Arpàlice Cuman Pertile
Arpàlice a dieci anni perde la madre e la nonna materna. Frequenta gli studi magistrali in un convitto di Verona grazie ad una borsa di studio e consegue il diploma.
Partecipa ad un concorso per la scuola comunale. Arriva prima ma la cattedra non le viene assegnata. Prosegue gli studi al Magistero Superiore di Firenze dove è allieva, tra gli altri, di Severino Ferrari, a sua volta allievo del Carducci. Si laurea nel 1898 ed è la prima a conseguire una laurea a Marostica.
Scrive insieme a Cristiano Cuman Pertile, che poi diverrà suo marito, “La società di mutuo soccorso fra operai e professionisti”, associazioni di ispirazione mazziniana che secondo Cuman Pertile devono elevare il lavoratore a dignità di uomo e di cittadino ed educarlo alla solidarietà, fratellanza e reciprocità.
Conosce lo scrittore Antonio Fogazzaro. Scrive le prime poesie per bambini e i primi libri per le scuole elementari. È del 1906 il primo libro “Componimento dal sillabario”. È volontaria nella scuola libera popolare e si dedica, oltre che all'insegnamento, alla formazione di maestri e di donne in genere, fondando una biblioteca di classe. Con lei i libri per l'infanzia vengono arricchiti di illustrazioni di artisti e disegnatori.
È contro il discorso di Pascoli, del 1911 a Barga, in favore dell'intervento nella Campagna di Libia. Anche nella Prima Guerra Mondiale si schiera in favore della pace; gli interventisti di notte prendono di mira la sua casa. Durante il fascismo, il Ministero le manda un'ispezione e viene esonerata dall'insegnamento in quanto non aderisce al regime. Comunque forma ancora gli insegnanti che vogliono partecipare ai concorsi pubblici.
Nel '29 con la Riforma Gentile viene adottato un unico libro di testo e quindi vengono eliminati tutti gli altri, compresi i suoi.
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale si fa parte attiva per far riaprire le scuole elementari e medie e da quel momento i suoi libri vengono adottati nelle scuole.
Kamelia Arcidosso, 15 ottobre 2024
Arpàlice, mia diletta,
mi manchi, così come mi mancano i nostri discorsi, le idee che mi hai tante volte esposto con foga e convinzione. Mi manca il modo in cui trasformi la tua cultura in progetti validi che possono sostenere l’emancipazione della classe operaia.
Fin da quando eravamo bambinetti ho avuto per te ammirazione!
Già allora presentivo quanto la tua forte personalità si sarebbe manifestata, anche in condizioni avverse.
L’ingiustizia che hai patito nello scorso anno, nei fatti non ti ha scoraggiato, anzi hai saputo accoglierla come una sfida e ti ha permesso di iniziare il percorso di insegnamento nella grande Torino.
Ormai da un lustro siamo consueti affidare alla carta le nostre conversazioni, ma ogni giorno vorrei poter vedere il tuo volto con le infinite variazioni di espressioni, secondo i sentimenti e le emozioni che ti abitano. Mi manchi.
Sono impaziente di finire il lavoro che mi trattiene qui, come tu sai, per poter partire e rivederti finalmente, anche se potrò trattenermi solo pochi giorni. Prevedo di dover attendere almeno tre settimane, fino alle vacanze pasquali. Ho incontrato difficoltà di cui ti parlerò, ma sono stato anche sostenuto dagli amici.
Una buona notizia! Ho acquistato a un buon prezzo la casa di cui ti avevo parlato e che, una volta restaurata, sarà bellissimo poter abitare insieme. Sono sicuro che ti piacerà.
A Torino vorrei insieme a te visitare il Museo Egizio, di cui mi hai scritto con entusiasmo.
Ed è giunta l’ora dei saluti.
La signora Buchner mi ha detto che a breve ti scriverà riguardo al suo progetto per l’asilo degli orfani, pensa di poter collaborare con te che hai tanto a cuore la costituzione di un asilo per i figli delle madri impiegate nella manifattura della paglia.
Fogazzaro, il senatore (non ama definirsi così, ma da amici quali siamo da anni, io mi diverto a farlo), ti invia saluti cari e per quando tornerai, a fine anno scolastico, ti vorrà leggere qualche brano della sua ultima opera, che lo impegna ormai da anni, un romanzo dal titolo “Laila”. Esige un tuo parere!
Spero vivamente, come già ti ho detto nelle nostre passate missive, che fin da ottobre tu possa traferirti definitivamente a Vicenza e che, con buona pace della tua famiglia, possiamo finalmente fidanzarci ufficialmente.
💻
Cristiano, mio caro,
ho ricevuto la tua ultima lettera due giorni fa, ma solo ora ho un po’ di tempo e tranquillità per poterti rispondere, anche se spesso, ieri, ti rispondevo col pensiero. Mi manchi tanto, con i tuoi incoraggiamenti e il tuo sorriso dolce. Mi mancano anche gli amici e la famiglia.
La mia famiglia a Marostica, che ancora non accetta il nostro amore. La forza del nostro amore, lo sento, li farà ricredere. Vorrei che ci unissimo con la loro approvazione, di cui potrei fare a meno nella pratica, ma che renderebbe la vita condivisa con te ancora più felice. Se lo vuoi, solo se lo vuoi, dovremo avere pazienza.
Qui a Torino la mia vita si svolge soprattutto intorno alla scuola, dove sperimento, con non poche opposizioni, le mie idee sull’educazione.
I torinesi sono un popolo orgoglioso e forte, difficile è convincerli al cambiamento! La forza e la grandiosità di questa città, che è stata capitale per tanto tempo, si palesano ad ogni passo, camminando nelle vie, sotto i portici e tra i palazzi del centro.
Sto facendo tutto il possibile per poter tornare a Vicenza in autunno, ti parlerò in dettaglio di questo quando ci vedremo.
Ho già visitato il Museo Egizio e sarei contenta di farti da modesta guida nelle sue sale, quando verrai. Ti prego, non rimandare ulteriormente il tuo arrivo!
E’ tardi, devo andare a dormire. Domani mi aspetta una giornata impegnativa. Ti lascio con grande rammarico.
Saluta per me gli amici che incontrerai, soprattutto la Bruchner e Fogazzaro.
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