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C'era una volta... Il piacere di raccontare |
C'era una volta...
C’era una volta Morina, detta la gioiosa.
Era ormai davvero molto vecchia.
Ne aveva vista d’acqua scorrere davanti a lei e, ovviamente, l’aveva anche conosciuta da vicino, avendoci nuotato dentro.
Malgrado i mille pericoli e le altrettante traversie, non aveva mai perso il suo sorriso.
Morina era ora una vecchia e malandata signora, una topina canuta e spelacchiata.
Ricordava spesso e con un po' di nostalgia i bei tempi della sua giovinezza, quando la sua codina era dritta e rosea e le orecchiucce tese nel vento ad ogni minimo rumore.
Ormai il formaggio non faceva più per lei, troppe calorie! Così si era rassegnata a quel poco di cibo sbriciolato da Tommy, il frugoletto della casa, una piccola peste che correva da tutte le parti e sembrava non dovesse fermarsi mai.
Tra i ricordi più ricorrenti c'erano poi quelli di quando, giovanissima, le capitava di andare a passeggio e a vivere momenti di spensieratezza.
In quelle occasioni certo si atteggiava in modo diverso.
Accadeva così che quando andava per il viale a passeggiare si proteggesse dal vento, dal sole, dalla pioggia con tutto ciò che di più grazioso potesse procurarsi. Era lì che c’erano tanti sguardi indiscreti, le avance dei giovanotti e pure quelle dei tardoni.
Quando invece partecipava ad una festa, si abbigliava in modo provocante. Non sapendo ballare bene, almeno attirava gli sguardi con la scollatura. Comunque, non faceva mai tappezzeria. Sempre in pista … e via!
Per questo tutti la chiamavano, la gioiosa.
In questo momento della sua vita, Morina ritornava ancora più spesso al suo primo amore e a quando erano fuggiti via di casa. Avevano fatto la classica fuitina.
Lei era al settimo cielo, ma non sapeva che poi ci avrebbe lasciato la pelle, perché, infatti, era rimasta incinta e lui, venutone a conoscenza, non aveva voluto saperne. Se ne era scappato via e l'aveva lasciata li, inebetita, senza parole.
Così Morina era dovuta ritornare a casa dai suoi e accettare i suoi cucciolini, che ben presto se ne erano andati per la loro strada, come accade sempre nella vita, lasciandola sola ancora una volta.
Il tempo era passato in fretta.
Ora, qualche lacrimuccia scendeva dai suoi occhietti ancora neri e vispi.
Tristezza e malinconia si erano impadronite della vecchia topina.
La gioiosa avvertiva troppo dolore per questa fase della vita che stava vivendo.
Lei non voleva, però. Così pian pianino aveva ritrovato un certo equilibrio ed ora era serena. Aveva scovato un bel posticino per riposare e un cassetto di una madia dove il mangiare per lei non mancava. Non voleva assolutamente rattristarsi.
Quel giorno, dopo tanto tempo, le sue amiche topine la stavano aspettando.
Le ritrovò che l'attendevano ansiose.
“Ciao, ciao!” squittirono tutte insieme.
Chiaramente erano tutte curiose di vedere se fosse invecchiata o, al contrario, se si fosse mantenuta in modo abbastanza giovanile.
Che bello! Dopo i saluti di routine, la nostra topina si avvide che tutte erano rimaste di stucco perché lei, Morina, si era truccata accuratamente e aveva spazzolato il suo pelo non più tanto morbido.
I sussurri e gli squittii di sorpresa delle amiche la rallegrarono e le misero dentro il cuore una sorta di piacere che non provava da tanto tempo.
Fine della festa.
Ma che specchio era quello?
Vabbè che era in un lurido bagno.
Vabbè che era in un lurido bagno.
Si era illusa, il trucco non l’aveva certo ringiovanita.
I peli erano ormai radi e delle sue lunghe ciglia non c’era più neppure l’ombra.
I peli erano ormai radi e delle sue lunghe ciglia non c’era più neppure l’ombra.
Quell’immagine, la sua, la vera, le aveva dato il colpo di grazia.
Voleva finire nello scarico, tirare lo sciacquone e sparire.
I suoi lamenti squittosi erano così pieni di disperazione che Lupo aveva dovuto sfondare la porta per farli smettere.
Morina era spiaccicata sul pavimento sporco, un povero esserino moribondo.
Lupo l’ha raccolta, l’ha leccata fino a farle tornare lucido il pelo e splendenti gli occhi.
“Siamo vecchi, Morina, ma tu mi piaci da sempre. Ti amo da quando ti ho vista, ma tu non ti sei mai accorta di me. Sei sempre stata troppo bella per un rozzo talpone come me. Se vuoi ti regalerò i miei ultimi giorni e farai di me l’essere più felice.”.
Morina si sentì percorsa da un brivido.
Si dette una scrollata e un guizzo di nuova vita la pervase dalle orecchie alla codina, ora graziosamente sollevata e sostenuta da terra.
Insieme i due raggiunsero il cassetto della madia ben fornito e lì trascorsero insieme tanti momenti di scambio e di semplice essenziale felicità.
I loro squittii adesso erano di pura gioia.
Morina era di nuovo, e a ragione, la gioiosa.
Morina era di nuovo, e a ragione, la gioiosa.
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