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Léopold Cédar Sanghor
Joal 9.10.1906 - Verson 20.12.2001
Joal 9.10.1906 - Verson 20.12.2001
L. C. Senghor è considerato uno dei più importanti intellettuali africani.
Nacque in una famiglia di benestanti proprietari terrieri, a Joal a sud di Dakar.
A otto anni andò a studiare in un collegio cristiano in Senegal. Ne uscì per frequentare il liceo e, grazie ad una borsa di studio, si laureò in lettere a Parigi nel 1935.
Fu poi professore universitario in questa città, primo membro africano dell'Académie Française, fondatore di un partito politico e presidente del Senegal dal 1960 al 1980.
Fu sempre a Parigi che, insieme ad altri intellettuali africani, concepì il concetto di negritudine, negritudine intesa come riscoperta e riappropriazione della cultura africana, in cui la sua una poesia tocca anche la tematica dell'esilio.
Nel 1974 ricevette il premio letterario "Guillaume Apollinaire" per l'insieme delle sue opere poetiche.
✏
✏ Sono solo
Sono solo nella pianura
Sono solo nella pianura
e nella notte
con i gesti di disperazione poetica degli alberi:
le loro foglie li hanno abbandonati per delle isole felici
lontane.
Sono solo nella pianura
e nella notte.
Io sono la solitudine dei pali del telegrafo
lungo le strade
deserte.
✏ Il disco infuocato del sole
E il disco infuocato del sole declina nel mare vermiglio.
Ai confini della foresta e dell’abisso, mi perdo nel dedalo del sentiero.
L’odore m’insegue forte e altero, a pungere le mie narici.
Deliziosamente. Mi insegue e tu mi insegui, mio doppio.
Il sole si immerge nell’angoscia
in una messe di luci, in un’esultanza di colori e di grida irose.
Una piroga sottile come un ago nella ferma intensità del mare,
uno che rema e il suo doppio.
Sanguinano le rocce di Capo Nase, quando lontano si accende il faro
delle Mamelles.
e nella notte
con gli alberi rannicchiati di freddo
che, coi gomiti serrati al corpo si stringono gli uni tutti contro
gli altri.
con gli alberi rannicchiati di freddo
che, coi gomiti serrati al corpo si stringono gli uni tutti contro
gli altri.
Sono solo nella pianura
e nella notte
con i gesti di disperazione poetica degli alberi:
le loro foglie li hanno abbandonati per delle isole felici
lontane.
Sono solo nella pianura
e nella notte.
Io sono la solitudine dei pali del telegrafo
lungo le strade
deserte.
✏ Il disco infuocato del sole
E il disco infuocato del sole declina nel mare vermiglio.
Ai confini della foresta e dell’abisso, mi perdo nel dedalo del sentiero.
L’odore m’insegue forte e altero, a pungere le mie narici.
Deliziosamente. Mi insegue e tu mi insegui, mio doppio.
Il sole si immerge nell’angoscia
in una messe di luci, in un’esultanza di colori e di grida irose.
Una piroga sottile come un ago nella ferma intensità del mare,
uno che rema e il suo doppio.
Sanguinano le rocce di Capo Nase, quando lontano si accende il faro
delle Mamelles.
Al pensiero di te, così mi trafigge la malinconia.
Penso a te quando cammino e quando nuoto,
seduto o in piedi, penso a te mattina e sera,
La notte quando piango e sì, anche quando sono felice
Quando parlo e mi parlo e quando taccio
Nelle mie gioie e nelle mie pene. Quando penso e non penso,
Cara penso a te.
Noi sulle orme di
Senghor
✏
La mia pelle bianca,
lattea e fragile
nel buio
della mia anima
cerca conforto.
Non c’è.
Siamo uguali
con colori diversi.
Tu Nero,
io Bianca…
con la stessa pelle.
Nulla cambia
nel cuore.
(Monica)
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