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La Strapuntata, poverina, aveva avuto molti molti problemi nella sua vita.
Era una donna veramente disgraziata, fisicamente molto grassa, una donna non amata né da madre natura né dalla famiglia.
Purtroppo era moglie di un ubriacone che la menava un giorno sì e l'altro pure e le faceva fare un figlio dopo l'altro.
Aveva lavorato tanto nei campi, lavori molto faticosi che il marito sempre ubriaco non faceva.
Così aveva finito con il non volersi più bene e con il non curarsi più per niente di se stessa.
Quindi, non c'era da meravigliarsi che fosse un po' cialtrona, poco attenta ai suoi limiti sia nel corpo che nell'anima.
Le piaceva tanto chiacchierare, anzi straparlare di tutto, dondolandosi prima su un fianco poi sull'altro.
Ogni tanto si aggiustava il seno debordante, gioia e pena di chi stava a guardare il suo passo di elefante.
Ad ogni commento una risata e una sganasciata.
Era meglio tenerla a distanza.
Così la Strapuntata sciabordava da tutte le parti con fatica, ma lei dentro si sentiva una giovane flessuosa e leggera.
Si vedeva ancora come la fanciulla che era stata.
La teneva celata sotto un piumone soffice, questa sua tenera immagine, ma sapeva che l'avrebbe tirata fuori un giorno o l’altro.
E tutti avrebbero visto la Cenerentola che teneva nascosta dentro e che riservava al suo Principe: quel macellaio dalle mani d'oro che l'avrebbe frollata ben bene.
Quel giorno la Strapuntata, con tutta la sua mole molliccia e sgangherata, attraversò il cortile.
Era veramente arrabbiata.
La signora del numero tredici le aveva tolto dalla sua finestra un maglione che aveva steso sui fili ad asciugare.
Nonostante la sua faccia truce, però, non metteva affatto paura, anzi nel suo incedere verso la dirimpettaia era buffissima, ondeggiando di qua e di là in modo del tutto disordinato.
Annusata la rissa, un capannello di curiosi si andò rapidamente formando lì intorno.
Grida di incitazione si levarono da più punti, sovrastando i risolini e i gridolini sommessi di chi si preparava a godersi lo spettacolo del solito litigio quotidiano.
Intanto sulla porta si era fatta avanti una megera alta alta, con un collo lunghissimo e così magra, che tutti chiamavano la Giraffa.
Il punto di collisione fu terribile, lo scontro violento e rumoroso come non mai.
La Giraffa l'afferrò per i capelli e cominciò a trascinarla come una forsennata.
La Strapuntata iniziò a morderla a sangue ovunque le capitasse a tiro e, mentre veniva trascinata. si portava dietro la Giraffa che urlava di dolore.
Lo spettacolo era sempre più impressionante e cruento.
Adesso non era più tanto divertente.
I risolini via via si spensero, il silenzio totale cadde intorno all'improvviso.
Qualcuno gridò di smetterla.
Poi Guglielmone si avvicinò e le separò in malo modo.
La folla si disperse.
La Giraffa e la Strapuntata, con gli abiti strappati, piene di morsi e graffiate a sangue, rientrarono nel buio delle rispettive case.
Il maglione, tutto sporco e spiegazzato, giaceva abbandonato in una pozzanghera al centro del cortile.
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clap, clap, clap. Bella storia. Che coraggio Guglielmone! E' meglio del macellaio che si è rintanato nella sua bottega.
RispondiEliminaCaro Pollicino, solo oggi ho letto il tuo graditissimo commento.
EliminaHai ragione. Sarebbe stato più logico concludere con il lieto fine e con il macellaio che accorre in suo aiuto, pronto a frollarla... ma non disperiamo, chissà che Guglielmone oltre che 'one e coraggioso, sotto sotto non sia stato invece attratto dalle morbidezze della Strapuntata!
Una cosa è certa: la Strapuntata cambierà l'oggetto dei suoi sogni.
Brave.
RispondiEliminaGrazie, ❤
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