La stanza della civetta |
Donne e social
La stanza della civetta 4
(Parte quarta)
"Lucca Insieme - Donne e social: La stanza della civetta 3"
Dalla stanza della civetta le riflessioni si irradiarono a macchia d'olio. La richiesta di Stefania non era caduta nel vuoto.
Come si sa, quando si chiede a qualcuno di parlare di se stesso, dando l'idea che si è disponibili ad ascoltare, accade sempre un fatto molto interessante.
Come un fiume in piena, i vissuti emergono prepotentemente al presente, anche quelli più remoti e più dolorosi. Che toccasana avere qualcuno che ha voglia di ascoltarci!
Anche in questa situazione le cose non andarono diversamente.
Nei giorni successivi all'incontro in video, nella "Stanza della Civetta" cominciarono ad affluire i ricordi, o meglio, quei fatti importanti che emergono immediatamente non appena si apre la porta al nostro passato, quelli che tornano sempre e che urgono dentro di noi, siano essi belli sia essi brutti.
Stefania fu ancora una volta sorpresa dalla risposta cospicua e immediata delle signore della "Stanza della Civetta". Mai prima di allora le era accaduto di riscontrare in qualcuno tanta disponibilità nel metterla nelle condizioni migliori per portare avanti un suo studio.
C'era davvero qualcosa di insolito in quella stanza... Se fosse riuscita a capire cosa, avrebbe davvero messo a punto un protocollo per rendere un gruppo qualsiasi un vero gruppo, meno litigioso e più produttivo.
La psicologa ricominciò a leggere ancora una volta i contributi che erano già arrivati. Intanto li evidenziava per salvarli in un'apposita cartella nel suo archivio.
✉ 12.4.2022
Carissima Stefania,
Come ho già accennato nell'incontro video sto per rientrare in Italia.
In questo periodo, che ho trascorso lontano dagli agi, dagli affetti e in mezzo al dolore, ho avuto inspiegabilmente un flashback ricorrente sul mio passato… il ricordo di un episodio di quando ero bambina. Chissà perché! Non mi spiego perché proprio in questo particolare momento.
La tua proposta, Stefania, cade quindi a proposito perché in questo modo non solo spero di rispondere alla tua domanda su cosa mi ha portato ad essere la donna che sono oggi, ma ho anche fiducia che tu possa in qualche modo illuminarmi sul suo significato.
Allora, di che si tratta? Ebbene, ho provato un dolore assurdo quando urlavo che mi togliessero il busto. Lo sento ancora oggi come fosse quel giorno. E sì, in quel periodo avevano diagnosticato che avevo bisogno di un busto… Avevo dieci anni e ricordo ancora perfettamente il dolore fisico ed emotivo che provai.
Quella mattina lo stavano modellando addosso a me. Era una mattina grigia e piovosa ed io ero con mio sorella, ormai all'interno delle rinomate officine specializzate.
Portavo quel busto molto impegnativo già da due anni ed ero abituata alla routine di andarci ogni sei-otto mesi per rifarlo con le nuove misure.
I tecnici mi portavano come esempio per la pazienza e la collaborazione che mi distinguevano dagli altri bambini, ma in quella giornata, invece, ero particolarmente insopportabile.
Quella mattina, però, a ogni misurazione c’era sempre qualcosa che mi dava fastidio.
Le ore passavano lente, anche se mia sorella fece di tutto per farmele trascorrere al meglio: mi comprò pure una Barbie nuova.
Finalmente arrivò il tempo dell’ultima correzione ad Arnold (i miei busti si chiamavano tutti così) e poi saremmo andati a casa, ma era soltanto un’illusione perché andò diversamente.
Mi portarono direttamente in sala tecnica, dove mi misero del feltro sotto la plastica e modellarono addosso a me la parte che ancora non andava bene.
Ad un certo punto iniziai ad urlare e a piangere disperata per l’atroce bruciore che avvertivo, chiedendo di togliermelo subito e mi appellavo a mia sorella.
Lei vedendo il mio viso sconvolto impose ai tecnici di fermarsi. Mi tolsero Arnold e il feltro… e trovarono una tremenda ustione sul fianco destro. Corsi disperata tra le braccia di mia sorella… ero letteralmente terrorizzata.
I tecnici si giustificarono dicendo che ero stata lagnosa per tutta la giornata e non pensavano che potessi davvero provare tanto dolore.
Avevo dieci anni ed è ancora impresso in me il ricordo di quei momenti, come la cicatrice sul mio corpo. Il percorso per la guarigione dell’ustione fu molto lungo e veramente penoso.
Per lungo tempo non ho avuto fiducia nei “camici bianchi” e avevo paura quando si avvicinavano con uno strumento in mano. La paura e la sfiducia si sono dilagate anche in altri aspetti della mia vita e ho lottato con tutta me stessa per sconfiggerle ed è per questo che ora sono qui in Ucraina per abbattere la paura che stava rientrando dentro di me.
Una paura diversa, la paura di non sapere più riconoscermi nel mio matrimonio e nel mio lavoro. Qui mi sento utile e cerco di ascoltare solo le paure degli altri, soprattutto dei bambini traumatizzati da questa guerra e mi rivedo in lacrime tra le braccia di mia sorella come quel giorno.
Che fortuna è avere una famiglia accanto! La sofferenza e la paura mi hanno reso la donna che sono oggi, la donna che ha voglia di combattere per se stessa e per gli altri esseri umani.
Abbracci fortissimi.
Bianca, non posso immaginare che esperienza traumatizzante deve essere stata quella di un busto così impegnativo... e, soprattutto, l'impatto psicologico sulla formazione di una ragazzina come eri tu!
Confesso che la critica mi piace. Con la critica si riesce a tirare fuori da noi e soprattutto dall'altro, un qualcosa che fa riferimento all'indole. Insomma mi stuzzica.
Le cose che mi annoiano sono la routine, il banale. Una cosa che mi rende triste è il menefreghismo, il non fare. Una cosa che odio è la gelosia perché è stupidità. Se vuoi essere migliore stai attenta a cosa dicono gli altri, ma soprattutto al modo con cui parlano. Le parole sono importanti, a volte secche, odiose, se non accompagnate dal giusto modo. Ecco, io sono spesso critica per insicurezza ma anche perché vorrei riuscire a vedere lontano. Quando ci riesco ne sono addirittura felice. Solletico del cervello.
Sono uscita dal nido, seppur tale si poteva chiamare, non ancora maggiorenne perché non sono mai andata d'accordo con mia madre. Sentivo che non aveva fiducia in me e quindi sono andata a "costruirmi" lontano da lei. Mi pare di avercela fatta perché ora che ha diversi anni e da tempo sta con me si affida abbastanza. Oh, ma vorrebbe comunque spesso l'ultima parola. Siccome io non gliela faccio avere, finisce con il dirmi che avrei dovuto fare l'avvocato.
E veniamo a quel momento che io ritengo fondamentale e che mi torna continuamente in mente.
Ricordo che la molla che mi scattò e che mi indusse a decidermi di allontanarmi fu quando feci un incidente con la bicicletta. Mi feci poco male ma mia madre era così agitata che per scaricarsi fini per darmele di santa ragione. Questo non potevo tollerarlo.
Voglio anche aggiungere che noi ragazze di questa Stanza abbiamo fatto un'importante patto d'amicizia e di scambio di idee e opinioni, che sicuramente avrà lunga durata dati i validissimi presupposti.
È stata un'ottima idea questa!
Volete sapere, invece, cosa ossessiona me?
Posso dirti che sono entrata in questa stanza, comunque, già in positiva evoluzione, mi sento molto meglio di prima e non poteva essere altrimenti.
Sono decisa a cambiare direzione.
Mi chiedi un flashback della mia vita? Eccolo pronto. Questo mi ossessiona. È tutto in una foto.
Sono sulle scale del Municipio della mia città. Si capisce che è mattina. È autunno inoltrato e fa molto freddo.
Su una gonna longuette indosso un cappotto tre quarti grigio con collo e polsi di pelliccia grigio perla.
Lui mi è accanto, ma non mi stringe il braccio. Io, infreddolita, stringo tra le mani un piccolo bouquet.
Sì, mi sono appena sposata e la mia vita ha preso una piega che non mi aspettavo.
Sono frastornata e non sorrido.
Lo guardo di sottecchi. Quest'uomo interessante, brioso e pieno di parole, si è già trasformato? Non voglio crederci. Non posso crederci. Spero di sbagliarmi, ma mi sembra che mastichi amaro. Sì, sono incinta.
E chi se lo aspettava? Io ho appena cominciato a lavorare e lui deve ancora discutere la tesi. Certo non pensavamo di avere un figlio adesso... non eravamo pronti per questo.
Abbiamo trascorso l'estate a ballare intorno ai falò, a piedi nudi sulla spiaggia, a bere nelle cantine con i cantanti che contestano regole e doveri, a parlare dei massimi sistemi, ad aspettare l'alba tra baci e abbracci spensierati.
Chi pensava che tutto questo potesse di botto finire?
Un bambino…
E mia madre? E mio padre? È caduto giù il mondo. Cosa ne dirà la gente? Matrimonio subito!
Addio gioventù, addio giorni di gloria.
Lui non ci sta. Lui vuole vivere. Lui vuole pensare liberamente.
Mia madre. Sorridi e fai il tuo dovere. Te la sei cercata. Silenzio e ingoia. Fai questo e fai quello. Sorridi e ingoia.
Io ho paura. Mi sento frastornata. Mi sento pesante e per niente attraente.
Quella che sono oggi non ero ieri e non sarò domani. E' un cammino, un cammino lungo iniziato presto, figlio di un disagio adolescenziale.
Questo non mi ha impedito di sposarmi, di avere due figli, una famiglia. Ma ero arrabbiata, cattiva dentro, non occorreva un motivo per dimostrarlo. La rabbia la sputavo fuori da tutti i pori sia che ci fosse un motivo sia che non ci fosse. Il mio matrimonio ne risentiva e se sono ancora sposata è perché a quei tempi il divorzio non era così di moda come oggi.
Ci sono state delle tremende cadute, veri e propri ruzzoloni che mi hanno fatto precipitare dal cucuzzolo sul quale credevo di essere arrivata stabilmente e allora di nuovo rabbia, di nuovo disperazione, voglia di lasciare il mio cammino perché ne vedevo l'inutilità.
Poi un giorno qualcuno mi disse: cadendo da dove eri arrivata con tanta fatica, hai trascinato con te i massi e la sterpaglia che ha reso così difficoltosa la tua salita. Adesso risalire sarà più facile perché hai tracciato un cammino che prima non c'era.
Da quel giorno uno scivolone dopo l'altro ho continuato il mio cammino. Non è stato facile, cara Stefania, non lo è stato proprio per niente ma ormai il mio io interiore è cambiato.
Non sono più arrabbiata, in me c'è pace nonostante i dolori che non sono certo diminuiti, anzi l'età ne ha portati altri che ho dovuto piano piano accettare. Ho dovuto anche accettare di non avere nessuno che mi consoli, ma anzi ho dovuto imparare a consolare gli altri.
Un bel salto davvero, ma a parte i dolori di sempre e quelli dell'età a cui rinuncerei volentieri, non cambierei la donna che sono con la ragazza che ero, proprio per niente.
Cara Stefania, sono certa che ci sia stato, nella mia vita, un episodio che ha cambiato il mio modo di essere in modo molto drastico, un episodio indimenticabile e che torna dal passato con prepotenza e dolore.
Ti racconto cosa mi è accaduto, tanti anni fa, quando frequentavo la prima media.
Ero ancora una bambina e avevo mantenuto una bellissima abitudine che avevo preso durante la mia infanzia. L'amore per mio padre, mi portava, ogni volta che finivo di pranzare, in braccio a lui che ancora seduto a tavola attendeva il caffè che mia madre gli avrebbe portato, prima di tornare ai suoi studi e ai suoi impegni, che erano moltissimi.
Sono passati tanti anni, ma sono convinta che chi ha vissuto un dolore così grande, rimane segnato per tutta la vita.
E' stata la mancanza di mio padre a rendere la mia vita un po' ribelle, perchè non riesco più ad accettare di non essere felice.
Non per niente sono convinta, cara Stefania , che questa disgrazia sia la responsabile anche della fine del mio matrimonio. Io volevo essere viva, felice, non accettavo la monotonia e purtroppo e mi sono trovata con un marito apatico, senza la vitalità che io rincorrevo.
Lui era più propenso a starsene in poltrona che a decidere di partire per un viaggio entusiasmante. Io non accettavo quella "non vita" a cui mi costringeva. Io dovevo vivere anche per mio padre che se n'era andato quando era ancora così giovane.
A me, personalmente, sembra di avere già dato tutto ciò che mi era possibile dare e quindi ora ritengo che mi spetti la serenità che mi è mancata quando ero una ragazzina.
Mio padre era un noto direttore d'orchestra, conosciuto da tutti gli abitanti della mia città, delle valli limitrofe e, ovviamente non solo nella nostra zona. Infatti si parlava dei suoi concerti su tutti i giornali nazionali ed era molto benestante al punto che mi ha dato la possibità di vivere agiatamente senza avere il bisogno di lavorare, ma sinceramente avrei preferito fare la sguattera e che mio padre potesse essere ancora qui con me.
Per me é sempre rilassante entrare nella "Stanza della Civetta". Qui ritrovo amiche con cui confrontarsi, esprimere il proprio vissuto, le emozioni, i conflitti interiori senza timore, perché ognuna di noi ha la consapevolezza di poter esprimere il proprio pensiero senza la presunzione di avere sempre ragione.
In questo periodo i miei tempi, sempre affrettati, hanno dovuto fermarsi un attimo, si sono dilatati... Mi è stato intimato di rallentare i ritmi, di affidarmi alle cure dei familiari, di lasciarmi andare, e il tempo per pensare e riflettere non manca.
Ho potuto così riallacciare rapporti lasciati in sospeso con amiche di vecchia data e colleghe care che non sentivo da mesi, riprendere la lettura che stavo trascurando... insomma piccole, grandi cose che spesso lasciavo indietro, presa dagli impegni familiari a cui non so mai mettere dei limiti.
È proprio del mio carattere essere disponibile nel bisogno e ancora di più quando si tratta della necessità di figli e nipoti, ma spesso ne risentono i miei bisogni ed interessi. Mi faccio in quattro, come si suol dire, per arginare i loro problemi e poi la stanchezza mi vince.
Era il 1991 quando riuscii a dare una svolta alla mia vita e negli anni successivi tornai a vivere, insieme ai figli, nella grande casa dei miei genitori che nel frattempo erano rimasti da soli. Imparai presto che quella casa era ancora il rifugio di tutti e che mamma non si risparmiava mai, anche se non stava bene non sapeva negare niente né ai figli né ai nipoti.
Tutti i giorni metteva a tavola una decina di persone ad orari diversi, tanto che si apparecchiava presto e si sparecchiava sempre tardi e non mancava mai il dolce per i ragazzi! Se la nuora lasciava i panni da stendere mamma andava nel campo a sistemarli, se le figlie avevano da stirare le aiutava, c'erano i bimbi con la febbre ed era sempre lei che li accudiva. Insomma la sua vita era uno slalom tra i bisogni di noi figli. Poi purtroppo le situazioni cambiano all'improvviso ed allora devi per forza fermarti.
Ecco da chi ho imparato e non solo, perché anche mio padre si prodigava per tutti.
Ho preso tanto dai miei genitori, ma quando mamma fu colpita da un ictus e, successivamente, io dovetti sottopormi a chemioterapia, la mia visione della vita si è un po' ridimensionata.
Ecco, ho cercato di mantenere questa buona abitudine fino all'arrivo della pandemia poi tutto è cambiato.
Sì, sono ancora io. Devo necessariamente raccontarvi anche questo, perché anche questo è qualcosa di ricorrente che mi torna sempre in mente.
Ogni piccolo viottolo che percorrevamo correndo, ogni albero e ogni filo d'erba, mi balzano alla vista degli occhi e a quella del cuore. Ripenso al grande ciliegio sul quale ho passato ogni anno molte ore scomodamente appollaiata sui suoi rami per mangiare i suoi frutti. Di fronte al ciliegio fra una vegetazione lussureggiante una piccola polla alimentava un lavatoio dove mia madre e altre poche donne lavavano le lenzuola.
C'era un grande noce vicino al fosso nel quale saltavamo con slanci audaci facendo a gara a chi arrivava più lontano, altre volte costruivamo dighe più o meno grandi cambiando il corso dell'acqua formando cascatelle, costruendo piccole zattere di foglie e ancora e ancora fino a che la noia non ci prendeva e allora correvamo verso altri luoghi e altri giochi. Ho risentito il canto ossessivo delle cicale e ho ricordato le ore passate nella caverna scavata nella parete di tufo come rifugio durante la guerra circondata da decine di tane, primitivo anfiteatro naturale, condominio animale con al centro quello spazio comune di sabbia fine che tanto ci affascinava e che ospitava saltuariamente i nostri giochi. Con un sorriso mi sono ricordata anche di quando andavamo a fare lo scivolino in un posto abbastanza lontano da casa dove il tufo di un poggio era molto friabile e noi ne avevamo fatto una pista per gare interminabili. Questo però spesso comportava danni irreparabili alle nostre mutande quindi inevitabilmente la gioia di quei momenti aveva delle appendici non altrettanto allegre al nostro rientro.
Proprio vicino a quel balzo di tufo dove due scivoli paralleli profondamente scavati e ben delimitati firmavano i nostri sforzi per cercare di cadere senza farci troppo male, c'erano campi e campi di grano distesi su ondulate colline su cui spiccavano macchie di rosso nelle più svariate tonalità. Erano tulipani che nascevano spontaneamente fra il grano seminato con cura, alcuni già maturi saltavano agli occhi con il loro rosso vivo altri più indietro avevano una tonalità rosata ma sempre ben riconoscibili fra le spighe verdi.
Poi c'erano le violette. Quanti mazzolini abbiamo fatto, ben legati con il filo da cucire e con intorno disposte amorosamente le belle foglie a forma di cuore, scelte con cura perché avessero la stessa dimensione affinché il risultato finale risultasse più armonioso,
✉ 17.4.2022
Bianca
Carissime ragazze, sono rientrata in Italia!!! È stato un lungo periodo pieno di angoscia e sofferenza, ma è stato pure un periodo in cui è uscita la vera me stessa!
La vera Bianca adesso è una donna
forte, capace di affrontare le proprie paure e capace di prendersi cura di se
stessa. Ho imparato a ragionare e a non farmi condizionare. Lo hanno fatto i
miei suoceri e pure con il loro figlio, lo hanno fatto delle amicizie e in
buona fede pure mia madre e mio marito.
Ora basta! Come vi anticipavo
non rientro da sola. Assieme a me c’è Andrea una giovane ventenne ucraina che
ha perso il marito in questa tremenda guerra.
Andrea si è accorta di
aspettare un bambino quando il marito è stato chiamato alle armi. Con Andrea e
il piccolino divento mamma e nonna in un colpo solo e salvo due vite. Mi sono
affezionata tantissimo a questa giovane donna che in un attimo ha perso tutto
per un gioco dei potenti. In questi mesi sono stata in contatto con mio marito,
sembra esserci più comprensione tra noi… mi ha confessato che si era perso dal
desiderio di fare carriera, di avere potere nell’azienda automobilistica dove
lavora e di essersi invaghito delle nipote del leader dell’azienda.
Hanno avuto una relazione ed io non me ne sono neppure accorta!
Ci siamo persi nella nostra
quotidianità. A volte bisogna perdersi per poi ritrovarsi, almeno penso che sia
così. Ci siamo presi tempo ed ora riproveremo a ricostruire la nostra famiglia
assieme a queste creature. Abbiamo capito l’importanza che abbiamo l’uno per
l’altra.
Care ragazze, grazie per aver
ascoltato il mio lungo sfogo. Che cosa pensate della mia esperienza? Può essere utile a qualcuno?
Vi abbraccio fortissimo.
Era Bianca.
La cosa lasciò interdette le signore della stanza della civetta.
Paola, però, cercò immediatamente di capire il senso di quell’affermazione: "Ti risposi? Ma non eri già sposata?!".
Ed ecco la pronta risposta di Bianca: "Sì, amiche mie. Certamente. E allora? E allora abbiamo deciso di rinnovare dopo la nostra crisi le promesse di matrimonio… e mi farebbe piacere, davvero tanto piacere, incontrarvi in carne ed ossa. Per me la stanza della civetta è stata un toccasana importantissimo, tale da farmi ritrovare me stessa. Vi sento un po' artefici di questa mia nuova felicità e quindi vi vorrei, anzi vi voglio qui come emblema della mia rinascita.”.
Questa fu una buona occasione per cominciare a stabilire contatti più stretti.
Le cose erano scivolate così lisce su altri pregnanti argomenti che nessuna di loro si era mai posta la domanda, del resto dove fossero nella realtà era del tutto ininfluente frequentando la "Stanza della Civetta" sempre lì a disposizione. Per questo furono colte di sorpresa quando si scoprì che Pimpi viveva a Verona e Liliana a Roma.
E poi, incredibile ma vero, tre di loro abitavano nella stessa città: Lucca. Non si erano mai incontrate ovviamente, ma si scoprì che due erano addirittura vicine nel centro storico e l'altra aveva casa non distante dalle splendide mura rinascimentali così che veniva spessissimo in città in bicicletta, anche tutti i giorni se avesse voluto.
Questo fu un nuovo momento di grande fermento ed eccitazione e, con lo scambio dei numeri telefonici, corsero molte telefonate di approfondimento tra le varie signore della Stanza della Civetta.
Prima di arrivare al momento della promessa vera e propria, però, si decise per un incontro spensierato e affettuoso da realizzare in un luogo neutro, almeno per poter assaporare le sensazioni che sarebbero nate al loro stare vicine di persona.
Dopo chiacchiere infinite per individuare una località che facesse al caso loro, arrivarono a scegliere le terme di un luogo perlomeno insolito, Bagno Vignone in Val d'Orcia, luogo suggestivo già esistente in epoca etrusca, dove già i legionari romani - ma anche il papa più avanti nel tempo - si recavano per recuperare la forma dopo le grandi battaglie e le grandi conquiste.
Prese la cornetta del telefono e compose il numero di cellulare. Driiin, driiin… squillava e squillava. Un po' troppo? Forse non era in casa…No, c'era. Finalmente Marisé rispose: “Pronto, chi è?”.
Bianca: “Ciao, Marisé! Sono Bianca della “Stanza della Civetta”!”.
Marisé: “Ciao, Bianca! Che piacere sentirti! Come stai? Sono felice di saperti a casa al sicuro!”.
Bianca: “Grazie, sei molto cara! Sì, finalmente sono tornata a casa!”.
Marisé: “Sai, ho letto tutto quello che hai scritto sul tuo periodo in Ucraina e ti ammiro davvero tanto per il coraggio e la forza che hai dimostrato! Sei una persona piena di umanità e sensibilità! Brava!”.
Bianca: “Grazie davvero… è stata un’esperienza molto impegnativa, ma che mi ha lasciato una nuova consapevolezza. Qui in Italia siamo al sicuro nelle nostre case, ci sentiamo protetti anche se ci sovrasta ancora il Covid… non ci manca nulla. In Ucraina, oggi hai una casa e una famiglia… domani non hai più nulla e sei solo. C’è tantissima sofferenza e crudeltà. Dovremmo essere felici di quello che siamo qui e che abbiamo!”.
Per alcuni momenti scese un gran silenzio tra loro. Si avvertiva il tumulto di mille emozioni vissute o immaginate, una pausa di intensa riflessione.
Poi Marisé mormorò: “Hai completamente ragione, non ci accontentiamo mai e siamo sempre alla ricerca di qualcosa di effimero!”.
Bianca: “Beh, devo proprio dirtelo. Sai? Pure io ti stimo… tu sei così diversa da me… ti sento veramente libera nelle tue scelte di vita, io invece sono così quadrata che ho dovuto andare lontano per conoscermi”.
Marisé fu molto sorpresa da quanto Bianca stava dicendo. Le sembrava quasi un riconoscimento che certo non si aspettava in quel momento. Si sentì talmente grata di questo che decise di confidarsi. Non lo faceva spesso, perché la gente non aveva affatto voglia di ascoltare, di capire, insomma di dedicarti una briciola del suo tempo.
“Sai, cara Bianca… io non riesco a credere nelle persone perché sono stata ferita nei miei sentimenti più profondi. A volte quando le incontro per le prime volte mi trasformo e nascondo la vera me stessa per non farmi male. Lo so che bisogna essere aperti, ma proprio non ci riesco. Mi trovo bene in questo gruppo perché non vedo rivalità e gelosia tra noi. Per me l’amicizia ha un valore immenso e ci credo tanto.
Sto imparando ora con gli anni e con la “Stanza delle Civetta” a cercare sempre il meglio nelle persone e vedo che ci sto riuscendo! In particolare devo dire grazie a Liliana che è una donna capace di farci ragionare e farci fare pace con i sentimenti”.
Bianca rimase particolarmente colpita dallo sfogo di Marisé ed espresse tutta la sua solidarietà all’amica.
Non avrebbe mai immaginato che dietro la sua apparente leggerezza, alla suo impatto sorridente e scherzoso, ci fossero tempeste più o meno cavalcate, anche molto dolorose.
Decise comunque di cambiare argomento e domandò con rinnovata freschezza: “A proposito, nel tuo modo di parlare mi sembra di sentire un timbro toscano, di dove sei? Dove abiti?!”.
Marisé, ritrovata la sua abituale gaiezza, rispose prontamente alla domanda: “Eh sì, hai ragione! Sono Toscana. Sono nata e vivo a Viareggio, nella meravigliosa Versilia! La conosci?”.
Bianca non poté non sorridere ed esclamare con enfasi: “Pensa tu che coincidenza! Anche io sono nata a Viareggio! Sono solo nata, però, perché dopo pochi mesi i miei genitori si sono trasferiti in Emilia a Casalecchio di Reno, dove vivo ancora adesso!”.
Marisè: “Che bello… ma anche strano! Abbiamo il luogo di nascita in comune! È a Casalecchio di Reno che si terrà il tuo matrimonio, se posso dire così?!”.
Bianca: “Esatto, verrai vero? Spero tanto veniate tutte!”.
Marisè: “Sicuramente sarà così, ma prima passeremo un esilarante weekend alle terme di Bagno Vignoni in Val d’Orcia… mi pare di aver capito che abbiamo già quasi deciso, vero? Non vedo l’ora!”.
Le due, fra una chiacchiera e l’altra, trascorsero altro tempo prima di salutarsi, finché Bianca avvertì la pentola a pressione fischiare così forte che si spaventò.
Fece bene, perché l'arrosto si era ormai ben bruciacchiato… ma, per fortuna, in qualche modo era ancora recuperabile.
La pentola non era esplosa e la cena era salva.
“Vero, cara Paola. Il sapore di quegli anni è indimenticabile per tutti. Ma... hai visto che bella notizia ci ha dato ieri Bianca?”.
Cambiando repentinamente argomento poi mi dice: “Finalmente ci vedremo, ti immagini”?
“Ci incontriamo davvero! Ancora non posso crederci...” dico anche io sopraffatta dalla gioia “Non sto più nella pelle... Ih-ih..." e giù a ridere senza ritegno "Che modo di dire sciocco, vero? Non stare più nella pelle... Non ci avevo mai pensato, ma rende bene l'idea! Si dice dalle vostre parti?".
Per un attimo torniamo serie. Questo desiderio di incontrarci di persona, con la possibilità di abbracciarci, è una cosa che ci ha messo di fronte a una realtà che la tecnologia ci aveva portato a trascurare.
Veniamo quasi tutte da città diverse. Incredibile come questa cosa fosse passata inosservata!
“Ci sono stata una volta da ragazzina... ricordo che con il pullman passammo sopra le mura e con mio grande stupore ho visto le case sfilare più basse della strada. Rimasi molto impressionata, ma da adulta quando l'ho vista nei vari documentari l'ho apprezzata molto.”.
“Befy, mi dici? Come è la storia delle contrade? Non ci ho mai capito molto.”.
“Certo, dovrò organizzarmi al meglio, ma sicuramente non posso perdere questa occasione. Poi ci incontreremo di nuovo per il BIS-matrimonio di Bianca. Che sorpresa, vero? Sono tutta eccitata.”.
Poi mi ricordo di tutto quello che ho ancora da fare e mi affretto a concludere: “Cara Paola, ti lascio. Devo cercare quel birbone di mio nipote. Sai? Ho scoperto che tutti i suoi amici hanno imparato le tabelline con le nonne. Evviva! Allora sono al passo con i tempi... sì, ma perché questo sia vero devo riuscire a fargliele memorizzare. Ah-Ah...”.
" Che piacere sentirti? Come stai? "
"Piano piano si riprende la vita solita e le incombenze di ogni giorno. Sai Bianca, questo periodo di calma forzata mi è stato utile per riprendere i contatti con tutte voi della Stanza della Civetta ed è stato bello potervi conoscere, pur se dietro uno schermo".
"Eh sì, hai proprio ragione! Sono stata contenta anch'io di poter dare un volto al tuo nome.".
"Sai, Bianca, ci ho pensato tanto. Sono rimasta davvero meravigliata dalle tue decisioni... prima fra tutte quella di partire per andare in Ucraina. Quante volte avrei voluto dare una svolta diversa alla mia vita, ma c'era sempre qualcosa che mi impediva di farlo. Ci vuole tanto coraggio per lasciare tutto come hai fatto tu ed io non sono mai riuscita a trovarlo. Solo una volta ci sono riuscita e non sono più tornata indietro... ma questa è un'altra storia."
"Ti capisco, Annalisa, ci vuole davvero coraggio ed io l'ho trovato perché avevo bisogno di fare chiarezza nella mia vita e nei miei sentimenti. Sono contenta di come sono andate le cose e di essere riuscita a ritrovarmi con mio marito."
"È proprio questo che mi ha piacevolmente meravigliato! Non capita spesso che due persone riescano a dialogare, ad ascoltarsi, a comprendere le reciproche ragioni, ad ammettere che gli sbagli si fanno in due e soprattutto che si riesca a perdonarci. Hai saputo metterti in discussione ed hai raggiunto un grande traguardo. Sono contenta per te... meriti di essere felice!"
"Annalisa, percepisco la tua sincerità e tutto il tuo affetto. Grazieee! Ti aspetto al mio matrimonio! Verrai, vero?"
"Ci sarò sicuramente e finalmente ci conosceremo di persona. Un abbraccio grande, Bianca!
Trovo che la mia vita sia molto cambiata e ne sono appagata.
Ricordo con mortificazione e terrore il periodo in cui in ufficio ero messa alla berlina, prima di tutto da me stessa e poi dalle mie colleghe che si erano coalizzate.
Ricordate la storia della macchinetta del caffè, no?
Sì, devo ammetterlo, come prima cosa devo colpevolizzare soprattutto me stessa e la poca stima che avevo di me. Tutto il mio comportamento e anche la mia postura chiedeva al mondo di umiliarmi, eterna Fantozzi aiutavo gli altri a perpetrare lo stato delle cose.
Qualcosa ad un certo punto è cambiato, forse un rigurgito di sano orgoglio che mi ha fatto ribellare allo status quo che si era creato o, forse, con più probabilità come credo con convinzione, al fatto di essermi circondata da persone positive che mi hanno fatto spostare l'epicentro dal mio ombelico.
Sì, care amiche della Stanza della Civetta, sto parlando di voi.
L'avervi trovato è stato per me determinante. Vi ringrazio di cuore e se adesso in ufficio ci sto benissimo e siamo una squadra unita lo devo a voi.
Per carità, non sto dicendo che una sola persona mi è stata faro per il cammino, ma tutte nella vostra diversità, semplicità e spontaneità, mi avete fatto capire che soprattutto nelle avversità, dobbiamo volerci bene. E io prima di voi non me ne volevo per niente.
Ho fatto un lungo cammino di guarigione interiore che è passato dal negare il fatto che io avessi un problema, alla rabbia di essere stata ferita nel profondo, alla ricerca di un compromesso nel senso che io ero disposta a fare un passo verso l'altro se anche lui lo faceva. Dopo è arrivata la depressione nella quale ho sguazzato nell'autocommiserazione in cui non mi sentivo degna di nessuna considerazione, di nessuna stima da parte degli altri, infine finalmente c'è stata l'accettazione di tutto quello che è successo con il perdono delle persone che ne sono state la causa e il perdono di me stessa.
Anche Bianca ha fatto un cammino simile, con gli stessi passaggi, anche se lei non li ha elencati come ho fatto io... Non è vero, Bianca? Magari mi sbaglio?
(continua)
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