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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Lucca Estate - Silenzio... Scendiamo ancora le scale








  Silenzio...
Scendiamo ancora le scale


Scendiamo ancora
le scale che si perdono dentro di noi?
Vi va di scoprire ancora
qualcosa di voi stessi?
Ogni tanto
è davvero interessante farlo
e non ce ne dovremmo
dimenticare.
In fin dei conti, poi,
è anche divertente.

Oggi
vi propongo di partire
da queste due foto,
in particolare dai due oggetti
che qualcuno ha lasciato lì,
e di scoprire fin dove
vi condurranno,
sia che vi ritroviate
sulle ali della fantasia
che al centro della realtà
più concreta.


Allora, si comincia?


🔭

L'Orient Express avanzava ancora una volta verso Est.
Il suo ritmo cadenzato cullava con garbo i viaggiatori. Le tendine curate ed eleganti, davano intimità al vagone chiudendo ulteriormente fuori il buio della sera che avanzava.
Rose Smith cercò con grazia nella sua borsetta di velluto ricamata un piccolo cannocchiale di madreperla. Lo allungò alla sua massima estensione e lo puntò fuori dal finestrino.
Intanto, Monsieur Depardieu, che veniva da Parigi, continuava a sorseggiare Armagnac apparentemente perso nei suoi pensieri. Sul tavolino al centro di quel salotto, che occupava una buona metà del vagone, la bottiglia si era quasi svuotata. Rose lo guardò con disappunto, poi tornò ad osservare il paesaggio che scorreva lento nella sera.
Il giovane italiano, che invece veniva da Venezia, continuava a parlare sottovoce con la signorina che lo accompagnava. Lui parlava e lei ascoltava. Lo ascoltava con educazione, ma non sembrava molto convinta dalle sue parole. Miss Rose Smith li lasciò a loro destino e tornò a concentrarsi sul suo cannocchiale.
Lo allungò di nuovo, lo puntò… e lo vide. L'uomo, ferito orribilmente alla fronte, si teneva come aggrappato alla porta del vagone che era stata assicurata dall'interno e riusciva per questo a sostenere il suo peso.
Era morto? Era vivo? Con quella luce non luce e da quell'angolazione era difficile dirlo. E si era levato anche il vento.
Proprio in quel momento... una, due, tre gocce di sangue si spiaccicarono sul finestrino dall'altra parte del vetro, proprio davanti agli occhi esterrefatti di Miss Rose Smith.
Il cannocchiale ora sporgeva, inutile, dalla sua mano.  

(continua alla pagina "Racconto - Sull'Orient Express))
(Vanina)


 
Scendo le scale che si perdono dentro di me, chissà che cosa scoprirò oggi? Sono davvero curiosa!
Quanti scalini che ci sono, ho paura di inciampare e accendo la luce della mente.
Guarda, guarda… che cosa ci fa qui una penna? Sembra antica… che bella! Mi piace proprio. Ho una vera e propria mania per le penne, ne ho una collezione! Mi piace che ogni penna abbia un suo stile per esternare i miei pensieri, che sia maneggevole, che non lasci tracce di inchiostro e questa sembra proprio avere tutte le caratteristiche giuste!
Scendo ancora più in profondità e trovo miracolosamente un tavolino che funge da scrivania. Mi accomodo e decido di scrivere una lettera a Vanina, per ringraziarla per tutto quello che organizza con "La Panchina"! L’allenamento effettuato in questi anni mi ha aiutato a  superare degli insidiosi test che ho dovuto affrontare la scorsa settimana.
Ammetto di aver fatto alcuni errori, ma bisogna tenere presente i tanti fattori esterni che influenzavano il momento.
Aver terminato il percorso mi ha reso estremamente felice e più sicura di me stessa, come del resto lo sono nello scendere nella mia conoscenza e per la lettera scritta.
Penso che verrò più frequentemente qui per gongolare dei miei successi e per tenerne nota.
La penna la lascio qui così non avrò scuse per non farlo.
(Monica)
 


 
C’è una penna sul tavolo. La prendo subito e forse già lei da sola saprà cosa io possa ricordare per spedirgli le mie impressioni. Sono certa che le trasmetterà al meglio.
Vediamo. Troppe volte mi trovo a fare i conti con il passato tanto da non vivere appieno il presente. Ci pensavo già ieri pomeriggio da sola in casa.
In solitudine i pensieri affiorano all’impazzata. Passato, presente, futuro addirittura. Un tempo si scrivevano lettere per comunicare, per farci sentire vicini agli affetti. Lettere scritte con bella calligrafia oppure piene di errori o discorsi talmente semplici che oggi ci farebbero ridere se non si valutasse  bene il periodo al quale si riferiscono.
Guardo attraverso il telescopio, scavo ancora nel tempo e sapete cosa vedo?  Un gomitolo di cotone su quel tavolo. Mi spiego meglio.
Mi furono regalati dei gomitoli e pure una scatola con dei fili da ricamo, molto vecchia già allora, ma ricca di storia e quindi affascinante. Era appartenuta alla moglie di un anziano nostro vicino di casa che ormai ci aveva lasciati, povera donna, e quindi il marito aveva deciso di far utilizzare il tutto a me.
Io cominciai a lavorare quel cotone e man mano che il gomitolo si consumava appariva una pallina di carta con delle scritte. Lo disfeci con una certa rapidità e sapete cos’era? Una parte di lettera scritta da una donna a una cognata, credo. Quella lettera era scritta con tanta semplicità da suscitare in me un benevolo sorriso. Ne riporto un pezzo. 

"Quassù son due giorni che “biocca” senza di smette per niente se dura così "dualtri" giorni ci ricopre tutti. Noi siamo tutti “infruenzati” la meglio sono stata io sai che quassù non cera restato nemmeno chi gli dava via alle bestie." e ancora "Non vedo l’ora di vedervi...etc...".

Io invece ora non vedo l’ora di ritrovare quel foglio. Posso apparire sciocca a dar valore alle piccole cose e pure non mie, ma pensare alle persone coinvolte in quelle poche righe mi riempie il cuore e la fantasia prende spazio.  Infatti potrei mettermi ad immaginare, a fantasticare. Che emozione!

P.S. :   Eureka! Trovato. Guardate! Le due facce di un foglio di quaderno. Non lo ricordavo così e pure sgualcito. Si capisce bene che era stato accartocciato per fare il gomitolo chissà da quanto tempo.
(Claudia)
 




Guardo questi oggetti… ed è un attimo… Sto rovistando nella cassetta dei ricordi.
Si perdono nel tempo degli anni passati i miei ricordi, ma basta una foto, un oggetto, un profumo, una cartolina, un vecchio biglietto aereo ed ecco che la mente comincia a mettere in fila avvenimenti lontani, però sempre nitidi.
Ecco qui il biglietto della Quantas, con meta Adelaide, quando, nel lontano 2001, partii da sola per la mia prima e grande avventura. L' Australia, questa sconosciuta, ospitava da tanti anni i miei zii e le mie cugine ed io avevo sempre avuto il desiderio di raggiungerli.  In particolare c'era uno zio che io amavo con tutto il cuore, del quale ricordavo i pianti e la tristezza nel giorno della sua partenza. Era il lontano 1952 ed io non avevo ancora compiuto quattro anni, eppure quell'addio me lo portai nella mente per tanti anni... ne avevo dodici quando potrei rivedere lo zio.
Ecco, la mia meta era la sua casa!
Ogni cosa che vedo qui in questa cassetta riporta alla mente un vissuto importante... un piccolo binocolo in madreperla! L'avevo quasi dimenticato! In casa dello zio Rino c'era la camera della sua compagna, scomparsa da pochi anni, e nell'armadio erano conservati tutti i suoi amati oggetti. Tra questi fui attirata dal monocolo di madreperla che mi affascinò e mi condusse in una vita che non era la mia, una vita vissuta con una molteplicità di interessi da Edna, che era solita partecipare a spettacoli teatrali e a proiezioni di film. Ecco, me la vedevo davanti, con il suo vestito elegante, la stola sulle spalle, la sua borsetta blu e... il suo immancabile binocolo con il quale si godeva i particolari dei personaggi.
Ora è qui a ricordarmi le sue passioni ed i suoi interessi. Nella mia credenza ancora ci sono le sue preziose ed amate tazze da thè e le posate con i manici madreperlati!
Ecco ancora un biglietto di arrivederci di mia cugina Judy (grande ed amata cugina!), con dentro  il boccio di un fiore tipico, un piccolo koala ed un cangurino.  Eravamo appena tornati dal Cleland Park e per me era stata un'esperienza affascinante... Judy aveva voluto fissare così quella giornata!
Ma ecco la penna che Judy mi aveva lasciato il giorno della partenza! Ecco dove era finita...pensavo di averla perduta! Eravamo in aeroporto ed io rovistavo nella borsa alla ricerca di una penna. L'agendina dove avevo annotato tutte le tappe del mio viaggio era lì, ma la penna non si trovava. Ed ecco che Judy mi viene in aiuto e mi regala la sua, chissà con quanta nostalgia. È la penna che le avevano regalato i suoi genitori quando si era diplomata, ed io so quanto era importante per lei. Con quella aveva fissato sulla carta le tappe della sua vita, i suoi ricordi felici, la nascita dei suoi figli, e purtroppo lo sgomento per la malattia di suo figlio.
Non so quanto le sia costato lasciarmela. So solo che, pochi anni dopo la morte di Christopher, Judy è venuta in Italia ed ha portato con sé le ceneri di questo giovane ragazzo che amava tanto la nostra terra e che avrebbe voluto conoscere i parenti ed i luoghi del suo nonno. Ecco, in quel momento, sul piazzale della chiesa di Farneta, davanti alla piana di Lucca, quella penna ha lasciato nell'aria l'arrivederci in un mondo e in un tempo che ci ritroverà insieme.
Ed ora chiudo la cassetta altrimenti mi perdo davvero! Tornerò presto a scendere questa lunga scala dei ricordi e di nuovo la nostalgia mi avvolgerà, ma sarà piacevole perché mi ricorderà momenti felici!
(Mariella)
 


 
Guardando un binocolo appoggiato sul tavolo, mi viene in mente un particolare di quando ero giovane e andavo in villeggiatura al mare.  
Un giorno mi portai in borsa sulla spiaggia un vecchio binocolo del nonno e mentre i bimbi dormivano sulle sdraie io scrutavo davanti a me. Che meraviglia!
Il sole si specchiava nel mare e ogni tanto all'orizzonte passava una barca a vela. Non c'era nessuna nuvola e lontano lontano si intravedeva come una montagna l'isola d'Elba.   Sembrava uno spettacolo surreale e con uno sfondo musicale: erano le onde del mare che venivano a infrangersi sulla spiaggia dove ero io seduta. Qualche passante camminava nell'acqua e quasi disturbava.
Ad un certo punto un bambino ha lanciato un aquilone nel cielo azzurro e le sue lunghe code ballavano nell'aria. Ero tutta presa a scrutare intorno a me che non sentii uno dei miei figli che mi chiamava, ma quando poi mi ha riportato alla realtà mi sentii molto rilassata.
(Silvana)
 


Là sul tavolino tondo nell'angolo della sala da pranzo della nonna Pina, c'è un cannocchiale e una vecchia penna stilografica. Sono di nonno Umberto e sono lì da tanti anni a ricordo di una grande avventura che ora vi racconto
Quando aveva solo quindici anni Umberto partì da casa, lasciando la propria famiglia. S'imbarcò clandestinamente al porto di Genova sulla prima nave che vide e, senza saperne la destinazione, si nascose in una scialuppa di salvataggio e partì.
Penso all'angoscia che deve avere provato in quei lunghissimi giorni quando senza farsi vedere dai marinai, andava a pietire ai connazionali, che stavano emigrando, un tozzo di pane e un bicchiere d'acqua.
Il viaggio fu lunghissimo e quando avvistò la terra si avvicinò a una signora, molto elegante, che stava guardando l'orizzonte con il cannocchiale: gli sarebbe piaciuto tanto capire dove la nave sarebbe approdata, ma naturalmente la fiera signora non lo degnò di alcuna considerazione e non lo fece guardare.
In quel momento Umberto pensò che con  primi soldi che si sarebbe guadagnato nel paese dove sarebbe arrivato, il primo acquisto sarebbe stato un cannocchiale, perché in quel momento la sensazione che aveva in cuore era che oltre quei piccoli vetri ricurvi ci fosse il mondo...
Era in Argentina, lo seppe dopo essere sbarcato.
Il lavoro lo trovò ben presto perchè là c'era molta richiesta di lavoratori interessati ad apprendere il lavoro di motorista, cioè lavorare sui motori e costruirli. Fu così che diventò un esperto motorista per una importante fabbrica argentina per la quale lavorò per dieci lunghi anni e si guadagnò una quantità di denaro che gli fece pensare di ritornare in Italia, sempre su una nave, ma in una bella cabina dove col cannocchiale acquistato guardava il panorama, se così si può chiamare la distesa dell'Oceano Atlantico. 
Scrisse tanto sul suo impegno di quegli anni, sulle fatiche a cui lo costringeva il lavoro e sulle nostalgie per la lontananza dalla sua famiglia che tanto avevano pesato sul suo cuore.
Al ritorno in Italia nel 1906 trovò immediatamente lavoro come responsabile dei mezzi di trasporto in una grande azienda metalmeccanica  e con quell'incarico così importante fu addirittura esonerato dal servizio militare evitando così anche di andare in guerra. 
Tra le vecchie foto che lo lo riguardano e che ancora conservo con tanto affetto, trovo un'immagine stupenda di mio nonno Umberto accanto a suo cognato ingegnere, con il quale costruì un aereo biposto da diporto con il quale si divertivano a sorvolare il lago d'Orta e i suoi monti nei giorni di riposo dal lavoro.
Tutte le sofferenze del periodo di emigrazione le scrisse su decine di fogli che sono sempre rimasti chiusi e ben protetti in un cassetto nella sua camera e sempre, a detta di mio padre, si rifiutò di raccontare con la propria voce quei dieci anni di sofferenze.
(Lauretta)



Gli oggetti su quel tavolo per me cosa rappresentano?
Con la penna puoi esprimere tutto quello che senti dentro di te nel bene e nel male.
Col cannocchiale immagino paesi lontani da scoprire un po' come Cristoforo Colombo. Mi piace tanto l'avventura e il cannocchiale mi dà questa impressione, mi fa sognare.
(Alba)




Ce la farò, ce la farò,n sono forte, ce la farò.
Non sono mai andata a teatro... che emozione! Non ci credo ancora, eppure è arrivato il grande giorno. Stasera vado a  teatro.
Che tremarella! Eppure ho preparato tutto: il vestito favoloso è sul letto, l'acconciatura fatta dalla mia amica, che è bravissima, è uno splendore. Voleva farmi qualcosa tutto riccioli e ghirigori, ma io ho preferito qualcosa di più semplice... mi fa sentire più a mio agio. Ho detto così perchè è una frase fatta, ma io a mio agio non mi ci sento proprio.
Stasera tutta Milano vedrà che il conte Marcello, mi ha invitata. Sono sicura che molte  fanciulle saranno invidiose e le loro madri sverranno dal dispiacere di veder infrangere il loro sogno di far delle loro figlie delle contesse. Perché io sono lusingata dalle attenzioni del conte, ma non sono innamorata. Cercherò di farmelo piacere, ma l'amore credo che sia un altra cosa. Verrà col tempo, dice mamma. Speriamo. Io intanto stasera tutta l'invidia che trasuderà da ogni palco, me la metterò bene in mente così quando avrò voglia di lamentarmi, mi ricorderò di questo momento.
Ma ora parliamo di cose serie, stasera vado a teatro al braccio del conte. Quante prove ho fatto nell'ultima settimana con le amiche di mamma per imparare a fare inchini perfetti, come sorridere, quando arrossire pudicamente, insomma dovrei essere pronta e sono consapevole che l'evento di stasera corrisponde al ballo delle debuttanti e mi sento felice per non avere avuto bisogno di essere messa in una specie di gabbia dorata per essere scelta al pari di un quarto di manzo.  
Per non parlare del ballo. Come avrei fatto a ballare se ancora prima di uscire di casa ho le gambe di gelatina. Non ci voglio pensare.   
Passando vicino al mobile in salotto noto il cannocchiale in madreperla che mi ha prestato l'amica di mamma. L'avevo rifiutato categoricamente ma ora penso che me lo porterò perchè voglio guardare che faccia faranno le mie conoscenti. Eh si a forza di stare con le signore della Milano bene, ho imparato anche tanta malizia, e ho scoperto che in fondo mi piace conoscere i segreti sulla bocca di tutti e allora anche il cannocchiale torna utile. Lo prenderò.
(Rita)                     











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