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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
(link) divise per argomento.

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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Insieme - Creiamo una fiaba? 6







Eccoci qui di nuovo.
Io ci riprovo fiduciosa ancora una volta.
Sarei davvero contenta di confrontarmi finalmente con voi nel creare una bella storia.
Vi prego! Buttatevi!
Potreste scoprire che è davvero divertente!

Dunque cominciamo un'altra bella fiaba, non solo per i nostri bambini, ma anche e soprattutto per noi!
Infatti, continuo ad essere convinta che le fiabe, lungi dall'essere sciocche, siano un toccasana per tutti e sappiano ben allenare i muscoli della mente e del cuore.


🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥


C'era una volta...

C'era una volta… un cagnolino.
Era un cagnolino davvero piccino piccino, ma così piccino che rischiava di essere schiacciato dai grandi piedi dell'uomo con le grandi scarpe.
L'uomo camminava con lena sul brullo sentiero, facendo schizzare sassi e zolle tutto intorno.
Il terreno era duro e inospitale. 
Ai margini, lucido, faceva capolino il ghiaccio.
Lo scricchiolio era terrificante all'orecchio del cagnolino, che spaventato e affamato tremava dal freddo.
Tuttavia la vista di quell'uomo lo aveva rincuorato e ora gli trotterellava dietro scodinzolando, cercando di non farsi distanziare, cosa niente affatto facile.


🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥🐦🐥



Allora qualcuno mi aiuta a continuare?
Dai, non fatevi pregare!
Provare non nuoce...
Io sono sicura che lo troverete molto divertente!





8 commenti:

  1. Zampettando sul sentiero il cagnolino procedeva senza rendersi conto più di niente.
    Fissava un paio di scarpe da ginnastica un po' scalcagnate ed era addirittura abbagliato da un calzettone a righe verdi e rosse che si muovevano vorticosamente nell'andare e venire dei passi che scricchiolavano.
    Ecco.
    Sul pavimento della cucina di campagna, la luce del sole filtrava attraverso la persiana di legno.
    Come sempre la vecchia persiana era accostata a proteggere dal caldo torrido di agosto.
    In casa c’era una qual certa immateriale immobilità, un silenzio tipico di quelle ore pomeridiane in cui tutto sembrava rallentare.
    La luce disegnava strisce alternate sul pavimento, una grata fumosa in cui una mosca ronzava senza posa.
    Il tentativo di sbattere sui mattoni quella mosca che inconsapevolmente lo provocava, non aveva dato risultati gratificanti, per cui lui era rimasto accovacciato in una zona d'ombra un po' nervoso, valutando cosa fare.
    Adesso quel verde e quel rosso, quelle strisce sfacciate, che lo ipnotizzavano nell’andare dei passi dell'uomo, gli facevano lo stesso effetto.
    Avrebbe voluto saltare alla caviglia dell'uomo e fermarle, ma questo era del tutto impossibile, visto che già non arrivava quasi a stargli dietro.
    Guardò sconsolato il sentiero davanti a sé.
    Sembrava interminabile e inospitale.
    Si sentiva piuttosto stanco, stanchissimo, ma scodinzolò con vigore ancora una volta nella speranza di attirare l'attenzione dell'uomo che andava e andava.

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  2. Forse aveva trovato un padrone... gli venne fatto di pensare.
    O forse no, perché quell'uomo non sembrava accorgersi affatto di quello che gli avveniva intorno…
    La lingua di fuori, tutto proteso in avanti, il cagnolino intanto continuava a correre, gli occhi fissi su quel calzettone che lo ipnotizzava, colorando il grigio e il ghiaccio di quella fredda mattina.
    Ansimando e sbavando, cominciava a non rendersi più conto di cosa stesse accadendo realmente, perché il suo cuoricino, così piccolo in quel suo piccolissimo corpo, batteva all'impazzata.
    Sentiva che doveva correre, correre, correre senza neppure sapere il perché, correre dietro quell'uomo che non se lo filava per niente.
    Non riusciva a pensare ad altro tanto era impegnato a non fermarsi… non voleva rimanere indietro di nuovo da solo in quel luogo solitario e abbandonato al ghiaccio di fine inverno.
    Aveva tanta fame e sentiva sempre più freddo.
    Soprattutto era stanco, stanchissimo e molto scoraggiato.
    Era già da alcuni giorni che si trovava lì, con l'unica compagnia di se stesso, in quel posto tutto ordinato, ma così minaccioso ed inospitale.
    Immediatamente ne aveva colto tutta l'ostilità, così si era rifugiato dietro un cespuglio stecchito, tutto tremante e con la coda tra le zampe.
    Un attimo prima era sulle ginocchia del suo padrone.
    A ripensarci adesso, come sembrava lontano e nebuloso quell’attimo!
    Era un bel posto quello sulle ginocchia amiche, calduccio e protettivo.
    Nell'abitacolo si diffondeva una musica rassicurante, la solita, la musica che il suo padrone amava moltissimo.
    Era una musica un po' monotona, ma proprio per questo profondamente rilassante.
    Ogni tanto aveva un’impennata per distendersi subito dopo in volute di note più alte e liberatorie.
    Era stato proprio su questo liberarsi di note e di sentimenti, che lo sportello si era aperto all'improvviso e una corrente ghiaccia e turbolenta gli si era riversata addosso.
    Era stato un tutt’uno con il precipitare sul brullo sentiero e il ruzzolare via lontano.
    Che male! Che paura! Che terrore gli era piombato addosso!
    Non aveva capito più niente, aveva smesso di pensare.
    Era rimasto lì, intontito e incredulo, a lungo… ancora sentiva la mano forte del suo padrone che lo spingeva fuori con decisione, senza possibilità di appello.
    Non poteva crederci… non poteva essere vero!
    Un colpo sordo in lontananza e lo sportello era stato richiuso.
    Un'accelerazione del motore e tutto era finito.
    Lui si era ritrovato lì solo, senza sapere dove né perché.

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  3. Aiutooo!
    L'urto era stato tremendo; forse perché era molto distratto nella grande fatica di quella corsa interminabile.
    Fu per poco che non si disintegrò contro la grossa scarpa scalcagnata!
    L'uomo, infatti, si era fermato di colpo e lui non aveva potuto prevederlo.
    Ora, poi, l'umano se ne stava fermo e immobile come una statua di sale.
    Anche lui, povero cagnolino di pochissimi chili, era rimasto lì intontito con il naso schiacciato contro il calzino a righe e vedeva tutto rosso, forse per la striscia carminio del calzino che da vicino sembrava immensa o, molto più probabilmente, per la botta che aveva preso direttamente sul muso.
    Il naso ancora a contatto con la ruvida lana, il cagnolino cercava intanto di riprendere almeno un po' di fiato.
    Per fortuna il suo cuoricino aveva cominciato a rallentare i battiti impazziti per tornare alla normalità, mentre nulla era cambiato per l'uomo, che era ancora fermo nella posizione in cui si era arrestato.
    Che fosse diventato davvero di sale?
    Il suo fiuto fino ne percepiva con chiarezza l'acre sentore, ma forse era soltanto l'odore del sudore.
    Si dette una scrollatina e girò intorno all'enorme scarpa abbaiando sommessamente.
    L'uomo rimase ancora imperterrito e assente per qualche lungo secondo, poi finalmente abbassò lo sguardo su di lui, che tutto eccitato aveva cominciato a scodinzolare.
    Quando l'uomo calò finalmente il suo sguardo su quell'esserino che gli saltellava intorno festoso, una luce improvvisa comparve nei suoi occhi.
    Fu come se lo riconoscesse ad un tratto.
    Con un'agilità imprevedibile in quel corpo rigido, si piegò sulle gambe e raccolse il cagnolino tra le sue mani con delicatezza.
    Quest'ultimo non credeva a quello che stava avvenendo.
    Aveva trovato un nuovo padrone!
    L'uomo ora sorrideva attonito, come perso nei suoi pensueri, stringendo al petto quell'esserino caldo e pieno di vita nella sua infinitesima dimensione.


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  4. L'uomo, con il cane tra le braccia, riprese il suo cammino sul sentiero brullo e ghiacciato.
    Lo sguardo perso e inespressivo, si concentrava adesso sul calore che gli scaldava il cuore.
    Lo sentiva salire dentro di sé lentamente e diffondersi pian piano in tutto il corpo.
    Indifferente al freddo e alla fame, ora si sentiva in pace con il mondo.
    Niente, in verità, gli sembrava più importante.
    Da quando se ne era andato via dalla sua città, di strada ne aveva fatta davvero tanta.
    Le scarpe di cuoio si erano dapprima impolverate, poi infangate e alla fine deformate.
    La suola sfondata, erano ben presto diventate inservibili, ma l'aria frizzante sul viso lo aveva reso libero e leggero come le note che tirava fuori dal suo sax.
    Le scarpe seminuove, che indossava in quel momento, gliele aveva regalate una signora che abitava nel centro di un paese come tanti.
    Non ne ricordava neppure il nome.
    Lo aveva attraversato da non molto tempo.
    Vi si era fermato, quel giorno, perché aveva fame e la vetrina della vecchia panetteria davanti alla chiesa ammiccava e lo invitava a sostare.
    Così si era seduto per terra a ridosso del muro e aveva tirato fuori dalla sua borsa di tela il sax lucidissimo di cui si prendeva grande cura.
    Appena le note avevano cominciato a riempire la piccola strada, un signora un po' avanti negli anni si era fermata ed aveva ascoltato fino in fondo il suo breve concerto improvvisato.
    Poi era entrata nella panetteria e ne era uscita con della focaccia fragrante.
    Gliela aveva offerta con un sorriso e lui l'aveva presa con naturalezza, come fosse gesto abituale .
    Se l’era mangiata lentamente, assaporandola con metodo.
    Non sembrava affatto che non mangiasse da tempo!
    Intanto la signora guardava e riguardava le sue scarpe sbertucciate, finché si allontanò a passo svelto, con determinazione.
    Ritornò poco dopo con un bel paio di scarpe quasi nuove e un paio di calzettoni che erano un arcobaleno di colori.
    L'uomo accettò di buon grado anche quelle, perché la donna aveva apprezzato la sua musica e, quindi, in fondo c'era stato uno scambio.
    Lo aveva addirittura applaudito e questo era quello che lui aveva sempre desiderato.
    Vivere con e solo per la musica era ciò che contava davvero.
    L'uomo distolse per un attimo gli occhi inespressivi dalla strada che stava percorrendo con lentezza e guardò il cagnolino che stringeva tra le braccia.
    Un mezzo sorriso comparve sul suo volto.




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  5. In quei giorni si era sentito costantemente solo e abbandonato.
    Doveva essere piccolissimo, perché non frequentava ancora la scuola.
    In casa sua non c'era mai nessuno e il tempo per lunghe ore si fermava in un limbo che a lui non piaceva per niente.
    Tutti se ne andavano a lavorare e quando lui apriva gli occhi già non c'era più nessuno.
    Andavano a lavorare…
    Mah, chissà cosa voleva dire! Gliene sfuggiva il significato. Non riusciva a cogliere l'essenza della cosa.
    Fatto sta che lo lasciavano lì da solo, in quella casa quasi vuota e muta, con la signora Giovanna che arrancava faticosamente intorno.
    E così, come apriva gli occhi, lui si rabbuiava immediatamente e restava triste per tutta la giornata.
    La signora Giovanna era troppo presa a riordinare, lavare, strofinare, stirare, cucinare.
    Era talmente presa e visibilmente affaticata che raramente si lasciava andare ad un sorriso.
    Lui restava lì sul pavimento, intontito e annoiato, a cincischiarsi con qualche giocattolino mezzo rotto.
    Qualche volta avrebbe voluto lasciarsi andare tanto era triste.
    Avrebbe voluto piangere per liberare tutta quell'angoscia che si sentiva dentro, ma non ci riusciva.
    Ricacciava inconsapevolmente dentro di sé le lacrime che sembrava volessero salire e si perdeva nelle sue emozioni senza capirci un gran che.
    Ogni tanto la signora Giovanna arrancando, le portava un succo di frutta e lui lo beveva di malavoglia.
    Qualche volta le preparava una spremuta di arancia densa e melmosa e lì erano storie a non finire.
    A lui quella consistenza sembrava proprio schifosa e non riusciva ad ingoiarla.
    Così cominciava una battaglia tra la donna che voleva fargliela bere per forza e lui che si rifiutava e si divincolava come un ossesso.
    Anche con il pranzo non andava molto meglio.
    A lui non andava affatto di mangiare. Voleva semplicemente essere lasciato in pace, chiuso nel suo mondo triste e muto.
    Di tutto questo aveva un vago ricordo, offuscato nei dettagli, tutti spiacevoli.
    Una sera, però, la mamma è il papà era tornati stranamente insieme.
    Sorridevano e facevano i misteriosi.
    Avevano una scatola in mano.
    La misero sul pavimento accanto a lui, che non voleva dar loro retta né tanto meno alzarsi da lì.
    Un movimento all'interno della scatola lo fece sobbalzare e trasalire.
    Questa volta scattò in piedi come Jack-in-the-box e si allontanò da quella scatola infernale.
    Allora la mamma tolse il coperchio dalla scatola.
    Un cucciolo di cane, un piccolissimo morbido peluche, saltò fuori scodinzolando e si rifugiò tra le sue braccia, decidendo che tra tutti i presenti il padroncino era proprio lui.
    Non capì mai cosa fosse accaduto in quel momento.
    Diventarono due amici, due fratellini inseparabili.
    Cominciò anche a bere la spremuta d'arancia troppo densa e a sorridere alla signora Giovanna.




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  6. Sul sentiero duro e ghiacciato, l'uomo e il cagnolino continuavano ad andare.
    Un calore amico passava ora dall’uno all'altro, un senso di benessere e di fiducia di cui entrambi avevano un grande bisogno.
    Procedevano incuranti del mondo.
    Andavano e andavano.
    Andavano insieme.
    Non importava dove.
    Immersi in una bolla di intimità e benessere, i loro sensi più non percepivano ghiaccio, freddo, odori, rumori, colori, ostacoli.
    La fusione dei loro corpi in un'unica temperatura, in un'unica entità, in un unico sentire, li rendeva invulnerabili.
    Così i due andavano e andavano incuranti del mondo.
    Improvvisamente l’uomo si fermò.
    Nel farlo fu così brusco che il cagnolino ebbe un tuffo al cuore.
    In un attimo si rivide rotolare sul terreno gelido e brullo mentre l'auto rapidamente si allontanava, perdendosi in lontananza.
    Spaventato a morte, terrorizzato, riemerse da quel piacevole torpore.
    Aprì gli occhi per vedere cosa stesse succedendo, a quale nuovo pericolo avrebbe dovuto far fronte.
    Il brullo sentiero solitario non c'era più.
    Intorno, ai lati del viale alberato, alti edifici contigui pieni di finestre allineate si stagliavano verso il cielo grigio.
    Guardando in su gli venne un capogiro nel tentativo di trovare lo spazio aperto del cielo.
    Impossibile.
    Solo spostando lo sguardo dall'altra parte della strada riuscì finalmente a cogliere il cielo plumbeo che incombeva sulla città.
    Tirò un sospiro di sollievo.
    Non fece in tempo a riprendersi del tutto, perché al brusco arresto che lo aveva così tanto spaventato seguì un nuovo inquietante contraccolpo.
    L'uomo si era letteralmente buttato a sedere su uno dei due scalini di accesso ad un portone… e lui si era sentito precipitare nel vuoto, anche se era ancora protetto tra le braccia amiche.
    Il portone evidentemente non veniva aperto da tempo e proteggeva dal freddo, che anche in città continuava ad essere pungente.
    Intorno la luce delle vetrine dei negozi sembravano stemperare l'aria che tagliava la faccia.


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  7. Gradualmente il cagnolino aveva ritrovato calma e serenità.
    Tra le braccia del suo padrone si sentiva ora sicuro e protetto.
    Questi lo accarezzava con amore, mentre tra i due passava una corrente calda di fiducia e di benessere.
    Il tempo perse ogni sua importanza.
    I due se ne stavano in una specie di trance, senza curarsi della gente che passava e che senza rallentare li guardava di sottecchi.
    Nei loro volti una ridda di sentimenti contrastanti.
    Curiosità, pena, disappunto, preoccupazione, emozione, pietà e perfino paura, si alternavano negli occhi delle persone in corsa, che transitavano in quel punto per scomparire in fretta dietro l'angolo di una strada.
    Poteva essere trascorso un breve minuto oppure essere volata via un'ora intera, forse addirittura una giornata.
    I due non davano cenno di accorgersi di nulla.
    Era evidente che erano entrati in un luogo sconosciuto al mondo che era intorno a loro.
    Cosa importavano gli altri e il tempo?
    Essi erano insieme e questo era tutto.
    Poi l'uomo tirò fuori il suo prezioso sassofono.
    Lo toccava con amore e circospezione, come temendo di fargli del male.
    Lo lucidò con cura servendosi dello straccio che lo avvolgeva, ci soffiò un po' dentro, quindi si accinse a suonare.
    Due note di prova, un’altra più lunga, tre note ancora.
    Infine, prese fiato e cominciò il suo personale concerto.
    La musica si diffuse nel viale alberato senza essere annunciata.
    Un raggio di sole fece capolino da un tetto, illuminando il musicista, il suo cagnolino e il sassofono.
    Intorno si fece improvvisamente silenzio.
    Una, due, tre... molte persone fermarono la loro corsa.
    Adesso la musica riempiva completamente lo spazio, creando un intimo collegamento tra viandanti un minuto prima ancora del tutto sconosciuti.
    Dalla piccola folla si levò un applauso convinto, gli occhi ridenti e il sorriso sulle labbra.
    L'uomo abbracciò il suo cagnolino.
    Era felice e appagato a dispetto del freddo pungente di quel fine inverno.
    I due tornarono a chiudersi nel segreto del loro intimo mondo interdetto agli estranei.
    Sul campanile non lontano, la campana batté le ore.
    La folla riprese la corsa folle interrotta, richiamata dalle proprie mille incombenze.



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