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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Insieme - Creiamo una fiaba? 4














Anche se fino a questo momento pochi di voi si sono cimentati nel creare una fiaba insieme, io ci riprovo fiduciosa ancora una volta.

Dunque cominciamo a dare inizio ad un'altra bella fiaba, non solo per i nostri bambini, ma anche e soprattutto per noi!
Infatti, sono sempre più convinta che le fiabe, lungi dall'essere sciocche,  siano un toccasana per tutti e sappiano ben allenare i muscoli della mente e del cuore.





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C'era una volta...

C’era una volta un'altissima montagna.
Si ergeva brulla e rocciosa, in mezzo a un pianoro semidesertico.

I segni dell’uomo erano quasi invisibili.
Si limitavano a tracce di passi e transiti limitati nella parte più bassa, dove con un po’di attenzione si individuavano stretti sentieri polverosi che sembravano perdersi nel nulla.

Alle pendici della grande montagna, crescevano radi e disordinati dei modesti cespugli, una vegetazione arida e stentata che sopravviveva sotto uno spesso strato di polvere grigio-tortora.
Non era raro, infatti, che dalla severa cima irregolare, che puntava verso il cielo azzurro, si vedesse fuoriuscire più o meno titubante un pennacchio di fumo.
Spesso le colonne irregolari erano più d’una e portavano con sé una cenere finissima che si depositava ovunque per molti molti metri intorno.

All’interno dell’imponente montagna sonnecchiava forse un annoso vulcano, ma nessuno ci credeva in realtà, perché mai si ricordava di aver visto lava e lapilli scendere da lassù e rotolare a valle.
Tra paura, timore, rispetto, venerazione, stregoneria… pochi si avventuravano da quelle parti… e mai da soli!

Qualcosa di strano doveva pur esserci.
Infatti, di notte,  in mezzo agli stentati cespugli, si diceva ci fossero strani movimenti e qualche volta si sentiva russare qualcuno…
Oh, non era una semplice russare!
Il boato ruvido e irregolare era così forte che solo un mostro enorme avrebbe potuto produrlo!


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Chi mi aiuta a continuare?
Dai, buttatevi!
lo troverete divertente!





17 commenti:

  1. Gak era un pastore seminomade, apparentemente senza età tanto si era immedesimato con il paesaggio.
    In realtà non era troppo vecchio come sembrava.
    Aveva una moglie e due figli.
    Kiel, il maschio, era il più grande e Fiel, sua sorella, era una ragazzina di poco più giovane.
    Gak viveva con la sua famiglia non distante dall’altissima montagna, appena appena più in là, dove i pascoli ricominciavano.
    In quella zona, il terreno era tanto più ricco e rigoglioso.
    Per questo Gak aveva scelto di viverci, anche se il luogo era molto molto isolato, lontano da tutti.
    Così accadeva che per periodi lunghissimi non incontravano anima viva durante i loro spostamenti.
    L’uomo stava sempre con i suoi animali, certamente per controllarli, ma anche e soprattutto perché li amava più dei suoi stessi figli.
    Li guidava con maestria per raggiungere di volta in volta pascoli più ricchi di erbette appena nate, anche se era difficile dire se le sue pecore seguivano davvero lui oppure fosse il contrario.
    Infatti, spesso sembrava che lui assecondasse i desideri del gregge, da cui spesso veniva... prepotentemente trascinato.
    La donna, sua moglie, lo seguiva muta ed obbediente.
    Trasportava con pazienza le poche masserizie che occorrevano loro quando si allontanavano troppo dalla casupola che era, per così dire, il loro punto fisso, il luogo in cui prima o poi sarebbero ritornati.
    Mentre gli animali pascolavano controllati dall’uomo, la donna raccoglieva erbe commestibili e le preparava per il pranzo, insieme ad una schiacciatina che cuoceva sui sassi bollenti di bracieri improvvisati.
    Tirava fuori da un piccolo sacchetto della farina primordiale ottenuta con semi vari grossolanamente schiacciati, vi aggiungeva poca acqua e poi lavorava l’impasto finché non le sembrava sufficientemente amalgamato.
    I due ragazzi davano una mano come meglio potevano, imparando tutto quello con cui venivano a contatto in quella vita semplice, di sussistenza.
    Al calare del sole, uomini e animali si fermavano insieme a lui.
    Mentre una miriade di incredibili stelle salivano all’orizzonte, i quattro si accompavano tra le pecore alla bell'e meglio, quasi protetti dal loro calore, e trascorrevano la notte all’aperto, dormendo il sonno dei giusti.

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  2. Durante il cambio delle stagioni accadeva che, a volte, si avvicinassero molto agli stentati cespugli polverosi che crescevano al limitare delle rocce.
    Infatti, quando faceva molto freddo e i pascoli scarseggiavano, arrivavano senza accorgersene in prossimità di quella zona proibita dove crescevano gli ultimi cespugli polverosi.
    Con rispetto e un po’ di timore i quattro li osservavano.
    Cercavano di cogliere qualsiasi segnale li potesse mettere in allarme.
    I pennacchi di fumo sembravano tranquilli.
    L’aria era secca ed aspra in gola, ma quando il russare ruvido e spaventoso taceva, il silenzio intorno ammaliava, intrigava, trascinava in uno stato di estasi.
    In quelle sere Kiel e Fiel, cercavano di esorcizzare quel certo disagio che li coglieva all’imbrunire.
    Si prendevano per le mani e iniziavano a dondolarsi.
    Intanto a bassa voce salmodiavano in un crescendo sempre più veloce...

    Fumo grigio, fumo caldo,
    vai lontano, sali in alto.
    Non restare nella terra
    che altrimenti ti riserra.

    Fumo caldo, fumo buono
    Va lontano come il tuono.
    Non restare imprigionato
    per non essere arrabbiato.

    ... e avanti così finché il sonno non li trascinava prepotentemente nel mondo dei sogni o, meglio, in un mondo di incredibili incubi.


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  3. Così i due continuavano per molto molto tempo a dondolarsi al ritmo di questa nenia.
    Andavano avanti a ripeterla sempre uguale finché finalmente cadevano addormentati.
    Il loro sonno era una piccola morte e non si svegliavano più fino alle prime luci dell’alba.
    Era come se lo vivessero in un’ipnosi profonda, profondissima.
    Infatti mille stranissimi sogni affollavano questo loro dormire, sogni incomprensibili che li lasciavano stremati.
    La cosa più preoccupante era poi il fatto che spesso i due fratellini vivevano gli stessi frastornanti sogni.
    Al mattino si guardavano negli occhi complici, con grande evidente preoccupazione... già pensavano al nuovo calare del sole, quando avrebbero ricominciato a lottare contro il buio e contro tutto quello che il buio avrebbe portato con sé.
    La mamma era troppo indaffarata ad organizzare la loro sopravvivenza che non aveva certo tempo e voglia per ascoltarli.
    Gak, il padre, vedeva solo il bestiame e provvedeva alle sue esigenze, senza avere voglia e tempo di badare ai loro timori e dare ascolto alle loro visioni.
    Si, le loro visioni.
    Essi si erano da tempo resi conto che i loro non erano sogni, ma visioni vere e proprie di quello che accadeva di notte intorno al loro giaciglio.
    Anche se c’era un alone di mistero e di irrealtà, se tutte le regole della loro vita di pastori nomadi in quei momenti saltavano, Kiel e Fiel si erano fermamente convinti che qualcosa di straordinario e terribile accadesse di notte e per questo erano terrorizzati.
    Vedevano davanti ai loro occhi molte cose grandiose e meravigliose, ma le emozioni, le sensazioni, le percezioni erano sempre connotate da grande pericolo, da una terribile minaccia che incombeva pericolosamente su di loro.
    Così i due continuavano a cercare di esorcizzare la loro paura, prendendosi per le mani al calare del buio e conminciando a dondolarsi, mentre a bassa voce bisbigliavano la loro tiritera consolatoria.
    Non potevano certo farsi sentire dai genitori che volevano dormire e li avrebbero messi a tacere in malo modo se solo se ne fossero accorti.
    Comunque, anche senza volerlo, le parole cominciavano ad uscire loro di bocca ancora una volta come dotate di vita propria...

    Fumo grigio, fumo nero,
    vai lontano col tuo velo.
    Non restare qui con noi.
    Vai lontano se tu puoi.

    Fumo nero, fumo grigio,
    sei tu figlio di un prodigio?
    Non restare imprigionato
    per non essere arrabbiato.


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  4. Una notte in cui il fumo usciva più intensamente del solito e il russare ruvido all’interno del monte si srotolava come non mai, i due fratelli caddero di colpo addormentati già a metà della loro cantilena-ninnananna.
    Più che addormentati, erano paralizzati, come in trance.
    Infatti non si rendevano affatto conto di dove fossero né se i loro occhi fossero aperti o chiusi.
    Non avevano nemmeno più paura.
    Era come se avessero raggiunto uno stato di equilibrio che aveva cristallizzato ogni emozione, buona o cattiva, bella o brutta.
    Sembrava come se niente avesse potuto ormai più turbarli.
    Ne avevano un sentore preciso, quasi cosciente.
    In qualche modo, coglievano con certezza che qualsiasi cosa fosse accaduta sarebbe scivolata intorno a loro senza incidere minimamente.
    Tuttavia c’era un ma… in sottofondo c’era un qualcosa che li disturbava.
    Veniva a galla solo per un brevissimo microsecondo alla volta per dissolversi subito dopo.
    Era come se non riuscissero a comprendere pienamente se si trovassero in uno stato di veglia oppure in un sogno.
    E questo li disturbava molto, moltissimo, ma, prima che la sensazione fosse del tutto palese, scompariva e non lasciava traccia alcuna fino a che non risaliva nuovamente dal profondo parecchio tempo dopo.
    Intanto davanti a loro i pennacchi di fumo disegnavano strani ghirigori.
    Andavano e venivano come se seguissero una musica senza suoni, un ritmo indiavolato che incuteva rispetto e richiamava tutta la loro attenzione.
    Con gli occhi puntati verso l’alta montagna, o meglio, fissi al cielo di velluto nero sul quale si andavano disegnando arabeschi misteriosi, Kiel e Fiel erano completamente in balia di quella malia che li estraniava dalla loro realtà di piccoli pastori nomadi.
    Finché…


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  5. Improvvisamente, lentamente, qualcosa si mosse.
    All’inizio non sembrava neppure un movimento.
    L’ombra nera e fumosa, che mascherava un piccola fessura da sempre lì davanti a loro, si era appena appena ingrandita.
    Un senso di ulteriore allerta aveva però dato loro un brivido nuovo.
    Immobilizzati in quello stato di semiprigionia in cui si erano trovati, si sentivano davvero soli visto che per la prima volta non riuscivano affatto a comunicare tra loro.
    Kiel tentò ancora una volta di tendere le mani verso Fiel, ma queste non si mossero di un millimetro.
    Intonò una nuova nenia sperando di raggiungerla almeno con le parole, ma la lingua e la bocca rimasero inamovibili come fossero state di pietra.
    Disperato Kiel continuò a guardare l’ombra fumosa che intanto andava ingrandendosi sempre di più.
    Mille parole e mille rime continuavqno a rotolare e agalleggiare nella sua mente di gelatina.
    Faceva fatica a trattenerle, ma cercava disperatamente di rincorrerle, perché avvertiva l’urgenza di scongiurare il pericolo che quella cosa che si andava formando costituiva per loro.
    Con fatica sì sentiva mormorare parole e rime, senza udirne tuttavia il suono.
    Infatti non le pronunciava.
    Le pensava soltanto, ma erano pur così vivide da sembrargli reali.

    Fumo nero nero nero,
    sei tu vero vero vero?
    Non vorrai farci del male!
    Abbiam sparso tanto sale!

    Fumo nero, sei già troppo
    e io purtroppo sono zoppo.
    Non ti voglio infastidire
    Son bloccato nell’agire.

    Fumo nero nero nero,
    io ti prego, torna indietro!
    Kiel e Fiel ti voglion donare
    tanto sale se li lasci andare.

    Nel frattempo l’ombra era cresciuta a dismisura.
    Si era estesa così tanto che sembrava scoppiare da un momento all’altro.
    Ondeggiava, si contorceva, si espandeva per tentare di contrarsi nuovamente.
    E venne il momento, ahimé, in cui uscì prepotentemente fuori delle rocce aguzze assumendo dimensioni e sembianze spaventose.
    La montagna e il cielo erano di colpo scomparsi.
    Il mostro occupava adesso tutto lo spazio che aveva fino a quel momento separato i cespugli, in cui i due fratelli trovavano abitualmente riparo, dalle nere rocce da cui partivano i soliti piccoli pennacchi di fumo.
    Nero e minaccioso incombeva su di loro senza pietà… pronto a ghermirli!
    “Aiuto!” si sentirono gridare i due nei loro pensieri, incapaci anche della più piccola reazione.



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  6. Dopo tutto si svolse rapidamente.
    I due non ebbero neppure il tempo di pensare che ormai stavano per morire.
    Qualcosa di gommoso e caldo li inglobò dentro di sé e i due persero i sensi.
    Una materia in movimento potente roteava intorno a loro.
    Quando, completamente frastornati, tornarono coscienti e tentarono di riaprire gli occhi, si accorsero di essere risucchiati da una forza ingovernabile che li trascinava inesorabilmente verso il basso.
    Finalmente, dopo uno sballottolamento intriso di cattiveria, ogni cosa si fermò.
    La quiete che ne seguì era più inquietante ancora del movimento anomalo che avevano vissuto fino a quel momento.
    “Aiutooo!” gridarono all’unisono Kiel e Fiel senza che suono alcuno uscisse dalle loro labbra pietrificate.
    Davanti a loro una cupa caverna, brutta e certo non accogliente, si estendeva contorta e incomprensibile verso uno spazio illimitato.
    Da qualche parte si vedevano lingue di fuoco fuoriuscire alte e minacciose fino a lambire l’anfiteatro più grande in cui adesso si trovavano i due pastorelli nomadi incapaci di comprendere quello che stesse avvenendo.
    Il mostro si era ora ricondensato, se così si può dire, ma appariva talmente concentrato e duro che faceva ancora più paura di prima.
    Gli occhi erano sparpagliati e in disordine su tutto quel corpo informe ed erano così minacciosi e cattivi da sembrare capaci di uccidere direttamente con lo sguardo chiunque quella cosa avesse deciso di eliminare.
    Il silenzio nel fondo della montagna era totale.
    Un pipistrello di dimensioni spaventose attraversò la caverna sul fondo e si avvicinò nel punto in cui si stava consumando la fine dei due malcapitati.
    Con agilità si appese a testa in giù ad uno sperone di roccia e cominciò a fissare Kiel e Fiel, aumentando il terrore glaciale che pervadeva ogni più piccolo spazio lì intorno.

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  7. I due pastorelli nomadi si sentivano così schiacciati ed oppressi dal terrore che emanava da quei due che chiusero gli occhi e aspettarono di morire.
    “Addio, madre!” mormorò Fiel.
    “Addio, padre!” fece eco Kiel.
    Una voce tanto roca e potente da far vibrare l’aria come un mare in tempesta si levò improvvisa e li colpì come una scudisciata.
    Le parole appena distinguibili arrivarono a loro come sassi aguzzi scagliati con violenza da una fionda.
    “Maaadre? Paaadre? Cooome avete osato violare il mio spazio sacrooo?! I vostri animali brucare alle pendici della Montagna Sacraaa?! Non bastava!!! I vostri animali hanno calpestato anche le rocce da sempre inviolate!!! Uomini scellerati, pagherete a caro prezzo tutto questo!!!”.
    Man mano che comprendevano il significato di quei boati che orecchio umano mai aveva udito, i due cominciarono a tremare come foglie al vento.
    Si sentivano i capelli rizzarsi loro in testa, essi stessi dotati di vita propria.
    Kiel provò ad aprire la bocca per implorare quel mostro ad essere clemente.
    Farfugliò appena due o tre parole, ma fu subito zittito da quella voce non umana che procurava loro un dolore fisico insopportabile.
    Si piegò su stesso per il dolore.
    In quel momento vide che Fiel era caduta a terra e, tutta rannicchiata su se stessa, aveva nascosto il capo tra le braccia, tremando spaventosamente.
    Allora gli venne in mente di formulare una preghiera… forse avrebbe funzionato e il mostro, il Dio, quell’essere si sarebbe placato.
    D'impulso cominciò a salmodiare.

    Io, il pastorello Kiel
    e lei mia sorella Fiel
    imploriamo te di perdonare
    e di lasciarci andare.

    Non sapevamo della sacralità di questa roccia
    come è vero che il fiore di sangue ivi sboccia.
    Non fare del male a due piccoli fratellini
    che sono soltanto due poveri bambini.

    Veglieremo noi sulla Sacra Montagna,
    fino all’acqua sacra che a Nord ristagna.
    Allontaneremo chiunque si avvicini.
    Terremo sempre accesi dei lumicini.

    Kiel cominciava a credere che la sua preghiera stesse sortendo qualche effetto, quando roboante la terribile voce lo interruppe.

    “Ehi, pastorello! Non si può perdonare,
    se una penitenza non riuscirai a fare.
    L’acqua stagnante dovrai tosto raggiungere
    e alla voce del tempo ti dovrai congiungere.

    Fanne buon uso ed esegui ciò che dice,
    e forse potrai anche essere felice."



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  8. Poi, per un po', ci fu di nuovo un silenzio inquietante.
    Kiel si ritrovò ancora una volta spaventatissimo e senza parole.
    Aveva la testa che gli scoppiava.
    Dove avrebbe trovato l’acqua stagnante?
    Non ne aveva mai vista durante gli spostamenti del bestiame con suo padre.
    Né mai aveva udito farne cenno.
    Come avrebbe fatto a trovare qualcosa che nemmeno conosceva?
    Stava per porre nuove domande, quando la terribile voce emise un ulteriore terrificante boato che non ammetteva repliche.
    Il ragazzo fece un salto maldestro all’indietro e perse l’equilibrio.
    Mentre Kiel cadeva rovinosamente a terra sulle ginocchia, comprese il significato delle ultime parole pronunciate dal mostro della montagna: se fosse restato lì ancora un secondo sarebbe stato travolto dal fuoco e dal magma ribollente!
    Allora il povero pastorello disperato con un grande sforzo si rialzò, scosse violentemente Fiel, l’afferrò per un braccio e cominciò a trascinarla lontano come poteva.
    Ben presto genitori e gregge furono davvero lontani.
    Non si riuscivano più nemmeno a vedere, ma i due fratellini non si fermarono neanche un secondo e continuarono a correre alla ricerca dell’acqua stagnante come era stato loro ordinato.
    Adesso Fiel si era ripresa e collaborava.
    I due correvano a perdifiato senza pensare.
    Non sapevano neppure loro dove stessero dirigendosi.
    Sapevano solo che si dovevano allontanare quanto più possibile per non incorrere nella punizione di fuoco e magma.
    Dovevano assolutamente trovare l’acqua stagnante e fare la penitenza necessaria ad essere perdonati.
    Il terribile mostro che viveva all’interno dell’altissima montagna era stato chiarissimo.
    Dovevano trovare l’acqua stagnante, ma i due non sapevano cosa fosse quest’acqua stagnante.
    Conoscevano l’acqua con cui si dissetavano.
    La trovavano in un esiguo rigagnolo che di volta in volta cominciava a scorrere, segnalato da sparuti ciuffi di erba che nascevano e sparivano anch’essi in un batter d’occhio.
    Fiel ogni tanto inciampava, ma Kiel l’aiutava a ripartire e a continuare la corsa.
    Ben presto si accorsero che il paesaggio era cambiato.
    Senza volere si fermarono all’unisono, come se qualcosa lì avesse colpiti entrambi nello stesso momento.

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  9. Attoniti e frastornati si guardarono attorno.
    Niente. Assolutamente niente.
    Terra brulla a perdita d’occhio.
    Un blu intenso nel cielo del giorno, che nel frattempo aveva sostituito il buio della notte.
    Un caldo che andava facendosi talmente rovente che sembrava di vederlo vibrare e salire a spirale su dalle rocce rosse sgretolate.
    Frammisti al terriccio mille e mille di questi granellini aguzzi ferivano i loro piedini pur avvezzi a quel luogo impervio in cui era difficile vivere.
    Non vedendo niente di allarmante intorno a loro, Kiel e Fiel ripresero il loro cammino.
    Dovevano assolutamente trovare quell’acqua, se non volevano soccombere.
    La morte aleggiava spietata intorno a loro.
    Ne avvertivano quasi l’odore minaccioso.
    Avrebbero voluto farsi piccoli piccoli e nascondersi, ma sapevano che tutto ciò non era certo possibile.
    Kiel stringeva così forte la mano di Fiel che ad entrambi le dita si erano sbiancate, erano come morte.
    Il sangue non circolava più, ma era impensabile non tenersi per mano. Fiel sarebbe inevitabilmente rimasta indietro, da sola.
    No, dovevano resistere e correre.
    Percorsero ancora un lungo tratto, anche se non avendo troppi riferimenti non riuscivano a valutare quanta strada avessero realmenre percorso.
    Poi ancora una volta qualcosa lì bloccò.
    Era qualcosa di terribile.
    Li tratteneva con una tale forza che i due se ne sentivano prigionieri e molto allarmati, aspettando di essere uccisi da un momento all'altro.
    Intorno... erano sempre soli e non c’erano ostacoli visibili sul loro cammino.
    Non sapevano che fare. Si guardavano impotenti, leggendo il terrore negli occhi uno dell’altro.
    In quella una voce profonda cominciò a cantilenare…

    Acqua ferma, acqua stagnante,
    non illuderti che sia riposante.
    Fuggi via tu essere umano
    se non vuoi finire lontano.

    Acqua putrida e maleodorante,
    non ti fermare neppure un istante.
    La maledizione può far molto male
    anche se spargi tantissimo sale.

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  10. Mentre Kiel pensava che non ce l’avrebbe mai fatta ad allontanarsi da quella maledizione, fu colpito dalle parole che la terribile voce andava pronunciando.
    “Non ti fermare neppure un istante…”.
    Qualcosa scattò nella sua testa.
    Quella era sicuramente la chiave di volta!
    Non fermarsi a nessun costo e continuare ad avanzare con fiducia alla ricerca dell’acqua stagnante.
    Ecco cosa dovevano fare per avere qualche speranza!
    Mentre comprendeva questo suggerimento nascosto, cominciò a strattonare Fiel perché reagisse e si rimettesse a correre.
    Intanto riprese lui stesso ad allontanarsi dal punto in cui erano stati bloccati con poche cerimonie da quell’incantesimo parlante, tirandola con decisione dietro di sé.
    Finalmente la sorella reagì e con un po’ più di fiducia i due continuarono a dirigersi verso la meta, speranzosi di poterla davvero raggiungere.
    Intorno il paesaggio non era affatto cambiato.
    Come era stato fino a quel momento, intorno non c’era niente di niente.
    Solo terra brulla a perdita d’occhio.
    Andò avanti così ancora per un lungo tempo.
    Adesso avevano preso un buon ritmo e quasi quasi non sentivano più nemmeno la stanchezza.
    Sapevano che finché non si fossero fermati non poteva accadere loro nulla di male.
    Ogni tanto si lanciavano uno sguardo interrogativo seguito da un altro di rassegnazione.
    E via così tenendosi per mano.
    Quel contatto dava loro coraggio e li calmava.
    Ad un tratto accadde di nuovo.
    Una forza sovrumana prese vita davanti a loro.
    Era invisibile, ma li bloccò con una tale violenza che finirono l’uno contro l’altra, rimanendo senza respiro.

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  11. I due si guardarono intorno con terrore, cercando a tutti i costi di proseguire.
    “Non ti fermare neppure un istante!” si sentivano ripetere nella loro mente ossessivamente.
    Riuscirono a rimettersi in movimento, ma le difficoltà invece di diminuire sembravano aumentare sempre di più.
    Avanzavano di due passi e poi venivano spinti indietro di uno.
    Un po’ alla volta comunque continuarono ad avanzare finché il paesaggio di colpo cambiò.
    Senza aver compreso come e perché, adesso si trovavano sulla riva di uno stagno grandissimo.
    Non se ne vedeva la riva opposta tanto era immenso.
    L’acqua era ferma e putrida.
    Una patina semioleosa galleggiava in superficie e un odore insopportabile contaminava l’aria.
    Kiel e Fiel furono costretti ad arrestarsi per non finirci dentro.
    Increduli e perplessi... avevano raggiunto l’acqua stagnante!
    Neppure loro sapevano bene come avevano fatto!
    Kiel iniziò a sentirsi un po’ più ottimista.
    Forse in qualche modo avrebbero superato quella maledizione.
    In quella l’acqua stagnante cominciò a ribollire sul fondo.
    Che strano fenomeno!
    Sotto, in profondità, si percepiva un movimento incontrollato e pauroso, mentre in superficie lo stagno restava incredibilmente liscio, piatto e terribilmente putrido e stagnante.
    In men che non si dica dal fondo lontano del lago cominciò a salire un profondo borbottio che a stento i due ragazzi riuscirono a comprendere.

    Alla voce del tempo ti dovrai congiungere
    se la libertà vorrai tosto raggiungere.
    Dovrai affrontare ancora una prova
    per potere gustare una vita nuova.

    Poi, in un crescendo rapidissimo, la voce misteriosa continuò a declamare.

    Cerca il vecchio legno che conosce la strada
    e guidalo bene alla nuova contrada.
    L’acqua stagnante non vi deve entrare,
    e, tu che vai, non lo dimenticare.

    Affronta lo stagno con rispetto e timore,
    per raggiungere il mondo ove vive il colore.
    La voce del tempo dovrai ascoltare
    per ritornare nella vita a sperare.



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  12. Kiel e Fiel si guardarono negli occhi interrogativamente.
    Entrambi scrutarono tutto intorno alla ricerca del vecchio legno, ma nulla era nel frattempo cambiato.
    In superficie lo stagno restava incredibilmente vuoto, liscio, piatto e terribilmente putrido e stagnante.
    In questo momento tutto era fermo e senza vita anche in profondità.
    La riva lungo lo stagno, arida e deserta, appariva disabitata e vuota come doveva essere stata dai tempi dei tempi.
    Cosa fare?
    Kiel non trovava risposte dentro di sé.
    Scuoteva la testa sfiduciato.
    Tuttavia non sapendo cos’altro escogitare, riprese a camminare con decisione, trascinandosi dietro la sorella che incespicava ad ogni passo.
    Infatti, Fiel aveva ricominciato a piagnucolare e si guardava intorno con gli occhi sgranati come intontita, rendendo ancora più difficile quel pesante cammino che avevano intrapreso già da tanto tanto tempo e che sembrava non dover più finire.
    Stanco di guardare l’acqua putrida dello stagno e le sabbie aride del deserto infinito, Kiev si concentrò sulla sua mente lasciando muovere il suo corpo meccanicamente.
    Gli comparvero subito le immagini della madre e del padre che stavano risvegliandosi al nuovo giorno.
    Le greggi ancora dormivano perse nei loro sogni.
    La luce cominciava appena appena ad indorare la grande altissima montagna.
    Lo spettacolo era grandioso!
    Kiel ebbe un moto di nostalgia.
    Si avvide che Fiel aveva smesso di piagnucolare.
    Adesso l’immagine cara era scomparsa, mentre mille parole vorticavano senza senso nella sua mente.
    Doveva ritrovare quell'immagine immediatamente se non voleva impazzire!
    Poi il grande disagio sembrò attenuarsi e Kiel si ritrovò a mormorare ritmicamente:

    “Cerca il vecchio legno che conosce la strada
    e guidalo bene alla nuova contrada.
    Affronta lo stagno con rispetto e timore,
    per raggiungere il mondo ove vive il colore.”

    La sensazione piacevole che provava nel pronunciare tali enigmatiche parole, gli restituì un po’ di coraggio.
    Continuò ad andare avanti così, a voce sempre più alta, ancora per un bel pezzo.
    Gli sembrava di aver come trovato la chiave del rebus, anche se ancora il tutto era piuttosto confuso.
    Continuando a borbottare quei quattro versi che avevano del magico, tornò a guardare con attenzione il paesaggio concreto che chiudeva l’orizzonte.
    Fu in quel momento che gli sembrò che lo stagno avesse adesso una fine.
    All’orizzonte, possente e maestosa gli parve di vedere l’altissima montagna indorata dalle prime luci del sole… e sull’acqua stagnante non distante da lì, poco più che una grezza tavola di legno sembrava attendere immota.
    Che fosse quello il vecchio legno che lo avrebbe condotto a congiungersi con il Tempo?

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  13. Kiel afferrò Fiel per le spalle e la scosse con veemenza.
    “Eccolo! Ecco il vecchio legno che conosce la strada… Fiel, lo abbiamo trovato! Lo abbiamo trovato!”.
    Kiel saltava come un matto in preda ad un’agitazione che non riusciva a contenere.
    Fiel lo guardava attonita.
    Via via, però, cominciò a sentirsi più speranzosa.
    Anche lei vedeva quel legno… forse era proprio quello che conosceva la strada…
    Ma come avrebbero fatto a raggiungerlo?
    Non era molto distante da loro, è vero, ma in mezzo a dividerli c'era quella terribile acqua stagnante scura e minacciosa.
    Immergersi voleva dire morire. Quella non era acqua per la vita.
    E chissà quanto era profonda!
    Sarebbero finiti certamente subito a fondo.
    Fiel al solo pensiero ebbe un conato di vomito.
    Kiel continuava ad agitarsi e a fissare quel vecchio legno che poteva essere la loro e l'altrui salvezza, quando pian pianino un brusio giunse alle loro orecchie.
    Era un bisbiglio ritmico, monotono e ripetitivo, che levava la capacità di pensare, un bisbiglio che ipnotizzava.
    Quelle parole misteriose si ripeterono senza sosta, finché pian piano divennero più intellegibili.


    Il tempo annoso ormai si ferma
    nell'immobilità di tanta melma,
    ma scorre verso il suo destino
    col vecchio legno del barchino.

    Sotto quel legno le onde si rincorrono.
    Nel fragoroso frastuono galoppano.
    Portano a galla ogni cosa sommersa
    e si ritrova la vita ormai persa.


    All'improvviso lo stagno cominciò a ribollire, le onde così alte da coprire ogni luce all'orizzonte.
    Il barchino cominciò a saltare sull'acqua come un cavallo al galoppo.
    Kiel e Fiel pensarono che la fine di tutto fosse ormai giunta.


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  14. Invece, la loro ultima ora non era ancora giunta.
    In tutto quel furore, il barchino fu scaraventato violentemente contro di loro.
    Per poco non vennero travolti per sempre.
    Kiel, però, senza nemmeno riflettere su cosa stesse facendo, afferrò Fiel per un braccio e saltò al volo dentro il vecchio legno trascinandosi dietro la sorella.
    Le onde melmose continuavano ad accavallarsi tra di loro con fare minaccioso, ma all'interno del barchino erano stranamente protetti e all’asciutto.
    Erano a bordooo!
    In qualche modo erano riusciti a raggiungere il barchino!
    Un moto di speranza allargò il petto di Kiel.
    Forse sarebbero riusciti a superare quel gravissimo incantesimo che aveva stravolto la loro semplice vita.
    Intanto il barchino si inclinava, sobbalzava, sembrava voler inabissarsi, si fermava a mezz'aria prima di precipitare di nuovo nella melma.
    Kiel osservava tutto quel pandemonio con grande timore, paura, trepidazione.
    Non aveva dimenticato ciò che la voce misteriosa aveva detto.



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  15. Per congiungersi alla voce del tempo nella nuova contrada non solo avrebbe dovuto attraversare lo stagno con il vecchio legno che conosceva la strada, ma avrebbe dovuto affrontare lo stagno con rispetto e timore e non dimenticare che l'acqua stagnante non avrebbe dovuto assolutamente entrarci.
    Certo, era evidente che con tutto quel movimento sotto di sé, sulla cresta di quelle onde immonde, il rischio che l’acqua melmosa invadesse il barchino era grandissimo.
    Per il momento tutto sembrava sotto controllo, ma i due ragazzi si guardavano intorno terrorizzati da quelle montagne melmose che si azzuffavano ferocemente intorno a loro.
    Fiel non aveva più detto una parola da quando era stata trascinata in quella giostra impazzita, il sangue gelato nelle vene.
    Rigida e senza vita, si limitava ad aggrapparsi a Kiel per non essere sbalzata fuori, assente ormai in lei qualsiasi pensiero.
    La frenesia dello stagno sembrava impossibile da contenere.
    Per superare quel momento interminabile, Kiel cominciò a immaginare i colori meravigliosi che avrebbe trovato nella nuova contrada se fossero finalmente riusciti ad approdarvi.
    Era completamente perso nei suoi pensieri, quando un colpo più forte degli altri fece inclinare fortemente il barchino... e per poco un cavallone di melma schiumoso non raggiunse l'interno.
    Per fortuna la sua reazione fu immediata.
    Tirandosi dietro Fiel, che gli stava aggrappata come una piovra, si spostò prontamente sul lato opposto del barchino per rimetterlo in equilibrio.
    Riuscì fortunatamente a tenere lontana la pericolosissima ondata.


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  16. Andarono avanti così per un bel pezzo.
    Bilanciando il loro peso con le spinte che venivano dal fondo putrido e senza luce, i due riuscirono a rimanere a galla e a non far bagnare l'interno del vecchio legno come la voce misteriosa aveva recitato.
    Trascorse molto molto tempo o forse poco.
    Kiel e Fiel erano così presi a non soccombere nello stagno che non avrebbero saputo dire quanto fossero rimasti a saltare sulle onde prima che un fortissimo boato squarciasse quel pazzo galoppare delle acque putrescenti.
    Fu tutt’uno.
    Il barchino fu scaraventato senza preavviso su qualcosa di duro che lo disintegrò in mille e mille piccole schegge, mentre una luce dorata e un calduccio delizioso cominciarono a salire intorno ai due ragazzi completamente frastornati.
    Fiel sembrò trarre un immediato giovamento da quelle condizioni finalmente favorevoli.
    Infatti, percependo un certo benessere, riaprì gli occhi e si guardò intorno.
    Stranamente senza preoccupazione, si risvegliò in lei la curiosità e l'interesse.
    Qualcosa di meraviglioso stava accadendo.
    Mille colori si mescolavano ovunque, unendosi e dividendosi in una strana danza di luci.
    Adesso la pastorella si sentiva proprio bene, come nuova.
    Si erano forse ricongiunti alla voce del tempo?
    Cercò il fratello e lo scorse poco lontano.
    Kiel sembrava dormire ad occhi aperti.
    Appena un po' preoccupata, lo raggiunse e cominciò a scuoterlo.
    “Svegliati! Svegliati!” gridò strattonandolo.
    “È accaduto qualcosa! Guarda!” continuò.
    Dello stagno putrescente non c'era più traccia.
    Il silenzio era quasi totale.
    Ora i colori si erano ricomposti in una splendida luce solare.
    In quella Kiel saltò finalmente in piedi come svegliandosi da un incubo e sgranò tanto d’occhi nel vedere quel paesaggio di grande pace.
    Forse avevano davvero spezzato l'incantesimo e raggiunto la nuova contrada.
    Dando le spalle al sole nascente, i due si girarono su loro stessi.
    In lontananza l'altissima montagna svettava imponente.

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  17. In lontananza la montagna svettava imponente.
    Come sempre si ergeva brulla e rocciosa, in mezzo al pianoro semidesertico in cui i segni dell’uomo erano quasi invisibili.
    Gli stretti sentieri polverosi si perdevano nel nulla tra i radi e disordinati cespugli, tra i quali spuntava la vegetazione arida e stentata nascosta da uno uno spesso strato di polvere grigia.
    Anche adesso dalla cima irregolare, che puntava verso il cielo azzurro, fuoriusciva un piccolo pennacchio di fumo, accompagnato da una cenere finissima che volava dappertutto.
    Gak, il pastore seminomade, apparentemente senza età, camminava lentamente guardando il cielo di quell'azzurro spettacolare. Intorno a lui gli animali del suo gregge si davano da fare a strappare tutto quello che potevano tra le aride zolle.
    Era l'alba e quindi gli animali erano affamati.
    Avevano bisogno di nuovo cibo per affrontare la giornata.
    E lui li guidava come al solito con maestria, ma anche come se assecondasse i loro desideri.
    Sembrava che venisse quasi trascinato dal loro andare.
    La donna, sua moglie, lo seguiva muta ed obbediente come aveva sempre fatto.
    Trasportava anche in quel momento le poche masserizie indispensabili per sopravvivere.
    Quando Gak e gli animali si fermavano per un po', la donna si chinava a raccogliere qualche erba commestibile per preparare il pranzo.
    Kiel e Fiel rimasero a guardarli incantati, come fosse quello lo spettacolo più bello del mondo.
    È infatti lo era.
    Nell'aria si respirava un'atmosfera di tranquillità, di pace e di serenità sovrannaturale.
    La montagna nell'azzurro del cielo appariva ora amica e in pace con l'universo.
    Anche la luce del sole assorbiva il suo fumo come se se ne cibasse.
    Con qualche residuo timore, i due ragazzi si volsero allora indietro.
    Che meraviglia!
    Non c’era più traccia dello stagno mefitico.
    Erano di nuovo a casa, come ogni mattina, pronti ad iniziare una nuova giornata di pastorelli nomadi al seguito del gregge.
    Il loro cuore era ora puro e gioioso.
    Era chiaro che avessero spezzato il terribile incantesimo della montagna.
    Fu in quel momento che il pastore Gak e la donna, sua moglie, si accorsero di loro.
    I due ragazzi corsero a rifugiarsi nelle loro braccia e vi fu uno di quei momenti di effusione più unici che rari.
    Poi tutto ai piedi dell'altissimo montagna ricominciò come sempre.
    Di notte, però, Kiel e Fiel ricordavano spesso l'avventura straordinaria che avevano vissuto insieme con tutta la sicurezza e l'orgoglio che aveva fatto nascere in loro.
    I due erano diventati grandi.

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