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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Lucca Estate - Il fascino sottile del cibo

 



Paul Cézanne


Il fascino sottile del cibo


Come si sa
il cibo non è soltanto un frutto,
una bevanda, una pietanza,
ma molto molto di più. 

Infatti,
senza accorgercene,
noi al cibo
associamo sensazioni profonde,
pensieri ed emozioni,
che in fondo ci hanno formato
e ci continuano a formare.

Basti pensare
a quanti problemi comportamentali,
anche molto gravi,
possiamo osservare
intorno a noi.


🍎
Oggi vi propongo di fare
un salto all'indietro nel tempo
e di ripensare
ad un'esperienza significativa,
positiva o negativa che sia,
vissuta con il cibo.

Vi va di provare?
🍎



🍎
Parlando di abbuffate di cibo sbagliato, ricordo come fosse ora un episodio accaduto diversi anni fa ad un nostro amico.
Eravamo in villeggiatura in Calabria con un'altra famiglia ed ognuna aveva una sua casa. Vicino a noi c'era una fattoria dove andavamo a fare la spesa.
Il nostro amico comprò una cassetta di arance belle a vedersi e succose a mangiarsi. 
Lui cominciò a dire che facevano bene, che avevano la vitamina C. 
Così beveva spremute, le mangiava a spicchi, esagerando sempre di più per la quantità.  Dopo qualche giorno, però, cominciò a sentirsi male: acidità di stomaco, disturbi intestinali con dolori  addominali.
Fu costretto a mettersi a dieta e a mangiare in bianco, ma era troppo tardi.
Stette male diversi giorni e si rovinò così le vacanze.
In tutte le cose non bisogna  mai  esagerare.
(Silvana)


🍎
La mia esperienza col cibo, che ritengo di definire positiva, l'ho vissuta da piccola.
Ero in vacanza dai miei nonni materni insieme ai miei genitori in un piccolo paese sulle colline del Friuli e lì ho conosciuto dei cibi a me sconosciuti grazie alle coccole gastronomiche  che mi preparava la mia nonna. 
Senza che la mia mamma ne fosse a conoscenza, la mia cara nonna un giorno mi fece assaggiare, per merenda, una leccornia vera e propria: latte, vino e zucchero.
Appena lo assaggiai... fu amore a prima vista. Tuttavia, il giorno uccessivo quando chiesi a mia madre di rifarmelo per favore, vidi i suoi occhi spalancarsi a dismisura.
"Ma non puoi bere questo latte! A due anni ti fa tanto male!!!!"
"Mammina, ti prego, fammelo, mi piace tanto.".
Mia madre fu irremovibile.
Inutile dire che si precipitò dalla sua per dirle di non darmi più quel latte che, appena munto, con un po' di vino e un cucchiaio di zucchero era una bibita deliziosa, ma inadatta a una bimba.
Ci rimasi un po' male, ma quella era la volontà di mammina...
Passarono gli anni e un giorno tornò alla mia mente quella leccornia che la nonna, ormai deceduta, mi aveva dato tanto tempo prima.
Mia madre restò stupita di fronte al mio ricordo... le sembrava impossibile che io ricordassi quel momento ormai lontano e si commosse. 
Da allora mi insegnò a prepararlo e io che adoravo quel gusto così particolare, gratificante, me lo regalavo spesso come merenda quando ero una ragazza.
Sono convinta che il gusto di un cibo possa rimanere, come è successo a me, nella mente e nel tempo quando è così gustoso.
(Lauretta)


🍎
Quando ero in fasce mi hanno “propinato” interi biberon con tè caldo al limone e parmigiano reggiano grattugiato per fermare il mio intestino turbolento.
Ricordo ancora quel sapore disgustoso che mi ripugnava completamente, tanto che verso i tre o quattro anni avevo imparato a buttare il biberon di vetro per terra.
Ricordo ancora il color melma e l’odore che saliva alle narici.
Immagino la voce di mia mamma che mi diceva: “Bevi che ti fa bene!” o  di mia sorella che mi sussurrava dolcemente: “Mangia, dai, che dopo stai meglio e ti do qualcosa di buono!”.
Intanto, ero io che lo dovevo mandar giù e non loro.
Quel gusto dolce-salato, quel bere-mangiare insieme proprio non mi andava, tanto che ancor oggi detesto ogni tipo di formaggio fresco e stagionato.
Non riesco proprio a farlo entrare nella mia tavola, se qualcuno lo vuole mangiare deve stare molto distante da me e dopo si deve lavare le mani.
Al contrario del tè che ne berrei a litri… al gusto di limone, di mente e di pesca!
Questo ricordo mi riporta a Gaggio di Piano dove vivevamo in un casale di campagna insieme ai miei zii e a mio cugino e mi rivedo sempre in braccio ad ognuno di loro con questo biberon in mano.
Doveva essere proprio una pozione magica se persistevano a farmela deglutire.
Diventando più grande mi sono sempre domandata se la famiglia l’abbia mai assaggiato questo gran piatto gourmet!
(Monica)


🍎
C’è stato un periodo che avevo un pessimo rapporto con il cibo. Chissà cosa volevo rifiutare? O forse era solo un voler dimagrire per nascondersi al mondo? 
Poi mi sono sposata e allora sentivo la responsabilità di moglie. Volevo essere brava e il cibo era importante come tutto il resto, ma avevo diciannove anni e non avevo mai cucinato all’infuori di un uovo al tegamino o poco più. 
Internet non l’avevano ancora inventato, così pensai di fare ricorso ai libri di cucina.
Una domenica feci gli gnocchi. 
Avendo sentito dire di non mettere troppa farina perché sarebbero diventati duri, feci attenzione ma troppo al risparmio. Impasta e impasta quelle patate, anche se appiccicavano un poco alle mani, decisi di buttare gli gnocchi in pentola.
Sarebbero dovuti venire a galla... ma nulla da fare! Erano spariti e avevo ottenuto un’acqua piuttosto collosa.
Grazie alla mia insicurezza ne avevo lasciati un po' da parte per cui, impastai di nuovo con la giusta farina e ottenni il pranzo. 
Il mio ego fu salvo perché gli gnocchi erano buoni.
(Claudia)


🍎
Sono nata dopo la fine della guerra e mio padre  forse, anzi certamente a causa della fame patita, era famelico.
Non si toglieva mai la fame e parlava sempre di cibo.
Alla nostra tavola il pasto non era per me un momento di gioia e neppure di serenità. L'educazione per i bambini era rigida e non solo non era gradito che si parlasse male di quello che era nel piatto, ma non ci potevamo rifiutare di mangiarlo. Soprattutto mio padre si assumeva il compito di far sì che noi rispettassimo le sue leggi.
Era di una fiscalità ossessiva e secondo me ne godeva pure.
Mia madre, che nella vita di tutti i giorni imponeva anche lei le sue regole al pari di un dittatore e voleva che fossero adottate, a tavola non interveniva che io ricordi alle vessazioni che subivamo, forse perché erano di suo gradimento.
Mio padre non era cattivo, era il modo corrente di educare i  bambini.
Con la frusta.
Mio padre non ricordo che mi abbia mai picchiato, cosa che invece faceva regolarmente mia madre. La frusta era il suo modo preferito, così non si faceva male alle mani e ne teneva sempre una sopra il mobile di cucina che noi facevamo sparire regolarmente, ma un'altra la sostituiva e non c'era armistizio... se non mi acchiappava ora me le dava dopo, anche  a freddo, erano buone sempre.
Ma ritorniamo a tavola perché è questo l'argomento di cui volevo parlare. 
Ricordo un giorno che mi rifiutai di mangiare la minestra, non mi fu dato altro e andai a letto senza cena. La minestra mi aspettava sopra il mobile accanto alla frusta e non avrei avuto altro cibo fino a che non l'avessi mangiata. A colazione niente latte, c'era la minestra.
A pranzo… capitolai.
Maledetta minestra. Appena sono riuscita a gestirmi da sola, non l'ho più mangiata. Mai e poi mai.


Pierre-Auguste Renoir









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