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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Una fiaba per sognare - Il regno del pavone









Il castello si ergeva imponente e maestoso su un piccolo rilievo.
Non svettava sull’intricata foresta.
Infatti la vegetazione, che cresceva selvaggia e minacciosa intorno alla foresta, si sviluppava con un tale vigore e una tale potenza da nasconderlo completamente alla vista dei rari viandanti.

Nel castello così ben protetto viveva una principessina, certamente graziosa e elegante,  ma così esile e delicata da apparire un’eterea visione, quando volava sui graziosi piedini per le mille stanze del vasto importante edificio.

Le lunghe treccine bionde, sottili e senza spessore come lei, si arrotolavano simmetricamente in forma di michette ai lati della sua testolina.
C’era già una ben definita regalità nel modo in cui la principessina la teneva eretta, mentre i nastri ed i pizzi che sostenevano insieme le due michette dorate, si muovevano ondeggiando, illuminando due occhi azzurri come il mare.

Tutti i giorni, dopo aver volato da un stanza all’altra sbirciando da una all’altra finestra dell’imponente e maestoso castello, l’eterea principessina usciva nel prato ben curato che circondava l’edificio come un tappeto di smeraldo.

Strano a comprendersi, sul prato all’inglese morbido e rassicurante, splendeva sempre il sole, anche se sul castello la pioggia scendeva più o meno tranquilla e sulla foresta si scatenavano terribili tempeste.

La principessina, che in fondo era una semplice bambina curiosa, si arrovellava per comprendere quello strano fenomeno, ma inevitabilmente senza risultato.
Chiedere a sua madre, la regina, o a suo padre, il re, era cosa neppure pensabile.
I due erano sempre troppo occupati con paggi, cavalieri, ospiti e congiure.
Domandare alla governante, con cui lei viveva per la maggior parte del tempo, era per contro del tutto inutile, perché oltre a vestirla e ad arrotolarle le michette sulla testa, Dorotea si nascondeva continuamente dietro i non so e i non sono autorizzata.

Così  la vita nel castello procedeva senza scossoni, seguendo una routine molto noiosa e niente affatto regale.

Una cosa era certa: la vita nel prato era di gran lunga più interessante di quella all’interno dell’imponente castello.
Così  la principessina vi passava la maggior parte del tempo, cercando di trovare qualche cosa di cui occuparsi.
Essendo completamente sola, poteva fare tutto quello che voleva, tanto nessuno se ne sarebbe mai accorto.

Eccola, dunque, fare giravolte finché  il fiato la sosteneva oppure camminare e danzare scalza per ore al ritmo di una musica che sentiva solo lei.
A volte si sedeva sull’erba e ne contava i fili per un tempo infinito.
Altre ancora si raccontava delle storie fantastiche senza fine.

Intanto che gli anni passavano, la principessina diventava sempre più  impaziente di avere qualche spiegazione, di conoscere di più sulla sua vita e quella del castello.
Non voleva più stare da sola.
Desiderava qualcuno con cui giocare o dialogare.

Per molto tempo aveva sognato di avere una sorellina o anche un fratellino, ma la regina madre l’aveva sempre zittita,  mentre il re l’aveva guardata così male che non era sembrato opportuno continuare a fare domande.
Ora che era più grandicella e non trovava più divertente giocare scalza sull’erba, cominciava a fare altre riflessioni.
Sarebbe stata sola tutta la vita? Eppure la regina aveva il re e il re aveva la regina. E lei?
Esistevano in giro altri ragazzi e ragazze oltre lei?

Lei non ne aveva mai visti.
Non era mai uscita dal castello né mai qualcuno vi era entrato. Nessuno aveva neppure mai calpestato il bellissimo prato in cui aveva trascorso tutta la sua breve vita.
Aveva potuto sbirciare qualche cavaliere, qualche scudiero, qualche paggio, strani personaggi che arrivavano di quando in quando e facevano prima ad andarsene che ad entrare nella sala in cui il re riceveva.
Donne poi ne aveva viste davvero pochissime, anzi, proprio nessun’altra oltre la regina e Dorotea!
La solitudine era totale.

Sul prato all’inglese, luminoso e assolato, non c’erano fiori e tanto meno animali.
La principessina non se ne rendeva chiaramente conto, poiché,  non avendo avuto esperienze con realtà diverse, viveva quella come l’unica realtà possibile.
Avvertiva soltanto un grande vuoto, un senso di ansia, un che di attesa, che non sapeva spiegarsi.

Per distrarsi e non pensare continuava a fare giravolte sul prato, salti e saltelli quasi acrobatici, a perdersi nell’azzurro del cielo, quando sdraiata a pancia in su sull’erba morbida, dimenticava completamente dove fosse, come dimenticava Dorotea, il re e la regina, paggi e cavalieri.

Un giorno era tutta intenta, forse per la millesima volta, a girare ritmicamente su stessa.
Il gioco era diventato così meccanico che lei si era completamente persa nei suoi pensieri, meglio ancora, si era persa del tutto e più non percepiva la realtà.
Si trovò così, ancora una volta, ad atterrare sull’erba con le piccole esili mani.
Involontariamente girò la testa un pochino più del solito verso la tetra foresta sulla quale si abbattevano come al solito fulmini e saette.

Fu in quel momento che un bagliore lattiginoso colpì il suo sguardo.
Di colpo tornò presente a se stessa, mentre il cuore prese a batterle in gola come impazzito.

Nascosto in un piccolo incavo tra i rami intricati battuti dal vento, il barbaglio sembrava ammiccare.
Pareva quasi volerla chiamare, anche se in realtà non udiva voce alcuna e tutto era completamente immoto, a parte la solita tempesta che avveniva nella parte alta della foresta.
Senza neppure rialzarsi in piedi, si diresse carponi verso il punto in cui il barbaglio lattiginoso ancora si mostrava vivo.

Man mano che si avvicinava all’intrico di rami, cominciò a sentire un campanellino dentro di lei…
Riusciva quasi a vederlo concretamente quel campanellino che aveva preso a inondarla di suoni argentini, una melodia deliziosa, piena di promesse e di emozioni.



(continua)





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