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lunedì 3 ottobre 2016

Tag:

Bianco o nero












Salve, amici carissimi della panchina!
Stare qui con voi oggi è particolarmente gradevole.
Fino a poco fa qualche nuvola limitava l'orizzonte.
Niente paura - ho pensato - in fondo non sono che alcune gocce di acqua che si sono messe insieme ma non comunicano...  poche gocce che non possono avere il potere di rattristarci.

Non ho fatto in tempo a sedermi sulla panchina che le nubi si sono dissolte.
L'accordo è stato trovato.
Una bellissima luce filtra adesso tutto intorno.
Insieme alla vostra presenza, indefinita ma molto concreta, questa luminosità mi entra nell'anima corroborante.
Mi riconferma che vivere l'attimo è sempre una filosofia amica, una filosofia che riempie la vita di possibilità.

In questo momento di relax, di concentrazione sui pensieri e sulle parole, vorrei riflettere con voi su qualcosa che mi gira nella testa da un po' di tempo.  
Ho notato, ancora una volta, come possa essere doloroso assumere atteggiamenti categorici, semplificare tutto in quell'ipnotico alternarsi di bianco e nero, che non porta da nessuna parte.

C'è di più.  Spesso questo atteggiamento è accompagnato dalla convinzione di dover dirigere le azioni di chi ci sta vicino, secondo un lungo elenco di regole inamovibili.

Volere questo ed agire perché gli altri facciano come noi desideriamo, spesso per calmare la nostra tensione e risolvere i nostri problemi, è deleterio per chi ci circonda e, soprattutto, per noi stessi.
Infatti, quasi sempre non ci conduce ad una soluzione né a una gratificazione.

Perché non provare, invece, a metterci nei panni degli altri?
Forse scopriremmo molte cose interessanti.
Non sempre questi non vogliono. Spesso non sanno come fare, non ci riescono, soffrono più di noi, mentre noi aumentiamo il loro dolore con il nostro atteggiamento direttivo e pressante.

Uno di voi mi raccantava un suo problema qualche tempo fa, insistendo su espressioni come queste: "Devono fare così... ne hanno il dovere.... sono loro che devono...".
A seguire, manifestazione di sentimenti di delusione, tristezza, sconforto, frustrazione, in un loop di discorsi ripetuti in fotocopia.

L'evidenza dell'inutilità del ragionamento veniva dimostrata nel momento stesso in cui ne veniva affermata l'utilità, visto che dopo tanti tentativi la situazione problematica era esattamente quella iniziale.

Eppure, quando si è presi in questo vortice, non ci si accorge che siamo noi stessi la causa di tanto dolore.

In questo momento di silenzio e di concentrazione, direi di  beatitudine, qui intorno alla panchina, perché  non provare a ristrutturare il nostro modo di ragionare in uno che ci sia più utile e che ci faccia stare un pochino meglio?

Io credo che si debba ripartire sempre e soltanto da noi stessi.
In una situazione difficile ci dobbiamo chiedere cosa possiamo fare noi, perché è solo in questo ambito che possiamo apportare modifiche, agire, indurre un cambiamento.

Dovremmo darci peraltro degli obiettivi raggiungibili, non rincorrere traguardi troppo ambiziosi o fuori della realtà.
E importante anche limitare il nostro senso del dovere e  i nostri sensi di colpa che ne scaturiscono, perché  purtoppo non possiamo risolvere tutto quello che ci si presenta. Alcune cose non dipendono dalla nostra volontà e vanno accettate poiché non è produttivo lottare contro i mulini a vento.

Il distruggere noi stessi per aiutare gli altri non giova a chi ha la necessità di essere aiutato. Quindi non dobbiamo mai dimenticare di lasciare un angolino di pace per noi, un angolino di cura personale della nostra vita interiore, per recuperare energie, prima di tornare ad occuparci degli alfri.

Disquisire con voi mi ha ritemprato.  Quale potere hanno le parole!
Dite pure la vostra! Confrontiamoci su questo e su altri argomenti!

So che, forse, mi sono ripetuta, che probabilmente abbiamo parlato di questo già in altre occasioni, tuttavia non ho potuto farne a meno, vedendo quanto tale atteggiamento sia diffuso e quanta sofferenza arrechi...

Spero con il cuore  che possa servire a qualcuno.

Tornate a farmi compagnia, qui, intorno alla panchina.
Vi aspetto!












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