Mondi lontani... dimenticati
Quante cose
sono sparite dalla nostra quitidianità!
Facciamo un giochino?
Sì?
Allora leggete le parole seguenti.
In quale contesto le inserireste?
🐘
Gugliata
Chiacchierino
Rodi
Gessetto
Arcolaio
Imbastisci Punto
Spoletta
Matassa
Croce
🐘
Vi va di inserirle
in una piccola storia?
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📚
Anna era seduta al tavolo in cucina sotto il lampadario al neon. Fuori era ancora buio, ma a lei piacevano quei momenti in cui poteva dedicarsi alla sua passione: lavorare la maglia ai ferri. L’arcolaio dipanava la matassa di lana mentre lei faceva un bel gomitolo color vinaccia pensando a quale punto utilizzare per il nuovo maglione.
Nel momento stesso in cui entravo in cucina tornava ad essere mamma e moglie, pronta ad occuparsi di papà e me. Nel pomeriggio, davanti alla sua telenovela preferita, avrebbe preso una gugliata di lana ed incominciato un suo campioncino, seguendo il modello in una rivista dove aveva fatto una croce per ricordarsi i vari passaggi.
Quei momenti sono ancora impressi nella mia mente perché lei cambiava lo sguardo quando era concentrata sul suo lavoro: il viso si rilassava e le spalle erano prive di tensioni. Il ticchettio incessante dei ferri mi ha fatto da ninna nanna in tanti momenti in cui ero malata e la mamma lavorava accanto al mio letto. Quante copertine, sciarpe e berrette ha fatto per le mie Barbie! Quante maglie, berrette, sciarpe e pure cappotti ha fatto per la famiglia, parenti, amici e per lavoro.
Quando io non ero ancora nata, ha mantenuto lavorando ai ferri e a macchina, la sua famiglia e la famiglia del fratello.
Tre anni fa, quando se n’è andata in cielo, le abbiamo messo dentro alla bara dei gomitoli di lana e vari tipi di ferri per continuare a fare i suoi capolavori per gli angeli. Quando indosso le maglie che mi sono rimaste mi sembra che lei mi abbracci ancora e sento il suo profumo.
(Monica)
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In un tempo un poco lontano, nelle case di campagna, vi era una sana e piacevole abitudine e usanza. Al calar del sole ci si riuniva in casa, spesso intorno al camino, con una fuoco schioppettante, che illuminava parte della stanza. Le fiamme alte e luminose oltre ad emanar calore, proiettavano sulla parte posteriore dello stesso ombre dalle forme fiabesche.
La padrona di casa invitava le amiche vicine di casa a deliziarsi di questo tepore, non solo, a sorbire tisane, a chiacchierare e a svolgere attività manuali d'uso in quei momenti. La nonnina accanto al camino dipanava la lana appoggiata sull'arcolaio, facendo bei gomitoli uniformi, ogni tanto prendeva una gugliata di lana per darla alla Gigina, che voleva sperimentare qualche nuovo punto all'uncinetto. Più in là sul tavolino, faceva bella mostra un grazioso cestino da lavoro con dentro tutto il necessario per ricamare e cucire.
La Rosa, che sapeva ricamare, esperta di punto rodi, punto croce, ogni tanto prendeva la spoletta per fare il chiaccherino, l'avvolgeva del leggero filo e faceva una bellissima trina. La padrona di casa che amava tessere al telaio, faceva scorrere quella grossa spola tra l'ordito per realizzare vari motivi.
Ogni tanto era presente una cugina della padrona di casa, amava cucire. Cuciva per tutti. Senza timore, lesta, prendeva il gessetto per segnare la linea del taglio del tessuto, poi prendeva il filo per imbastire le cuciture e così via.
La bambina di casa, seduta sotto una lampada con un libro di racconti sulle ginocchia, leggeva di volta in volta, capitoli nuovi. Chi l'ascoltava chi no, non importava a lei, quello era il compito riservato.
Presto arrivava la sera tra un lavoro, una chiaccherata, una risata, Ognuna ritornava alla propria abitazione, sollevata dai propri pensieri, dai propri problemi, messi da parte almeno per quel momento.
Ad ogni tempo il suo tempo.
(Maddalena)
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Leggo... matassa, punto, rodi, gessetto, imbastisci, gugliata... e subito mi tornano alla mente particolari della mia infanzia e giovinezza. E' strano, di questo mi sorprendo, eppure anche oggi ne faccio uso!
Mi fa piacere rivedermi come in una foto che mi appare nitida e bella nonostante gli anni trascorsi. Nelle belle giornate primaverili ed estive, al mio paese usava stare sulla strada sedute su uno scalino, a volte anche scomodo, o più spesso su una sedia a ricamare, fare lavori all'uncinetto, fare la maglia. Qualche donna più avanti negli anni affusolava morbidi velli di lana di pecora attraverso un fuso che sembrava una trottola tanto che girava veloce tra le dita e si trasformava in filo arrotolato al fuso stesso. Quella pratica mi affascinava. Trovavo però poco affascinante se mi chiedevano di tendere le braccia per fare la matassa. Che noia!!
Ricordo che ammiravo anche una signora molto avanti negli anni, la Chiuchia - tutti avevano un soprannome - che faceva l'uncinetto senza occhiali e velocemente, ma con grande precisione. Mi piaceva vedere scorrere il lavoro che via via assumeva una forma e un disegno. Volevo imparare e tanto dissi e tanto feci che mi prese in considerazione e cominciò ad insegnarmi i primi punti. Lei lavorava per altri e non voleva perdere troppo tempo. Imparai così che il tempo aveva un valore. E così via via con la maglia e qualche punto di ricamo. Non riuscii mai ad imparare il punto rodi. Ero comunque una piccola donna. Ahhh ahhh.
Queste donne però non risparmiavano nessuno da chiacchiere e pettegolezzi e io, innocente, ero incuriosita dalle storie che ne venivano fuori. Non capivo che spesso facevano un ritratto negativo delle persone e ne ridevano. Con il senno di poi capii che questo non era bello.
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Il tempo era passato in fretta. La bimba era ormai all'ultimo anno delle elementari. Si sentiva già grande e piena di voglia di fare qualcosa, di aiutare in qualche modo la sua mamma.
Afferrò il davanti del vecchio maglione rosso e, con non poca difficoltà, riuscì a trovare il filo nel punto in cui era stato fermato. Ne tagliò un pezzettino e lo sfilò da dove era fissato. Cominciò a disfare alacremente il pezzo di lana. Veniva bene. Purtroppo non aveva un arcolaio. Allora la bimba si avvicinò al tavolo e trascinò con grande fatica due sedie vicino a lei. Le mise ad una distanza di una decina di centimetri affiancandole per il dorso. Poi prese il filo e lo annodò sulla spalliera. E qui cominciò il balletto. Con una mano sfilava il pezzo del maglione, intanto girava intorno alle sedie arrotolando la lana alle due spalliere.
Ci volle un bel po' di tempo, ma alla fine fu ripagata da una grossa matassa di filo rosso tutto arricciato. La legò per bene perché rimanesse tale. Certo così com'era non avrebbe potuto usare la lana di quella matassa. Maria preparò una piccola bagnarola, vi versò un bel quantitativo di aceto e lo diluì con dell'acqua. Vi tuffò senza indugio la matassa rossa tutta arruffata. Magicamente la lana si distese ed acquisì una bella vivacità nel colore. Ben risciacquata, la matassa si trovò appesa ad un filo a distendersi grazie al peso dell'acqua e ad asciugarsi.
Maria era raggiante quando si ritrovò con un bel gomitolo in mano e due ferri sui quali andava allungandosi il dietro di un nuovo golfino.
(Vanina)
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Questi ricami a punto croce e a punto rodi mi ricordano tempi lontani.
Io mi rivedo da piccola quando le persone alla sera si riunivano nelle corti e, vicino al fuoco, si raccontavano. Intanto ognuno eseguiva dei lavori manuali diversi: chi ricamava, chi cuciva, chi faceva matasse e gomitoli, chi rammendava, chi faceva i calzerotti. Si aiutavano uno con l'altro. C'era un grande cestino da lavoro e tutti ci pescavano. A quei tempi c'era tanta solidarietà. Ricordo che mia zia Albina tesseva. Stava intere giornate in una stanza a tessere.
Qualche sera io rimanevo a casa delle zie a dormire. La cosa che mi divertiva molto era andare a letto con lei, perché dovevo prendere una seggiolina per montare su quel letto altissimo, con il materasso fatto di foglie di granturco. E il bello era quando arrivavo sopra e… poi sprofondavo giù. Che grande divertimento!
Oggi questi sembrano mondi lontani, ma io li sento ancora vivi e tanto uniti a me.
(Alba)
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