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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Una fiaba per sognare - Alice e l'elefantino









(continua)



Quindi guardò Alice dritto negli occhi, le sorrise e ricominciò a leggere con voce gentile e suadente.


L’elefantino


C'era una volta un elefantino davvero piccolissimo, così piccolo, che poteva stare entro il palmo di una mano. Queste sue insolite dimensioni costituivano per lui un vero problema. Non riusciva a spiegarsi perché nella savana non abitassero esserini simili a lui, anzi tutt’altro!

Nascosto dietro il tronco di un’acacia, ben mimetizzato e tremante  di  paura, aveva visto passare molti animali: alcuni brucavano l’erba alta o mangiavano le tenere foglie sulla chioma di alberi sparsi, altri passavano al galoppo in branchi numerosi, altri ancora si bagnavamo nelle acque limpide del fiume, ma quasi tutti erano grandi, grandissimi, diciamo enormi, ed emettevano suoni e rumori da far accapponare la sua pelle grinzosa!

A dir la verità, il giorno precedente, aveva visto passare anche degli animali in tutto e per tutto uguali a lui: pelle rugosa, piccola coda, lunghissimo e grasso naso che toccava per terra e due orecchie così grandi che sventolavano come bandiere. Gli erano stati subito simpatici e aveva sperato di potersi unire a loro.

Così quella mattina si era avvicinato un po’, poi un altro po’, infine si era messo al galoppo con le sue piccole tozze zampe.

Nessuno mostrò di averlo notato e lui si sentiva del tutto inadeguato, quando, avvicinatosi al più piccolino, si accorse di arrivargli a malapena allo zoccolo.
Un grosso lacrimone, quasi più grande di lui, gli sgorgò dagli occhietti piccini e rotolò tra le zampe del giovane elefante che gli era sembrato così bello, quasi una divinità.

Quest’ultimo si fermò di botto ad osservare quel diamante che luccicava sul terreno, poi lo afferrò delicatamente con la sua maldestra proboscide e se lo portò davanti agli occhi…
Fu come aver aperto il vaso di Pandora! Sullo schermo del lacrimone luccicante vide un piccolo esserino che stava per essere calpestato, sbalzato lontano… forse ucciso!


Si guardò allora intorno, in alto, in basso e… lo vide! Oh, che minuscolo elefantino! Non era possibile! forse sognava?
Allungò non senza qualche difficoltà l’incerta proboscide e raccolse con delicatezza quell’animaletto, tutto triste e impaurito, che si afferrò al lungo naso malfermo, mentre il suo cuoricino batteva all’impazzata.

L’elefantino, stretto delicatamente nell’abbraccio di quella proboscidina tenera tenera, si sentì rassicurato.
Quando si trovò all’altezza dei piccoli occhi del proprietario, abbozzò un piccolo sorriso e sgambettò festosamente con le piccole zampette.

 In quella, un terribile barrito si levò nei paraggi e un’enorme testone si avvicinò minaccioso!
L’elefantino, pieno di terrore, si rannicchiò su se stesso e scomparve nella sicurezza dell’abbraccio amico.

“Cosa hai nascosto nella tua proboscide, piccolino?” chiese mamma elefante al suo piccolo, con voce severa.

“Niente, mamma! Solo un giocattolo, credo! Un elefantino così piccolo che sta nell’anello della mia proboscide. Però è tenero e caldo...”.

“Giocattolo?! Chi mette giocattoli in questo mondo naturale e selvaggio?”.

“Se te lo faccio vedere me lo toglierai? Dimmi, gli farai del male? Sì, perché sembra  proprio vivo…”.

“Fammi vedere, su!!”.

Il cucciolo allentò un po’ la proboscide e l’elefantino piccolissimo si aggrappò al bordo dell’anello rugoso per non cadere.
Un fievole barrito si levò dalla sua gola…

Quale non fu la sorpresa di mamma elefante quando vide quell’esserino così dolce e così bisognoso di protezione!
Era in tutto e per tutto uguale al suo figlioletto… ma come poteva esistere nel mondo un elefante di quelle dimensioni?

Mentre pensava e pensava velocemente, la colpirono due piccole strisce gialle a V, poste dietro l’orecchio sinistro di quell’elefantino-giocattolo.
Oh, mio Dio! Proprio come quelle del cucciolo di sua sorella scomparso alla nascita!
L’elefantessa non capiva più niente e prese a barrire con fare inquietante.

L’esserino scomparve di nuovo nell’anello protettivo della proboscide e cominciò a tremare disperato.

Rispondendo a tutto quel barrire, le elefantesse con i piccoli si fecero loro intorno. Ne seguì una concitata conversazione a base di spaventosi barriti, poi tutto tacque improvvisamente.

La presa della giovane proboscide si allentò e l’elefantino tornò allo scoperto. In bella vista la V dietro le sue orecchie in movimento concitato.

“O piccolo mio, che ti hanno fatto? Chi ti ha reso così minuscolo?” barrì di rimando la sorella della prima elefantessa che aveva riconosciuto in lui il suo piccolo scomparso.

Sentendo quella voce pronunciare tali parole e osservando quell’elefantessa, il piccolo elefantino avvertì dentro di sé un senso di pace profonda e la sicurezza di essere tornato a casa.
Uscì dal tenero abbraccio e saltò sulla proboscide sicura che gli porgeva... la sua mamma!

Ora il problema era capire come si era potuto ridurre a quelle dimensioni!
Per giorni e giorni le cose andarono avanti così finché, un giorno, una strana giraffa si avvicinò alla comunità degli elefanti e così cantò:


Tutte le creature sono speciali
come le stelle e le acque termali,
come le gocce e i fiocchi di neve
che la terra vicina e lontana si beve.

Speciali sono le creature tutte 
come le erbette non son tutte brutte.
Infatti sono tutte diverse
ma tra di esse ce ne son di perverse.

Fu proprio un’erbetta mangiata per sbaglio
a generare tutto questo grande barbaglio:
 un invisibile  elefante-topino
che può rimanere per sempre bambino.

Ma sotto l’acacia nella radura
c’è un filo d’erba di diversa natura.
Basta mangiarlo senza masticare
per l’incantesimo fare annullare.


L’elefantessa capì immediatamente che lo strano canto della giraffa era non solo pieno di magia, ma anche che era diretto proprio a lei e al suo piccolo.
Così si recò nella radura e cercò il filino diverso sotto l’acacia.
E cerca e cerca finalmente lo vide: era un filino così brillante che volgeva quasi all’arancio.

“Presto, presto! Ingoia quel filino e, non lo masticare, per carità!” ordinò l’elefantessa all’elefantino.

Il piccolo obbedì prontamente... e in un secondo si ritrovò grande come il suo cuginetto che lo aveva salvato leggendo il lacrimone generato dalla sua tristezza.

Da quel momento in poi, la vita nella comunità degli elefanti  tornò alla normalità e andò avanti serena e tranquilla per tanti tanti anni.”


(continua)




La Panchina



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 senza il permesso degli aventi diritto.



4 commenti:

  1. Una lacrima, preziosa come un diamante, svela l'invisibile.

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  2. Sei criptica, cara Ly!
    Io penso tu voglia rimarcare come una lacrima possa svelare i sentimenti più profondi che non abbiamo il coraggio di manifestare, spalancando un mondo vero, vivo, spesso tenerissimo.
    Spero che anche questa piccola fiaba ti sia piaciuta!
    Ciao, cara Ly!

    RispondiElimina
  3. ... Sì, è proprio ciò che ho pensato e provato leggendo la fiaba.
    Saluto La Panchina, che mi accoglie...

    RispondiElimina
  4. La Panchina è davvero felice di accoglierti! Il tuo apporto è prezioso ed è bello sentirti far capolino con garbo nel mondo delle idee, delle emozioni e della creatività.
    Torna, Ly! La Panchina ti vuole bene.

    RispondiElimina

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