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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Racconto - La stazione










Ed eccola di nuovo pronta con la valigia in mano ad affrontare il viaggio di ritorno in treno.
Un breve percorso a piedi dall’albergo, breve per modo di dire, l'avrebbe condotta alla stazione sotto il sole di mezzogiorno.
Fino alla stazione sarebbe andata con suo marito.

Era qualche anno che non le capitava di usufruire di questo pur interessante mezzo di locomozione, anche se, a dire la verità, non le sembrava che fosse trascorso poi davvero molto tempo.
Si sa che la memoria a volte si diverte a confondere i nostri ricordi, legata com’è anche alle emozioni vissute.
Quest'ultime, infatti, giocano a confondere le cose che sarebbero semplicissime.
Quasi quasi si divertono a vederti confuso.

Lei aveva già affrontato il viaggio per arrivare a Roma alcuni giorni prima e già era rimasta veramente sorpresa di quello che la stazione ferroviaria era diventata.
Un tempo era adusa a recarsi spesso in quel luogo che era stato un punto nevralgico della sua vita per alcuni anni.
Tuttavia non aveva potuto fare a meno di pensare che forse l’immagine che ne aveva conservato fosse piuttosto datata.

All’arrivo il treno proveniente da Ancona aveva finito la sua corsa in mezzo ad una solitaria distesa di binari, in cui il sole la faceva da padrone come in un deserto.
Una fiumana di persone, riversatasi giù dai vagoni sul marciapiede appena appena schermato da un'improbabile pensilina, aveva preso a muoversi in avanti vociante e turbolenta, evidentemente determinata a raggiungere un punto conclusivo che sembrava conoscere bene.
I due, trascinando le loro valigie per fortuna non troppo pesanti, si erano avviati nella stessa direzione, cercando di non farsi travolgere da quella moltitudine nel complesso abbastanza disciplinata, ma cosi imprevedibile da costituire un problema.
C'era chi si fermava all'improvviso, chi cambiava direzione, chi superava relegandoti in un angolino, chi formava ad un tratto un capannello bloccandoti in malo modo e rischiando di farti  cadere.
Sul pavimento percorsi in gomma si evidenziavano adesso tutti ordinati, invitando a seguirli, mentre si cominciavano a vedere cartelli con frecce e suggerimenti e si capiva di essere finalmente entrati in una stazione.
La donna osservava alquanto sorpresa questo scenario moderno, un po' surreale, mentre cercava di schivare i blocchi che via via si andavano formando.
Di colpo era stata gettata nell'assurdo di un mondo fantastico immaginato da uno scrittore proiettato nel futuro.
Infatti, le tornavano alla mente delle pagine di Asimov che aveva letto tanto tempo prima, pagine di fantascienza che l'avevano molto intrigata e che le sembravano ora essere diventate realtà.

Erano già molti minuti che camminavano velocemente incolonnati verso l'uscita che ancora però neppure si vedeva.
Finalmente riconobbe gli edifici che ricordava costeggiassero il binario numero uno già esistente nel passato.
Pensò che, allora, l'uscita non dovesse essere più così lontana.





In realtà prima di arrivare in cima al binario numero uno c’era ancora molto da camminare, comunque in qualche modo, schivando la folla che si intensificava sempre più, giunsero nella vita frenetica e nel vociare senza regole delle varie aree della stazione che era necessario attraversare per guadagnare l’uscita all'aperto.

Fu all'altezza di dove un tempo c'era una sala d'aspetto che i pensieri della donna presero tutt'altra direzione.
Le immagini erano vivide e in grande movimento.
Sui  tapis roulant, che si spostavano ad una velocità pazzesca seppure costante e regolare, le macchine erano ferme e prigioniere nella situazione claustrofobica delle loro carrozzerie strette le une alle altre.
Gli autisti, che si apprestavano a raggiungere le loro mete, erano attentissimi ad individuare per tempo le uscite di destinazione.
Sulla pista che correva parallela a quella principale, una giovane donna in un'automobile grigia era attentissima al punto di scambio in cui si sarebbe immessa nel tapis roulant principale.
Era quello il momento più pericoloso in cui accadevano moltissimi incidenti, perché non era affatto semplice cogliere la velocità giusta indispensabile affinché il cambio di nastro mobile avvenisse senza rimbalzi, strani impennamenti, pericolosi cozzi.
Un buon addestramento rendeva questa operazione abbastanza sicura.
In fondo era solo quello il momento in cui si doveva realmente guidare la vettura, altrimenti gli spostamenti avvenivano in sicurezza e con una rapidità sorprendente, eccezionale, tale  da far girare la testa.
Bé, a volte accadeva che il serpentone in corsa si inceppasse per qualche imprevista ragione.
Allora si vedevano scene cruente, scene inimmaginabili di automobili che saltavano per aria come birilli per rotolare lontano e finire schiacciate in un groviglio di lamiere dalle forme spaventose seppure spettacolari.
Ad onor del vero va detto che questi incidenti non erano proprio molto molto frequenti, ma erano comunque l'incubo segreto di tutti gli automobilisti.

La donna, che si era persa nei suoi pensieri, tornò bruscamente alla realtà perché la sua valigia aveva urtato una barriera metallica posta a delimitare gli spazi per un migliore controllo.
Da un po' di tempo le misure di sicurezza nei luoghi pubblici e affollati erano diventate più minuziose e più numerose.
Suo marito la sollecitò  a fare maggiore attenzione, se non voleva rischiare di inciampare e farsi male.
La donna sorrise e strattonò la valigia rimettendola su un percorso più consono.





I due superarono il semaforo e quasi circumnavigarono la vastissima piazza, facendo attenzione al grande movimento di persone e mezzi che si muovevano in quel luogo nel caldo mezzogiorno di fine giugno.
Il giorno era ancora giovane e le energie ancora buone.

Malgrado il caldo, c’era davvero un gran movimento.
Mentre ingoiavano frotte di persone, gli imbocchi della metropolitana ne riversavano sulla piazza altre decine e decine, le quali cercavano di allontanarsi in fretta verso la loro meta per sfuggire al sole rovente.
Tante altre ancora si affrettavano intorno ai caffè e ai punti di ristoro, perché quella era anche l'ora del pranzo per i molti che lavoravano in zona.
Guide turistiche, con i loro ombrellini pieni di nastri svolazzanti,  si trascinavano dietro drappelli di visitatori della città eterna, schivando autobus e taxi, che schizzavano a tutta velocità sulle corsie preferenziali.

I due decisero di entrare in un bel bar-ristorante, che spiccava sugli altri per il look moderno e molto curato.
Offriva prodotti rigorosamente del territorio, dicevano, per promuovere le specialità della cucina italiana molto apprezzata nel mondo.
Avrebbero acquistato qualcosa per il pranzo, perché sul treno non sarebbe stato possibile mangiare.
Era davvero un bel vedere!
Chissà se sarebbe stato anche un bel mangiare?
Dopo aver dato una sbirciatina, la scelta cadde su della focaccia ligure che appariva davvero invitante.
E poi di nuovo in strada trascinando le loro valigie.
Per fortuna non erano molto pesanti.

Man mano che i due si avvicinavano alla stazione, la confusione se possibile aumentava.
Infatti, nei numerosi corridoi predisposti, ben allineati, decine e decine di autobus e taxi andavano e venivano in continuazione, scaricando folle di passeggeri.
Eccoli finalmente varcare l'entrata della stazione.
Almeno il sole ora non bruciava più sulla testa.
Finalmente!
Adesso tutto sarebbe stato più semplice.





Un formicaio in piena attività non sarebbe stato più movimentato.
L'andirivieni tipico di una stazione era in quel momento e in quel luogo portato al parossismo.
Prima uno spazio sconfinato in cui protagoniste erano le biglietterie automatiche, poi un altro destinato a negozi e rivendite e biglietterie assistite e bar, poi ancora un altro per avvicinarsi alla zona soggetta alle limitazioni per la sicurezza.
Insomma cammina e cammina, c’era sempre ancora tanto da pedalare.
Tutto questo in mezzo all'andirivieni di persone, valigie, carrelli, mezzi di servizio... e le voci e i richiami e i dlin dlon degli annunci che si succedevano l'un l'altro senza posa.

L’uomo guidava deciso il piccolissimo drappello.
C'era ancora tempo, ma era meglio avvantaggiarsi per evitare che poi si dovesse correre senza fiato all’ultimo momento.
Solo alcuni secondi per leggere da quale binario sarebbe partito il treno che lei doveva prendere, prima di proseguire quella corsa forzata.
Sì, era già sul display delle partenze… naturalmente ripartiva da quel binario alla fine del mondo al quale erano arrivati pochi giorni prima.

I due, memori del lungo percorso, si affrettarono verso il varco controllato per l'accesso ai treni, mostrarono i documenti di viaggio ed entrarono nell'ultima vasta area di quella infinita stazione.
Cominciarono a percorrere all'indietro il marciapiede lungo il primo binario.
Questa volta la situazione era completamente diversa.
Poche persone si muovevano intorno nell’afa dell'una.
Qualche operaio addetto alla raccolta dei rifiuti attendeva al suo lavoro, piuttosto lentamente, senza enfasi.
Qualche altro motteggiava con il collega mentre si davano il cambio.
Alcuni passeggeri si muovevano lungo il binario piuttosto sporadici e visibilmente accaldati.

Giunti oltre la stazione vera e propria, la situazione cominciò a diventare realmente surreale.
Le voci degli altoparlanti erano adesso attutite.
Il frastuono assordante si era dissolto quasi del tutto nello spazio aperto della grande distesa di binari in mezzo al deserto.
Mezzogiorno di fuoco… Sì, sembrava proprio di essere in un film!

I due raggiunsero il punto da cui il treno sarebbe partito.
C'erano due o tre panchine addossate ad un muro, che faceva qualche centimetro di ombra.
Una era occupata da una suora, che leggeva un librino forse di preghiere, e da un ragazzo con le cuffiette, perso nella sua musica.
L’altra ospitava un signore serio e compunto.
I due sedettero su quella rimasta libera e tirarono un respiro di sollievo.
Avevano ancora un quarto d'ora da attendere, ma almeno erano ormai giunti a destinazione.





La quiete afosa di quel luogo in quel momento era sconcertante.
Niente corrispondeva ad un cliché già vissuto, soprattutto non c’era quasi movimento e tutto era attutito in un attimo di vita sospesa.
Due ragazze transitarono lentamente davanti a loro lungo il binario e scomparvero dietro il muretto che lo costeggiava.
Poi fu la volta di un viaggiatore di commercio con la sua valigetta.
Insomma i passeggeri si stavano disponendo lungo il binario, in attesa del treno.

I due si erano appena ripresi dalla lunga camminata, quando si avvicinò una signora nigeriana, con i suoi due bambini che saltellavano da tutte le parti.
Gli abiti coloratissimi della donna portarono una nota di bellezza e di allegria, ma fu soprattutto il suo sorriso e la voglia di comunicare che avviò una vivace conversazione.
Abitava in Toscana e lì stava tornando, raccontò. Quello che più le stava a cuore comunicare, però, era la sua profonda religiosità che praticava attivamente nella chiesa ecumenica.
I bambini, che parlavano bene l’italiano, presero a raccontare vivacemente le loro esperienze a scuola.

I due si erano completamente rilassati, ma la donna non era tranquilla.
Guardava continuamente il display, tuttavia il treno in partenza tardava ad essere inserito.
Apostrofò il marito su questo fatto, però  lui tutto preso a conversare non dette troppa importanza alla cosa.
C'era tempo… forse il treno era in ritardo.

Ogni tanto si captava qualche annuncio incomprensibile che arrivava dalla stazione vera propria.
A brevi intervalli di tempo, alcune persone cominciarono a ripassare davanti a loro in senso contrario.
La suora, che era seduta sulla panchina e leggeva il suo librino, era scomparsa.
Il signore serio e compunto si era volatilizzato come pure il ragazzo con le cuffiette.
La donna guardò l'orologio. Era tardissimo.

Finalmente anche il marito si convinse che qualcosa non andava.
Abbastanza freneticamente i due ripresero il lungo percorso per tornare nella parte più viva della stazione dalla quale erano venuti.





Cosa era accaduto?
Il treno, che già era stato annunciato sul display in partenza dal binario nel deserto, era stato in quegli ultimi minuti dirottato su uno dei binari principali.
Ecco perché  ad un certo punto il viavai dei viaggiatori davanti alla loro panchina aveva invertito la rotta!
Naturalmente l’annuncio era andato perso e non poteva essere che così, visto che sulle panchine assolate in mezzo a quel niente non riusciva proprio a giungere, perché… non vi erano altoparlanti!
Infatti la comprensione degli avvisi si fermava molto prima, laddove tutto si animava, molto più avanti sulle piste di gomma in cui i viaggiatori si riversavano all'arrivo del treno, come l'aveva vissuto in una delle pagine appunto di Asimov.
Ora erano di nuovo proprio lì, anche se il turbinio intorno non c’era.
Solo caldo torrido e basta.

I due trascinavano in tutta fretta le loro valigie proprio su quelle corsie gommose e rigate, ancora incerti se esse facilitassero o meno la loro andatura.
Intanto si era fatto davvero tardi.
La donna suggerì al marito di separarsi e di recarsi di buon passo al suo binario, per evitare di perdere il treno anche lui.
Lei avrebbe proceduto più lentamente da sola e avrebbe visto come muoversi in quell'avventura da film.

Un sorriso le sorse spontaneo sul volto malgrado di tutto.
La situazione era abbastanza kafkiana, lei prigioniera di un sistema cui non poteva comunque sottrarsi.
Riguadagnò la testa dei binari, poi superò la barriera della sicurezza, continuando per quanto possibile in velocità, nella speranza di potersi organizzare per il prossimo treno.
Pensò che fosse più conveniente recarsi direttamente alle biglietterie senza perdere tempo a guardare i cartelloni degli orari.
Immaginava che ci fosse da fare la fila e forse anche cinque minuti potevano alla fine risultare utili.
Dette solo un’occhiata rapida e colse la partenza di due treni a disposizione.

Cammina cammina, trascina trascina, finalmente giunse in prossimità delle biglietterie che erano posizionate quasi all'entrata della stazione.
Ce n’era una quantità importante di quelle automatiche nei pressi delle quali si notava un frenetico movimento di persone, monete, rumori meccanici.
Non facevano al caso suo.
Si guardò ancora intorno per individuare la biglietteria classica, quella assistita.
Vide un gruppo molto numeroso, ma disordinato, muoversi in modo poco comprensibile ma sostanzialmente rimanendo abbastanza compatto.
Doveva essere lì.
Si avvicinò cercando di trovare un orientamento, ma il continuo spostarsi di uomini e cose non le rese facile comprendere cosa dovesse fare.
Non c’era una fila vera e propria, quindi…
Finalmente, coperto alla vista, scoprì che in fondo in fondo c’era un erogatore di numeri.
Questo congegno definiva l'ordine di entrata da un piccolo varco, dal quale ci si avvicinava alle biglietterie vere e proprie.
Si affrettò a prendere il suo bigliettino.

Chi spintonava, chi discuteva, chi raccontava le sue avventure, chi voleva fare il furbo… insomma tutto lo spettro dei comportamenti umani si stava attuando in diretta.
Si accorse che i numeri venivano chiamati da un display seminascosto sul fondo.
Bisognava cercarlo con cura per individuarlo.
Il suo colore era omogeneo nelle sue varie parti componenti e si confondeva con la parete di fondo.
Il bello, però, era il fatto che non aveva affatto voce.
Non era previsto il sonoro e quando i numerini cambiavano non si avvertiva neppure un piccolo rumore.
Bisognava utilizzare la vista e basta, ma… non udendo niente, si doveva stare con gli occhi fissi su quel display in continuo movimento.
Era davvero fastidioso.
La donna si accorse che non poteva assolutamente spostarsi dal punto vicino all’entrata, perché da più lontano non riusciva a leggere il numero chiamato e quello dello sportello cui fare capo.
Non poté fare a meno di sorridere un‘altra volta.
Era quella una scena di teatro, una farsa, altro che una realtà!
Per qualche momento si perse nelle sue fantasie, poi si obbligò a tornare a quel presente surreale.
Più ci pensava più trovava assurdo che si dovesse stare in piedi per tutto quel tempo, fermi in quel punto, con gli occhi fissi su quei foglietti elettronici in continuo movimento che ipnotizzavano, per evitare di non accorgersi di essere chiamati.
Le venne fatto pure di pensare che per qualcuno avrebbe potuto essere l'occasione scatenante di una crisi epilettica.
Tentò di scambiare anche qualche chiacchiera con chi le stava intorno, ma l'agitazione era tanta e tale che si poteva tagliare con il coltello.
Dunque si obbligò a stare con gli occhi fissi su quegli stregati foglietti elettronici, accorgendosi che malgrado tutto a volte le sfuggiva comunque qualche passaggio.





In quella ecco avvicinarlesi un signora tutta sconsolata, forse impaurita.
Era piuttosto anziana e chiaramente molto a disagio nella situazione in cui si era venuta a trovare.
Era palesemente dispiaciuta e in forte ansia.
Aveva superato tutto l’assembramento dei numerosi viaggiatori che attendevano il loro turno e chiedeva di scaricare in qualche modo quell'agitazione che l’aveva catturata.

La donna le rivolse la parola cercando di calmarla e scoprì che l’anziana signora non si dava pace di aver perso il suo treno… e in quale modo poi era potuto accadere!
E in realtà come era avvenuta la cosa?
La signora si era giudiziosamente posizionata sotto il giusto display ed aveva individuato il suo treno.
Diligentemente aveva tenuto gli occhi puntati sul punto in cui era comparsa la scritta… ma non si era accorta che, man mano che i treni partivano, tutto si rimescolava e la posizione dall’annuncio cambiava.
Così, mentre lei controllava senza leggerla la riga iniziale, il treno era partito senza di lei!
Ora c’era addirittura un taxi prenotato che l'attendeva alla stazione d'arrivo.
Che disastro!

La donna cercò di ristrutturare un po' tutta la situazione.
La rassicurò che avrebbe preso un altro treno, che poteva telefonare per avvisare del cambiamento d’orario, prenotare il taxi per il nuovo orario… insomma, che in fondo non era accaduto nulla di così drammatico e che si poteva rimediare.
Le consigliò di prendere il numerino e di attendere in santa pace di cambiare il biglietto.
Le raccontò poi che anche lei aveva perduto il treno, che capiva benissimo come si poteva sentire, ma che ora ci voleva pazienza e che tutto si poteva risolvere.
L'anziana signora non si dava per vinta.
Continuava a parlare per alleviare la tensione.
Infine le chiese di farla passare prima di lei, perché si sentiva proprio male.
La donna le spiegò che per lei si poteva anche fare, ma che non sapeva se dentro, senza numeretto, le avrebbero dato retta.
Poteva provare a chiederlo alla signorina nel gabbiotto delle informazioni lì accanto.

A questo punto il suo numerino scattò e la donna si affrettò a raggiungere l'interno della biglietteria.
Quello fu l'unico momento a misura d'uomo che la donna visse in tutta quell'avventura nella grande stazione.
L’impiegato fu gentile e nel complesso competente.
La temperatura era nuovamente adeguata e un senso di ritrovato benessere la pervase.
Si poteva di nuovo sorridere, scherzare ed ironizzare.
Non aveva ancora finito di ritirare il nuovo biglietto che l’addetta alle informazioni entrò in quel luogo di pace con fare misterioso.
Chiese concitatamente all'impiegato di lasciar passare e ascoltare un’anziana signora che si sentiva male, in preda alla stanchezza e forse ad una crisi di nervi.

La donna uscì dalla biglietteria riflettendo su quanto fosse davvero complicato destreggiarsi in una moderna e grande stazione, soprattutto per chi avesse qualche difficoltà in più magari anche per l'età.
Piena di rinnovata speranza, tuttavia, riprese la sua personale odissea ed in parallelo la sua riflessione.
Sì, viaggiare!
Che bello… ma anche che stress!
Impugnò dunque la maniglia del suo trolley e,  destreggiandosi nella folla con quell'ingombro al seguito, nel caldo troppo intenso, cominciò a riguadagnare spazio per riavvicinarsi al punto cruciale.
Superò l'area delle biglietterie, attraversò anche quella di sporadici negozi e agenzie, si portò al di là del movimentato complesso delle scale, le quali salivano e scendevano in una danza di ascensori che ingoiavano e rigurgitavano folle traboccanti, e giunse finalmente nell’area in cui c'era il grande display dei treni in partenza.
Si fermò a verificare.
C'era questa volta un po’ di tempo da aspettare.




Il treno era già sul display anche se il binario non era ancora indicato.
La donna pensò di togliersi da tutto quel frastuono e di raggiungere l'interno della stazione dove poteva accedere soltanto chi effettivamente stava per partire.
Così superò il controllo mostrando il biglietto e si accinse ad aspettare con calma la partenza del suo treno.
Cercò un display sul quale vedere da quale binario sarebbe avvenuta e fu lì che si accorse che in quello spazio della stazione non vi era né una sala d'aspetto né alcun display.
Ma guarda un po'!

Con santa pazienza riattraversò di nuovo lo sbarramento e si rituffò nel torrido caos.
Fu come essere schiaffeggiata.
Si sentiva così stanca, ma così stanca, da essere incapace persino di immaginare dove poter trovare una sedia per sedersi.
Si affrettò comunque  a porre questa domanda a del personale ferroviario che transitava in quel momento nei paraggi.
La risposta fu che lì non c’era più una sala d'aspetto, ma che ci si poteva recare al piano di sopra dove c'erano bar e ristoranti.
L'idea di ripercorrere tutto quello spazio affollato la scoraggiò del tutto, ma era meglio andare, perché in quel punto la frenesia era davvero al parossismo.

Raggiunse non senza qualche difficoltà il punto centrale da cui si accedeva agli altri piani.
Qui la gente andava su e giù senza interruzione, a volte apparentemente determinata in quello che stava facendo, più spesso meccanicamente ed estraniata dalla realtà.
Pochi si scambiavano qualche parola.
Si immise sul tapis roulant che saliva e, ben presto, un nuovo girone dantesco si spalancò ai suoi occhi.
Sì, c’era più luce e qui dominavano colori più chiari, ma l’affollamento, la concitazione, l'andare e venire, il perpetuo movimento non erano certo inferiori.
Sì, in certi punti era un pochino più fresco e si respirava meglio, ma non dappertutto!
Infatti scoprì che il frescolino era in prossimità dei bar e dei punti di ristoro, in cui i capannelli vocianti e in perenne movimento si concentravano.

No, non c’era alcuna sala d'aspetto, né una panchina o qualcosa di simile.
Per sedersi era necessario scegliere il tavolo di un bar al quale immediatamente si presentava una cameriera per l'ordinazione.
Quindi, anche se non avevi voglia di prendere alcunché, per sedere in attesa del treno si era obbligati a consumare qualcosa.
Si poteva anche dire che le ferrovie dello stato vendevano biglietti con l'attesa in piedi.
Non poté fare a meno di sorridere.

Sì, con i nuovi problemi di sicurezza questo spazio gestito capillarmente da privati poteva essere una risorsa e un deterrente.
Tuttavia, pur pagando, questi spazi senza fine creavano problemi non indifferenti.
Non c'erano display sulle partenze dei treni e nel frastuono gli annunci non sempre erano facilmente comprensibili.
La donna osservava perplessa, spostandosi con calma in più punti del girone del ristoro.
Pensò di raggiungere la toilette dove magari trovare un attimo di rilassamento.
Nemmeno per idea!
Anche nei bagni c'erano dei gate, dei cancelletti che si aprivano solo introducendo un euro.
Giustappunto un euro in moneta non lo aveva.
Quindi niente da fare.
Si sarebbe dovuta attivare da qualche parte, prendere un caffè o comprare qualcosa per farsi cambiare una banconota.
Non ne valeva proprio la pena.

Il pensiero inevitabilmente corse all’anziana signora che aveva perso il suo treno e che stava per avere una crisi di nervi.
La immaginò alla ricerca urgente di un bagno e all'impossibilità di accedervi dopo averlo raggiunto.
Ancora una volta le venne da ridere per l'assurdità della situazione.
Sembrava di essere in un film di Fantozzi.
Anzi peggio.
Questa realtà superava alla grande ogni immaginazione, per chi aveva vissuto le stazioni dei tempi in cui i viaggi di massa non si erano ancora palesati.

La donna decise che, a questo punto, era obbligata a ridiscendere nel girone sottostante, per evitare di non accorgersi della partenza dell'Intercity sul qual doveva salire.
Inoltre con quella valigia non poteva certo correre come una pazza e non mancava poi moltissimo all’orario previsto.
Si avviò con decisione e guadagnò destreggiandosi con qualche difficoltà tra la folla il tapis roulant che scendeva.
Ci mise un bel po' di tempo a raggiungere il display.
Finalmente!

Eccola per l'ennesima volta sotto l'enorme attrezzatura.
Si accorse che per leggere doveva rimanere in prossimità della struttura, nuovamente in piedi, attenta a non farsi derubare, in un caldo torrido da svenire.
Per fortuna, avvicinandosi alla vetrina di un negozio non troppo lontano, si accorse che l'aria condizionata che usciva dalla porta riusciva a climatizzare uno piccolo spazio lungo gli oggetti in mostra… altrimenti nessuno si sarebbe fermato a guardarli, le venne fatto di pensare!
Che fortuna!
Da quella distanza, riusciva anche a leggere il display!
Si posizionò con gratitudine in quel luogo amico e attese di sapere da quale binario sarebbe partita.
Intanto si riprometteva di raccontare quell'avventura che aveva vissuto in un giorno qualsiasi in una grande stazione e che aveva tutte le caratteristiche per essere inserita in un piacevole scritto.
Sorrise di nuovo fra sé e sé.

Ecco.
Il capostazione aveva fischiato la partenza dell'intercity per Ancona.
La donna seduta comodamente si godeva adesso il refrigerio della temperatura condizionata al punto giusto.
Non aveva fame, non aveva sete.
Apprezzava il silenzio e la calma che c'erano in quella carrozza.
Soltanto il cervello continuava a lavorare senza sosta.

In un mondo di anziani, continuava però a riflettere, tutto era a misura dei giovani svelti e pieni di energia.
La meravigliava, tuttavia, il fatto che anche costoro non sembrassero affatto ben connessi a queste sollecitazioni.
Parevano agire meccanicamente e irrimediabilmente, stanchi e disorientati da tanta frenesia che non lasciava spazio alla riflessione, alla scelta, al tempo interiore che andava ad un ritmo completamente diverso.
Dunque, quel mondo, pur indispensabilmente evoluto, per chi poteva  andare bene?
Non sapeva darsi una risposta.
Ci avrebbe pensato su.

Chiuse gli occhi e si lasciò cullare dal movimento ritmico del treno.





❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤    F i n e





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