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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

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lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Una fiaba per sognare - La fiaba di Alice

                                                              


                                                           Gnomi



    In un fresco giardino, dove i fiori crescevano odorosi e alti fino al cielo, vivevano felici e contenti cinque piccoli gnomi. Immersi nelle morbide corolle, sventolavano i loro colorati berretti nell’aria dolce di un’eterna primavera.

  Il primo gnomo aveva un berretto rosso come il fuoco e sapeva dire soltanto: “I, i, i, i…”. Il secondo ometto era grasso e tondo. Indossava sempre un berrettino giallo e rideva soddisfatto: “A, a, a, a…”. Il terzo buffo gnomo indossava, con orgoglio, un morbido berretto nero come la notte. Con gli occhi sgranati, diceva sempre meravigliato: “O, o, o, o…”.

 Verdissimo come lo smeraldo era il berrettuccio del quarto gnomo. “E, e, e, e…” esclamava saltando “E, e, e, e, e…”. Rispondeva dubbioso l’ultimo gnomo, scuotendo perplesso il berretto più blu dello zaffiro: “U, u, u, u…”.

  Un brutto giorno il mago Zirò, invidioso per tanta felicità, fece un sortilegio sul giardino incantato: una campana di vetro sottile racchiuse prontamente l’intero paesaggio e, di colpo, la splendida estate scivolò nell’autunno.

  Subito i fiori appassirono, rovinando nel fango. Distrutte le piccole profumate casette, gli gnomi si ritrovarono tristi tra le foglie gialle, già tutte bagnate, mentre la pioggia cadeva mesta mesta, allagando ogni cosa.

  Alto si levò allora il pianto degli gnomi: “Uuuuh, ooooh, iiiih, eeeeh, aaaah…” e ben presto ingigantì, simile al vento potente staccò le ultime foglie, salì dolorante sempre più su, finché… Oh, miracolo! La campana di vetro si frantumò in mille pezzi!

  Rotto l’incantesimo del mago Zirò, un nuovo tepore riempì l’aria: fiori coloratissimi spuntarono rapidi e profumarono il giardino degli gnomi.

  Allora, i berrettucci calati appena sugli occhi, gli omini si raddrizzarono svelti, saltando allegramente dentro le grosse corolle danzanti.

  Il giardino incantato tornò alla vita e i berrettini colorati ricominciarono a sventolare nell’aria simili a grosse farfalle, mentre gli gnomi continuavano a parlare fitto fitto tra di loro la splendida lingua delle vocali.





                                                            Alice



  La piccola Alice, bella come una bambola, si era appena coperta fino agli occhi con il morbido piumino, gonfio e soffice sotto la seta rosa decorata di fiorellini acquerellati. Aveva salutato con il bacio della buonanotte la sua mammina profumata di buono ed era pronta per dormire. Quindi aveva chiuso gli occhi serena e contenta e si preparava al sonno...

  Stava già per addormentarsi… quando udì distintamente: “U, u, u!”

 “Oh, il gufo!” pensò immediatamente.

  “U, u… u,u,u,u…..uh…” continuò il richiamo nella notte.

  “Ho paura, gufo! Ho paura! Smettila! Ho paura della tua voce! Almeno fatti vedere, così saprò se posso fidarmi di te!”

  “U, u… u,u,u,u…..uh…”… Un ramoscello scricchiolò, un sassolino rotolò. Un debole fruscio ingigantì nella notte e… “Ai tuoi ordini principessina! Eccomi qua!”.

  Oh… meraviglia! Un omino rinseccolito, due gambette storte e una barba lunga lunga, comparve improvvisamente davanti ad Alice.

 “Sono Nano Zibibbo, per servirti, signorina!”

  Quindi l’omino, ridendo, si girò su se stesso, mostrando le spalle… e Alice poté ammirare un bellissimo gobbone che sembrava una torta di Pasqua gigante.

 “Uh… che fame!” pensò Alice “Mi sembra anche di sentirne il profumino! Si, proprio un buon profumino di vaniglia!”.


                                                                       --------------------- 


  “Alice, sveglia! Svegliati ti dico! E’ già mattino inoltrato e il sole trasforma in brillanti la foresta!... Guarda, guarda!... Non riaddormentarti, ti prego!”

  Alice aprì gli occhi lentamente, poi li richiuse. L’odore di vaniglia dello zucchero a velo le salì al naso… etcii!

 Aprì gli occhi definitivamente. Ora era ben sveglia. Si trovava nella tana di Topo, che aveva disposto dei fiori appena raccolti e adesso era in piedi accanto a lei con un grande vassoio.

  Una torta invitante troneggiava su di esso e in una tazza spumeggiava la cioccolata.

  Alice mangiò la torta e bevve la cioccolata.

  Topo le porse un tovagliolino di seta e riportò sul tavolo il vassoio con la tazza ormai vuota.

  In quella, ogni cosa fu avvolta da una musica meravigliosa. Le note di un magnifico valzer riempirono l’aria e una graziosa topina in tutù color fragola, volteggiò sulle punte, fermandosi infine accanto ad Alice che la guardava con gli occhi sgranati.

  “Presto, signorina, alzati! Presto, presto! Ecco il tuo tutù di merletto. Indossalo!” .

  “Il mio tutù di merletto?!” balbettò Alice senza capire.

“Presto! Nano Zibibbo ti aspetta… Oggi è il giorno della risata e lui sta già ridendo a crepapelle!”.

“Dunque, cosa devo fare?” chiese Alice ingoiando una briciola di torta che aveva raccolto dal suo polsino un po’ spiegazzato.

“Indossa il tuo tutù e vieni via… Presto Alice! Non facciamo diventare triste Nano Zibibbo!” replicò la topina con altre tre piroette. Alice capiva sempre di meno, ma preferì indossare il tutù che le veniva porto con tanta decisione.

  Appena fu pronta, mentre la topina eseguiva degli inchini a più riprese, non sapendo che fare, si rimirò nella credenza a vetri, ove tra chicchere e piattini vide una graziosa ballerina che le sembrava di conoscere. Stava per salutarla, quando capì di essere lei. Provò a fare due o tre saltelli, così tanto per vedere com’era, ma già la topina in tutù color fragola l’aveva presa per mano e la conduceva fuori dalla tana.

  Raggiunsero una radura, dove Nano Zibibbo, con quella specie di torta di Pasqua sulle spalle e l’odore di vaniglia intorno, piegato su stesso in una crassa risata, ammiccava e sghignazzava. Faceva versi alle corolle dei fiori variopinti che ondeggiavano al vento in alcune aiuole sul fondo della radura.

  Nell’aria volava anche un brusio indistinto, un borbottio impercettibile, un ribollire argentino di note e notine appena avvertite, quasi immaginate.

  Poi, sotto le risate del nano, Alice percepì chiaramente un vocio sommesso: “Uuuuh, ooooh, iiiih, eeeeh, aaaah…”. La bambina ne avvertiva la melodia, un che di gioioso che dava felicità all’ascoltatore e che riempiva il cuore!

  In questo stato d’animo si avvicinò all’omino rinseccolito, le due gambette storte atteggiate alla danza, la barba lunga lunga che ne segnava puntuale il ritmo.

  L’invito a ballare lo sentì direttamente nella sua mente. Così, più forti della sua volontà, i piedini di Alice cominciarono a piroettare sulle punte come se fosse stata da sempre una vera ballerina classica.

  Poi, senza nemmeno pensarci, si unì alla topina in tutù color fragola e, in un passo a due strepitoso, dettero vita ad un bellissimo balletto, mentre Nano Zibibbo continuava a ridere, a ridere e a ridere.

  Il brusio nell’aria li accompagnava danzante, come se piroettasse con loro, in un crescendo sempre più solenne, sempre più intenso, sempre più significativo.

  Fu allora che Alice comprese con chiarezza che i suoni pronunciati erano sempre gli stessi, e che erano le note musicali che ne facevano una vera sinfonia.

  “Uuuuh, ooooh, iiiih, eeeeh, aaaah… Uuuuh, ooooh, iiiih, eeeeh, aaaah… Uuuuh, ooooh, iiiih, eeeeh, aaaah…”.

  In quella, la topina le si avvicinò maggiormente e, volteggiando leggiadra, le bisbigliò qualcosa all’orecchio: quello era il linguaggio delle vocali, parlato esclusivamente dal popolo degli gnomi! Intanto con il ditino le indicava i fiori laggiù, che chiudevano l’orizzonte.

  Allora Alice si voltò e li vide. Immersi nelle morbide corolle, degli strani omini sventolavano i loro colorati berretti nell’aria dolce dell’eterna primavera che avvolgeva le aiuole in fondo alla radura.

  Il primo gnomo aveva un berretto rosso come il fuoco. Il secondo ometto era grasso e tondo e indossava un berrettino giallo. Il terzo era davvero buffo: indossava, con orgoglio, un morbido berretto nero come la notte e aveva gli occhi sgranati.

  Verdissimo come lo smeraldo era invece il berrettuccio del quarto gnomo, mentre l’ultimo esserino scuoteva perplesso il berretto più blu dello zaffiro.


                                                                   ---------------------


  “Alice, sveglia! Svegliati ti dico! E’ già mattino inoltrato e il sole trasforma in brillanti le gocce di pioggia cadute nella notte. Guarda, guarda!... Non riaddormentarti, ti prego!”.

  Alice aprì gli occhi. Che luce abbagliante! Li richiuse immediatamente.La melodia meravigliosa nella lingua delle vocali pervadeva ogni angolo della radura.

  Ora Alice era proprio a ridosso dell’aiuola… hop, hop, hop…

  Uno gnomo le saltò su una spalla, un altro le si sedette sulla testa e si teneva ai suoi riccioli, il terzo si mise a fare l’altalena sul suo braccio destro, il quarto scalava la sua gamba sinistra, mentre il quinto si era afferrato al tutù e volteggiava nell’aria contento e felice.

  La topina non riusciva più a smettere di ridere, Nano Zibibbo aveva quasi quasi le convulsioni, Topo lo sosteneva come meglio poteva, gli gnomi avevano le bocchine così aperte che si vedeva loro l’ugola…

  Anche Alice non poté più trattenersi. Prima piano piano, poi sempre più forte, prese a ridere come una pazza sentendosi al settimo cielo!

  Nessuno si avvide che al di là delle aiuole, in lontananza, nuvole e fulmini, vento e pioggia, in guisa di tormenta, si avvicinavano minacciose. Non se ne avvidero perché, non appena la tormenta raggiunse le aiuole dei fiori, si fermò bruscamente, anzi cominciò a tornare indietro, e di corsa!

  Infatti, nascosto dietro la nuvola più nera, c’era Mago Zirò, che voleva portare di nuovo l’autunno nel mondo dei piccoli gnomi e imprigionarli nella cupola di vetro!

  Per fortuna, quando sentì da lontano le crasse risate di Nano Zibibbo, suo atavico nemico, Mago Zirò cominciò subito a sentirsi male, poi avvertì pienamente tutta quella felicità che vibrava nell’aria e per poco non cadde morto sotto la sua stessa pioggia!

  Così se ne scappò via verso l’inverno e giurò che se ne sarebbe stato alla larga per un bel po’.  Si sentiva debole debole: aveva perso tutta la sua energia!


                                                               ---------------------


  “Presto, bambini, prendete il quaderno e scrivete con ordine, dico con ordine, le paroline che abbiamo trovato insieme e che io vi ho già scritto sulla lavagna. Fate anche un bel disegnino accanto ad ogni parolina… Come al solito, io ho fatto solo uno schizzo, ma voi che siete molto, ma molto più bravi di me, dovrete farne uno bellissimo!

  “Alice, sveglia! Svegliati ti dico! Apri gli occhi, ti prego! Prendi la matita dall’astuccio. Bisogna copiare le paroline divise in sillabe… alcune sono con “m” e con “n”. Oggi sei molto distratta! Sì, non stai attenta proprio per niente!”.

  Alice sussultò, si guardò meglio intorno e vide la lavagna già piena di parole da riprodurre sul quadernone, con molto ordine, come aveva detto di fare la maestra!

  Lesse incuriosita la prima parola, “ma - go”, poi la seconda, “na - no”, quindi “tu - tù”, “to – pi - na”, “fio – ri”…

  Che bella storia le avevano messo in moto nella testa quelle semplici paroline! Che carini quei piccoli gnomi che parlavano nella lingua delle vocali! E che dire della topina in tutù color fragola? Per non parlare di quel Nano Zibibbo…

  Alice sospirò, prese la matita dall’astuccio e cominciò a riprodurre con cura la prima parola: na - no. Poi con i colori più belli disegnò… Nano Zibibbo!

  Proprio mentre disegnava la topina in tutù, udì la sigla del telegiornale. Aprì gli occhi. Lo speaker ora annunciava pioggia per tutto il giorno.

  Una finestra si aprì e un po’ di luce grigiastra entrò nella stanza. La mamma in cucina versava il latte nella tazza, chiamandola a gran voce.

  La piccola Alice, bella come una bambola, uscì assonnata dal morbido piumino, gonfio e soffice. Doveva andare a scuola e non poteva fare tardi!

  Così, barcollando con gli occhi ancora mezzi chiusi, arrivò in cucina, e si sedette al suo posto come ogni mattina. Appena un po’ più sveglia, sollevò con cura la pesante tazza piena di latte fumante e ne sorbì una piccola sorsata. Puah! Arricciò il naso con aria perplessa e si affrettò ad afferrare il barattolino del cacao.

  Ne versò il contenuto profumato nel latte. Lo versò a pioggia, senza risparmio, finché con la coda dell’occhio non vide il volto esterrefatto della mamma a due centimetri dal suo!

  Senza indugio, posò il cacao. Subito afferrò alcuni biscotti al latte, due o tre al miele, ancora altri al cioccolato e con la granella di zucchero.

  Li tuffò tutti insieme nel latte, poi ci si tuffò quasi dentro anche lei, emettendo mugolii di grande soddisfazione.

  In quella si accorse che il telegiornale era finito. Sullo schermo adesso si vedeva passeggiare una bella fanciulla con un librone aperto in mano.

  Il suo abito leggero svolazzava al vento. Sullo sfondo due o tre alberi ondeggiavano beati sotto un cielo di un azzurro incredibile...

  La ragazza, ora, aveva raggiunto un’altalena intrecciata di fiori e si era seduta. Si accomodò il gonnellone intorno alle ginocchia, lanciò le scarpe sull’erba e respirò a pieni polmoni.

  Quindi guardò Alice dritto negli occhi, le sorrise e iniziò a leggere con voce gentile e suadente:

  “C'era una volta un elefantino davvero piccolissimo, così piccolo, che...".




                                                                                                La Panchina


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8 commenti:

  1. Bella... La userò il prossimo anno in prima per lavorare sulle vocali!

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  2. Cara Ly, sono davvero molto contenta che ti sia piaciuto perderti nel mondo fantastico di Alice! Anche solo una goccia contribuisce a creare il mare... Scoprire che Ly apprezza il mondo dei bambini mi rende felice. Anche la panchina sussulta di gioia! Sentire poi che la utilizzerai con i tuoi alunni nel presentare loro le vocali, credo di aver capito che sei un'insegnante, mi gratifica ancora di più, perché le dinamiche intorno alla nostra panchina riescono addirittura a penetrare nel mondo concreto! Grazie, Ly! Torna a frequentare La Panchina.

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  3. Mi sento già comoda su questa Panchina...

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  4. Questa fiaba mi fa sognare, mi fa tornare indietro e riassaporare momenti indelebili. Ad occhi chiusi mi appare di nuovo il nostro "circle time", i miei compagni di allora e la nostra prima compagna di avventure: Alice! Che emozioni!

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  5. Finalmente, Marty!
    Che bello ritrovarti qui sulla panchina!
    Direi... che ti stavo aspettando.
    Sono davvero molto molto contenta delle emozioni che la fiaba ha suscitato in te!
    Dunque, torna spesso qui sulla panchina.
    Condivideremo momenti di riflessione, di gioco, di relax...

    ❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤❤

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  6. Certo tornerò spesso: mi piace molto questo posto quasi magico che mi fa evadere. Trovo molti spunti interessanti, suscita tanti ricordi. Purtroppo sono stata un po' di corsa ultimamente, ma in questa estate passerò spesso su questa cara panchina ❤️❤️❤️❤️❤️❤️

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  7. E noi saremo sempre qui, insieme, in questa atmosfera magica, ad aspettarti.
    Nell'aria rarefatta che circonda la panchina cercheremo di ricomporre una vita bella, una vita positiva, una vita altra, lontani da tante tristezze e brutture in cui spesso ci si crogiola senza reagire.
    In questa realtà baciata dalla fantasia, dunque, sarà bello incontrarti ancora. A presto, cara Marty. ❤❤❤❤❤❤❤❤

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