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Consigli per la lettura delle pagine
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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Racconto - Sara

 






S a r a




Oggi c'è un grande movimento in questo luogo solitamente molto solitario. 
Chissà come mai?!
Oh... adesso, qualcuno mi chiama? Chi mi chiama? C'è qualcuno o mi sbaglio? No, non mi sbaglio. C'è realmente una persona, anzi due... una bella signora e una ragazza. La più anziana è dolce e ben vestita. Sembra molto interessata a conoscermi. La più giovane, forse sua figlia, l'asseconda nei ragionamenti che va facendo.
Non ho ben capito che cosa desidera, ma sicuramente vuol capire bene chi sono. Proverò ad aiutarla.

Un soffio di vento leggero sul suo viso la soprende. La bella signora si blocca. Il torrente impetuoso di parole che sta rivolgendo alla ragazza si trasforma in un profondo silenzio ricco di aspettative.
Ancora vento. Si leva un po' di nebbia.
Qualcuno sta parlando. Le parole sono fresche e chiare, mentre galleggiano intorno a loro come sospese.

È da un po' che sento pronunciare insistentemente il mio nome e allora... eccomi qui!
Volete davvero conoscermi? Se il vostro sentimento è sincero, vi farò volentieri entrare nella mia vita.
Io mi chiamo Sara e sono vissuta alla fine del ventesimo secolo. La mia vita è stata sicuramente tanto breve. Infatti sono scesa quaggiù quando non avevo nemmeno sedici anni. Avevo ancora tanto da vivere, ma è andata così. Mi sarebbe piaciuto fare il medico e curare le persone, ma tutto si è concluso molto prima che potessi arrivare all'università.
Certamente mi è dispiaciuto lasciare la mamma e la famiglia, ma la mia vita è stata così intensa e ricca che mi è piaciuto viverla e mi sento appagata lo stesso. Forse è valsa più di cento vite mediocri e vuote di relazioni e sentimenti. 
Dunque, sono nata nera nera di capelli e riccia riccia, con degli occhioni che esprimevano tutta la mia meraviglia per il mondo. Dicevano tutti che ero carina e che il mio temperamento fosse dolce e collaborativo. 
Sono stata molto vezzeggiata, lo devo ammettere. Io non so perché, ma tutti erano gentili e affettuosi con me.
Posso dire che ero molto curiosa, affamata di apprendere. A scuola ero brava e seguivo con facilità. La mia maestra mi faceva divertire e mi voleva bene. Ricordo i suoi grandi sorrisi che elargiva a tutti noi senza parsimonia.
Ero figlia unica e vivevo in una famiglia semplice, ma piena di affetto. Non c'erano molti soldi da quello che potevo capire, ma ci sentivamo ricchi di tutto. I miei genitori e i nonni mi trattavano come una piccola bambola ed io mi sentivo amata. 
Quando ho dovuto lasciare tutti e tutto, insomma la vita terrena, avevo da un po' il mio primo fidanzatino. Come era dolce con me e quanto mi ha fatto male doverlo lasciare! 
E sì, io ero pronta al grande passo, ma lui no. Lui mi sorrideva, ma era disperato.
Ci eravamo conosciuti alle medie, però non ci eravamo trovati interessanti. Lui era troppo timido e non si esprimeva facilmente; sembrava confuso e non si faceva conoscere, quindi per me era rimasto un illustre sconosciuto. 
Tuttavia, quando lo avevo rivisto dopo qualche tempo, mi aveva lasciato letteralmente senza fiato. Si era alzato così tanto che era diventato il doppio di me, gli occhi gli brillavano e gli era spuntato un sorriso perenne sul volto. Già dal primo incontro aveva cominciato a corteggiarmi con una parlantina piena di mille attenzioni, che non avrei mai immaginato e che certo non poteva lasciarmi indifferente. 
Con i miei compagni di scuola ero sempre andata d'accordo e mi avevano sempre rispettato. Al mio funerale, li ho visti tutti piangere. Ho la certezza che mi volessero bene davvero. 
Con le mie amiche, poi, mi ero divertita a fare le prime uscite senza i genitori alle calcagna, niente di particolare, ma il piacere di essere autonomi era così grande che mi faceva apprezzare ogni cosa: il piccolo parco-giochi davanti al Comune, le panchine su cui chiacchieravamo fino a che le nostre mamme non ci richiamavano con insistenza e gli incontri a casa dell'una o dell'altra. In quei momenti parlavamo di ragazzi, sperimentavamo i nuovi trucchi - poco più di un po' di ombretto, un filo di lucidalabbra, una crema antiacne - e facevamo infinite discussioni sul nostro abbigliamento. 
Io ero magra e graziosa, quindi potevo indossare qualsiasi tipo di abito senza problemi. Naturalmente alla fine andavamo in giro sempre in jeans e maglietta. 
Poi all'improvviso, come un fulmine a ciel sereno, cominciai a stare male. 
All'inizio cose senza importanza, solo qualche qualche piccolo livido, una tumefazione, magari un piccolo vaso sanguigno che mi si apriva qua e là. 
Senza farla troppo lunga, mi diagnosticarono una leucemia che scoprimmo in breve tempo essere fulminante. E infatti non andai avanti per molto tempo ancora da quell'imprevedibile momento. 
Stranamente io mi sentivo quasi serena, come pronta ad accettare tutto quello che mi stava capitando. Forse era la grande debolezza che mi dava tutta quella specie di euforia.
Non mi ribellai al mio destino. 
Ci fu tanto amore intorno a me in quel periodo e Piero, il mio fidanzatino, cercava di distrarmi e farmi ridere in tutti i modi. Nel fondo dei suoi occhi, però, io leggevo tanta disperazione e il mio cuore era pieno di angoscia non sapendo come aiutarlo. 
Piero mi voleva bene davvero. 
Vedete i fiori freschi sulla mia lapide? È lui che me li porta appena ha un minuto di tempo, anche adesso che sono passati molti anni e lui ha una moglie e dei bimbi a cui dare retta... 
Bene, mi ha fatto piacere incontrarvi. In fondo la felicità è fatta davvero di piccole cose e incrociarsi anche solo per pochi minuti è sempre una reciproca ricchezza. 

Un intenso raggio di sole brillò in quel momento sulla bella signora e sulla ragazza che era con lei. Scomparsa ogni traccia di nebbia e ogni più piccolo soffio di vento, le pervase un silenzio amico e una grande pace.
La ragazza finalmente reagì. Il suo sguardo si illuminò, poi si alzò in punta di piedi e scoccò un bacione sulla guancia di quella signora. 
La sua postura era completamente cambiata. Adesso era evidente che le due fossero madre e figlia. Avevano lo stesso sorriso e la stessa espressione.
"Ho capito, mamma. Ho capito la lezione. Non ci sono scuse per non vivere la vita. Sara mi ha aperto un mondo... poverina.... e che generosità.".
La bella signora non proferì parola.  Prese la figlia per mano e insieme si avviarono verso l'uscita del piccolo cimitero.
La ragazza era così magra da sembrare un ologramma.


 


 








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