Wow!
Finalmente sono riuscita a raggiungere la nostra panchina!
Avevo tanta voglia di riprendere i nostri discorsi ed eccomi qui a mettere insieme le parole che mi frullano in testa già da un po’.
C’è luce oggi intorno alla panchina e sprazzi di cielo azzurro occhieggiano allegri e numerosi verso lo spazio infinito.
Sarebbe bello entrare in uno di questi fazzoletti di azzurro e perdersi al di là, novella Alice all’inseguimento del Cappellaio Matto!
Un giorno o l’altro lo farò e vi trascinerò con me.
In questo momento, però, sono piuttosto distratta da alcune vibrazioni che mi giungono da lontano.
Hanno un’insolita energia e mi distraggono dall’intraprendere un volo pindarico nell’azzurro.
Stranamente non odo melodie che dipingano di blu il blu.
Al contrario mi giunge un’eco lontana di voci sommesse.
Sono voci umane che stanno intonando un canto in sordina... cercano di riaffiorare alla mente che da innumerevolii anni le ha ricacciate giù in fondo.
Troppo indaffarata, la mente non ha più avuto tempo per rivivere quelle atmosfere che contribuirono a renderla adulta.
Niente è morto del tutto, però.
Le tracce sono sempre lì, in attesa di riemergere.
Quest’oggi sono più insistenti del solito e non ne vogliono proprio sapere di restare ancora lì, sopite.
In un crescendo, lento ma deciso, si ricompongono, prendono forza, scavalcano la soglia del conscio e invadono la panchina.
La connotano di spessore e di profondità.
È un bellissimo coro di voci umane che si sono unite abilmente per trovare la liberazione di un sentimento agreste, meglio ancora montano.
Le voci si alternano, si chiamano e si rispondono, si uniscono in un’apoteosi di energia positiva seppure malinconica.
E rivive la scena, vista per poco ma più volte immaginata, che mi riporta bambina alla scoperta del mondo.
E “odo greggi belar, muggire armenti...” sui pascoli incontaminati del Gran Sasso d’Italia.
Il fiume, non ancora imbrigliato ad alimentare la grande diga, scorre placido e potente ad un tempo.
Nel punto del guado le lavandaie attraversano da una riva all’altra sorridenti e felici.
Stendono il bucato a sbiancare al sole, scherzano tra loro e l’aria è profumata.
Il coro si fa sempre più vicino, sempre più pressante ed ora si percepisce in tutta la sua potenza.
Ripete il canto delle lavandaie al fiume che ho ammirato bambina.
È lo stesso coro che ho ascoltato molte volte più tardi facendo girare un long-playing sul grigio moderno giradischi acquistato da poco.
È il coro che, insieme a quelli alpini, ha allietato la mia anima di ragazza per molti anni.
Dunque, riuscite a sentire anche voi?
“Quel mazzolino di fiori... “ propone il primo coro, “che viene dalla montagna” risponde il secondo.
Poi, tutti insieme, i coristi liberano le loro energie concludendo la frase musicale.
È da tanto che penso che il cantare in coro sia una bellissima modalità per conoscere se stessi.
Cantando si riesce a concentrarsi su una sorta di meditazione che va a pescare nelle corde più profonde di noi.
Apparentemente si sta cercando di portare a termine una performance, ma in realtà la tensione interiore sfuma, l’ansia si dilegua e molte riflessioni personali potrebbero emergere a posteriori se solo noi non facessimo finta di non vederle.
È un po’ come stare insieme intorno alla panchina.
Mentre si vivono queste poche parole, molte corde del nostro cuore si attivano.
Gli effetti a catena penso siano molteplici... oppure?
Mi piacerebbe conoscere il vostro pensiero in proposito.
Alla prossima!
Vi aspetto ancora qui ad allenare i muscoli della mente e del cuore.
About La Panchina
Per allenare i muscoli della mente e del cuore
0 commenti:
Posta un commento