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Buona lettura



Racconto - Pulcetta

 


Botero


Pulcetta



"Che capolavoro di bambina abbiamo fatto! Cresce a vista d'occhio, vero? Sembra proprio il ritratto della salute!". 
Giorgio rimirava la sua prima figlia con l'orgoglio del neofita, mentre le porgeva una cucchiaiata dopo l'altra di stelline affogate nel brodo vegetale.
La moglie non rispose, ma sorrise compiaciuta a quel quadretto familiare, che era esattamente come lo aveva immaginato da sempre.
Le stelline scomparvero dal piatto in un batter d'occhio e neppure una andò sprecata.



La verità? Quella bambina cresceva troppo. 
La culla diventò in fretta troppo stretta, il tavolino della scuola materna sembrava quello di Alice e quando arrivò alla primaria la maestra faticò non poco a convincere gli altri bambini che lei non fosse un'insegnante.
Pulcetta, come avevano cominciato a chiamarla scherzosamente i suoi genitori fin da quando era arrivata al mondo, cresceva comunque serena e spensierata, anche se non sempre riusciva a comprendere gli atteggiamenti delle persone, bambini e adulti, nei suoi confronti.
Cosa c'era di sbagliato in lei?
Se si guardava allo specchio vedeva un bel viso regolare, occhi grandi e luminosi di un azzurro incantevole, un nasetto proporzionato e regolare e bei capelli neri, morbidi e lucidi che le ricadevano in ricci aggraziati sulle spalle. Sì, era alta, ben sviluppata e superava già la sua mamma di qualche centimetro, ma questo a lei piaceva.

Con i compagni le relazioni erano contraddittorie. Alcuni la criticavano, la deridevano e ne sparlavano. Altri, invece, quelli più piccoli e più fragili, la seguivano ciecamente vedendo in lei un porto sicuro e una protezione. Così un po' disorientata, Pulcetta arrivò alla scuola media.
Prima che riuscisse ad ambientarsi in quella scuola così vasta e sconosciuta, in cui troppi erano i ragazzi mai visti e più grandi di lei che le giravano intorno, Pulcetta continuò a crescere.
Frizzi e lazzi erano continui intorno a lei, ma lei non se ne lasciava contagiare.
Sorrideva alla vista di quei mingherlini che non avevano altra arma che la derisione per sentirsi forti e onnipotenti. Lei non aveva affatto interesse per loro né tantomeno li temeva in qualche modo. Sapeva di essere più forte in tutti i sensi. Aveva la testa libera da verità indotte e se fosse stato necessario avrebbe potuto dar loro una bella strapazzata anche fisica. Non aveva certo paura di battersi con loro, anche con i maschi. Era conscia della sua forza.
 
Si accorse ben presto, invece, delle difficoltà di Serena, una compagna con cui si relazionava, avendo scoperto di amare lo stesso genere musicale e di apprezzare entrambe il cantare nel coro del quartiere. 
Serena era una ragazzina graziosa dall'aspetto morbido e accogliente; aveva in dotazione un bel sorriso, ma – ahimè - aveva anche un naso appena appena un po' pronunciato... e questo, come è  facile immaginare, non passava certo sotto silenzio!
 
Così, giorno dopo giorno, le due rimasero isolate dai mingherlini deridenti.
Infatti, c'erano anche alcune compagne che mantenevano con loro un rapporto almeno civile, ma queste passavano tutto il giorno a parlare di abiti e di ragazzi e poco si curavano di loro considerate anomale e troppo intellettuali. Che orrore quella musica e tutte quelle parole sui libri che le due leggevano!

Le frazioni, il testo giornalistico, la biografia, il corso aggiuntivo di Latino il pomeriggio. E poi il coro.
Le occhiatine, i sorrisini, gli sberleffi, qualche epiteto… il tempo comunque scorreva e le due ognuna a suo modo cresceva, finché  impercettibilmente ogni cosa finì per prendere pieghe completamente diverse.
 
 

Pulcetta si ritrovò ben presto al ginnasio e poi al liceo classico. 
Come al solito, divorava voracemente tutte le nuove proposte di studio che le venivano fatte, saltando dalla filosofia di Platone al greco antico, lasciandosi trascinare senza resistenza alcuna in un mondo fantastico come una fiaba.
Intanto continuava a crescere e adesso era decisamente più alta di qualsiasi giocatrice di pallacanestro, ma lei non se ne curava. 
Si sentiva a posto così e andava avanti con determinazione per realizzare ciò che credeva giusto e ciò che soprattutto desiderava.
Naturalmente Serena l'aveva seguita. Come si poteva solo pensare che volesse frequentare un diverso corso di studio? E poi da sooola?!?

Il loro isolamento si riconfigurò pari pari anche in questa nuova scuola.  
Infatti le due, a parte la loro fisicità, erano anche completamente diverse da tutti i loro coetanei che vivevano di pettegolezzi, di effimero, di apparenza. Costoro non studiavano? Studiavano il giusto, ma appena potevano correvano da tutte le parti in una sorta di sarabanda, del tutto priva di interesse per Pulcetta e la sua amica.



"Soffoco, soffoco! Mi sento male, ho pauuraaa, sto malissimo, aiutami, aiutami! Vieni subito, ti prego!" Serena al telefono piangeva disperata e  diceva frasi senza senso.
Pulcetta rimase di stucco. Non si aspettava certo una telefonata di quel genere e, poi, proprio non capiva. Non era riuscita a comprendere nemmeno che cosa facesse male all'amica, la quale improvvisamente aveva messo fine al collegamento e adesso non rispondeva più al telefono.
Allora si precipitò fuori di casa per andare di persona e vedere cosa stesse capitando in quel pomeriggio di marzo, che si era preannunciato tiepido e carezzevole nella primavere imminente.
Per fortuna abitavano vicine. 

Arrivò dopo una manciata di minuti, trafelata e sempre più preoccupata.
Serena aprì lentamente la porta, ancora piangendo, tutta ripiegata su se stessa.  Più che dire che si sentiva soffocare e piangere non faceva. Pulcetta non riuscì a cavarne altro, neppure a capire infine cosa esattamente le facesse male. Così fece l'unica cosa possibile: chiamò "La Misericordia" che per fortuna era dislocata quasi sotto casa.
Ben presto arrivò un'ambulanza con medico a bordo.




Da quel momento niente fu come prima.
Si era aperto il vaso di Pandora.
Quello era stato il primo attacco di panico di Serena.
Alla fin fine si era ben presto concluso. Infatti, con qualche goccina e parecchie parole, il malessere era effettivamente rientrato, ma difficile rimase capire il perché e il percome si fosse verificato.

Pulcetta studiava il comportamento dell'amica con occhi del tutto nuovi, anche perché Serena era sempre più taciturna e spesso sembrava distratta.
Un mercoledì, durante l'ora di italiano, mentre eseguivano un compito in classe, Serena chiese insolitamente di poter uscire. Pulcetta pensò semplicemente che per una volta fosse andata in bagno.
Del resto il compito che stavano eseguendo non era certo difficile per loro e nulla poteva far presagire quello che stava per scoprire.

Quando dopo un tempo interminabile uscì a cercarla, la trovò rannicchiata nello sgabuzzino delle scope a piangere inspiegabilmente come una fontana. Non ci fu verso alcuno di tirarle fuori la più piccola spiegazione su quel pianto viscerale e muto.
Pulcetta telefonò alla madre di Serena perché la venisse a prendere... e finì il suo compito in classe meccanicamente, presa com'era da quella situazione paradossale che stava vivendo.

Aveva finito. Si alzò per consegnare e andarsene il più presto possibile. 
"Hi, hi, hi... se ne va... ha furia... King Kong l'aspetta... uuuh....". 
Pulcetta non realizzò di cosa stessero ridacchiando Paolo e Luigi mentre passava, raggiunse la porta dell'aula e si chinò un po' per attraversarla indenne. 




"Dai, Serena, andiamo a fare un giretto al Parco del Valentino! Ma che stiamo a fare qui?! E dai! Fa un caldo terribile... lungo il fiume ci sarà di certo un po' di refrigerio...".
"No, io no! Vai tu, se vuoi. Io posso stare qui anche da sola. Io non ne ho affatto voglia! Anzi, non posso neppure pensare di venire fin lì, per essere guardata come un fenomeno da baraccone da tutti quei ragazzi che schiamazzano e basta. Non li sopporto proprio!".
Pulcetta rimase senza parole. Era davvero sorpresa per l'insolita uscita della sua amica. Era la prima volta che si lasciava sfuggire un indizio su quello che le stava capitando,

Dunque Serena si sentiva inadeguata, malgrado la sua bravura, anche con il suo cervello eccezionale che le consentiva di apprendere tutto quello che incontrava nella sua vita! Com'era possibile? Da quando aveva cambiato strada? Semmai era lei, Pulcetta, che veniva derisa dai compagni di classe per le sue dimensioni... e magari avevano anche ragione loro perché lei era davvero fuori misura! Serena invece era piccolina, ma naturalmente elegante e nel complesso graziosa. Forse pagava il fatto che era sua amica inseparabile?
Accidenti, che sorpresa! Lei, l'associavano ormai abitualmente a King Kong - e la cosa non la toccava minimamente -  ma non si era mai accorta che deridessero anche Serena.




Da quel momento in poi  si cominciò a fare un po' più di chiarezza. 
Serena la prendeva da lontano perché non voleva perdere il controllo di quella situazione che, in realtà, le era sfuggita di mano già da tanto tempo.
La famiglia e Pulcetta, tuttavia, riuscirono a leggere tra le righe e finalmente intuirono la verità, dov'era il nocciolo dei suoi ricorrenti attacchi di panico.

Si scoprì che il vero problema era diventato quel naso, quel naso appena appena importante, che la natura le aveva posizionato sul viso senza il suo permesso.
Infatti, da quando aveva cominciato a prendere quel filino di gobba, Serena non aveva più potuto guardarsi allo specchio senza provare disgusto per se stessa. Da quel momento lo eveva evitato in tutti i modi. Infatti, aveva sempre una voglia incontrollabile di romperlo quello specchio, che la tradiva. Voleva cancellare per sempre l'immagine che le rimandava... e qualche volta di nascosto lo aveva anche fatto.
Poi la situazione era diventata insostenibile quanďo il desiderio di piacere a qualche ragazzo si era scontrato con le parole di Giulio, un prestante giovanotto niente male. Lo aveva sentito descrivere la sua ragazza ideale come quella dal visino d'angelo, con i lineamenti gentili di una statua del Canova. 
Era stato lì, che il buio si era insediato nel suo cuore e ci era rimasto.




"È andato tutto bene. Sono molto soddisfatto del mio lavoro. Adesso... non sarà proprio come quello di una delle dee del Canova, che poi, detto tra noi -  e, se non ci credi, vai a vedere "Le tre Grazie" che sono all'Ermitage di San Pietriburgo -  non è quasi mai un granché, ma ti assicuro che è sicuramente adatto al tuo viso. Vedrai! Penso che ti piacerà!". 
Il chirurgo era venuto in visita e spiegava a Serena che ormai mancava davvero poco per togliere la fasciatura ed ammirare il suo nuovo naso.
Quando questo avvenne, Serena non poté nascondere le lacrime di gioia. Per la prima volta si sentiva se stessa... e si vedeva anche bella!




Pulcetta era molto molto contenta per l'amica.
Quando aveva capito quale fosse il problema, aveva speso molte parole con lei, insistendo sul fatto che i problemi vanno affrontati e risolti. Quindi ci stava pure un chirurgo plastico, se necessario.
Per lei il viso di Serena era sempre stato bellissimo, perché quello che contava erano i suoi occhi intelligentissimi con i quali stabiliva una sintonia immediata in ogni situazione. Inoltre riteneva che la cosa più importante per un individuo fosse avere conoscenza ed empatia. E Serena possedeva entrambe le cose alla massima potenza. Questo era certo.
Se lo avesse scoperto prima l'avrebbe incitata a fare qualcosa.
Lei, Pulcetta, non badava minimamente a quello che potevano dire gli altri del suo aspetto fisico, poiché li vedeva troppo superficiali ed era stata educata a proiettarsj verso un futuro costruito esclusivamente dalle sue scelte personali. Non ci aveva proprio pensato e le era sfuggita questa sofferenza dell'amica.




Quando rivide Serena con il suo nuovo naso, Pulcetta si complimentò con sincerità: "Sei uno schianto!" e poi proseguì: "Per fortuna era il naso! Pensa se fossi stata io a pormi problemi! E cosa avrei potuto fare io con la mia imponente altezza? Accorciarmi le ossa? Mi ci viene da ridere... Ho letto da qualche parte che quelle delle gambe te le possono allungare, accorciare non so... Ha, ha, ha! Mi dovrebbero rifare per intero, perché io ho lunghe anche le braccia... e collo e busto... Hai pensato, invece, quanto sei fortunata? Alla fin fine un naso si corregge da sempre e forse a te, per il tuo simpatico naso, bastava semplicemente un minimo di trucco correttivo.".
Le due amiche si guardarono negli occhi e scoppiarono a ridere senza riserve. 
Serena si riprese subito per tema di rovinare il capolavoro eseguito dal chirurgo.
Pulcetta, invece, ormai era partita.
"Hai mai pensato come è difficile per me trovare un ragazzo... alla mia altezza? Sembrano tutti poca cosa quando mi stanno vicini... ah, ah, ah! Dovresti vedere come sono a disagio! Si è mai visto un uomo che può essere sollevato di peso e messo a sedere sul tavolo da una donna? Per me invece non è certo un problema. Mi piacciono gli uomini piccoli rispetto a me, purché abbiano un'intelligenza viva e sappiano discutere con me. E poi, non lo crederai, ci sono anche uomini piccoli a cui piacciono le donne grandi... e grandissime come me. A loro piace il senso di proteźione che ne deriva, ma anche il fatto che possono dimostrare che sanno tenere loro testa lo stesso.".
"Per me tu sei perfetta così... sei bellissima con quel viso armonioso e sorridente!" non si trattenne dal commentare Serena.
"Anche tu lo eri per me! Io certo non vedevo il tuo naso... e poi, ti sei mai chiesta se ci poteva essere qualche ragazzo a cui magari piacciono i nasi importanti...  direi, aristocratici?




Nel grande studio di ricerca, il ronzio dei computer era elevato. 
Nella luce soffusa, risuonavano amiche le note di Debussy.
Le due donne, sedute una accanto all'altra, lavoravano con grande interesse ai loro grafici.

Il cellulare vicino ad uno dei due  computer vibrò appena, mentre si materializzava un messaggio sul display: "Vi aspetto a cena: arancine di Palermo e cannoli siciliani inviati da mia zia, già arrivati con il volo della mattina.".
Pulcetta aprì il messaggio e rispose immediatamente all'invito.
La luce del messaggio in arrivo si accese sul cellulare accanto all'altro computer.
Serena lesse senza neppure aprire la chat: "Ci saremo certamente... con il Nero di Avola che a mio avviso ci sta bene... benissimo. Ginevra ha un interessante giochino da mostrare a Beatrice.".





















 


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