In quel periodo la scuola aveva molti spazi inutilizzati, vista anche l’abitudine degli insegnanti a non muoversi dalle aule assegnate per “non perdere tempo”.
A me non parve vero allestire un’aula di lingua straniera, anzi due, una in ognuno dei due edifici che componevano la scuola elementare!
E non mi limitai certo a metterci un lettore di audiocassette e un vocabolario. Chiesi agli alunni di portare a scuola oggetti, giocattoli, indumenti e quant’altro potesse servire a ricostruire contesti comunicativi realistici.
Avvenne così che allestii un "Wardrobe" con ogni tipo di indumento (scarfs, caps, T-shirts, skirts, socks, ecc.) e pillows, blankets, plaids, ecc., il tutto ordinato ed etichettato in inglese.
Nacquero anche un "Kitchen Corner" (con glasses, cups, soucers, pans…) e un "Food Corner" ( con ogni tipo di frutta e ortaggi), per finire con la "Library" contenente libri di fiabe e storie in Inglese, molto stuzzicanti per gli alunni.
Poi c’erano il telefono per formare i numeri ed imparare a telefonare, le scatole, le stoffe…
Io portai materiale originale che era possibile trovare nella realtà del Regno Unito: giornali, etichette, carte geografiche e bandiere, bottiglie di whiskey e scatole di tè, buste di Harrod’s e quant’altro riuscivo a scovare in questo ambito.
Va da sè che la mia era l’aula più bella, colorata ed accattivante di tutta la scuola e gli alunni non vedevano l’ora di venire a rilassarsi in questo ambiente accogliente e stimolante!
La mia didattica si avvaleva anche del problem solving, che stornava l’attenzione dalla lingua per convogliarla sulla ricerca di una soluzione ad una situazione problematica proposta.
La necessità di esprimersi in L2 per risolvere il compito, stimolava la ricerca mentale di strutture linguistiche e del lessico necessari alla comunicazione, rendendo la produzione linguistica più semplice e naturale.
Inoltre mi avvalevo del doing things, utilizzando oggetti concreti e il movimento corporeo nello spazio-tempo vissuto, che, oltre a facilitare la comunicazione in generale, aiutava il consolidamento e la memorizzazione delle conoscenze e delle abilità linguistiche in via di acquisizione.
Si poteva trattare semplicemente della costruzione di un dado eseguendo ordini scritti, come “Colour, cut, fold, glue, play.” oppure di un complesso lavoro di gruppo quale “Read your card. Listen to your friends. Move in the classroom in order to put the story in the right way. Show your story to the class.”.
C’erano poi i momenti salienti dell’anno scolastico che offrivano la possibilità di parlare della cultura del mondo anglosassone in analogia o in contrasto con la cultura italiana.
Ogni compleanno era l’occasione per festeggiare in inglese con gli auguri, le canzoncine, il clap clap e… il desiderio di essere allegri!
Se io dimenticavo di sollecitarli a fare gli auguri al festeggiato o non sapevo che quel giorno ricorreva il compleanno di qualcuno, gli alunni chiedevano a gran voce che quel breve momento di vita e di gioia venisse messo in atto.
Sapevano che io mi sarei rallegrata con loro… e non avrei detto che stavamo perdendo tempo.
Ed ecco che la lingua straniera veniva utilizzata in un contesto veramente comunicativo!
La prima festa dell’anno scolastico era ovviamente quella di Halloween o, meglio, di Hallow’een come più correttamente dovrebbe essere scritto.
I primi anni in cui introdussi questi festeggiamenti, in realtà un'opportunità per approfondire la lingua straniera, ebbi qualche rimostranza dal parroco del paese e dagli osservanti più stretti: era difficile comprendere che questa festività non era dare corpo alla magia nera come un po’ sembrava essere diventata, ma che era parte della cultura anglosassone.
Io mi limitavo a raccontare di come si era evoluta nel tempo.
Spiegavo un po’ ai bambini come, alla vigilia di Tutti i Santi, per rischiarare l’intenso buio notturno in epoche in cui c’erano solo fuochi e candele, la gente avesse presso l’abitudine di svuotare delle rape e di completarle con dei lumini, al fine di illuminare crocicchi e individuare le case nella notte.
Spiegavo anche come gradualmente si fosse passati ad utilizzare le zucche, che vengono intagliate ancora oggi.
Dalla Gran Bretagna la festa religiosa era stata portata in America dove aveva acquistato sempre più risalto fino a prendere le caratteristiche odierne… e dall’America la festa era tornata in Europa e si era diffusa in tutto il mondo.
La parte che sviluppavo con i bambini era quella più poetica e fantastica.
Essi si divertivano da matti ad immaginare le streghe che si riunivano nel bosco per preparare un pozione magica, le stesse streghe che i bimbi già conoscevano attraverso Hansel e Gretel e i racconti della tradizione.
0 commenti:
Posta un commento