoscete Jack-in-the-box, il simpatico pupazzo che spunta fuori a sorpresa dalla scatolina che lo contiene?
Ai bambini piaceva molto e strappava sempre un sorriso.
Così lo utilizzai in varie occasioni per costruirci situazioni di apprendimento che sembravano giochi divertenti.
Naturalmente più di una volta, realizzammo concretamente il giocattolo.
Prima di tutto si doveva allestire il cubo.
Nei casi più semplici poteva essere fornita la stampa dello sviluppo del solido da incollare su cartoncino, ritagliare e piegare nei punti giusti per realizzare la scatola.
Il più delle volte con i ragazzi più grandi, invece, chiedevo di realizzarla con righello e matita.
Per semplificare, suggerivo di costruire una faccia-base in cartoncino e di riportarla quindi più volte, in modo consono, perché si potesse poi costruire un cubo perfetto.
Comunque li lasciavo cimentare e sperimentare in libertà, per sviluppare un insieme di importanti abilità, schemi di pensiero e dinamiche relazionali con il gruppo.
Il passo successivo era la decorazione esterna che poteva avvenire con le tecniche più varie, dalle matite colorate al collage o alle tempere.
La parte più intrigante, però, era sempre la costruzione del "Jack".
Il soggetto e l'argomento erano i più vari a seconda dei temi affrontati in quel periodo, ma ogni alunno realizzava il suo e lo allestiva, perché con la tecnica del pop-up si facesse vedere bene all'apertura della scatola.
Ho utilizzato Jack-in-the-box anche soltanto come idea.
Anche in questo modo, tuttavia, rimandava alla cultura anglosassone e agiva in una situazione realmente comunicativa.
Proverò a descrivere, ora, un piccolo progetto che univa il leggere e il comprendere, quindi l’attività di biblioteca, allo scrivere e comunicare.
In occasione dell’allestimento di un giornalino della scuola, mi ero trovata spesso ad elaborare una o più pagine in lingua straniera.
Quella volta proposi agli alunni di inserirci delle scatole simili a quelle di Jack in the box da cui saltavano fuori fiabe e racconti, invece di Jack.
Per raggiungere questo obiettivo dovevano scegliere un libro dalla biblioteca di classe e illustrarne in qualche modo la storia sulle pareti e sul coperchio della scatola.
Questa fu l’occasione per eseguire disegni geometrici con il righello (la scatola), ricercare informazioni nel libro (titolo, autore, protagonista/antagonista, altri personaggi, lessico, piccole frasi significative, ecc.), trasformarle in illustrazioni, sintetizzarle perché si capisse la storia proposta.
Dalla scatola poteva saltare fuori il protagonista, alcuni dati potevano essere collocati sulle parti esterne della scatola oppure si potevano mettere in relazione due scatole, quella piena di immagini con una piena di informazioni scritte.
Così da una parte gli alunni di una classe avevano studiato come esprimere in modo comprensibile il loro progetto utilizzando la lingua straniera in modo profondo e articolato, dall'altro i compagni delle altre classi, che avrebbero letto la pagina sul giornalino della scuola, non solo avrebbero dovuto esercitare la lingua per comprendere, ma si sarebbero divertiti davvero come su una qualsiasi pagina di giochi in italiano.
Insomma si creò una situazione realmente comunicativa in cui la lingua straniera serviva per realizzare un compito reale: partecipare alla costruzione del giornalino della scuola!
Il tutto sempre in un’ottica interdisciplinare!
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