Powered by Blogger.



Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

Clicca sulla pagina desiderata.

L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Lucca Insieme - Scherzi nel mito

 





Orfeo e Euridice


Il mito

Che ne dite di fare 
un'incursione nel mito?

È sempre magico 
tornare a sognare 
con ninfe, satiri, 
dei e semidei.

Ricordate 
questa bellissima 
storia d'amore?


Orfeo, un comune mortale, incantava tutti con la poesia e la musica meravigliosa della sua lira, ma lui non vedeva che Euridice, la bellissima ninfa che divenne sua moglie.

Accadde che anche Aristeo, figlio di Apollo, si innamorasse perdutamente di Euridice. 
La ninfa, fedele ad Orfeo, finì con l'aver paura delle sue continue forti pressioni. 
Un giorno, mentre fuggiva spaventata, entrò nell'erba alta e fu morsa da un velenosissimo serpente. Euridice morì.
La disperazione di Orfeo fu inconsolabile. La sua musica di dolore commosse anche gli dei.
Così decise di scendere agli inferi per riprendersi la sua Euridice. 

Orfeo superò molti pericoli per incontrare Ade e Persefone, re e regina degli Inferi. Affrontò Caronte, il traghettatore di anime, ammaliandolo con la sua musica, questi lo traghettò sull'altra riva dello Stige. Nello stesso modo sedò Cerbero, il cane a tre teste a guardia della porta degli Inferi.

Persefone comprese la grandezza dell'amore di Orfeo e gli concesse di riavere Euridice nel mondo dei vivi a patto che lui nel ritorno non si voltasse mai indietro. Ermes, il messaggero degli dei, avrebbe controllato che il patto fisse rispettato.
Uscito dagli Inferi, mentre Euridice era ancora all'interno, Orfeo si voltò a controllare se lei fosse dietro di lui... e la ninfa rimase per sempre prigioniera nel regno dei morti.


Che magia, vero?

Le storie d'amore 
ci coinvolgono sempre.

Vogliamo provare 
a crearne anche noi?

Dai,  
scherziamo 
con i miti!




📚 Brando e Inga

Il cavaliere Brando lascia il castello dopo aver a lungo pianto insieme a Inga, sua giovane sposa, che gli ha ricamato una stella d'oro sulla casacca. Parte sul suo destriero, che già lo ha condotto in mille imprese, verso la nuova prova, là oltre la terra di mezzo, attraversando  il mare tempestoso e infido per arrivare nel lontano regno dei giganti. 
Ha pregato tanto gli Dei di proteggere la sua amata che aspetta il suo bambino. Lui farà di tutto per tornare da loro e vincerå tutte le prove se loro lo vorranno. 
La dolce sposa prepara con le bianche mani il corredino per il figlio e cuce una piccola stella d'oro sulle camicine.
Brando ė già sulla nave. Il viaggio è  lungo e in mare aperto infuriano continue tempeste e si teme di esserne inghiottiti. 
Ecco... finalmente in vista la terra dei Giganti dell'aria, una foresta immensa che si muove vorticosamente nel tornado che tutto travolge.
Brando e i suoi devono ancorare saldamente la nave perché non sia trascinata lontano e permetta poi loro di ripartire indenni.
Gli dei, mossi a pietà,  aiutano il cavaliere nell'approdo prima e dopo nella sconfitta del Dragone malefico, che tante vittime ha mietuto tra i giganti, i quali, riconoscenti, accolgono il loro salvatore con tutti gli onori. 
Purtroppo la nave viene distrutta da un' ondata poderosa che si infrange sui legni e li fracassa spargendoli in mille pezzi tra i flutti. 
Brando non può tornare adesso,  ma pieno di ingegno inizia a costruire ogni giorno, con pazienza, un mezzo alato con le fronde degli alberi, lottando contro il vento e la salsedine che continuano a rallentare il suo lavoro.
Così passano i mesi,  ma un bel giorno il mezzo è pronto, se lo lega saldamente ai fianchi e con il favore del vento prende il volo; gli dei lo sospingono coi loro fiati per tutto il periglioso viaggio fin sulle coste della sua cara Islanda, dove il fedele suo cavallo lo ha atteso  per tutto il tempo.
"Corri cavallo, corri, portami a casa dalla mia amata e dal mio bambino bello!".
Il sorriso si spegne sulle sue labbra.... nel prato scorge una bianca lapide e il nome scolpito è INGA, LA BELLA e poi legge: qui giace la giovane sposa  del prode Brando. 
Il dolore gli lega il cuore e le gambe e per due giorni interi resta impietrito finché la voce sottile della sua sposa, come in un sogno, lo spinge a varcare la soglia del maniero: "Vai, mio amato, entra e vedi. Vai, vai caro!".
Lui si scioglie dal torpore di morte, si incammina capendo ora che gli dei per salvarlo hanno dimenticato di proteggere lei che è precipitata nel regno sotterraneo dei morti.
Nella grande sala arde il fuoco e nella luce delle torce si intravede una culla. Nel ritmico dondolio il lieve canto di Ana, la fedele balia. 
Come è bello il pargoletto! Suo padre rimane incantato e il suo cuore sofferente si placa man mano finché si scioglie in un pianto sommesso, tenendo la manina paffuta del suo figlioletto.
Odino, padre degli dei, si commuove e manda indietro il tempo brandendo lo scettro: "Ti ordino, Tempo, di ritornare indietro e dal regno dei morti risorga subito la dolce Inga".
Detto fatto... la bella sta correndo nel viale con le bianche vesti, sospinte da Vento e da Amore, verso i suoi cari per non lasciarli mai più.

(Elisabetta)




📚 L'amore impossibile

Si erano innamorati follemente sotto il raggio di sole che filtrava dalla volta.
Ed ora giocavano come fossero bambini, rincorrendosi nelle grotte piene d'anni che abitavano.
Lei, Goccia di Luce, figlia della Dea della Luna, si nascondeva con grazia dietro le stalattiti e le stalagmiti mentre lui la rincorreva per baciarla.
Lui, Orizzonte, figlio della Dea Terra, irraggiungibile e in perenne trasformazione, si sentiva perso dietro la grazia di Goccia, eterea e leggera. Per lei aveva rinunciato alla sua vita sulla linea abituale, irregolare e mutevole, che si andava definendo nei colori purpurei di un tramonto o in quelli rosati dell'alba in arrivo.
Ancora non credeva di essere riuscito davvero a conquistarla eppure era accaduto. Goccia di Luce, era rimasta a lungo lì immobile, letteralmente folgorata dalla sua straordinaria capacità di mutare forma, in un danza sinuosa e affascinante.
E poi accadde. Era inevitabile. Orizzonte, sempre più compresso, sempre più attorcigliato, cercava di adattarsi agli spazi meravigliosi di quelle caverne in cui l'acqua gocciolava dagli inizi del mondo e le concrezioni calcaree avevano costruito un paesaggio da fiaba. Tuttavia il desiderio di accarezzarla, di stringerla, di baciare Goccia di Luna, era così forte che lo rendeva distratto e irriflessivo.
Così, in una notte di luna, Orizzonte perse del tutto la concentrazione. Goccia era talmente splendente che lui si gettò verso di lei senza riflettere sui pericoli che lo spazio ridottissimo gli poneva e si ritrovò tutto aggrovigliato, impigliato tra le stalattiti. Più cercava di liberarsi più si annientava. Ormai Orizzonte non si riconosceva più in quella linea che aveva perduto del tutto la sua libertà.
Goccia di Luna tentò di aiutarlo con tutto l'amore di cui era capace, ma si accorse subito che la situazione era molto complessa, anzi si avvide con terrore che non c'era affatto una soluzione.
No, quello non era un luogo in cui lui avrebbe potuto esprimere la grazia e la sua affascinante capacità di mutare forma.
Lei lo amava con tutta se stessa, ma non poteva annientarlo per amore.
Allora si rivolse a sua madre, la Dea della Luna, pregandola di aiutarla a liberare Orizzonte.
La madre comprese che Goccia di Luna aveva ragione, anche se per i due amanti sarebbe stata durissimo accettare il loro tristissimo futuro.
Si rivolse, allora, alla Dea Terra, madre di Orizzonte ed, insieme, le due dee, agendo dal centro della terra e dall’alto del cielo, riuscirono a riportare alla luce il giovane innamorato.
Orizzonte tornò così alla sua vita sulla linea abituale, irregolare e mutevole, ma la tristezza per l'amore perduto era tanta e tale che per giorni e giorni intorno a lui ci fu solo grigio, bagnato da pioggia e nebbia.
Poi finalmente la Dea Terra decise che era tempo di fugare le piogge evocate dal pianto di suo figlio ed aiutò i rossi purpurei e i colori rosati dell'alba a riprendersi il loro posto sulla linea dell'orizzonte.
All'interno delle fantastiche grotte, anche Goccia di Luce aveva smesso di giocare. Per lunghi interminabili giorni pianse, senza trovare pace al suo atroce dolore. Pianse e pianse, immobile e impietrita, tutte le sue lacrime, finché si formò una nuova istoriata colonnina di calcare davanti a lei.
Una notte udì insistente il richiamo della madre, Dea della Luna, e finalmente ritornò a parlare con lei all'imboccatura della caverna.
Da lì riuscì a rivedere in lontananza il suo adorato Orizzonte, tornato alla sua primitiva bellezza, che la fissava nei suoi rosa dell'alba. 
Così, sul finir della notte, prima del sorgere del sole, per tutta l'eternità, i due amanti continuarono a trasmettersi da lontano il loro grande amore impossibile.

(Vanina)
 
 
 

📚 Cuore di padre

Ulisse decise di partire in cerca di lavoro. Che dispiacere lasciare la famiglia! D'altronde di bisogno ce n'era, eccome, ma il figlio Piero e la moglie Cunegonda erano veramente tristi per questo.
Ulisse li rassicurò dicendo che appena gli fosse stato possibile li avrebbe chiamati per raggiungerlo.
Arrivato in Germania si rese conto che c'era il grande ostacolo della lingua ma non si arrese. Frequentò una scuola, anche perchè era molto difficile trovare un lavoro con questo problema. Lì però incontrò una ragazza, bella, bionda, che lo ammaliò. 
Cominciò a frequentare la bella Ines con la scusa di imparare la lingua e Ines si preoccupò di trovargli un lavoro. Di colpo si dimenticò che aveva una famiglia che lo aspettava e se ne dimenticò fino al punto che a Ines non venne alcun sospetto, visto che, essendo straniero non sapeva nulla di lui e data l'età avrebbe potuto avere già famiglia. Intanto Piero e Cunegonda aspettavano notizie. Ogni mattina seguivano il postino con ansia, ma nulla, non c'era nessuna lettera per loro. 
Tutte le notti Cunegonda faceva lo stesso sogno. Vedeva Ulisse su un treno che correva veloce mentre lui, dal finestrino, le faceva segno di addio. Era preoccupata e pensava che gli fosse capitato qualcosa di brutto così, parlandone con il figlio, decisero di partire.
Appena racimolato qualche soldo dai parenti, raccolsero poche cose nella valigia e si misero in viaggio per Bonn perchè era lì che l'amato Ulisse aveva detto che sarebbe andato. 
Il viaggio risultò interminabile data l'ansia di arrivare. La stazione era immensa e, stanchi, si misero su una panchina a pensare. 
Si addormentrono e Cunegonda sognò di nuovo Ulisse ma questa volta una forte luce lo illuminava e le suggeriva un itinerario da percorrere. 
Se davvero avesse voluto riabbracciare il marito, gli avrebbe dovuto dire per tre volte CUORE DI PADRE. 
Di colpo si svegliò e con il figlio uscì dalla città addentrandosi in un bosco. Una luce li precedeva indicando il cammino. Non si stupirono perchè era esattamente la luce del sogno e quindi, stanchi ma con il cuore colmo di speranza, non si fermarono nemmeno per mangiare qualcosa benchè lo stomaco si facesse sentire. 
A un certo punto la luce si fermò davanti al giardino di una villetta e c'era proprio lui, Ulisse, che coltivava patate.
Lo chiamarono per tre volte ma Ulisse non si voltò. Ricordando il sogno Cunegonda urlò tre volte CUORE DI PADRE e solo allora Ulisse si ricordò. Felice ritornò con loro in Italia e decise di non partire più. 
Un pezzo di terra avrebbe potuto dargli il pane e pure la sua famiglia unita.

(Claudia)




📚 Giasone 

Priscilla, donna di nobili origini, si innamora non corrisposta del giovane Claudio, un ragazzo bellissimo dagli occhi azzurri e i capelli neri e riccioluti.  Vani sono i tentativi di Priscilla di convincerlo con lusinghe di ogni tipo, ad intraprendere un rapporto amoroso tra di loro. Claudio ha il cuore occupato da Vanessa, una giovane nata in una famiglia di che si occupa della produzione e della vendita di verdure in un negozio alla periferia della città. 
Resasi conto che i suoi tentativi di convincere Claudio a stare con lei, sono vani, Priscilla, dopo aver studiato mille modi per eliminare la ragazza, prende la decisione di utilizzare Giasone, il suo bellissimo cane da caccia per raggiungere il suo scopo. Cosparge della polvere di veleno sul pelo del cane e lo fa arrivare, accompagnandolo al guinzaglio fino davanti al negozio dove c'è Vanessa. Priscilla pensa che sicuramente Vanessa vedendo Giasone così bello e mite, si avvicinerà e cercherà di accarezzarlo e a quel punto le sue mani coperte di veleno la porteranno alla morte.
Giasone accompagnato da Priscilla arriva davanti al negozio di Vanessa, a quel punto Priscilla sgancia il guinzaglio che lega il cane in modo che possa avvicinarsi a Vanessa incitandolo ad entrare, ma Giasone appena libero dal guinzaglio sente il bisogno di scrollare il suo pelo dorato e lo fa quando è ancora vicino a Priscilla che nel giro di pochi minuti coperta da una nuvola di veleno, muore tra atroci dolori.

(Lauretta)



📚 Due cuori un sorriso

Era difficile non amarla, era dolce, bellissima sempre sorridente e ben disposta.
Limpida Stella viveva felice nella sua isola insieme agli altri abitanti Semidei che come lei avevano la capacità di piangere lacrime di diamante.Un giorno Azzurro approdò in una caletta frequentata da alcune fanciulle e ben nascosto ammirò tanta grazia. Fra tutte fu Limpida Stella ad attrarre il suo cuore. Lei aveva qualcosa in più. Era per lui come una calamita. 
Lei si era sentita guardata e con gli occhi era corsa a cercare ciò che sentiva esserci. Lo sapeva che era lì e quando lo trovò non fu meravigliata, era come se il cerchio si fosse chiuso, se il cielo avesse piovuto polvere di stelle.
Era normale che ci fosse! Era nata per quel momento. Era innamorata.
Lui la guardò estasiato e correndogli incontro provocò un fuggi fuggi generale fra le fanciulle sue amiche. Lei sapeva! Oh, certo che sapeva!
Ma che importa al sole se alla sera ci sarà il tramonto, che importa all'onda se arrivata a riva si dovrà poi ritirare, che importa a Limpida Stella se dovrà vivere il resto dell'eternità in un sonno senza sogni per non piangere le sue lacrime di diamante fino ad esserne soffocata!
La legge era quella.
Quelle fanciulle non potevano frequentare gli Dei dell'isola vicina senza incorrere nel sonno eterno. Era stata la lotta con il pesce enorme che aveva abboccato al suo amo a fargli perdere l'orientamento. Ma ora Azzurro capiva.
Ora aveva in bocca un altro sapore, una nuova luce negli occhi, una nuova consapevolezza nel cuore. Fino ad allora non aveva saputo cosa significasse vivere. Vivere era lei.
Avevano poco tempo per stare insieme, non sapevano quanto. Erano secoli che le leggi non venivano trasgredite e quelle in giro erano solo voci che passavano di bocca in bocca per sentito dire.
Oh! Lei, ora che aveva assaggiato la vita, ora che si era sentita completa, moriva contenta ma lui no! Lui, ora che l'aveva fra le braccia, non era disposto a perderla. Lui non avrebbe avuto la pace dell'oblio per non soffrire, no! Lui con le sue lacrime avrebbe solo aumentato le onde del mare, ma a chi sarebbe importato? 
Venne il giorno e lui rimase solo.
Le onde del mare aumentarono, ma nulla cambiava.
Una grande tristezza invase la sua isola. I suoi simili sapevano tutti quello che soffriva, ma sapere era diverso dal conoscere per esperienza e loro vedevano con i loro occhi tale e tanta sofferenza in lui che non un sorriso nasceva più sui loro volti. Tutti erano esterrefatti e urlavano al cielo che restava muto.
Solo una vecchietta che era poco più di un mucchietto di ossa un giorno si rianimò. Aveva superato in età tutti gli altri e un fondo di tristezza era sempre stato in lei.
Quel giorno andò dove sapeva essere il giovane e gli chiese di accompagnarla. Presero la barca e arrivati alla caletta scesero e si incamminarono verso la vetta dell'isola. Camminavano affiancati e la vecchia si meravigliava delle gambe che salivano imperterrite, del suo fiato che la sosteneva e iniziò a raccontare.
Sai? Anche noi siamo Semidei. Anche in noi è il dono.
All'alba dei tempi agli abitanti di questa isola che tu ben conosci fu data la legge per impedire che si disperdessero per il mondo portando scompiglio con i loro diamanti, ma essendo una legge molto dura decretarono che fra noi per ogni generazione nascesse una persona in grado di annullare tale legge.
L'ultima sono io.
Nessuno mi ha insegnato cosa fare perchè per secoli e secoli nulla è mai successo, ma ecco che alla fine, finalmente ho capito i miei sogni.
Vedi quella tana vicino ai tuoi piedi?
È l'ingresso del luogo dove è stata portata la tua amata. Vai. Io non posso entrare.
Il giovane non se lo fece dire due volte,
si infilò dentro a quattro zampe e avanzò fino a trovarsi in una enorme caverna dove la luce rimbalzava da un diamante all'altro permettendogli di vedere intorno a sé. C'erano solo diamanti: sopra, sotto e intorno a lui. Qua e là questi diamanti avevano formato dei mucchi su cui erano adagiate delle fanciulle .
Alcune di loro indossavano abiti d'altri tempi ma una sola attirò i suoi occhi.
Si precipitò da lei. Scostò i diamanti che quasi la soffocavano e l'attirò a sé pazzo di gioia. Felici corsero fuori mano nella mano... un bel cespuglio di biancospino fioriva nel luogo dove era stata seduta la vecchia.
Non aveva atteso per dire ai ragazzi che non potevano portare fuori i diamanti. Sapeva che non ci sarebbe stato bisogno. Nella loro vita non ci sarebbero state ricchezze perchè nei loro occhi non ci sarebbero state più lacrime, mai più.

(Rita)




📚

 









2 commenti:

  1. Che meraviglia. Mi sembra impossibile. Bellissimo. Grazie a tutte e soprattutto a Vanina.

    RispondiElimina
    Risposte
    1. Sono molto felice di questo entusiasmo!Che bello!
      Grazie per essere qui, sulla nostra panchina!❤

      Elimina

Poetar m'è caro

Ricordi

Insieme

Ultimi Commenti

POST COMMENTATI

Blog Archive

DISCLAIMER

Ove non diversamente specificato, tutti i testi contenuti di questo blog sono di proprietà dell’autore e sono protetti da copyright. Le immagini di proprietà dell’autore sono esplicitamente indicate in quanto tali. Nessuna riproduzione, né integrale né parziale, e nessuna manipolazione sono consentite senza preventiva autorizzazione dell’autore. In particolare, sono assolutamente vietate le riproduzioni a scopo di lucro. L'Utente s'impegna a: 1.non utilizzare il Sito o il materiale in esso inserito per perseguire scopi illegali ovvero per divulgare o diffondere in qualsiasi modo materiale o contenuti preordinati alla commissione di attività illecita; 2.non utilizzare il Sito in modo da interrompere, danneggiare o rendere meno efficiente una parte o la totalità del Sito o in modo da danneggiare in qualche modo l'efficacia o la funzionalità del Sito; 3.non utilizzare il Sito per la trasmissione o il collocamento di virus o qualsiasi altro materiale diffamatorio, offensivo, osceno o minaccioso o che in qualche modo possa danneggiare o disturbare altri Utenti; 4.non utilizzare il Sito in modo da costituire una violazione dei diritti di persone fisiche o giuridiche o ditte (compresi, ad esempio, i diritti di copyright o riservatezza); 5.non utilizzare il Sito per trasmettere materiale a scopo pubblicitario e/o promozionale senza il permesso scritto di lapanchinadelcuore.it; Ogni violazione sarà segnalata agli organi di Polizia ed alle Magistrature competenti. Nel caso in cui l'Utente non accetti, in tutto o in parte, le suddette condizioni, è invitato ad uscire dal sito.