Buonasera, carissimi amici!
Avevo proprio bisogno di sedermi sulla nostra panchina a ritrovare leggerezza e serenità.
Ho appena avuto un contatto ravvicinato con la follia, per fortuna non con persone reali, ma in una interessantissima mostra che ho appena visitato.
Più volte nella vita mi sono trovata a vivere questa dimensione, a volte a livello teorico, alcune altre in situazioni concrete.
Sempre il dolore mi crea sofferenza, ma la prigionia della pazzia mi sconvolge per le ulteriori implicazioni che ha, come quella per esempio di deformare la comunicazione o di imprigionare dentro i muri di un'invisibile bolla dalla quale è impossibile uscire.
La cosa più sconvolgente per me è il labile confine tra la divergenza creativa e la pericolosità di vivere un mondo stravolto che non c'è e che può mettere in pericolo se stessi e gli altri.
Sarebbe bellissimo poter sviluppare questa intrigante creatività da un lato e poter contenere l'aggressività e l'autoannullamento dall'altro.
In questi anni ho spesso pensato che se è vero che tenere i malati tutti insieme in un ambiente di malati non offre modelli alternativi di ispirazione e da imitare, è pur vero che disperdere nel mondo allo sbaraglio persone che hanno chiaramente bisogno di stimoli e cure particolari, alla fine della fiera, è concedere solamente uno sterile senso di apparente libertà.
In un lontano passato ho visitato, per contro, una casa di cura per malattie mentali.
Era ancora l'epoca in cui si praticava l'elettroshock.
Non potrò mai dimenticare quella sensazione terribile di oppressione, di prigionia, di grande malessere che ho provato.
Eppure la malata che ero andata a trovare, in anni successivi, asseriva che il suo stare meglio e il suo condurre una vita quasi normale era stato reso possibile grazie proprio all'elettroshock che aveva sperimentato più volte!
Ricordo con affetto anche un ragazzo che in una notte di delirio piombò in casa mia alle due di notte, arrivò quasi in camera da letto dove dormivano i miei bambini, in preda ad un delirio di cui lui si rendeva anche conto.
Ci cercava perché lo aiutassimo.
Voleva essere condotto all'ospedale, desiderava essere aiutato dai medici.
Ovviamente, eravamo nel periodo in cui c'era stata la chiusura degli istituti.
Lui quella notte credeva di essere Napoleone, ma si rendeva conto di star male per cui sapeva di non farcela da solo.
La madre voleva fermarlo a tutti i costi perché al pronto soccorso avrebbero brontolato e lui, ricordandosi di noi (ci aveva incontrato la mattina), sperava che potessimo fare qualcosa.
Infatti in qualche modo lo contenemmo e, pieni di medaglie che Napoleone lungo la strada di montagna via via ci concedeva, riuscimmo a condurlo in ospedale, dove lo presero in carico solo perché noi eravamo degli estranei e non potevamo tenerlo con noi.
Pochi mesi dopo il nostro amico morì suicida.
Che tristezza!
Le mie esperienze con persone "difficili" mi suggeriscono che queste persone stanno bene in libertà, solo se sono inserite in una comunità che può assorbirne le azioni e le difficoltà, ma che vanno poi seguite con cure appropriate e momenti stimolanti pensati solo per loro, che ne ristrutturino il vissuto e diano respiro alle famiglie.
Quel ragazzo viveva bene nel suo paese, accolto e sostenuto da tutti, ma non ha avuto una mano adeguata dai tecnici. Lui si rendeva conto benissimo di quando era in crisi e più che chiedere aiuto non poteva fare.
Era molto rammaricato di infierire involontariamente contro la madre che cercava di contenerne i deliri e le angosce... e io credo che anche questo abbia influito sulla sua terribile decisione finale.
Eccomi qui ancora seduta sulla nostra panchina virtuale.
Vi vedo silenziosi ascoltare le mie parole, forse siete anche un po' perplessi.
Sì, è bella l’atmosfera in questo luogo di silenzio e di bellezza.
Odo suoni profondi e rilassanti, respiriamo fragranze che non so definire.
Ci sentiamo liberi e leggeri, vero?
Qui intorno alla nostra panchina è tutto così bello che potrebbe sembrare inopportuno dare spazio a queste riflessioni su argomenti tanto angosciosi.
In verità è vero il contrario.
Rielaborare con calma in un posto ameno e sicuro come questo i nostri tabù, le nostre paure, è un bel modo per riportare equilibrio nelle nostre emozioni... insomma, per allenare i muscoli della mente e del cuore!
Io vedo che qualcosa è cambiato.
Lo scorgo nei vostri occhi, nei vostri sguardi che mi appaiono ora più consapevoli e distesi.
Alla prossima!
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Per allenare i muscoli della mente e del cuore
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