Quando la cultura si mostra senza veli
Entra in scena una famiglia composta da quattro persone. Una famiglia tipo: papà, mamma, figlia, figlio.
- Tutti a tavola! – dice la mamma.
- Che odorino! – dicono i figli in coro.
Il papà invece fa un certo grugnito, come se fosse un animale.
La mamma serve le vivande ai figli e sorride loro, gli vuole evitare le solite discussioni che poi a tavola vengono inevitabilmente fuori. Lei lo sa, è sempre così, nonostante abbia l’accortezza di servire per primo il marito. Un piatto colmo, fino all’orlo, proprio come vuole lui.
E’ stata attenta al sale: lui non ne tollera l’eccesso ma nemmeno deve essere insipido.
Lui non vuole una minestra troppo calda ma nemmeno tiepida: la giusta e perfetta misura.
Non vuole che si sporchi il bordo del piatto. Nemmeno una goccia deve sporcarlo, assolutamente e lei si è già data da fare per pulire il bordo con lo scottex. È pulitissimo, si vede bene pure il bel rigo dorato. Insomma, tutto a posto, almeno in apparenza.
SU IL SIPARIO (seconda scena)
La mamma ha indossato il suo vestito preferito, quello giallo. E’ elegante, raffinato, lungo fino ai piedi. Non mostra nemmeno le caviglie perché aspettano i colleghi di lui e... non si sa mai.
Lui la guarda. - E’ bella sua moglie, bella davvero. – pensa e subito gli si infuocano gli occhi. La gelosia lo attanaglia. La spinge a terra, sfodera un lungo coltello ma lei inizia a cantare una di quelle sue dolci ninne nanne.
Lui di buona famiglia, è innamorato pazzo della bellissima moglie e lei lo ricambia con tenerezza.
Il loro amore è turbato tuttavia dalla ossessiva gelosia del marito alimentata dalle maldicenze di amici invidiosi di questo amore idilliaco. Lei è la ragazza più bella di tutte quelle in età da marito e questi giovanotti hanno provato tutti a farle una corte serrata. L'idea che lei abbia scelto lui non è piaciuta loro.
Il loro orgoglio ha alimentato la loro cattiveria e hanno iniziato a tormentarlo narrandogli avvenimenti inesistenti e piano piano il giovane si è lasciato prendere dalla insicurezza e dal dubbio. Quando è con lei i suoi tormenti sono lontani mille miglia dal suo cuore, ma appena si allontana il tarlo della gelosia si infila in ogni piega del suo essere. Cercano di stare sempre insieme che la loro vicinanza è un balsamo per le loro angustie.
Un giorno stanno facendo la loro passeggiata quotidiana, quando la ragazza mette un piede sopra una vipera e sta per essere morsa. Il marito lesto, se pur impaurito, interviene con la sua spada e uccidendo il serpente salva la moglie piangente da sicura morte.
Ha rischiato di perderla.
È stata questione di un attimo e lei non ci sarebbe più stata.
Poteva essere morta.
La sua mente è un pentolone di idee terrificanti, come potrebbe fare senza di lei? Senza la sua dolcezza, senza le dolci parole che lei sa offrirgli senza sotterfugi. E lui capisce che non è giusto che lui le avveleni la vita con i suoi sospetti e con le maldicenze che lui le dice di aver sentito in giro.
Lei gli è stata donata di nuovo una seconda volta, un vero e proprio miracolo di pentimento è avvenuto nel suo cuore e da quel giorno in poi non ascolta più le chiacchiere degli amici che poi tanto amici non sono e passa tutto il suo tempo libero insieme a lei che lo fa rinascere con il suo amore sincero.
La voce di questo amore è arrivata fino a noi e anche il grande Tiziano con un grande affresco, ha voluto narrarci questo esempio di redenzione che può avvenire solo in un cuore che ama.
(Rita)
"Ah, che bella giornata, c’è anche il sole stamani, questa gita di tre giorni a Padova, così rilassante, ci voleva proprio…adesso ricordo! Quell’affresco! Quello che ho visto ieri alla Scoletta di S. Antonio mi è rimasto talmente impresso che l’ho sognato. Se me lo racconto subito, continuo a ricordarlo, lo so.
Dunque: il sogno si svolge come una storia a fumetti.
Nella prima scena al posto della donna ferita ci sono io, mentre nelle vesti del marito geloso col pugnale in mano c’è un attore famoso che ammiro, di cui ora non ricordo il nome, che sta per colpirmi di nuovo.
Nella seconda scena, prima che lui agisca, mi alzo d’impeto e, ricordando una delle due mosse di Judo imparate tanti anni fa, lo scaravento a terra.
Nella terza, lancio lontano il pugnale, dopo aver legato le mani all’attore svenuto.
Nella quarta lo trascino dietro un poggetto.
Nella quinta, mentre lui si riprende, mi travesto da vecchio saggio e un mio amico - arrivato da chissà dove, ma i sogni si sa funzionano così – si infila un saio da frate.
Nella sesta, facciamo una bella ramanzina all’attore inginocchiato e contrito, lui promette, promette, ma rispetterà la promessa?
La settima ed ultima scena mostra la mia alter ego che festeggia lo scampato pericolo, mentre l’attore viene condotto in prigione dal mio amico – allora era un poliziotto?
A questo punto mi sono svegliata.
Magari tutte le storie di questo tipo avessero un finale così!”.
(Silvana B.)
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