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Consigli per la lettura delle pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Ricordi Scuola 9 - Nuovo scenario








Scuola di piccola città
Ottobre 1981

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Sesto anno di insegnamento
Classe prima

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Dopo un’estate variegata spesa tra trasloco, messa a punto della nuova casa e ancora un mese di mare in quella che stavo lasciando, venne nuovamente l’inizio dell’anno scolastico. Era il 1981.

Eccoci in una nuova regione.
Ora mi confrontavo con una realtà del centro nord.

Mia figlia aveva quattro anni, mio figlio tre.
Entrambi cominciarono a frequentare la scuola materna comunale locale che si dimostrò immediatamente molto efficiente e all’avanguardia, come del resto tutto nella nuova residenza.

Per quanto mi riguarda, ancora una volta, ebbi un’assegnazione provvisoria.
Scelsi tra le sedi disponibili quella ad una quindicina di chilometri di distanza, vicino al luogo in cui si costruivano automobili, dove trascorsi un nuovo bellissimo anno di relazioni e d’incontri, ma anche di nuove sperimentazioni didattiche.

Nel paese delle splendide auto, ai margini del comprensorio delle ceramiche, mi occupai di una classe prima.

Ero molto felice di cominciare finalmente il percorso didattico dall’inizio e spesi molte energie nell’insegnamento della letto-scrittura, mettendo in campo tutte le mie conoscenze e i miei studi.

Come al solito costruii una rete di relazioni positive all’interno della classe, poi mi dedicai alla messa a punto di un metodo di insegnamento.

Scelsi di partire dal metodo globale, che offriva un contesto più significativo, proponendo  frasi complete e sensate, poi introdussi ben presto, attraverso un’analisi puntuale e sintetica, le singole lettere.
Infatti i bambini avevano una grande voglia di leggere e scrivere e mi sembrava che non ci fosse motivo di tirarla tanto per le lunghe con quelle esercitazioni visive (grafiche) e uditive (fonologiche).

Tanto per fare un esempio, già il primo giorno feci scrivere in lettere maiuscole “NOI A SCUOLA” invitando i bambini a disegnarne il significato, cominciando dal rappresentare se stessi.
Proseguii con una frase di sintesi di piccole storie, anche inventate da noi, che si prestassero bene ad essere illustrate.

Il primo lavoro che facevano i bambini era ricopiare la frase sul quaderno, quello successivo di riscriverla su un foglio.
Successivamente venivano invitati a ritagliare le singole parole e quindi a ricomporre la frase
Per concludere l’attività, seguendo il modello, dovevano incollarla sul quaderno.

Nel medio percorso ne scelsi una sulla quale cominciai a lavorare: scelsi una delle parole della frase, la più interessante ma bisillaba, e cominciammo ad analizzarne le sillabe prima e poi le singole lettere di ognuna di esse.
Una volta completamente scomposta la parola,  si procedeva alla ricomposizione dei suoni fino a giungere di nuovo alla parola.
Utilizzammo uno schema con le freccette che evidenziava graficamente il percorso seguito.

          MAGO

   ↓                       ↓         
MA                    GO

↓       ↓            ↓        ↓

M     A           G       O

↓       ↓            ↓        ↓

MA                    GO

↓                           ↓

          MAGO


Dopo varie esercitazioni di questo tipo passammo a focalizzare l’attenzione sulla lettera M, studiandone gli abbinamenti con le vocali: MA, ME, MI, MO, MU.

La motivazione era sempre alla base del mio approccio metodologico.
Per questo cercai sempre storie e situazioni emozionanti che facessero “brillare” gli occhi dei miei alunni.
Vi unii un po’ di poesia, un pizzico di fantasia, qualche momento di narrazione, un tantino di musica, sempre la cura dell’espressione grafico-pittorica.
E certamente ci riuscii

Di  quell’anno ricordo una collega alta con gli occhi cerulei, finalmente la bidella che c’era e ci preparava il caffè, una scuola vecchiotta ma degna del nome di scuola.

Per quanto riguarda gli alunni, invece, ho ancora davanti agli occhi un bambino ciacciotello, bassotto, nero nero di capelli e di pelle, con gli occhi come carboni che mi fissavano muti, poche parole e difficoltà di apprendimento a non finire.

Lo ricordo perché alla fine dell’anno mi convinsero a bocciarlo.
Io, contraria a questo da sempre e per tutto il resto della mia vita scolastica, mi lasciai irretire dalle parole dello psicologo dell’équipe psicopedagogica.

Egli asseriva che avevano già avuto esperienza con la sorella.
L’avevano fatta proseguire, ma i risultati erano stati pessimi, per cui volevano provare a far ripetere la prima al fratellino, per vedere se fosse possibile sbloccarne l’apprendimento della letto-scrittura.

Poiché l’anno successivo non ci sarei stata, avendo avuto il trasferimento nel paese in cui abitavo, mi sembrava un arbitrio decidere per gli altri che restavano.
Così mi aggrappai alla speranza che a sbagliare fossi io e detti il permesso alla bocciatura.

L’anno successivo tornai a trovare i miei alunni  e mi dispiacque tanto osservare che quel bambino aveva perso il gruppo di riferimento, aveva ricevuto “uno schiaffo” al suo amor proprio e... non aveva affatto conseguito progressi significativi!

Fu un’esperienza molto negativa e triste per me.
Per questo, mi ripromisi di non bocciare mai più nessuno, anche se negli anni successivi non è stato facile mantenere la promessa ed è stato faticosissimo lottare con le numerose opinioni contrarie con cui mi sono confrontata. Ma tant’è!

La diatriba è tuttora in corso tra gli addetti ai lavori, ma io resto ancora della stessa opinione, perché sono certa che fermarlo, in un’organizzazione scolastica come quella in cui si opera in Italia, non faciliti un bambino in difficoltà.

Sul versante delle attività didattiche, mi torna immediatamente alla mente un’indagine conoscitiva dell’ambiente vicino, incentrata sui lavori dei genitori degli alunni e quindi sulle attività che ci circondavano.

Alcune delle cose più interessanti furono la visita al panificio-pasticceria gestito dal papà di uno degli alunni e quella alla tintoria-lavanderia in cui operavano i genitori di un altro.

Ci appassionarono in particolare le macchine e i processi di lavorazione che i piccoli alunni di classe prima seppero rilevare, poi disegnare e codificare a grandi linee.

Ne nacque un bel librino, pieno di scritti e di immagini realizzati da loro.
Alunni e genitori lo apprezzarono molto e furono fieri di aver iniziato così la loro carriera scolastica.

Se non ricordo male, quello fu l’anno dell’incidente di Villeneuve… L’episodio ci colpì molto sia per la vicinanza spaziale, sia per la notorietà del grande pilota che comunque, pur nell’orrore di quanto capitato, riuscì a salvare la vita.
Non era mai accaduto niente di simile prima e tutti ne furono molto scossi, grandi e piccini.

Per raggiungere questa scuola da casa mia, percorrevo un bel pezzo di strada, forse anche una ventina di chilometri.

Uno dei primi giorni la mia Wolksvagen, un maggiolino bianco,  mi prese fuoco.
Un gentile automobilista dietro di me, dopo avermelo segnalato, spense il piccolo incendio con un estintore che lui aveva a bordo.
Che civiltà! Non volle nemmeno essere risarcito per il costo della bomboletta!
Quel posto cominciava davvero a piacermi!

Dopo aver transitato per Spilamberto, la strada attraversava un bellissimo paesaggio caratterizzato da frutteti a perdita d’occhio.
Quello era il comprensorio di Castelvetro e di Vignola, per cui a destra, a sinistra, davanti e dietro, ovunque guardassi, non vedevo che viti e magnifici ciliegi!

Inizialmente ci furono gialli, marroni sfumati di arancio e di rosso, poi gli scheletrici rami, abilmente tenuti in ordinate raggiere, filtravano neri attraverso le umide brume, nascondendosi al freddo.
Sempre però vivevo profondamente il paesaggio intorno a me e il mio rientro a casa in quella atmosfera magica mi riempiva di grande gioia.

Non vi dico in primavera che spettacolo fu allestito in esclusiva per me che lo sapevo apprezzare!
Decine e decine e decine di ciliegi in fiore riempirono i campi, neppure una foglia verde ne spezzava l’incanto.
Leggiadre trine di nuvole bianche apparvero all’improvviso, nell’incanto dell’aria vaporosa della Pianura Padana che stemperava i colori del cielo e del sole.

Fu un’emozione indescrivibile la prima volta, ma anche tutte le altre, perché la prospettiva variava con lo scorrere della strada, mentre la mente si riempiva di poesia che voleva in qualche modo uscire dal cuore.

Scrissi più di un verso a tal proposito, perché la vita in me urgeva di essere ascoltata.

Quello fu un periodo bello e pieno di grazia.
Ho sempre pensato che la maternità acuisca tutte le facoltà della persona e le fa credere che ogni cosa sia possibile, avvicinando alla divinità.
Un simile spettacolo mi faceva da cassa di risonanza tale che oggi ho ancora integre in me quelle immagini indimenticabili.

Di quella primavera, però, ho anche un triste ricordo. Due uccellini, impazziti dalla frenesia d’amore, volarono in picchiata verso la mia automobile… uno di loro rimase sull’asfalto. 
Una tragedia si consumò davanti ai miei occhi lasciandomi l’amaro in bocca per parecchi giorni.





🤔 Riflessioni

🐝 Quali sono i punti di forza?

✔  Il rapporto con il tessuto sociale.
✔  Le relazioni profonde e di collaborazione con i genitori.
✔  La scelta di attività di indagine dello spazio-tempo vicini.
✔  Il collegamento di tutti gli sviluppi disciplinari in un progetto unico e concreto.


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