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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
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Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Una fiaba per sognare - Alice e l'elefante rosa








(continua)



Nello zoo polveroso di una grande città,  si ritrovò,  pieno di  rabbia e di angoscia un grosso  elefante tutto rosa.
Barriva tutto il giorno sconsolato, muovendo le grosse orecchie vellutate su e giù, mentre la proboscide si sollevava verso il cielo come un punto  interrogativo.

La gabbia  era stretta e sporca, la pioggia sottile rendeva tutto grigio: dov’era il cielo azzurro e l’aria profumata che lo aveva rallegrato nelle sue corse pazze,  mentre avido di libertà, rincorreva le foglie più verdi ed appetitose che si profilavano in lontananza?
Un lacrimone grosso come una noce, scivolava lento sul suo muso rugoso ad ogni pie’ sospinto.

Passarono i giorni.
I guardiani avevano sistemato come meglio avevano potuto lo spazio a sua disposizione, nella speranza di alleviargli un pochino il dolore di essere stato strappato  alla  sua  terra  e, nel  contempo,  di invogliare gli sporadici visitatori a tornare a visitare lo zoo.

Infatti, se non si fosse trovata una soluzione, di lì a poco lo zoo sarebbe  stato chiuso ed essi sarebbero stati licenziati.
In quanto agli animali che fine avrebbero fatto? Ancora non era dato sapere.

L’arrivo di quello strano elefante,  davvero molto grazioso, che ispirava gioia e simpatia, forse avrebbe portato un soffio di novità
Il suo manto, più rosa che grigio – mai visto! – sembrava davvero di velluto!
Certamente i bambini lo avrebbero adorato… e di nuovo sarebbero stati venduti tanti biglietti!

Dispiaceva a tutti loro averlo dovuto allontanare dal branco, ma si sa, gli animali furono creati per essere al servizio dell’uomo: non è  forse vero che l’uomo è un carnivoro?
Guardiani, organizzatori,  bigliettai,  insomma, tutto il personale, si consolavano così e così  ribattevano al popolo delle manifestazioni che voleva riportare nel loro habitat quelle creature tenute in mostra e prigioniere!

Non c’era giorno senza che un cartello di protesta non fosse issato davanti al cancello principale o che un gruppetto di manifestanti non si mettesse a scandire il solito slogan:

Fuori i nobili animali!
Andate voi dentro la gabbia!
Condizioni di vita per loro normali!
Per voi solo la vostra rabbia!

Così nello zoo polveroso e decadente della grande città, la vita andava avanti: nessuno era contento, ma cosa ci si poteva fare?




Un giorno, durante una chiacchierata,  i bambini di una scuola di periferia manifestarono alla loro insegnante il desiderio di vedere qualche cosa di interessante,  oltre la polvere, le automobili, la sporcizia e i palazzoni del loro quartiere.

La maestra li ascoltava attenta e già pensava come portare una ventata di aria fresca nella sua classe, quando Danielino,  gli occhietti celesti e vivacissimi,  intervenne nella conversazione.

“Io sono proprio stufo di vivere in questo posto senza fiori, senza sorgenti, senza animali, insomma senza natura! Mi piacerebbe vedere una gallina dal vero, l’asinello di Pinocchio, magari anche un leone o un airone!"
Gli altri bambini convennero che sarebbe stato davvero molto interessante.

Intanto la maestra si era ricordata che nel suo rione c’era quello zoo polveroso e decadente... Non era un granché, ma qualche animale vivo c’era di sicuro!

Così acquistò ventisei biglietti, venticinque per i suoi alunni e uno per lei, ed organizzò la gita con pranzo al sacco.

La settimana successiva, era un mercoledì, la scolaresca si avviò tutta allegra verso lo zoo per vedere dal vivo alcuni animali.

C’era chi faceva il tifo per vedere le scimmiette, chi le giraffe, chi le caprette, chi desiderava ammirare un leone feroce e dell’ippopotamo udire la voce, magari incontrare anche un ciuchino e, perché no, osservare un tacchino!
Così si divertivano i bambini, a giocare di rime tutti felici.

Quindi, ridendo e scherzando, si ritrovarono in breve tempo davanti allo zoo polveroso e decadente,  ma la gioia di essere in gita faceva vedere agli alunni un mondo fantastico, tutto a colori.

Un guardiano vecchiotto e un po’ claudicante, li scortò di gabbia in gabbia,  di voliera in voliera, di  stagno in stagno, finché non raggiunsero i recinti degli elefanti.

Le scimmie che  saltavano  da  un  ramo  all’altro un po’ irrispettose, i  fenicotteri rosa  un  po’ impolverati,  la teca dei serpenti nella loro livrea un po‘ appannata, avevano attratto la curiosità dei piccoli scolari, che si erano più  volte incantati ad osservare lo strano modo di incedere e di muoversi di ogni specie.

Erano finalmente tutti concentrati sui grossi pachidermi,  quando apparve il grosso elefante rosa dal manto di velluto.
L’elefante sembrava lento e pesante.
Si avvicinò poi si fermò.
Un grosso lacrimone scivolò giù dai piccoli occhi.

L’allegro cicaleccio s’interruppe di colpo e ventisei paia di occhi si fissarono su di lui senza battere ciglio.
Ancora un grosso lacrimone si formò negli occhietti del grosso pachiderma,  quindi ancora una volta rotolò giù.

“Povera creatura, come sei malinconica!’” esclamò Danielino.
“Poverino, cosa ti è successo? Cosa vuoi comunicarci? Certo questo zoo è davvero brutto e povero!” commentarono tutti insieme i suoi compagni.

La visita allo zoo si concluse di lì a poco e la scolaresca fece il viaggio di ritorno con il magone per il pianto dell’elefante più bello che avessero potuto immaginare e per la situazione di quello zoo così povero e poco accogliente.

Il giorno dopo disegnarono e descrissero gli animali che avevano finalmente visto dal vivo, in carne ed ossa, ma non c’era gioia in loro.
Fecero tutto come fosse un’esercitazione e si sentivano vuoti e inutili.

“Facciamo un cerchio, maestra? Ho qualcosa di cui vorrei parlarvi.” propose Danielino.
I compagni, che non si facevano mai scappare l’occasione di fare una chiacchierata, risposero subito con vivacità all’invito e fu organizzato un Circle Time.

“Io sono triste per quello che abbiamo visto ieri.” iniziò Danielino “Vorrei fare qualcosa.”
I compagni convennero con lui che vedere quella specie di giardino che di giardino aveva ben poco,  quelle gabbie rugginose e le voliere disadorne e spopolate, era davvero triste.

Tutti erano convinti che si dovesse fare qualcosa, ma il difficile era decidere cosa potesse fare una sconlaresca composta di bambini di nove anni.

Tuttavia, piano piano, si chiarirono loro le idee e decisero come intervenire con i loro poveri mezzi.

Il progetto fu definito e suddiviso in parti realizzabili.  Furono assegnati i compiti a ciascuno e tutti partirono in quarta per la realizzazione.
La maestra li osservava felice per l’entusiasmo e l’impegno che i ragazzi dimostravano.

In breve, con la tecnica dello sbalzo su rame, un gruppo di alunni realizzò targhette da far fissare sulle gabbie o voliere.
Lo scopo era far conoscere al visitatore il nome della specie e fornire le informazioni principali sugli esemplari che andava osservando.

Un altro gruppo di ragazzi ricercò informazioni più approfondite su ogni specie: luogo di provenienza, abitudini e caratteristiche,  curiosità.
Quanto trovato fu scritto al computer, stampato su carta, plastificato e fatto collocare vicino alle targhette in rame.

Un bambino che aveva un papà  il quale lavorava in un vivaio, riuscì a procurare fiori, piante e manodopera per abbellire l'ambiente generale in cui venivano tenuti gli animali.

Altri ragazzi riuscirono a scovare parenti e amici che sostennero l’iniziativa, aiutando a ripulire, a verniciare le gabbie, a riparare intonaci e steccati.

Il progetto andava avanti a gonfie vele. Lo zoo non appariva più polveroso e decadente!
Infatti, la pubblicità che questi bambini avevano fatto al loro zoo, invogliò altre scolaresche ad organizzare una gita scolastica e, con il tamtam che ne seguì, molti ci si fecero accompagnare anche dai genitori la domenica.

Così, in breve tempo lo zoo si era trasformato!
Ora era sempre pieno di visitatori,  che i guardiani, in livree pulite e rimesse a posto, accoglievano con gentilezza.
Spesso erano gli stessi alunni-sponsor che facevano da guida.

Adesso tutto era vivace e colorato… ma il bellissimo grosso elefante rosa dal manto di velluto continuava inspiegabilmente a piangere enormi lacrimoni!
La nostra scolaresca non si dava pace. Dove avevano sbagliato?

Pensa e ripensa, un cerchio dopo l’altro, una considerazione ed un’osservazione dopo l’altra, si venne ad una conclusione.
Lo zoo andava bene per i bambini e per le persone, ma non andava bene per gli amici animali.
Questi sognavano cieli di cobalto, deserti di seta, brulle savane, banchi di ghiaccio e mille ambienti diversi da quello disponibile in una grande città occidentale.

Così cominciarono a raccogliere adesioni ad un nuovo progetto, quello di rimandare nei loro habitat di provenienza le specie esotiche.

Senza farla tanto lunga,  i nostri sensibili alunni riuscirono nel loro intento, muovendo l’opinione pubblica, con volantinaggio, interviste e tutto il baraccone che si mette in moto quando si fiuta una notizia interessante.

Il giorno in cui il bellissimo grosso elefante rosa iniziò il suo viaggio di ritorno, gli alunni, che erano venuti a salutarlo, si avvidero che il pachiderma aveva capito: non c’erano più lacrimoni nei suoi occhi e lo sguardo vivissimo, era puntato su ognuno di loro.

Ad uno ad uno li osservava con uno sguardo umano che li impressionò.  Sì, aveva capito le loro intenzioni e, attraverso l’acutezza del suo sguardo, sembrava ringraziarli e salutarli.

Per qualche tempo lo zoo rimase muto e senza vita, finché  accadde ancora qualcosa.
Infatti di lì a poco la scolaresca, che ora era in quinta,  aiutò a ripopolare il giardino in cui era stato lo zoo polveroso e decadente, giardino che adesso era rigoglioso, pieno di piante e di fiori.

Come? Avevano forse  cambiato idea  e avevano rimesso gli animali in gabbia?
Niente di tutto questo.
In realtà, vi furono gradatamente introdotti molti animali domestici, che i bambini di città non avevano mai potuto vedere prima dal vero, in pelo e piume!

Così ben presto, comparvero caprette, asinelli, mucche e vitellini, galline con i loro pulcini, tacchini, coniglietti, anatre e paperotti,  maialini e puledri, che scorrazzavano liberi, dentro e fuori dai rifugi, sui terreni tenuti a prato,  ovunque ci fosse dello spazio disponibile.
Essi si facevano accarezzare dai bimbi, anche piccolissimi,  che ridevano felici.

Dal canto loro, genitori ed insegnanti erano molto contenti di avere un laboratorio all’aperto in cui mostrare ai giovani degli esseri viventi che erano stati ed erano ancora indispensabili per la vita dell’uomo.

Oltre ad automobili,  case-dormitorio, enormi centri commerciali, ciminiere e fabbriche, al mondo c’era molto di più!

E così, l’ambizioso progetto di quella scuola di periferia aveva dimostrato che anche i bambini sono in grado di cambiare le cose, di essere utili a se stessi e agli altri, se trovano qualcuno disposto ad ascoltarli.

Inutile dire che la maestra era orgogliosa dei suoi scolari e che tutti loro nella vita riuscirono a trovare una strada da percorrere costruttiva e soddisfacente.

Grazie, grosso elefante rosa dal mantello di velluto!
Goditi il tuo bellissimo mondo in piena libertà!




(continua)


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