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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

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della mente e del cuore

Buona lettura



Racconto - L'abitino








“Ciao, Giuliaaa! Come stai? Quanto tempo...” digitò Beatrice sorridendo, un sorriso che le veniva da dentro, che veniva da lontano.
“Oh, finalmenteee!!! È tantissimo che ti cerco!”.
La risposta arrivò immediatamente, dopo solo una manciata di secondi.

Beatrice guardava affascinata le frasi che andavano componendosi sul piccolo display senza smettere di sorridere.
In quel momento rivide, come se la cosa accadesse in quel preciso istante, il sorriso candido di Giulia che si illuminava quando la vedeva.

Sì, aveva un carattere ameno Giulia, un po’ come lei.
“Che coincidenza!” le venne fatto di pensare.
In fondo non è che avessero molto in quel momento adolescenziale, ma erano gli anni sessanta e l’aria che si respirava era di grande positività.
Si rivide in posa insieme a lei mentre le scattavano una foto... l’abitino verde bottiglia, foularino a disegni cashmere in tono e i capelli bombatissimi tirati su in una “banana”, come allora veniva chiamata.
E poi a giocare con la neve sul prato laddove le due strade divergevano per perdersi in lontananza, durante una delle rarissime volte in cui la città si era risvegliata innevata.

“Davvero?!” si affrettò a digitare sulla tastiera Beatrice sempre con il sorriso sulle labbra “Ho visto la tua richiesta di amicizia solo oggi... Non puoi neppure immaginare quanto mi abbia fatto piacere!
“Senti.. ora è tardi.” continuò “Domani mattina ti chiamo.  Mandami il tuo numero di telefono in privato. Ne abbiamo di cose da raccontarci!”.
Un semplice messaggio... quanti ricordi tutti in una volta era stato in grado di richiamare alla sua memoria.

Infatti, mille emozioni si erano riversate su di lei come una doccia virtuale, fresca e gioiosa ad un tempo, ma con un pizzico di... di...
Di nostalgia? No, non avrebbe voluto affatto tornare indietro, tutto sommato.
Questa fase della sua vita era bellissima.
Nel passato c’era sempre una puntina di amaro, quasi di disagio, forse di imbarazzo?
La prima immagine che Giulia aveva visualizzato nella sua mente era quell’abitino.
Lo aveva indossato forse solo un paio di volte...
Ma com’era stato e com’era bello quell’abitino!
Lo conservava ancora nel suo armadio di signora un po’ attempatella.
Non riusciva proprio a disfarsene.
Una fantasia di verdi e di ori, stampata a mano su una seta d’oriente venuta da lontano, una stoffa così bella da lasciare incantati. E lei se ne era innamorata.
Cosa farne?
Certamente un abito... ma come? E da chi farlo realizzare?
Oh, certo! Da Giulia! E come non averci pensato prima!

Giulia abitava nella villetta accanto alla sua. I loro piccoli giardini erano confinanti.
Insieme avevano condiviso molta parte dell’adolescenza.
Poi le loro strade si erano un po’ divise.
Lei aveva cominciato a lavorare in un’azienda con sede molto lontana e il suo tempo libero si era drasticamente ridotto.
Giulia aveva imparato a fare la sarta e adesso lavorava in un elegante atelier del centro.
Chi meglio di lei avrebbe potuto trasformare quella seta da sogno in un abito speciale?


Così si erano ritrovate per una consulenza... ed un caffè insieme da sorseggiare sul balconcino di casa sua.
Già, il balconcino di Beatrice...
Quello era stato molto più di un balconcino.
In realtà esso veniva definito anche il terrazzo o il terrazzino.
A ripensarci veniva pure un po' da sorridere, ma quanto aveva contato quel piccolo palco sul mondo!
Infatti, la strettissima sporgenza che si estendeva per quasi tutta l'intera facciata della casa, non sarà stata più larga di un'ottantina di centimetri.
Ci entrava appena una modesta sedia, ma il bello era che di sedie se ne potevano disporre tre, quattro o più per tutta la lunghezza, che era di ben dieci o dodici metri.
Dunque, si disponevano le sedie con la spalliera addossata al muro, in modo che si potesse osservare il via vai di persone, auto e cose che andava in scena di sotto.
È facile comprendere come sui marciapiedi e sulle strade scorresse la vita vera e, mentre portavano lontano, raccontassero mille storie.
Verso questo palcoscenico involontario, il muretto di protezione del lungo terrazzino era basso e terminava con una ringhiera di ferro.
Su questo muretto si era riusciti a disporre anche vasi e contenitori, che nella bella stagione erano un tripudio di fiori e di colori.
Si deve poi aggiungere che, in quel periodo, persisteva l'abitudine di sorseggiare più volte al giorno la bevanda ristoratrice in tazzine piccolissime.
Queste ultime erano così minuscole che potevano essere appoggiate sul piccolo muretto tra i vasi, come fosse stato un tavolinetto da salotto.
Ogni occasione era buona per fare un caffè.
La caffettiera era sempre in funzione e, anche se era prevista per tre, bastava per soddusfare molte persone.
La cosa più interessante, però, era il fatto che lo si sorseggiasse sul terrazzino e che ci si incontrasse lì, semplicemente per fare due chiacchiere, ridere un po', farsi compagnia.

Quel pomeriggio Giulia e Beatrice si erano ritrovate ancora una volta sul balconcino a gustare un goccino di caffè.
Protagonista assoluto di quell'incontro era stato ovviamente il prezioso tessuto di seta, che aveva immediatamente intrigato Giulia, la sarta.
La ragazza aveva ammesso senza problemi che si trattava di una stoffa davvero interessante e che ci avrebbe pensato su con molta cura per studiare un modellino che ne valorizzasse ulteriormente la consistenza e i meravigliosi colori.


Di lì a pochi giorni Giulia si fece di nuovo sentire.
Aveva trovato un'idea e voleva esporla a Beatrice.
Così, in un pomeriggio di aprile inoltrato, le due si videro ancora una volta a sorseggiare un goccino di caffè sul terrazzino.
Giulia, con il suo solito sorriso aperto e leale, passò senza indugio ad illustrare ciò che avrebbe realizzato con quella seta meravigliosa.
Disse subito che l'abito non poteva che essere lungo. La stoffa era troppo importante per restringerla e limitarla in un vestituccio corto e striminzito.
Prevedeva un corpino tagliato in vita, senza maniche per renderlo più elegante e con una dolce scollatura a barchetta.
Nella gonna avrebbe realizzato un panneggio con alcune pieghe studiate ad arte che dessero morbidezza, lasciando però una linea libera e sciolta.
Beatrice convenne che con un tessuto di quel genere non era certo possibile pensare ad un vestitino sportivo. Sarebbe stato certamente un abito elegante da indossare di sera o in qualche occasione importante.
Il tutto tornava benissimo perché aveva in programma la partecipazione ad un matrimonio nel mese di maggio. Quindi l'idea era buona. Poteva procedere.
Giulia allora prese le misure a Beatrice, bevve il suo goccio di caffè e se ne andò tutta contenta sicura che il suo progetto sarebbe stato un vero successo.

Nei giorni seguenti ci furono altri incontri ed altri goccini di  caffè sorbiti sul terrazzino.
In tali occasioni vennero fatte delle prove mirate, degli aggiustamenti, piccoli cambiamenti di dettagli.
L’Abito, con la A maiuscola, andava prendendo forma.
Durante la seconda prova, Giulia era tornata alla carica con un  nuovo quesito.
Il modello aveva necessità di essere completato.
Era indispensabile scegliere qualcosa da mettere in vita, qualcosa di importante che desse un tocco di personale e di esclusivo.
Così, tra un goccino di caffè, un microcucchiaino di zucchero e un pezzetto di crostata, le due amiche decisero cosa fare.

Ci voleva una bella cintura, ma non una cintura tanto per fare!
Una cinturetta con una fibbia? Neanche a parlarne.
Una fusciacca morbida realizzata con la stessa stoffa dell'abito? Troppo banale.
Ci voleva qualcosa di più ricercato che facesse modello.

Un'occhiatina alla vita nella strada, una risatina complice, un altro goccetto di caffè, le due amiche presero finalmente la decisione che si rivelò vincente.


A questo punto, procedendo a piccole tappe, venne gradualmente alla luce un’interessantissima cintura, che valorizzò ulteriormente quell’abito, quel vestito quasi poetico che faceva sognare le due amiche complici e divertite.
La settimana successiva Giulia portò a casa di Beatrice un fornito campionario di sete a tinta unita.
Dopo un’attenta analisi e lunga discussione, le due selezionarono un tessuto di un verde morbido e muschiato.
La scelta risultò davvero molto originale.
Infatti fu dato risalto ad una nuance di colore di quelle meno presenti nella miriade di tonalità che affrescavano la stoffa dell’abito come un vero e proprio quadro.
Questa scelta fu un vero colpo di genio, perchè metteva in evidenza ancor di più tutti quei verdi brillanti che già colpivano da soli l'attenzione.
Una volta stabilito il colore, Giulia fu sicura su come procedere.
Era  certa che costruire la cintura con un plissettato sciolto, orizzontale e regolare, fosse un'idea vincente.
Beatrice si disse subito d'accordo perché si fidava del suo infallibile intuito.

Quando Giulia tornò per l'ultima prova, mostrò all'amica con orgoglio la chicca sulla torta, una delicata rosa di seta, realizzata a mano con la stessa seta con cui era stata costruita la cintura.
Quest’ultima era rigida, formata com'era da tutte quelle piegoline che si sovrapponevano per un totale di nove centimetri.
La rosa sarebbe stata fissata a coprire il punto di  chiusura cosicché non si notasse.
Avrebbe fatto la migliore figura posizionata non al centro, ma su un lato.
Dopo una lunga attesa tutto fu pronto.
Giulia arrivò a casa di Beatrice con l'abito, la cintura con la rosa, i ritagli della stoffa avanzata e la spoletta del filo in tinta che era stato utilizzato.

Le vicine di casa vennero ad ammirare il capolavoro realizzato e sul terrazzino fu tutto un tripudio di sorrisi, di gridolini e l'allegro vociare riempì di vita la strada sottostante.
Tra il tintinnio di cucchiaini e il profumo dolce di zucchero, quel pomeriggio si sorseggiarono molti goccetti di caffè nelle microtazzine, mentre il carrettino del robivecchi scarriolava lontano e la fontanella pubblica gettava l'acqua ad intermittenza.


Il giorno in cui la sua amica convolò a nozze, Beatrice era radiosa.
L'abito di seta stampata a mano, un tripudio di sfumature di verde smeraldo, s’imponeva all'attenzione dei convitati che non lesinarono complimenti.
Molti si informavano su chi lo avesse realizzato e da dove provenisse quell'insolito tessuto davvero interessante.
Al termine della cerimonia, Beatrice rispose l'abito sulla sua gruccia con una grande cura e un grande amore.
In seguito forse fu portato in lavanderia. Questo non lo ricordava con precisione.
Quello che era certo era che l’abito era rimasto per sempre nella parte più bella di ogni armadio che nel corso della vita ebbe occasione di allestire.
Non fu più indossato, ma il suo fascino era rimasto intatto.
Impossibile disfarsene.
Profumava ancora di zucchero e di goccetti di caffè, sorseggiati su un terrazzino di città nel tempo in cui le relazioni erano tante, semplici, romantiche.

Il sole fece capolino dall’ampia finestra, che si affacciava sotto i tetti dell'antico centro storico.
Beatrice entrò nella stanza e si accoccolò su uno dei due divani pieni di luce.
Sì sentiva euforica e piena di aspettative.
Recuperò appena in tempo, prima che finisse sul pavimento, il telefono che le stava scivolando di mano.
Era tanto eccitata nel poter comporre finalmente quel numero dopo un così lungo tempo.
Senza ulteriori indugi, digitò le cifre che gli erano state fornite la notte precedente.
Neppure due squilli ed ecco Giulia rispondere con la sua solita voce ridente.


"Allora, carissima Giulia, come hai trascorso tutto questo lungo tempo?  Certo che ne è passata di acqua sotto i ponti! Ti ho pensata spesso, soprattutto ogni volta che ritornavo dai miei. Sai? Vedendo le finestre di casa tua, mi chiedevo sempre dove fossi, ma il tempo ogni volta era così poco che non mi era mai possibile approfondire…”.
“Anch'io ti ho pensato spessissimo… Quanti bei momenti trascorsi insieme!” rispose con la voce armoniosa l'amica ritrovata.
Sembrava, alle due donne, di essersi lasciate solo il giorno prima.
Come un fiume in piena si raccontavano ora i momenti più salienti della loro vita.
Comparvero gioie e dolori, malattie e persino molte tristissime morti.
E non passò tanto prima che Giulia chiedesse a Beatrice: “Ti ricordi quell'abitino che ti preparai pochi anni prima che tu sparissi? Non puoi aver dimenticato quella cintura a piegoline sovrapposte con quella rosa delicata…”.
“Giulia... quell'abito è sempre presente nella mia vita... È ancora nella mia cabina-armadio! Ne ha fatti di traslochi, ma è ancora meraviglioso! Non l’ho mai più indossato… però non so separarmi da lui. Ogni volta che lo guardo mi dà una gioia che non so spiegare. È come se fosse una creatura viva…”.
“Che felicità sentirti dire questo! È stato uno dei vestiti più belli che ho realizzato. L'ho sempre chiaro in mente come se fosse presente qui davanti a me in seta e filo. Ogni volta che penso a lui rivivo quei pomeriggi di primavera, pieni di luce e di profumi. Quanto vorrei ritrovarmi sul terrazzino di casa tua a bere un goccettino di caffè, mentre il robivecchi scarriolava lontano e la fontanella pubblica gettava l'acqua a intermittenza, imbastendo una cara e antica melodia!”.
A chilometri di distanza le due donne avevano gli occhi persi nello stesso vuoto.
Un po' erano trasognate e un po' imbambolate nella scena che stavano rivivendo.
Poi dai loro occhi lucidi scivolò una lacrimuccia di nostalgia, mentre scoppiavano entrambe in una sonora risata liberatoria.




F i n e



2 commenti:

  1. Nella vita di ogni donna resta a raccontare il dolce tempo della giovinezza un abito particolare indossato in un giorno felice. Un colore, una qualità di tessuto, un modello all'esterno ma all'interno un corpo agile, pieno di energia e di sogni da realizzare. Così resta negli anni un tutt' uno inscindibile e inalterabile, un tempo immobile, spensierato e fiducioso, un vessillo di speranza e fresca passione, l'abito che ero e il sogno del futuro, di me, della ragazza ridente e gioiosa che ignara andava a cuore aperto incontro alla vita.

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  2. I ricordi sono per loro stessa natura qualcosa di altro dalla realtà vissuta, che si è ammantata nel tempo di un fascino speciale, regalatole dalla ristrutturazione del nostro pensiero e delle nostre emozioni.
    Se si supera quell'aura speciale legata alla nostalgia per una parte della vita ormai lontana, ci si accorge che in quel momento non era poi tutto così roseo e semplice, anzi paure ed incertezze erano sempre lì a tenderci qualche tranello.
    Comunque è bellissimo ripensare, apprezzare, raccontare ciò che siamo stati, mentre penso che il miglior tempo della vita sia sempre quello presente e, soprattutto, quello dell'io adulto più completo e più consapevole.

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