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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Rocconto - Anirema











🌺

La luce novembrina filtrava dalle finestre limpida e cristallina.
L'azzurro del cielo sembrava lavato di fresco, ma il senso di freddo entrava nelle ossa provocando un brivido nell'animo.
Anirema ritirò lo sguardo dall'esterno, si strinse nelle spalle e si concentrò sulla luce amica che pioveva sulla sua scrivania.

Si lasciò rapire nuovamente dai suoi pensieri, mentre girava e rigirava una matita tra le mani.
Quello era il suo regno di fuga per qualche ora.
Lì ritrovava pensieri più liberi, più leggeri, decisamente meno coinvolgenti in stress e preoccupazioni.
Sì, c'erano anche dei periodi in cui doveva correre e sorgeva qualche intoppo, ma nel complesso decideva lei cosa fare, quando farlo e se farlo.
E poi lei sapeva organizzarsi e godere così di quei momenti lontani dalla routine familiare dove invece c'era tanto da fare, dove voleva fare ancora di più di quello che faceva e dove inevitabilmente arrivava a stancarsi davvero.
La sera nel letto stentava spesso a prendere sonno.
Si girava e si rigirava alla ricerca di una giusta posizione, ma la gamba che si surriscaldava le dava il supplizio di Tantalo ed era tutto uno scoprirla e ricoprirla, finché stremata non riusciva a prendere sonno.

Anirema prese un post-it rosa dal pacchetto che aveva davanti e vi scrisse con la matita, in un bel corsivo ordinato, una sola parola: “musica".
Poi lo fissò su un angolo del computer, in un punto in cui non dava molto fastidio.

Il telefono squillò.
Era quello fisso dell'ufficio, quindi lo ignorò volutamente.
In quel momento era troppo impegnata a pensare e non poteva interrompere il flusso delle sue emozioni.
Avrebbero certamente richiamato.



🌺

Dal pianoforte si levarono cascatelle di note che rotolarono piano nel salotto in penombra.
La bambina, come sempre si avvicinò senza fare rumore e si mise in contemplazione della mamma che suonava con lo sguardo perso nel vuoto.

Com'era brava la sua mamma e, soprattutto, com'era bella!
Se ne stava su quello sgabello tutta impettita, la testa rovesciata con garbo all'indietro, mentre le dita scorrevano veloci sui tasti come se fossero dotate di vita propria.
La gonna grigia alla  caviglia, come usava a quel tempo, ricadeva ordinatamente in grosse pieghe, mettendo in evidenza la sua vita sottile.

La bambina avrebbe voluto accarezzarla, saltarle al collo, ma non poteva disturbarla in quel momento.
Eppure quella maglia verde menta di jersey che indossava era così setosa e morbida che l'attraeva come una calamita.
Fece un piccolo passo in avanti.
In quel momento, una nuova cascatella di note si propagò all'improvviso nella stanza, mentre la mamma si piegava adesso sui tasti, spostandosi con tanta enfasi da una parte all'altra della tastiera.

La bambina girò intorno al pianoforte
Fu in quell’attimo che incrociò i suoi grandi occhi.
Vi si perse come sempre, affascinata.
Erano di un verde ammaliante, di un verde menta veramente affascinante.
Notò che erano proprio dello stesso colore della sua setosa maglia di jersey.



🌺

Anirema sospirò, si sistemò meglio sulla poltroncina girevole, accavallò le gambe e si raddrizzò sullo schienale quanto più le fu possibile.
Quindi aprì le dita e sfiorò i tasti immaginari di un pianoforte, accarezzando lievemente il bordo della scrivania.

Il pensiero della riunione che doveva organizzare per la settimana successiva tornò in primo piano. 
Doveva ancora contattare due o tre persone per avere la conferma della loro presenza a Strasburgo quel giorno.

Era sempre tanto difficile mettere tutti d'accordo sul giorno e sull'ora, ma doveva comunque definire questa riunione nel più breve tempo possibile.
Infatti era questa una riunione piuttosto importante per l'azienda, che aveva delle priorità e non poteva attendere oltre.

Si apprestò, quindi, a scrivere una comunicazione di convocazione e conferma agli interessati.
I tempi erano ormai stretti ed anche l'eventuale assenza dei due o tre che dovevano confermare non avrebbe impedito l'incontro a Strasburgo ormai stabilito per quel giorno e a quell'ora.

Aveva appena cominciato a digitare il testo al computer, quando il cellulare segnalò l'arrivo di uno… due…  tre messaggi.
Sicuramente era la sua amica che si sentiva sola e non aveva altro da fare.
Inviava continuamente foto e messaggi che giravano in rete, a volte spiritosi, altre piuttosto noiosi e ripetitivi. 
No, non riusciva proprio a darle sempre retta. 
Avrebbe risposto più tardi o l'indomani.

Intanto, meccanicamente, lo stomaco le fece un sobbalzo.
Non poteva farci niente.
Era automatico.
Le accadeva tutte le volte, forse per associazione di idee.
Infatti, anche in quel momento le tornò in mente la solita immagine che veniva da un passato proprio remoto, anche se non ne ricordava i dettagli.

Suor Annunciata, seria e impettita, il velo ben sistemato, guardava la scolaresca in religioso silenzio, severa e indagatrice, come a voler scoprire chissà quale misfatto avessero combinato.
Lei, composta al suo banco, non muoveva neanche un piccolo muscolo per non farsi notare.
Intorno a lei, tutte le compagne parimenti paralizzate e immobili, erano in attesa del predicozzo quotidiano.

Quella doveva essere una mattina particolare.
Qualcosa di spiacevole doveva essere accaduto, perché le emozioni che le salivano a galla erano forti e sgradevoli.

Riprese a scrivere seppur con la testa altrove.
Concluse la convocazione per Strasburgo in pochi minuti, mentre si riprometteva di indagare con l'amica appena possibile.
Desiderava fortemente ricostruire il momento scolastico cui si rifaceva quell'immagine e quelle sensazioni che le tornavano in mente dopo tanti tanti anni e in un modo così spiacevole.

Sì, qualcosa di particolare doveva certamente essere accaduto.



🌺

Scacciò quella sensazione spiacevole che l'aveva assalita, sottolineando la sua volontà con un movimento all'indietro del capo, poi riprese a digitare con rinnovata energia.
In breve tempo completò la comunicazione e si affrettò a metterla in partenza.
Prese la borsa dallo scaffale con fare distratto, l'aprì e recuperò il portacipria per darsi un'occhiata prima di lasciare l'ufficio e continuare la sua impegnativa routine giornaliera.

Ora sarebbe cominciato un nuovo lungo pomeriggio insieme ai suoi adorati bambini, croce e delizia di ogni signora in là con gli anni che al piacere di vivere nuovamente nel mondo dei piccoli deve aggiungere la grande fatica che ne deriva.
Passò in rassegna in una frazione di secondo i loro vivaci sorrisi, i loro bacetti, i loro capriccetti e si sentì immediatamente riempire di gioia.

Amava moltissimo i suoi nipotini per i quali desiderava il meglio.
Con loro non perdeva mai la pazienza e finiva per accontentarli in tutto.
Siccome erano tanti e voleva che stessero insieme, aveva sempre un bel daffare, ma non gliene importava proprio niente, perché essi erano il centro di tutto come lo erano stati i suoi figli.
Si avviò verso il parcheggio.

Non aveva ancora richiuso lo sportello dell'auto, che già il cellulare nella borsa suonava pieno di energia.
Cominciò a frugare nella sacca un po' informe, che a sua volta vibrava all'unisono, ma del cellulare era rimasta soltanto l'incalzante vibrazione che si accompagnava alla musichetta.
Dov'era finito?
Trovò il portacipria, una macchinina, due caramelle al miele, il tubetto del rossetto, una gomma per cancellare, un pacchetto di salviettine struccanti.
Il cellulare invece sembrava non esistere più.
Se non lo avesse sentito vibrare e suonare avrebbe creduto di averlo lasciato in ufficio.
Infine ci fu il silenzio.
Dall'altra parte avevano messo fine all’incalzante concertino.

Anirema afferrò l'elegante sacca di pelle rosso antico e la rovesciò sul sedile accanto a lei.
Un'infinità di oggetti, una vera e propria valanga di cose, schizzò fuori dal fondo della borsa, impigliandosi nell'immancabile foulard di seta che portava sempre con sé.
Notò ancora una volta quell'intreccio garbato di fiori sfumati sulla stoffa, che le volevano ricordare prepotentemente qualcosa, ahimè, senza successo.
Da quando lo aveva acquistato, anzi lo aveva comprato proprio per quello, ogni volta che lo osservava, sentiva nascere in sé un turbamento che, però, non riusciva a definire.

Il cellulare riprese a squillare.
Forse era tra le pieghe del suo bel fazzoletto che ammiccava con i suoi intrecci di fiori sfumati.
Si affrettò un po' seccata a muovere quel groviglio di seta scivoloso.
Fu in quel momento che la rivide davanti a sé, con il suo foulard di seta intorno al collo, bella e fiera come non mai.



🌺

La mamma era in piedi in salotto, appena appoggiata con la schiena allo scrittoio della nonna.
Il soprabitino nero le scendeva perfettamente addosso, sfiorandole il polpaccio.
Lucido nelle sue fibre leggermente damascate, le segnava appena la figura naturalmente elegante.
L’opera d'arte, però, era l’importante colletto sciallato, come si diceva in quel periodo.
Infatti le metteva in evidenza il volto, dandogli vita e slancio, proprio come fosse una cornice.
La chiara luminosità di quel bellissimo fazzoletto di seta faceva il resto.
Da grande ne avrebbe avuto uno proprio uguale!
Orecchini e spilla di perle completavano il bellissimo quadro.
Sì, da grande avrebbe avuto anche una spilla come quella!
Le piaceva moltissimo nella sua semplicità: un piccolo nodo, forse un fiocco, con quattro o cinque filamenti d'oro, adornati di piccole perle intervallate da brillantini.

Quella sera la sua bellissima mamma sarebbe andata a teatro con il papà.
Lei purtroppo sarebbe rimasta a casa a tener compagnia alla nonna, che avrebbe insistito per mandarla a letto il più presto possibile.
La mamma, invece, avrebbe avuto a disposizione il papà tutto per sé.

Era sempre così.
Quando c'era la mamma, il papà badava sempre e solo a lei.
E poi i bambini erano bambini e in quel periodo si trattavano da tali.
Dovevano stare zitti e al loro posto.
A lei, invece, sarebbe molto piaciuto che il babbo le dedicasse tutte le sue attenzioni, ma più che ordini e qualche sorriso da lui non si riusciva ad ottenere, sempre impegnato com‘era a lavorare e a guardare la mamma come fosse stata una statua greca.

Ecco il cellulare.
Finalmente era riuscita a ritrovarlo.
Già squillava e vibrava un'altra volta.
Paperina… La scritta lampeggiava sul display.
Era la sua vivacissima nipotina, sempre impaziente e piena di idee.
Sorrise involontariamente e nuovamente di buonumore, mentre schiacciava il pulsante per rispondere.




🌺

Appena aprì la porta di casa, Paperina le saltò subito addosso prima ancora che posasse la borsa e si togliesse la giacca.
Sgomitando tra i bambini più piccoli, cominciò a tirarla da tutte le parti, con la vivacità e la determinazione che la rendevano quella che era, una simpaticissima ed intelligentissima bambina di quasi sei anni, che non si fermava un minuto e si muoveva in giro come un tornado.
Voleva fare i biscottini con i granelli di zucchero e li voleva fare subito subito, altrimenti non sarebbero stati pronti per l'ora in cui la mamma sarebbe venuta a riprenderla.

Intanto il piccolino si era arrampicato sulle ginocchia della nonna e infilava il ciuccio dentro la scollatura della sua camicetta.
Sua sorella e suo cugino, dopo tre capriole, avevano cominciato a saltare sul divano rosso pompeiano che timidamente si riparava dall'assedio con uno smilzo telo tutto stropicciato.
Il divano si muoveva paurosamente sotto i loro andare e venire ed era un miracolo che i due ancora non fossero capitombolati e fossero per il momento tutti interi.

Anirema si precipitò verso di loro e con una piroetta e un sorriso, li afferrò saldamente per i polsi.
Uno da una parte e uno dall'altra, ballando e scherzando, li trascinò in cucina con la promessa di una spremuta d'arancia.

Il tornado intanto si scatenava all'intorno, urlando a squarciagola che si dovevano fare subito subito  i biscottini con lo zucchero.
Il piccolino arrancava, ciondolando in coda al corteo, pulendo il pavimento con il ciuccio appeso ad una catenella provvidenziale.

Nel caos più  totale che avrebbe fatto impazzire chiunque, Anirema andava paragonando i suo pomeriggi di bambina, figlia unica, in cui la solitudine regnava ordinata ed elegante, a quel caos pieno di vita che la faceva sentire una regina.
Si rivedeva sola sola, seduta al tavolo di camera sua, mentre faceva gli interminabili compiti e l'avara luce autunnale si affrettava a dissolversi.
Era quella luce che lasciava il posto al grigiore che precede la sera e che porta con sé un che di inevitabile angoscia e di tristezza per ciò che finisce e che a volte disorienta.
Era in quei momenti che si era sentita più sola.
È vero. Non era sola.
Da lontano arrivavano a lei le note del pianoforte, che sua madre suonava e suonava ancora, come ogni giorno.
Erano note dolci, ma anche tristi, che a volte le facevano male e le stringevano il cuore.
Allora si tuffava sulla versione di latino e cercava di arrampicarsi su un pensiero piacevole, sulla vite dei sogni come voleva fare la volpe per prendere l'uva.
E come lei, però, ricominciava sempre da capo.

Lo aveva talmente desiderato che, adesso, poteva dire di esserci davvero riuscita.
La sua casa di nonna era sempre piena di vita in ogni angolo, a dire il vero, un po' disordinata... anzi, sempre per la verità, lo era moltissimo, ma il grigiore autunnale che annunciava la sera non aveva più alcunchè di triste.
Grandi e piccini vivevano al massimo.
Tra profumi di vaniglia e di cannella, canzoncine smozzicate buttate lì come venivano, salti, corse e baruffe, la solitudine non era proprio di casa con loro.




🌺

Ben presto la cucina fu piena di farina, latte sgocciolato, oggetti capitombolati ovunque, ma anche di profumi deliziosi e di allegria.
Gli occhi brillavano e i cuori esultavano.

In fondo, a lei preparare le torte era sempre piaciuto.
A casa sua non ricordava tanti dolci fatti da sua madre, ma la domenica a pranzo c'erano sempre le paste alla crema e quelle alla panna con le ciliegine candite sopra.
Alla mamma piaceva gustarle con il caffè.
Lei non beveva volentieri i liquori dai quale rifuggiva sempre, mentre il papà non terminava il pranzo senza gustare un goccino di Strega, un fascinoso liquorino giallo.
Lo sorbiva in un piccolissimo bicchiere che a lei piaceva moltissimo.
Era cosi piccolo da sembrare costruito per le sue bambole.
Ne ricordava il vetro sottilissimo, il colore azzurro opaco, i fiorellini dorati che si rincorrevano tutto intorno, senza soluzione di continuità.

A dispetto di ciò che non avveniva in casa sua, Anirema aveva avuto comunque delle esperienze precoci sulla conduzione della casa e, quindi, anche di ciò che una brava ragazza avrebbe dovuto sapere nella preparazione del cibo.
A scuola, le suore avevano arricchito il programma di economia domestica con molte riflessioni su come preparare un buona colazione in famiglia o su come fare una torta semplice per i bambini con ingredienti genuini e poco costosi.
Le venne in mente il primo ciambellone che aveva preparato,  un po' bassino sì, ma abbastanza buono.

Il timer del forno annunciò che i biscottini con i granelli di zucchero erano pronti.
In quella, si sentì arrivare un'auto quasi a ridosso delle scale e subito dopo qualcuno che le saliva con fretta molto evidente.
Richiamò con un cenno rapido tutti i bambini, ottenendo un silenzio totale, un silenzio di tomba.
Ora niente più si muoveva.
Sembrava di essere nel giardino incantato della fiaba ripetuta cento volte.
Anche il piccolino aveva smesso di ciucciare e fissava immobile la porta.
La casa sembrava deserta.

E poi la porta si aprì, spalancandosi con una certa enfasi.
“Urraaaaaà!”
Il grido squarciò il silenzio, accompagnato dai piedi che battevano sul pavimento, dalle mani battute all'impazzata e dagli schiamazzi di tutti i bambini in preda ad un divertimento incontenibile.




🌺

Quel giorno Anirema era piuttosto agitata.
Camminava con fatica per le strade della sua città, avanzando lentamente verso la meta.
Doveva raggiungere l'università ed era anche un pochino in ritardo.
Infatti, avrebbe dovuto sostenere un esame importante, ma la sua testa era altrove.

Quella notte c'era stata un'abbondante nevicata, faceva freddo e sarebbe rimasta volentieri a letto, visto che aveva anche dormito pochissimo.
Anirema era distratta, chiusa nei suoi pensieri, ma intorno a lei era stato messo in scena uno spettacolo degno di nota.
Le strade, le chiese, le fontane, i tetti, essi stessi trine leggere e armoniose, avevano indossato un abito usuale, ma sempre speciale, che in altri momenti l'avrebbero incantata.

Quella mattina, invece,  la sua mente e il suo cuore rifuggivano da tutto quello, non lo vedevano nemmeno, presa com'era a vivere altri spazi e altri tempi che la coinvolgevano talmente tanto da diventare quasi un'ossessione.
Forse si era troppo applicata a quell'esame ed ora era giunta al limite delle sue risorse fisiche ed emotive.

Avrebbe voluto lasciar perdere tutto, buttare ogni cosa alle ortiche, per usare un modo di dire che ben rendeva l'idea.
Tuttavia, come avrebbe potuto spiegare in famiglia una tale assurdità, cui nessuno avrebbe potuto neppure pensare, che mai era stata sfiorata neppure nel novero delle possibilità?

Anirema si aggiustò meccanicamente il cappellino in testa e per poco non scivolò sulla neve, già tutta calpestata, però ghiacciata in più punti e pericolosa.
Sorrise.
Sorrideva da sola.
Vedeva il sole… luminoso come mai.
Ne sentiva il caldo amico sulla pelle… e la brezza, la brezza di mare, riempiva il suo cuore dei profumi di sempre.

Dalla grondaia un goccia gelata le cadde direttamente sul viso.




🌺

La sensazione repentina di ghiaccio e di freddo sul viso la riportarono troppo bruscamente alla realtà.
Fu come ricevere un duro colpo allo stomaco.
Cosa doveva fare? Proseguire o tornare a casa?
Non voleva fare né l'una né l'altra cosa, in verità.
Così continuò ad andare avanti, chiusa in se stessa, incurante di dove mettesse i piedi.

Quando per poco non rovinò a terra, inciampando su un invisibile gradino, tornò bruscamente vigile e attenta.
Era bello perdersi sull'argento del mare illuminato dal sole, rivedere volti amici e soprattutto lui, ma proprio non poteva seguire i suoi desideri.
Non poteva assolutamente deludere i suoi genitori, soprattutto la sua mamma perfetta perfettissima.
Lei, unica figlia, le avrebbe spezzato il cuore.

Doveva sapere tutto su “Il Dolce Stil Nuovo” e saperlo comparare con “Il Romanticismo”, per questo si stava preparando lei, che certamente non sapeva suonare uno strumento e che era destinata da sempre a fare l'insegnante.
Altri lavori non erano consigliabili per una rampolla di buona famiglia e rimanere semplicemente moglie e madre non era altresì affatto conveniente.
La donna doveva comunque essere economicamente indipendente si sentiva dire in quel periodo storico.

Anirema sospirò.
Chissà se anche a Milano o a Roma le ragazze della sua età subivano le stesse pressioni, pressioni così forti che a volte diventavano davvero troppo pesanti?
Come sarebbe stato bello poter essere libera da tali condizionamenti e seguire i propri desideri!
Essere sempre in compagnia di quello sgradevole senso di colpa rendeva a volte la vita di una ragazza di fine anni sessanta piuttosto pesante, tirata com'era continuamente da una parte e dall'altra fra passato troppo consolidato e futuro ammiccante e travolgente.

Anirema si accorse in quel momento di essere in vista dell'università.
Avrebbe sostenuto l'esame, per questa volta.
Ci avrebbe pensato meglio su.
In ogni caso, sapeva già che non poteva rinunciare alla sua laurea in lettere.
Lo doveva a se stessa.




🌺

“Nonna, voglio fare il cavalluccio! Dai, dai!” gridò il piccolino tirandola per la gonna. Anirema sorrise e lo scosse un pochino per le spalle. Hop, hop, hop….
“Nonna, no! Il cavalluccio… il cavalluccio…”.

Anirema lo prese in braccio e si sedette sulla solita sedia di cucina, vicino al carrello di servizio.
Fece ben attenzione a non fargli buttare giù le ampolline dell’olio e dell'aceto.
IL piccolino si sistemò freneticamente, ricercando con cura la posizione più comoda, intanto gridava con enfasi il suo “hop, hop, cavalluccio".

Lo squillo inopportuno del telefono introdusse l'elemento di destabilizzazione in più che non ci voleva.
Anirema si affrettò a rispondere alla grana di lavoro che le era piovuta addosso inaspettata, mentre il piccolino le girava il viso per essere ascoltato, la tirava per il colletto e continuava a gridare con tutto il fiato che aveva in gola “hop, hop, cavalluccio".

Lo sforzo per concentrarsi, badando nel contempo che lui non cadesse dalle ginocchia, non le staccasse qualche ciocca di capelli cui si era attaccato, che le ampolline restassero integre sul carrello troppo vicino, sconvolse per un attimo l'equilibrio proverbiale di Anirema. Tuttavia, ancora una volta, si concentrò su come risolvere il problema della partita non giunta a destinazione, ben conscia che era meglio far presto e tornare a dare retta al suo piccolino.

In fondo, aveva voglia di giocare un po' anche lei.
Si sarebbe sicuramente rilassata a far saltare sulle ginocchia quel folletto e avrebbe vuotato la testa da ogni inutile affanno.
Chiuse in qualche modo la telefonata e mise il cellullare in posizione silenziosa.

Hop, hop… Hop, hop, cavalluccio...
Il bimbo si rilassò di botto e cominciò a sorridere.
La donna pensò che il piccolo avesse davvero bisogno di un momento di calma e di tranquillità.
Non era un capriccio il suo, semplicemente necessità di soddisfare un bisogno vero. Doveva essersi molto stancato prima di venire da lei.
Chissà se aveva fatto il riposino pomeridiano?
Gli dette un bacino sul nasetto e prese a canticchiare.

Inventava le parole al momento e, alla fine, ci si divertiva più lei che lui.
Così il gioco era sempre nuovo e lei non si sentiva un automa senza anima.

🎏 Hop, hop, cavalluccio caro,
so che non vuoi il cibo amaro.
Ti darò fieno e zucchero a velo,
se mi conduci sotto quel pero.

Hop, hop, mio bel destriero,
ti donerò il mio sombrero,
un lecca-lecca all'amarena,
se partirai con grande lena.

Hop hop, mio cavalluccio,
corri sul prato come un luccio.
Non pesciolini ma farfalline,
voleranno serene a te vicine.

Hop hop, cavalluccio caro,
so che non vuoi cibo amaro.
Latte e biscotti ho in serbo per te,
potrai mangiare come un re.

Hop hop, amico mio,
presto, portami dallo zio.
Ha pappa buona con la cannella
che ci porterà su quella stella.

Dai, cavalluccio, ho tanto sonno,
son tante ore che non dormo.
Sulla stella lucente possiam riposare
e mille avventure… an-co-ra… so-gna-re…🎏

Il capino reclinato, il cucciolino ora dormiva.
Anirema lo strinse a sé e chiuse gli occhi anche lei.
Non c'era nulla di più bello di quel calore umano disinteressato e tenero che si metteva in moto tra loro due.
In fondo era davvero bello essere nonna...




🌺

Il bimbo si era calmato.
Chiudeva gli occhietti in modo significativo. Aveva sonno.
Era evidente che non aveva dormito e che si era stancato troppo.
Con calma lo depositò su una poltrona perché non cadesse e si accertò che si fosse addormentato prima di andare a scaldare l'acqua per una tisana.
Decise di usare la macchina del caffè.
Pigiò il bottone dell'accensione e prelevò una bustina al gusto del frutto della passione.
L'acqua bollente, che inondò il filtro nella tazza, produsse una nuvola di vapore così profumato da stordirla.
Che cosa piacevole poter godere delle informazioni che i suoi sensi attenti le rimandavano!
Il colore, il profumo, il gusto di quella tisana l'avvolsero in un momento di piacevolezza davvero consolatoria.
Soprattutto il colore la condusse lontano.

Nella bottiglia l'alchermes mandava bagliori rosati e colpiva la sua immaginazione anche se era ormai una ragazza in boccio.
Osservava la sua bella mamma che stava cercando di realizzare un dolce per la cena degli ospiti di quella sera.
In cucina c'era qualcuno che stava allestendo le varie portate, ma era buona cosa che almeno il dolce fosse la padrona di casa a prepararlo.
L'alchermes.
L'alchermes l’aveva intrigata da sempre.
Era soprattutto quel rosa-rosso che colorava ogni cosa ad incantarla, come se si stesse dipingendo un quadro.
E così la madre stava tentando da fare.
Aveva tagliato delle fette di pan di Spagna, piuttosto storte e sbriciolate, e le stava imbevendo di alchermes.
Il liquore vi disegnava affascinanti ghirigori e colava da tutte le parti.
Al sollevamento, la prima fettina si ruppe in mille pezzi.
Sua madre la guardò sconsolata.
Allora Anirema le tolse la seconda fettina dalle mani.
“Dammi qua, faccio io!” e con facilità inzuppò il pan di Spagna, proseguendo nel foderare lo stampo rettangolare che avrebbe dato forma al tiramisù.
Sua madre la guardava grata, forse con una punta di fastidio malcelata per la sua manualità.
Che bei colori in quel tiramisù!
Accostato al rosso del liquore stava bene il giallo oro della crema del primo strato, il marrone-nocciola delle mandorle ben tostate intrise di cioccolato fuso del secondo. Anirema aveva completato il dolce e lo aveva messo a riposare.

Il tiramisù scomparve dalla tisana che nonna Anirema stava sorbendo.
Al suo posto vi galleggiava un’elegante bottiglia di profumo, lunga lunga e stretta, intorno al collo un fiocchettino nero.
La scritta in oro brillava sul delicato profumo appena appena rosa che la riempiva. Ancora adesso le batteva forte forte il cuore.
Era stato il suo primo regalo.
Forse si chiamava “Mille fiori".
A lui quel profumo era stato consigliato dalla commessa della profumeria, perché leggero e adatto per una ragazza giovane e conosciuta da poco.

Infatti, dopo quel giorno di neve, in cui aveva deciso di sostenere l'esame sul Dolce Stil Novo, Anirema non aveva smesso di pensare a lui, pur continuando svogliatamente a prepararsi per altri esami.
Poi si erano ritrovati di nuovo al mare.



🌺

Con la tazza in mano, i suoi pensieri correvano velocissimi da una parte e dall'altra mescolando gli scenari dentro il liquido di una tisana al frutto della passione.
Le capitava ogni volta che riusciva a fermarsi per qualche secondo ed era sola.
Sorbì un sorso di liquido caldo e carezzevole e, prima ancora di ingoiarlo, era già di nuovo persa nelle sue riflessioni.

La famiglia.
Sì, per condurla ci voleva determinazione, impegno e tanta tanta fatica sia fisica che emotiva.
Tuttavia era questa la cosa in cui maggiormente credeva.
La famiglia prima di tutto.
I suoi figli da curare, da tenere uniti, da far crescere con sani principi.
E poi i nipoti.
Via di nuovo.
Curarli, educarli, tenerli uniti, farli crescere con sani principi.
Lei era una tigre, se qualcuno toccava la sua famiglia.
La difendeva con le unghie e con i denti, sempre tesa a mediare, a suggerire, a indurre comportamenti, a controllare insomma che tutto rimanesse nell'ordine che lei immaginava.
Così era diventata una vera matriarca.
Tutto in qualche modo ruotava intorno a lei.
A volte era sfinita, ma com'era bello vedere tutti i nipoti riuniti insieme a saltare sui divani o a setacciare farina per fare biscotti!

Ora avrebbe dovuto pensare alla cena.
Tra un po' sarebbero rientrati i figli e il resto dei nipoti.
Aveva promesso a Paperina che le avrebbe preparato le polpette con il sugo.
Si stava facendo tardi.
Si alzò cercando di non fare rumore e mise la tazza nella lavastoviglie.
Quindi tirò fuori dal frigo le polpette, che aveva già preparato in precedenza.
Mentre queste si riscaldavano tornando a temperatura ambiente, preparò un sughetto semplice, mettendo il pomodoro a bollire con sedano, carota, cipolla, sale non molto, un goccino d'olio.
La salsa rrivò presto a bollore e Anirema ci versò una ad una le polpettine, cercando di mantenere alta la temperatura,  ad evitare che i succhi dall'interno uscissero fuori,  facendo sgretolare le sue belle pollettine.
Un profumino invitante si diffuse tutto intorno.

"Nonna, nonna, nonna.... nonnaaa!".
L'urlo la raggiunse proprio mentre un gran baccano si avvicinava dall'esterno.



🌺

Finalmente!
Chi doveva tornarsene a casa era andato, chi doveva andare a dormire lo aveva fatto.
Lei era nuovamente sola.
Si accinse a riporre nel frigo ciò che era rimasto della cena.
Intanto pensava che in fondo a lei piaceva rigovernare e poi ci era abituata.

La sua famiglia.
Era quella la cosa più importante di tutte.
Era una sua creatura, solo sua, perché l'aveva tenuta insieme a tutti i costi.
Nel passato, aveva rinunciato persino a lavorare per dedicare tutta se stessa al funzionamento di quel piccolo gruppo di persone, che era il centro motore nella sua vita.
Non poteva che esserne fiera, vuoi perché i figli erano riusciti proprio bene e si sostenevano a vicenda, vuoi perché anche loro cercavano di condurre le loro famiglie seguendo il suo esempio. Sapevano che lei li avrebbe tenuti insieme con ogni mezzo, a dispetto di tutto, fino alla morte, visto che solo per loro aveva in fondo vissuto.

Non era stato e non era sempre così semplice come forse qualcuno avrebbe potuto credere.
C'erano stati momenti interessanti, vacanze alla moda, anche abiti costosi e borsette firmate.
Tuttavia aveva vissuto nel tempo tante occasioni di solitudine, soprattutto interiore, e parecchi giorni davvero molto duri in cui aveva dovuto prendere decisioni importanti, molto costose in termini emitivi.

Abbassò gli occhi sul vestito che indossava. Certo non si poteva dire che fosse elegante.
Era vecchio, informe. Oh, sul fianco sinistro c'era anche un buchino.
E pure i capelli avevano perso brillantezza e taglio.
Le pendevano piuttosto informi sugli occhi e sulle spalle.
Meccanicamente se li scostò dal viso, cercando di riportarli dove avrebbero dovuto stare.

Pazienza, non aveva proprio voglia di pensarci ora.
In questo momento stava ancora riprendendosi.
Era molto faticoso, ma si sarebbe ripresa.
Aveva bisogno di tempo, solo un po' più di tempo e tutto sarebbe ritornato ad un equilibrio accettabile.
Comunque aveva salvato la famiglia, salvaguarrato gli interessi di tutti quelli che amava maggiormente, soprattutto non aveva dato all'esterno messaggi di crisi e di rotture.

Quella era la seconda volta che era chiamata a fare più di quanto una persona generalmente fosse in grado di fare, ma non importava quanto si sentisse male dentro.
La famiglia doveva essere tenuta insieme.
Questo era un dovere e una sua radicata convinzione.

Per una frazione di secondo, rivide Suor Annunziata che sulla pedana della cattedra parlava e parlava sull'indissolubilità della famiglia, non ammettendo alternative o obiezione alcuna.




🌺

“Anirema, è un po' che non ci vediamo… sempre molto impegnata, vero?” tergiversò Andrea, osservando con occhi critici quei capelli spenti e senza vita.
“Su, su… io ho molti impegni e tu lo sai bene. Ti pare che posso stare sempre dietro ai miei capelli? E poi non ne ho proprio voglia, dai! Ho cose più importanti da fare…”.
 “Come vuoi tu, Anirema. Adesso, però, ti faccio un trattamento ristrutturante e poi cambiamo immagine, eh?!”.
Il tono dell'uomo non ammetteva repliche.
“Purché tu ti sbrighi perché vado di fretta.” rincalzò Anirema tra lo scherzo e il faceto.
Andrea versò un fiala di liquido incolore sui capelli e prese a frizionali con un brio appena appena esagerato.

Aveva ancora le sue belle treccione bionde ed elastiche. Erano pesantissime.
Calzini bianchi e trecce erano una costante di quei tempi, ma lei non ne poteva proprio più.
I ragazzi volevano capelli al vento e gambe lisce con calze trasparenti di nylon.
Con quei brutti calzini bianchi nessuno si accorgeva di lei e lei si sentiva troppo grande per vestire ancora i panni della ragazzina.
Era al ginnasio, adesso, e molte delle sue amiche indossavano già le calze e sfoggiavano bei tagli moderni.
Aveva avuto grande difficoltà a convincere la madre a permetterle di tagliarsi le trecce, ma finalmente aveva ottenuto l'agognato permesso.
Il parrucchiere, che faceva i morbidi chignon alla sua mamma, si trovava al centro della piccola città di provincia.
Avrebbe potuto recarcisi anche da sola e sentirsi così più libera, ma la mamma riteneva indispensabile accompagnarla. Non stava bene andare da sola.
Di malavoglia era dovuta andare con lei, ma pensandoci bene, forse il parrucchiere l'avrebbe tenuta maggiormente in considerazione, sapendo che era appunto la figlia di sua madre.
Per dire addio alle trecce, aveva scelto un taglio non troppo corto. Capelli sulle spalle, lisci, con le punte ripiegate in dentro, compresa la frangia spostata da un lato. Ciò che le piaceva di più era una specie di boccolo orizzontale che i capelli facevano in fondo e che attenuavano la severità di quell'acconciatura che scendeva lungo il viso molto composta e in definitiva piuttosto seria.
Pian pianino si era trasformata in una bella ed elegante signorina e i corteggiatori non mancarono di certo.
C'era sempre, però, qualcosa che la tratteneva dal lasciarsi andare come le sue amiche un pochino più vivaci di lei.
Non stava bene dare troppa confidenza all'altro sesso e la sua era un famiglia che sottolineava e viveva questi seri principi profondamente oltre quelli del bon ton.
E il lavaggio del cervello di Suor Annunziata dove lo volevamo mettere?

Andrea intanto le aveva accorciato i capelli di molto ed in modo irregolare, moderno e molto stiloso.
Piccole ciocche più chiare le illuminavano il viso. Sembrava un'altra.
Tirò un sospiro profondo e cercò di darsi un tono.
Sì, da quel momento non avrebbe più permesso che quanto accaduto potesse leggersi sul suo viso e sul suo operato.
Buttò lì qualche battuta e uscì all'aperto più libera e serena.




🌺

Era importante mantenere quel piccolo impegno in ufficio, perché adesso era davvero convinta che una donna avrebbe dovuto essere sempre indipendente intellettualmente e finanziariamente.
Fare solo la moglie e la mamma a tempo pieno, come le avevano inculcato da giovane, non era poi un'idea cosi brillante.

Anirema lo aveva sperimentato personalmente.
Infatti mettersi in secondo piano, in definitiva rinunciare a tutto, era troppo limitante e molto pesante da sostenere a lungo.
Per questo, cresciuti i figli, aveva cercato di ritrovare un piccolo spazio lavorativo che conducesse i pensieri e le esperienze in mondi diversi.
Ora però era un po' stanca e non vedeva l'ora di ritornarsene a casa.

Forse era colpa del tempo che rendeva tutto così grigio ed anche un pochino inquietante. In giornate come quella non poteva fare a meno di riandare con il pensiero alle sue lunghe estati sulla spiaggia a scherzare con gli amici.
Lì aveva persi di vista quasi tutti da tanto tempo.
C'era stato più di uno che l'aveva corteggiata e più di uno era stato oggetto del suo interessamento alla ricerca di qualche cosa che la stimolasse, ma infine aveva catturato il più bello e il più interessante della comitiva tra l'invidia di molte sue amiche.
Forse un campanellino d'allarme avrebbe dovuto risuonarle nel cervello già da subito, ma l'amore si sa acceca.
Comunque la sua vita era stata bella, piena e nel complesso appagante sotto tutti gli aspetti.
In fondo lei ce l'aveva messa tutta perché ogni cosa scorresse liscia.  A volte le era venuto qualche dubbio che la realtà fosse proprio così e che forse era lei che non volesse vedere.

Qualche scappatella forse c'era stata.
Non ne era certa, anche se a tratti il dubbio le era venuto, dubbio immediatamente fugato dalle tante cose che aveva da fare e dal fatto che tutto nella sua vita diventava immediatamente incerto passato.
L'ultimo fatto però era stato davvero troppo grande ed emotivamente impegnativo per poterlo ignorare.
Venire a scoprire alla sua età di essere stata troppo troppo ingenua o troppo buona era stato un colpo al cuore.
Non era rimasta completamente a terra solo perché c'era la famiglia di cui occuparsi. Era necessario che almeno lei cercasse di tenerla al sicuro, coesa, di tenerla in piedi all'interno e di preservarne l'immagine all'esterno.




🌺

La telefonata la colse di sorpresa, talmente era persa nelle sue considerazioni.
Spense la macchina e si affrettò a rispondere.
Non fece in tempo, tuttavia, perché come al solito il cellulare era scivolato sul pavimento con la frenata brusca che aveva fatto al semaforo poco prima di arrivare a casa.

Recuperò tutto quello che doveva portare dentro e si avviò, mentre sbirciava chi era che aveva telefonato.
Come aveva immaginato, era la sua compagna di “orsoline”, con la quale si era ritrovata solo da pochi anni.
Sorrise ripensando a quel lontano periodo della loro vita, tutto regole, musica e bon ton.

Anche se di solito era piuttosto pesante ascoltare la sua amica, decise di richiamarla subito.
Ora capiva meglio di quanto non avesse fatto all'inizio come ci si potesse sentire male quando la persona che dovrebbe essere il tuo sostegno, il tuo tutto, vive la sua vita al di là della tua esistenza.
Una stretta al cuore la riportò per un attimo al suo dolore, che era sempre lì nascosto nel profondo, anche quando sembrava essersene allontanato.
Cercò di non farsi riprendere dai suoi pensieri, tanto non c'era altro da fare.
Tutto quello che doveva essere fatto era stato fatto.

Compose il numero.
“Pronto.”
In un secondo si ritrovò immersa in altre problematiche, la solitudine profonda di chi per anni aveva nascosto sotto una mole di lavoro i piccoli screzi e le piccole tristezze. Ora arrivata all’età matura, tutto emergeva con violenza.
È un fatto che la vita prende un percorso che non sempre si sceglie.
Si sa.
I figli non realizzano sempre quello che tu pensi sia giusto ed opportuno e mai si dovrebbe fare affidamento su questi progetti campati in aria.
Così ti ritrovi nella situazione in cui il marito è un perfetto estraneo al quale non piace niente di quello che fai, i figli non vogliono accasarsi e quindi resti senza i nipotini che cominci ad invidiare a tutte quelle donne che invece ne hanno più di uno e non ne possono più di dover sacrificare loro la propria libertà, la salute comincia a fare i capricci e tu prendi atto di essere in piena crisi esistenziale.
La vita ora sembra sbeffeggiarti e ridersela di tutti e di tutto.

Mentre ascoltava il solito sfogo dell'amica, Anirema si trovò a pensare che nessuno in questa vita sembrerebbe realizzare la sua situazione ideale.
C'è sempre qualcosa che non va e qualche sofferenza.
Molte cose non si possono certo evitare, malattie e morte vivono di vita propria, ma possibile che non si riesca a trovare un equilibrio personale che ti faccia vivere una vita semplice, ma serena?

Eppure anche nel loro caso, la formazione che avevano ricevuto, i precetti dei genitori e delle orsoline, un discreto benessere economico, erano stati insufficienti a far vivere loro una equilibrata serenità.
Per quel che la riguardava, dall'esterno, la sua vita appariva piena e interessante. Solo lei sapeva, però, quanto era stata pesante e quanto aveva dovuto lottare e stringere i denti.
E questo ultimo periodo della sua vita, poi, era il più doloroso di tutti.




🌺

“Nonna… nonna… Mi racconti la fiaba della fatina della sabbia? Dai, mi piace tanto… dai! Dai, nonnaaa! Dai!”.
Paperina correva da tutte le parti, piena di energia, e non demordeva dalla sua pressante richiesta.
Anirema cercò di blandirla, mentre preparava la frutta per la merenda.
“Prima fammi finire di tagliare la mela e fare il frullato, poi te la racconterò. Va bene?”.
“Fatina?! Non la voglio la sua fatina, è troppo piccola! Voglio la fiaba... quella dell'ippogrifo! Voglio volare con Umbertino! Lui sì che è coraggioso! Voglio andare nello spazio! Voglio…”.
“Nonna, nonna… la fatina, la fatina… tutti quei pesciolini e quei dolcetti sui piccoli vassoi… daiii!”.
Anirema cercò di mantenere la calma.
Meccanicamente prese un pezzetto di banana e lo infilò al volo nelle bocche spalancate a reclamare ancora una volta, guarda caso, fiabe diverse.
Aveva la sensazione netta che quella situazione l'avesse già vissuta.

E in effetti l'aveva vissuta tanto tempo prima più di una volta, quando erano piccoli i suoi ragazzi e lei era una giovane mamma piena di energia.
In quel periodo Anirema era tutta presa dalla famiglia.
Aveva fatto quella scelta con cognizione di causa, rinunciando persino al suo lavoro fuori casa.
Lo voleva perché desiderava educare i suoi figli con il meglio e tanto amore.
E, diciamo la verità, ci era perfettamente riuscita.
Ogni tanto le veniva in mente una frase in latino, due o tre versi di una poesia o una canzone più o meno raffinata.
Allora cercava di passarla ai suoi piccoli per soddisfare il grande desiderio di dare loro il più possibile, proprio tutto quello che lei poteva e sapeva.
Aveva letto da qualche parte che se avesse abituato i bambini fin da piccoli all'ascolto della musica, questi da grandi l'avrebbero amata.
Nello stesso modo abituarli all'ascolto di lingue straniere sarebbe stato un enorme vantaggio, così mentre imboccava la prima figlia le cantava “Fly me to the moon and let me sing…” e via via declamava “Addio monti sorgenti dall'acque ed elevati al cielo, cime…” oppure si spingeva ancora più in là con un favoletta in latino “Vulpes alta in vinea uvam appetebat”.
A ripensarci adesso, era giunta alla conclusione che doveva essere vero questo fatto e, anche per questo, andava ancora avanti con lo stesso metodo adesso con i nipotini. Si era accorta che un paio dei suoi figli erano proprio stonati, eppure amavano la musica e avrebbero addirittura voluto cantare!

Fly me to the moon… che belle parole, che bella melodia!
Lei era volata davvero sulla luna e aveva volato a mezz'aria a lungo, finché non aveva scoperto l'arcano.
Non poteva ripensare a quel momento senza una fitta al cuore.
Il dolore che aveva provato per la fortissima delusione era stato immenso.
Forse nemmeno quello che era accaduto poi in tempi recenti  le aveva fatto così male.
Aveva rischiato di soccombere.
Tuttavia niente era tanto importante quanto la famiglia, che doveva essere tenuta unita ad ogni costo, anche annullando se stessa.
E così lei aveva fatto.
In fondo era stata una scappatella.
Era lei la moglie, il centro di ogni cosa.
E tanto doveva bastare… e bastava! 




🌺

Sabato a pranzo, ma avrebbe potuto essere anche una domenica.
Eccoli tutti al ristorante.
Questi due giorni erano d'abitudine destinati all'incontro e al riposo.
Madri, padri, nonni… e bambini a iosa, tutti attivi e pienissimi di energia.
Ad Anirema piacevano molto quei momenti perché, non dovendo allestire il pranzo, aveva tanto tempo per occuparsi di loro.

Con la scusa che c'era lei, le madri cercavano come al solito di defilarsi, ma in fondo lei era contenta di farle riposare un po' e di occuparsi di quei meravigliosi bambini che la facevano ridere, sorridere e la tenevano allegra.
Non pensava mai che anche lei avrebbe dovuto riposarsi, che le energie fisiche non erano più quelle di un tempo e che cominciava spesso a sentirsi stanca, correndo tutto il giorno come se avesse vent'anni.

Del resto con i grandi la conversazione era piuttosto noiosa.
Con suo marito si ritrovava solo quando si occupavamo insieme dei nipotini e tanti altri voli di Pindaro non c'erano.
Figli, generi e nuore era bene che si sentissero liberi di conversare su argomenti più attinenti alla loro età e poi era l'occasione per stringere legami importanti e profondi, perché una vera famiglia doveva essere cosi.
Non le restava che il senso di serenità e di giovinezza che la invadeva quando stava con i piccoli e, anche se a volte si sentiva davvero provata, preferiva di gran lunga relazionarsi con loro piuttosto che perdersi in noiose dissertazioni adulte, che sembravano non appartenerle più, semmai le fossero qualche volta appartenute.

I bambini più grandi si intrattenevano da soli.
Ovviamente facevano giochi di movimento e qualche volta bisognava richiamarli, altre volte bisticciavano ed era necessario intervenire per sedare risse e pianti, comunque nel complesso erano autonomi e felici di stare insieme.
Erano evidenti dai loro comportamenti gelosie e conflitti relazionali, ma Anirema era convinta che stando insieme si sarebbero risolti da soli.
Quelli più piccolini le gironzolavano intorno, più spesso le stavano attaccati addosso con continue richieste.
Anche in quel momento il piccolino ciondolava annoiato.
Così lo prese sulle ginocchia e cercò di rabbonirlo facendolo saltare al ritmo del solito “Hop hop, cavalluccio”.

Hop, hop, cavalluccio caro,
So che non vuoi il cibo amaro.
Ti darò fieno e lo zucchero a velo,
se mi conduci sotto quel pero.

Hop, hop, mio bel destriero.
Ti donerò il mio sombrero,
un lecca-lecca all'amarena
se partirai con grande lena.

Hop, hop mio cavalluccio,
Scorri sul prato come un luccio.
Non pesciolini ma farfalline,
voleranno a te vicine.
Hop hop, cavalluccio caro,
So che non vuoi il cibo amaro.
Latte e biscotti ho in serbo per te
potrai mangiare come un re.

Hop hop, amico mio,
Presto, portami dallo zio.
Ha pappa buona con la cannella
Che ci porterà su quella stella.

Dai, cavalluccio, ho tanto sonno,
Son tante ore che non dormo.
Sulla stella lucente possiam riposare
E mille avventure… an-co-ra… so-gna-re…

Mentre cantilenava la filastrocca, anche gli altri bimbi le si erano fatti intorno.



🌺

Era incredibile il potere rilassante di quelle filastrocche.
Certamente per il bambino, ma molto di più per lei.
In quel momento ogni fastidio, ogni malessere, ogni cattivo pensiero sparivano nel nulla. Era come raggiungere un limbo dove pensieri ed emozioni si mettevano gradualmente in un equilibrio perfetto.
Anche il calore di quel corpicino, che stringeva tra le braccia, finiva con il fondersi con il suo.
Strano a dirsi, ma era come assumere una medicina, altro che i fiori di Bach di cui tutti parlavano.
In fondo doveva essere lo stesso effetto che faceva il gattino o il cagnolino a quelle persone che non se ne separavano mai, non per niente ne avevano fatto una vera e propria terapia.
Forse questo connubio sarebbe dovuto avvenire principalmente con il proprio compagno e viceversa. Questo contatto continuo forse le mancava? In effetti era tanto, troppo tempo che tutto questo per lei era scomparso.
Quanta acqua sotto i ponti era passata da allora!
I primi tempi di matrimonio, entrambi belli come il sole, avevano avuto un grande scambio di energie.
E infatti erano nati ben quattro figli, che avevano invaso come un tornado ogni angolo della casa, tutto il tempo a disposizione, la vita stessa, soprattutto la sua.
Fare la madre, e farla con l'educazione ricevuta dalle orsoline, era stata cosa davvero molto molto impegnativa.
Erano stati, quelli, anni così pieni che i contatti tra lei e lui nella vita di tutti i giorni avevano finito nel realizzarsi giocoforza attraverso i bambini, che erano prepotentemente esuberanti nelle loro richieste di attenzioni.
Non ricordava nemmeno più quando tutto questo si era fatto così importante nella loro vita, ma non poteva dimenticare il momento in cui, Alice nel paese delle meraviglie, era ritornata alla realtà e aveva avuto chiaro sentore che c'era stata una scappatella, forse due, forse tre, forse…
Il suo cuore si era pietrificato, ma pazienza.
C'era la famiglia da salvaguardare, per cui era importante tenere duro e andare avanti.
Strinse più forte il suo piccolino e lo baciò sulla fronte, poi buttò dietro le spalle ogni sgradevole pensiero e ricominciò a farlo saltare sulle ginocchia.
Hop hop, cavalluccio… 



🌺

Che giornata convulsa era stata quella!

Anirema sospirò sfinita mentre si spogliava e per una volta tanto buttava i suoi indumenti alla rinfusa sul tappeto.
Si infilò meccanicamente nella doccia e cominciò ad armeggiare alla ricerca di un sapone leggero, con pH neutro.
In quel periodo aveva la pelle facilmente irritabile e non poteva permettersi di usare il solito bagnoschiuma dal profumo irresistibile, ma unicamente quello acquistato in farmacia che riusciva a rimetterla in sesto quando necessario.
Sapeva di avere le difese organiche molto basse, vuoi per l'eccessivo impegno che metteva in tutti i mille campi in cui si adoperava ogni giorno, vuoi per i problemi troppo grandi anche per lei, che aveva dovuto affrontare in un periodo ancora non tanto lontano.
Si stava riprendendo, ma questa volta era stata davvero troppo troppo impegnativa per tutti.

L'indomani mattina, appena alzata, avrebbe dovuto preparare la minestra di verdura per tutta la famiglia.
Un piatto così semplice le richiedeva invece un grande lavoro.
Avete mai provato a sminuzzare una cassetta di verdure varie?
Alla fiera annuale aveva comprato anche un attrezzino per trasformare patate zucchine eccetera eccetera in mille dadini regolari, una specie di scatolina verde molto graziosa e accattivante. La verità? Ci metteva più tempo che a tagliarle a mano con un semplice coltello. Così l’aveva riposta dentro un mobiletto della cucina, in fondo a tutto e continuava con il tagliere e il suo fedele coltello.
Bene, si sarebbe alzata una mezzoretta prima e in qualche modo avrebbe fatto tutto quello che c'era da fare prima di uscire.
Sospirò. In quei giorni rimaneva spesso senza fiato. Sembrava che l'ossigeno a sua disposizione non fosse mai abbastanza.

Certo, lui era stato ed era proprio un bell'uomo, ma in fondo anche lei non era stata affatto male. Aveva avuto tanti corteggiatori e di buona famiglia, come ci si teneva a dire quando lei era nel pieno della gioventù e si era appena laureata.
Anche adesso, quando si metteva in grande spolvero, non era poi da buttare via.
Più ci pensava e ci ripensava sopra, più non riusciva proprio a capire come poteva essere accaduto.
Era che le donne non riescono del tutto a comprendere il modo di ragionare degli uomini e, forse, anche gli uomini vivevano in un pianeta tutto loro e non capivano granché del mondo delle donne.
Era stato come cadere in un baratro, in un pozzo nero da cui era impossibile risalire.  E non lo era stato solo per lei, la più diretta interessata. Aveva coinvolto tutti gli adulti della famiglia, nessuno escluso.
Lei se ne era resa conto immediatamente, con una fitta al cuore.
Il senso di grave pericolo che avvertiva intorno a sè, le aveva fatto accantonare il suo enorme sbigottimento, il dolore profondo che ne era seguito, per correre a rimettere in equilibrio il suo sistema familiare, che questa volta era stato lì lì per implodere.

 

🌺

La lettera era arrivata con la posta del venerdì.
Che fine settimana era stato quello!
Anirema sentì il cuore sobbalzare e come al solito ebbe un crampo allo stomaco.
Fece un respiro profondo e cercò di ritornare alla calma. Quella vera ormai l'aveva persa per sempre, ma doveva almeno cercare di riportare ad un ritmo più regolare il cuore che in quei momenti sembrava impazzire.

“Ridi, ridi… ma perché non vai a farti un giro a… in via…? Forse è ora che tu lo sappia…”.
Era rimasta con quel pezzo di carta in mano instupidita.
Cosa voleva comunicare? Di che parlava? A cosa si riferiva?
Certamente il messaggio non era rivolto a lei, anche se nome e indirizzo erano proprio i suoi.
In una frazione di secondo rivisse la scena per la centesima volta.

Quel venerdì, a quell'ora, in casa non c'era nessuno.
Si era seduta al tavolo di cucina con quel pezzo di carta in mano e aveva letto e riletto più volte il messaggio.
Il breve testo era del tutto incomprensibile per lei, irridente, sibillino e al tempo stesso aggressivo e minaccioso.
Presa com'era dalla sua vita così piena nel cercare di essere una buona moglie e una buona madre, come avrebbe potuto comprendere?
Lei era completamente ignara, lontana anche solo dall'immaginare qualcosa del genere.
Certo era grave che non si fosse accorta proprio di nulla.
A ripensarci ora qualche indizio era trapelato nel tempo, ma non così chiaro da metterla in allarme.
Con il senno di poi e mettendo gli avvenimenti bene in fila, sarebbe potuta arrivare almeno ad avere un qualche legjttimo sospetto.
Tuttavia, la sua limpidezza di animo e di mente la portavano a percepire la realtà in modo semplice, così come si presentava.
Era forse un po' credulona? No, era solo molto onesta e giudicava tutto partendo da se stessa.

Poi di botto aveva capito.
Qualcosa di orribile si  era fatto strada nella sua mente.     




🌺

No, non poteva ripensarci!
Le faceva troppo male.
Lei c'era andata poi a farsi un giro a… in via… e quello che aveva trovato l'aveva lasciata come di pietra, statua cristallizzata di sale, novella moglie di Lot.

Quel momento era stato semplicemente straziante, terribile, mortale.
Infatti era conscia che qualcosa era morto per sempre dentro di lei.
In una frazione di secondo aveva compreso che nulla sarebbe più stato lo stesso da lì in poi.
Il suo mondo si era sbriciolato sotto la morbidezza di una donna bionda e due bambini vagamente familiari.
Sì, suo marito, il perno di tutta la sua vita, il centro di tutto, aveva un'altra donna, un'altra moglie, un'altra famiglia!
Come aveva fatto a non accorgersi di niente? Come avrebbe fatto ad andare avanti? Come avrebbe potuto proteggere i suoi figli? Come la sua famiglia per la quale si era immolata?
Ritornò a casa sconvolta.
Doveva riflettere.
Doveva riflettere molto bene prima di fare o dire qualsiasi cosa.

Per molti giorni Anirema visse come un automa.
Si lavò poco e si lasciò andare.
Fece lo stretto indispensabile e cercò in qualche modo di mascherare il suo tormento interiore.
Intanto pensava e pensava e si arrovellava su come uscire da quella situazione.
Fare uno scandalo? Andarsene via, lontano lontano, e mollare tutto e tutti? Travolgere tutto quello che aveva costruito fin lì? Distruggere anche la vita dei suoi amatissimi figli? Questo proprio no e poi no!!!  La famiglia era fondamentale, importantissima.  Doveva essere salvata ad ogni costo.
Doveva riflettere ancora. Stringere i denti e andare avanti.
La vendetta era un piatto che doveva essere gustato freddo.

Intorno a lei tutto continuava a scorrere come al solito e nessuno si accorgeva di niente.
Lui imperterrito e serafico sempre in giacca e cravatta, i figli intorno “mi fai questo” e “mi serve quest'altro".
Lei sempre trafelata a gestire la situazione, al di là del vuoto e del senso di irrealtà che sentiva dentro.     




🌺

Dopo parecchi giorni di istupidimento e di pensieri roventi che non giungevano mai ad una conclusione, Anirema raggiunse un nuovo stato di equilibrio.
Era tempo di fare una riunione di famiglia e di chiarire quella situazione kafkiana. Infatti, poiché ormai tutti, in ogni caso molti, potevano sapere di quel circo familiare, era ovvio che fosse opportuno renderne edotte tutte le persone in esso coinvolte, prima che magari lo sapessero dall'esterno.

C'erano equilibri delicatissimi da sostenere e molti interessi economici in ballo che dovevano essere salvaguardati.
La famiglia veniva prima di tutto.
Era da quando frequentava le orsoline che era fermamente convinta di questo e la sua visione generale del mondo poi aveva fatto il resto.

L'amore… già l'amore.
Questo ormai era un cristallo incrinato.
Sarebbe stato difficile accantonarlo come una scarpa vecchia, ma era anche impossibile che tornasse a brillare come niente fosse accaduto.
Pazienza!
Lei era forte e avrebbe saputo tenerlo a bada in qualche modo.

La delusione, il dolore…
Bene, quelli sarebbero stati sempre lì in agguato, ma non avrebbe permesso loro che rovinassero la vita dei suoi figli e dei nipoti.

Tutto sarebbe continuato come prima, dopo avere eliminato per sempre - ma per sempre veramente! – quella insipida donna bionda e quei due ragazzini, che erano completamente fuori dalle regole, dal diritto e dalla morale.
Nessun ulteriore contatto poteva essere tollerato. Nessuno proprio, neppure fugace.
In caso contrario ci sarebbe stato lo scandalo, la divisione dei patrimoni, la fine di tutte le relazioni in cui erano vissuti fino a quel momento.

Lei era disposta al sacrificio per la famiglia.
Avrebbe perdonato il gravissimo adulterio, il tradimento cocente che non aveva mai messo in conto e che l'aveva lasciata letteralmente al tappeto, ma lui doveva accettare le sue condizioni nei dettagli.




🌺

Erano seguiti giorni molto agitati e confusi.
Qualche blando litigio, qualche lacrima, qualche doloroso silenzio, un caos di emozioni, sentimenti e risentimenti.

Alla fine Anirema l'ebbe vinta su tutta la linea.
Interessi economici, convinzioni morali e moralistiche, il politicamente corretto, ebbero la meglio.
Lui accettò le sue condizioni, gli altri si adeguarono e tutto rimase com'era davanti all'opinione pubblica.
La famiglia era salva.

Anirema pensò che sarebbe stato educativo anche per i figli e il resto della tribù familiare.
Infatti, era indispensabile capire che, come le avevano insegnato le Orsoline, la famiglia era sacra e non si poteva rinnegare neanche quando qualche problema vi si abbatteva come un fulmine e lasciava tutti frastornati e insicuri.
Ancora una volta fu fiera della sua decisione, strinse i denti, si accinse a proseguire puntando tutto sul suo ruolo di madre e di nonna.

Paperina si proiettò nel salotto con una giravolta completa e rumorosa.
Per poco non buttò giù la lampada ad arco che troneggiava nell'angolo e che ondeggiò a lungo paurosamente.
La seguirono gli altri bambini più piccoli che tentavano di imitarla senza successo.
La confusione era al massimo, ma anche l'allegria e la voglia di vivere.

Questa era la famiglia, la famiglia con la effe maiuscola, la famiglia che richiedeva attenzioni, amore, sacrifici e che non poteva essere rovinata dallo sbaglio, se pur gravissimo, di uno dei suoi componenti.
Guarda caso, come accadeva il più delle volte era stato un uomo a sbagliare, ma ben si sapeva che era la donna ad avere il massimo compito di tenere unito quel primo nucleo alla base di ogni società.

E lei, Anirema, lo sapeva.

 



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F i n e








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