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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Racconto - Fabrizia

 




🌹 1.

Si avvicinò con un eccesso di energia alla sua piccola automobile, che guidava sempre con tanta fierezza. Era una vecchia Fiat 500 che riportava lontani nel tempo, una vettura improbabile per la realtà di quel momento, però era ben tenuta, lucida in vernice e cromature fino all'inverosimile. Lei ne era molto fiera. 

Aprì il minuscolo sportello non ancora controvento, salì a bordo e si mise alla guida. Le marce erano piuttosto complicate, ma lei ci era abituata, anche se utilizzava la macchina pochissimo. Meglio a piedi o in bici. 

La piccola autovettura partì a singhiozzo e ben presto fu sulla strada che conduceva al centro città. Come ogni volta, Fabrizia fu presa dai ricordi, che facevano riaffiorare profonde e ricorrenti emozioni. Non poteva farci niente. Ripensava inevitabilmente a quando era piccola, a quando quella macchina la guidava la sua mamma. Già, quello era il punto. La sua mamma ormai non c’era più. Se ne era andata troppo presto dopo una brutta malattia e questo aveva scatenato una ridda di sentimenti, di cambiamenti, di problemi. Che inferno! 

Fabrizia era molto confusa. Non sapeva più cosa sentiva dentro di sé alle prese com'era con le sue tre sorelle più sconvolte di lei. Non capiva neppure se essere molto dispiaciuta di tutto quello che stava capitando. Sì, certamente lo era, però c'era anche un qualcosa di strano in sé che la faceva sentire quasi più libera adesso, perché la sua era stata una madre ingombrante, molto molto ingombrante davvero. 

Cambiò marcia per decelerare. Fece una doppia debraiata per non combinare guai con il cambio non ancora sincronizzato. Si sentì anche brava in quel momento. Tutti le dicevano di buttar via quel catorcio e di comprarsi una macchina più moderna. I soldi in famiglia ci potevano anche essere, ma si potevano buttar via per niente, visto che c'era a disposizione quella bella macchinina ancora nuova? Fabrizia si accorse di ripetere le stesse identiche parole di sua madre, ma come darle torto? Tutti a commentare gli altri, bla-bla-bla. In realtà non avevano buonsenso e per questo poi si trovavano male. Avrebbero fatto meglio a pensare più a se stessi di sicuro. 

Intanto si era infilata con facilità nel parcheggio, visto che era grandissimo, a misura delle macchine moderne molto più  ingombranti di quella piccola cinquecento. Ed anche questa era una buona ragione per non disfarsene, pensò.




🌹 2.

Si era svegliata di soprassalto, come le accadeva sempre. Aiuto, che salto! Il cuore le batteva all'impazzata. Una volta o l'altra sarebbe morta. 

L'avvolgibile finì di arrotolarsi con malagrazia su se stesso. La luce irruppe violentemente nella stanza. “Forza, sveglia! È già tardi! Forza, voi due alzatevi!”. Il comando perentorio l'investì come uno schiaffo. Luce abbagliante, rumore improvviso e assordante, la voce  stridula della madre. Era davvero troppo per la giovane Fabrizia. Si raggomitolò nel letto, ogni muscolo contratto, mentre sua sorella nel letto accanto si girava dall'altra parte e continuava a dormire. 

Fabrizia aveva solo quattordici anni, ma questo per la madre era del tutto ininfluente. Era grande ormai, anzi la più grande. C'era da rimettere in ordine la casa e bisognava darsi da fare senza gingillarsi troppo. Si doveva imparare come tenere tutto pulito, lucido. E bisognava farlo il prima possibile. Erano in tanti in famiglia e le cose da fare non potevano aspettare. 

“Forza, forza!” continuava la madre nella stanza accanto, intenta a svegliare le altre sorelle. Tanto non ci sarebbe stato verso. Fabrizia si alzò dal letto ancora mezzo addormentata e cominciò subito a disfarlo. Per fortuna era una ragazza robusta e non faceva molta fatica a spostare materassi e a sollevare anche le coperte pesanti. Aprì i vetri per fare entrare l’aria di quell'ottobre ancora soleggiato. Doveva sbrigarsi davvero se voleva arrivare a scuola in orario. 

La voce inopportuna della madre la colpì come una frustata. “Devi scuotere le lenzuola di fuori, non te ne dimenticare, altrimenti ci restano i granellini di sabbia e non si ossigenano come si deve!”. Non provò neppure a ribattere che l'aveva fatto il giorno prima e quello prima ancora, che le lenzuola erano fresche e  immacolate. Afferrò con troppo impeto il primo lenzuolo e lo lanciò fuori dal davanzale, lo scosse per bene e lo sistemò perché prendesse aria e non cadesse di sotto. Ripeté l'operazione con l’altro lenzuolo e poi con la coperta. 


Ecco, era arrivata. Fabrizia ritornò improvvisamente alla realtà. Aveva percorso un tratto del corso automaticamente ed era ormai davanti al negozio in cui doveva andare. Naturalmente c'era la fila come sempre, ma questo lo aveva già messo in programma. Si preparò ad attendere il suo turno. Salutò educatamente la Signora Rossi e la Signorina Bianchi, che non mancarono di studiarla dall'alto in basso per qualche secondo, come del resto fece anche lei, notando la gonna troppo corta della Maria Bianchi ben nota in città. Quella ragazza non aveva proprio il senso dell'opportunità!




🌹 3.

Era l’inizio d'ottobre. Le giornate ancora calde e soleggiate, soprattutto nelle ore centrali. Fabrizia seduta al suo banco cercava di capire cosa stesse spiegando il nuovo professore di lettere. Era un signore in là con gli anni e incuteva un certo timore. 

Parlava e parlava ormai da troppo tempo senza mai interrompersi e lei non riusciva più a seguirlo. Cercò di accomodarsi meglio sulla sedia, ma i pantaloncini al ginocchio che indossava, le tiravano da tutte le parti. Intorno a lei i compagni la ignoravano. Sembravano per lo più attenti a quello che andava dicendo il professore, qualcosa sull'epica. 

Epica. Non riusciva proprio a capire cosa ci fosse di diverso in quelle storie di eroi da qualsiasi altro racconto. Come sempre, anche quel giorno, Gloria ogni tanto le lanciava uno sguardo e ridacchiava con fare beffardo. Poi si voltava verso Daniela, la sua compagna di banco, e parlavano fitto fitto. Ebbe un moto di disagio. Quella mattina prima di venire a scuola, si era messa una maglietta rossa, pulitissima ovviamente, ma adesso si sentiva già oltremodo sudata. 

Le ragazze di quella classe si vestivano certamente in modo molto diverso da lei, ma Fabrizia, per quanto si sforzasse, non riusciva a capire perché il suo abbigliamento non riscuotesse la loro approvazione. In fondo la sua maglietta era di un bel cotone pesante ed anche firmata. L'aveva acquistata in saldo alla solita bancarella del mercato del martedì. L'epica. Gli eroi. Il prof ripeteva sempre le stesse parole. 

Pietrificata su quella sedia, si rinchiuse nei suoi pensieri e non badò più a quello che accadeva intorno a sé. Pensava a ciò che l'attendeva fuori di lì. Al suo rientro a casa avrebbe dovuto aiutare sua madre a finire di apparecchiare, perché suo padre sarebbe arrivato di lì a poco e doveva essere tutto pronto. Si doveva mangiare subito per evitare che lui facesse tardi nel rientrare al lavoro e la cucina andava rimessa subito in ordine.

Fu in quel momento che Fabrizia, sorpresa, incontrò per la prima volta Cristina. Lei aveva bussato con garbo ed era entrata nell'aula accompagnata dalla preside. I tre avevano parlato a voce bassissima per un po'. Quando la preside se ne fu andata, Cristina aveva afferrato la sedia di un banco in fondo non utilizzato e l'aveva trascinata vicino a lei. Si era seduta e lì sarebbe rimasta per tutto l'anno. Scoprì da grande che quella era la sua insegnante di sostegno. 

Con Cristina Fabrizia cominciò ad entrare nelle parole. Si avvide ben presto che esisteva un altro mondo oltre quello del pulire in modo maniacale la casa e risparmiare quanto più possibile, anche se queste erano di per sé cose buone. 

Chissà perché quel momento le tornava spesso in mente anche a distanza di molti anni, anche adesso che si era laureata e lavorava da parecchi anni. 

Realizzò che era arrivato il suo turno. Dal norcino che la conosceva da quando era nata, si fece dare dieci belle salsicce di quelle famose in tutta la città e un salame intero di quelli piccanti di cui sua sorella andava ghiottissima.  Sua sorella... Doveva cercare di farla mangiare di meno quella ragazza. Stava ingrassando troppo.




🌹 4.

"Lo devi lasciare e basta! Non fa per te. Se papà lo sapesse, sarebbe un disastro...” . Fabrizia andava su e giù per la stanza tutta agitata, la voce tesa, quasi isterica. La sorella, piantata in mezzo alla cucina, la osservava, muta e immobile come un armadio, dall'alto della sua imponente altezza. 

“Mangia e mangia ti sei mangiata anche il cervello? Che ti dice quella testa dura che ti ritrovi? Sei impazzita? Innamorarsi di uno sciagurato senza né arte né parte… e per giunta di colore… la mamma si rivolta nella tomba!”. “La mamma adesso non c'è più e io faccio quello che mi pare. Sono stufa di starvi a sentire. Sono ormai quarantenne e cosa dovrei aspettare? Lui mi piace e finalmente mi sento una donna.”. Rita cominciava ad accalorarsi. “Levatevelo dalla testa, capito? Io non lo lascio. Anzi, fa come ti pare, ma io questa sera non torno… rimango a dormire fuori!”. 

Fabrizia si fermò di botto come avesse ricevuto una coltellata. “Non tooorni? Ti va di scherzare? Te lo proibisco!”. “Me lo proooibisciii! E tu chi sei? Hai solo due anni più di me e non sei mia madre, mettitelo bene in testa! Vi ho dato anche troppo retta nella mia vita! Adesso basta. Voglio essere libera di fare quello che mi pare!”. 

“Vuoi essere liberaaa?! E cosa vuol dire? Ti vuoi dare alla pazza gioia? Pensa cosa diranno i nostri vicini e i pettegolezzi che verranno fuori!”. “Senti, capiamoci bene. Io non voglio diventare una vecchia zitella come te, capito? Anzi, sai cosa ti dico? Quell’omuncolo che ti saltella intorno, prima o poi se ne andrà e resterai sola e rinsecchita come una strega!”. 

Rita attaccava. Non arretrava di un millimetro. Fabrizia si trovò per la prima volta senza parole. Si guardò intorno sconcertata. Le sorelle più piccole, che si erano avvicinate a quegli schiamazzi, le osservavano impietrite, contese com'erano tra il reiterare il divieto in cui erano state cresciute e il desiderio di sostenere la voglia di libertà di Rita. 

Anche loro mordevano il freno. Entrambe sopra la trentina, erano vissute sempre chiuse in quel piccolo mondo assurdo e anacronistico di cui solo ora cominciavano a rendersi conto. La morte della matriarca aveva aperto un vero e proprio vaso di Pandora. Emozioni e desideri repressi si erano rovesciati all'esterno e in quella casa non ci si capiva più niente. 

Fabrizia abbassò lo sguardo e abbandonò le braccia lungo il corpo. Aveva finito tutte le sue energie. Fu in quel momento che capì che non ce l'avrebbe fatta a sostituire la madre e a pensarci bene non voleva neanche farlo. Adesso, però, doveva vedersela con suo padre. Come avrebbe fatto a tenerlo calmo quando Rita non sarebbe rientrata? 

Senza dire una parola uscì dalla cucina.




🌹 5.

La cena senza Rita fu turbolenta ed agitata. Si era dovuta fermare al lavoro fino a tardi e quindi era andata a mangiare qualcosa con i colleghi nella città vicina in cui aveva la sede la sua azienda. Questa fu la spiegazione ufficiale che le sorelle fornirono al padre ben confezionata. 

E come sarebbe rientrata a casa a notte fonda? Il padre insisteva su questo punto e ci ritornava su a ogni pie' sospinto. L'avrebbe riaccompagnata un collega, cercava di rassicurarlo Fabrizia, già preoccupata alla grande per conto suo. Chissà che cosa si era messa in testa la sorella! Non l'aveva mai vista così decisa e reattiva. Tuttavia, aveva percepito un‘aggressività latente che non avrebbe mai immaginato. 

Alle tre di notte Fabrizia fu svegliata da rumori scomposti che provenivano dalla stanza da letto di suo padre. Riuscì a calmarlo con fatica, assicurandolo che Rita era rientrata a casa e adesso dormiva profondamente. Doveva crederle. Sapeva benissimo che lei, Fabrizia, teneva tutto sotto controllo. In qualche modo si arrivò al mattino e, si sa, con il sole tutto sembra che possa andare per il meglio. 

Da quel giorno la vita di Fabrizia e delle sue sorelle prese lentamente a cambiare. Sembrava che in quella casa si cominciasse a respirare un'aria nuova, un'aria diversa sì, ma del tutto anarchica e disarmonica. Ogni sorella faceva autonomamente dei maldestri tentativi di rendersi in qualche modo libera dalla cappa familiare in cui si viveva in casa.

Relegate in quella bolla anacronistica, avulsa dal resto della società, le sorelle avevano in qualche modo perso il contatto con la realtà. Eppure due lavoravano già da anni, frequentando due uffici diversi. Le più giovani tiravano avanti in modo stanco e inconcludente i loro studi universitari, che si annodavano su se stessi e non giungevano mai al capolinea. Tutto questo non era abbastanza. Infatti, tutte erano coinvolte ancbe nella gestione della famiglia, che le assorbiva quasi completamente. 

Comunque Fabrizia tirava avanti da più di vent'anni uno strano legame – amoroso? - connotato da regole e critiche continue, che lei definiva un'amicizia. Rita ormai viveva più fuori casa che dentro. Proibito, però, parlarne con il patriarca o portar quel legame alla luce del sole, perché certamente non avrebbe passato il giudizio del contesto sociale. Le altre due non avevano ancora individuato un qualcuno degno delle loro attenzioni. In sintesi, qualcuno che potesse passare il severissimo esame familiare. 

Ogni tanto c'era una passaggio in più dal parrucchiere, l'acquisto di un abitino un po' più moderno, una borsa, ma l'evoluzione era lenta, troppo lenta per essere incisiva. 




🌹 6.

“Forza, forza!” continuava Fabrizia nella stanza accanto, intenta a svegliare le altre sorelle. Tanto non ci sarebbe stato verso. Niente era cambiato. Rita si alzò dal letto ancora mezzo addormentata e cominciò subito a disfarlo. 

Era ancora una donna robusta e continuava a non fare molta fatica a spostare materassi e a sollevare coperte pesanti. E poi era ormai addestrata da una vita. Aprì i vetri per fare entrare l’aria di quell'ottobre ancora soleggiato. Doveva sbrigarsi davvero se voleva arrivare in ufficio in orario. La voce autoritaria della sorella la colpì come uno schiaffo. “Devi scuotere le lenzuola fuori, non te ne dimenticare, altrimenti ci restano i granellini di sabbia e non si ossigenano come si deve!”. 

Rita afferrò il primo lenzuolo e lo lanciò fuori dal davanzale, lo scosse per bene e lo sistemò perché prendesse aria e non cadesse di sotto. Ripeté l'operazione con l’altro lenzuolo e poi con la coperta.

Mezz'ora dopo era sul treno che la portava al lavoro. Quella sera non sarebbe rientrata. Si sarebbe fermata a vivere atti i di passione e... a pulire un'altra casa.





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F  i  n  e










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