Mi affaccio... e vedo il mare
Ci affacciamo
ad una metaforica finestra?
G. Pascoli
lo ha fatto.
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Il mare
da Myricae
M'affaccio alla finestra, e vedo il mare:
vanno le stelle, tremolano le onde.
Vedo stelle passare, onde passare:
un guizzo chiama, un palpito risponde.
Ecco sospira l'acqua, alita il vento:
sul mare è apparso un bel ponte d'argento.
Ponte gettato su laghi sereni,
per chi dunque sei fatto e dove meni?
Che ne dite?
Vi è piaciuta?
Proviamo ad affacciarci
anche noi?
Se "scendiamo le scale",
cosa ci sentiamo di poter vedere dalla
nostra finestra?
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Dalla mia finestra vedo subito un fiume, non vedo ancora il mare. Lì per lì lo immagino solamente.
Mi bloccano il ponte, il muro, ma porto il mio sguardo poco più in là. Oltre.
C’è sempre qualcosa oltre... oltre l’albero più alto della nave che sicuramente sarà ormeggiata al di là. Posando l’occhio oltre vedo una tavola argentea che si confonde con il cielo.
Mi vedo costretta a cercare l’orizzonte che mi appare come un limite ma so che oltre ci saranno sicuramente altre terre che certamente non conosco.
Mi sento serena. Vivo in una terra baciata dalla fortuna e qui resto. Qui ho sviluppato con fatica la mia identità e mi sento al sicuro.
Avverto nostalgia di quello che vorrei indietro per poter ricominciare con il mio bagaglio che mi fa sentire in grado di poter cambiare alcune scelte per poi confrontare i possibili risultati.
E allora vorrei indietro una soffitta attraversata da un fascio di luce polveroso, un cofanetto di monete sconosciute, una valigia azzurra piena di vecchi vestiti di mia madre, da indossare con un bel paio di scarpe con tacchi alti, vecchi libri sgualciti e le pagelle di mio padre con i voti, quei lodevoli dei quali lui andava orgoglioso.
Vorrei indietro il tempo di burrasca per ricominciare.
Torno alla realtà. Il mio occhio si perde lontano...
Immobile,
davanti al mare
l’argenteo orizzonte
si unisce al cielo.
L’onda pacata
a malapena spumeggia.
Una barca veleggia.
Spunta laggiù l’emigrante.
Non ha valigia,
nemmen di cartone.
Ha solo speranza a corredo.
Quanta fatica,
quanto dolore,
mi chiedo.
Claudia
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Apro anch'io la finestra.
Ho bisogno di sognare.
E andare... e andare.
Ancora andare,
sul pelo d'acqua,
nei colori d'acquerello,
io stessa libero airone
alla ricerca.
Senza vele i pescherecci.
Dondolano nella sera,
Senza orpelli la mia anima
si ciberà di stelle.
Si è chiuso ormai
il ponte girevole.
Sgranato vive il tempo
proprio adesso
sull'acqua.
Scivolo tra i gelsomini.
Nel profumo amico,
danzo ormai libera
con le dee leggiadre
della fanciullezza.
Vanina
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… e mi vedo al mare.
Non uno qualsiasi: quello che ho nel cuore:
il Tirreno davanti alla Maremma, qui in Toscana
con acque calme e lunghe spiagge strette.
Cammino, cammino tra onde bambine
e a malapena mi bagno le ginocchia.
Quel mare amico mio
che non fa brutte sorprese
che m’accoglie e mi abbraccia salato,
dal suono delicato,
dai tramonti infuocati.
Là sopra le nubi in girotondo giocano senza danno!
Sulle sue rive, profumo di pitosforo, di pini,
e intorno, lampi azzurrini di piume:
son ghiandaie in picchiata
in cerca di avanzi generosi.
All’ombra sull’amaca mi dondolo serena
e lascio i pensieri volar via
nel vento fresco della sera.
Silvana B.
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Acquerello - Silvana Bertolini |
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Mi sono affacciata ad una finestra da dove vedo il mare. Ciò che vedo suscita dentro di me un sentimento particolare.
È l'ora del tramonto: all'orizzonte ci sono delle nuvole rosee. Il mare molto calmo è mosso solamente dalle vele che rientrano e dai pescherecci che hanno pescato.
Si fa sera e le stelle luccicano in cielo. Si specchiano nell'acqua formando un ponte scintillante.
Veramente è una foto panoramica che ci riempie il cuore e l'anima soltanto a vederla. Ci mostra uno spettacolo della natura che ci tocca il cuore e l'animo e ci fa pensare a cose belle.
Silvana
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Passeggio sul pontile che mi porta al mare.
Mi siedo sui vecchi scalini del faro... respiro, respiro profondamente il profumo salmastro; ascolto e riascolto a lungo le onde che s’infrangono sugli scogli. Un flash: rivedo me bambina su quegli stessi scalini.
Non ero sola allora, ma non lo sono nemmeno ora perché lo sento… avverto il suo calore come quello del sole che mi accarezza i capelli. Noi, insieme al tramonto su questo mare maestoso.
Monica
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Oltre la finestra...
Le finestre di casa mia sono tutte chiuse in questo caldo ed assolato pomeriggio di giugno.
Troppa luce irrompeva nelle stanze, i raggi del sole si intrufolavano tra le pieghe delle tende, il caldo afoso impregnava il soggiorno ed io non resistevo un attimo di più.
Ed ecco allora la fulminea decisione di chiudere gli avvolgibili, di lasciare là fuori questo mondo incandescente insieme ai problemi ed alle preoccupazioni, di sprofondare in questa poltrona che ha vissuto gioie infinite e dolori devastanti. E questa finestra, qui accanto, con poche stecche aperte che lasciano filtrare un piccolo riverbero di luce.
Là, oltre, il mio giardino... oltre il tempo, oltre gli anni trascorsi, oltre gli affetti e le amicizie, oltre tutto ciò che non c'è più ma che resta vivo nel cuore. E mi rivedo ragazzina, accanto a questa finestra, mentre tengo per mano la mia sorellina ed il mio fratellino, immersi nel verde e colorato giardino che la mamma curava con tanto amore.
Tornano alla mente anni più lontani, quando giocavo spensierata con le amichette, e quando, insieme, lasciavamo il giardino per correre a comprarci dieci lire di gelato!
Oggi questa mia finestra è chiusa, ma là, OLTRE, si aprono orizzonti antichi e un po' malinconici, affiancati da altri mondi, pieni di azzurro e di gioia di vivere.
Ed il cuore si riempie di speranza.
Mariella
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Alberi nudi, corde tese a sostenere o ad essere sostenute... chissà?
Lampioni d'epoca in qua e in là a dare suggestione a quel mondo fatato.
Dove sei donna in lungo con il cappellino che spunta dall'ombrellino, quando sorridi scherzando, tenendo il passo sottobraccio le tue amiche? Dove vai vela che attendi con ansia il primo giorno di sole? Dove mi porti? Ti vedo già sulle onde a dare asilo a rondini stanche.
Dove mi porti, gabbiano garrulo e chiacchierone?
Il mio mondo è forzatamente statico, è fermo, non mi porta.
Il paesaggio dalla mia finestra è invece irto di punte, gravido di cordami e mi intriga, è un mondo che non conosco, ma mi affascina.
Le cime sembrano toccare il cielo blu che pare scappare seguito dalle nuvole cicciottelle che sembrano patire il solletico, quando sembrano essere toccate dal pennone principale. Dove mi porti, paesaggio antico e desiderabile? Dove vai? Sembri un vecchio carico di ricordi che la sa lunga della vita, dove vai? Voglio seguirti!
Dove vai? Arriva una brezza di vento, vedo la copertina che hai sulle ginocchia fremere.
Brami correre, brami andare via, portami con te, in due si corre meglio.
Rita
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Che bel ricordo che mi evoca questa immagine! Il ponte unisce le due rive del fiume che si getta in mare.
"Papà andiamo dall'altra parte? Guarda quanti pescatori ci sono... Magari, se un pescatore è stato fortunato, possiamo anche oggi comprare un cefalo grande che mi piace tanto.".
Questo momento si ripeteva spesso quando eravamo al mare. I miei genitori acquistavano un grosso pesce e poi se lo facevano cucinare dal cuoco dell'albergo dove stavamo a Igea Marina. Era entusiasmante, per me, acquistare un pesce buono che aveva un gusto molto particolare, molto diverso da quello del pesce di lago che a mio giudizio non sapeva di niente. Periodicamente si ripeteva questo passaggio del ponte alla ricerca di un pescatore che ne aveva pescato uno bello grosso.
A volte mi domando se quel ponte che attraversavamo con attesa e speranza esiste ancora. Nella mia mente c'è sempre, è là che dà appoggio ai gabbiani che stanno ad attendere gli scarti che i pescatori buttano in acqua pulendo il pesce.
Io ero abituata a vederli lontani dalla finestra della mia camera d'albergo, laggiù in mezzo al mare dove volavano armoniosi quasi volessero creare una danza romantica e gioiosa. Da questo punto invece li vedevo volare, incombenti, sopra le nostre teste. Mi incutevano un po' di paura perchè li vedevo molto più grandi di me, l'unica consolazione chiara nella mia mente era che la loro presenza in questo posto non era per me, ma per mangiarsi dei bei pezzi di pesce che non era necessario catturare, ma veniva loro servito comodamente, visto che facevano un solo balzo per accaparrarsi il pezzo che veniva loro lanciato.
Belli quegli anni lontani, belli quei gabbiani che vedevo volare sul mare, felici, come lo ero io affacciata alla finestra...
Lauretta
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