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venerdì 12 maggio 2017

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Meglio la calza







Wow! Eccoci ancora insieme.
Un po’ di chiacchiere oggi proprio ci vogliono.
Questo maggio con il suo tepore reca con sé anche voglia di rinnovamento e di fare.
Meglio ancora, direi che mette in moto una vivacità di pensiero che mi intriga, una voglia di approfondire che qui sulla panchina trova una bella espressione di sé.

È di ieri un’esperienza reale che mi ha colpito e che mi ha trascinato in una serie  di considerazioni.
È stata un’esperienza forte che non poteva non colpirmi nel profondo, soprattutto, non poteva non rafforzare in me la convinzione che nel mondo di oggi qualcosa deve essere cambiato e che La Panchina ha un suo innegabile perchè.

Dunque, proprio ieri mi sono trovata in una tabaccheria ad acquistare delle marche da bollo.
Poiché quest’ultime andavano stampate una per una con una macchina lentissima, mi sono trattenuta per un bel po’ in quel luogo in cui c’era un avvicendamento sostenuto di clienti abituali.
Inevitabile, farmi irretire nell’ossevazione di questa umanità non troppo variegata.
A parte l’acquisto di un pacchetto di sigarette light da parte di una signora dalla voce profonda e roca, chi entrava era accomunato dal fatto di essere un po’ avanti negli anni, pensionato, piuttosto serio, raramente atteggiato ad una finta leggerezza.
Lo scopo era l’acquisto di gratta-e-vinci per tentare la fortuna.
E, infatti, tutto era pronto alla bisogna.
Sul bancone ben disposti in una festa di colori, facevano bella mostra di sé innumerevoli cartoncini “della fortuna”, certamente più di due decine...
Erano così tanti che io ne ero frastornata!
Ben ordinati e ammiccanti, facevano da contraltare ad una diretta, trasmessa in video, in cui venivano continuamente estratti i numeri vincenti.
Serio, imbronciato, con il sorriso di circostanza, aggressivo, poco sorridente, deciso e ben conscio di quello che voleva fare, ogni avventore entrava e chiedeva il gratta-e-vinci abituale.
Uno soltanto, con finto disinteresse, ha chiesto alla commessa di scegliere lei quale dargli.
E poi tutti a grattare seriamente,  a seguire il video quando serviva, in fila per farsi controllare il proprio cartoncino... nessuno scambio vocale tra giocatori.
Quando uno o più pacchetti di cartoncini nel frattempo si esauriva, la commessa con destrezza ne recuperava di nuovi da un cassetto e li rimetteva in posizione.
Il signore che si era fatto scegliere il gratta-e-vinci dalla commessa, accortosi di aver vinto tre euro, invece di prenderli e andarsene, ne acquistò un altro da cinque, ricominciando a grattare, a fare la fila, a controllare il video.
Non c’era allegria, scherzo,  divertimento alcuno.
Inutile dire che mi sono intristita e che inevitabilmente ho pensato alla nostra panchina, naturalmente non per fuggire dal mondo reale, ma per i motivi stessi per cui La Panchina è nata.
In quel momento ho ripensato alle nonne del tempo che fu che, sedute sull’uscio di casa, su uno scalino o su una bassa seggiolina impagliata, sferruzzavano in allegria mantelline coloratissime con lane di recupero oppure indispensabili ruvidi calzini con cinque ferri di ridotte dimensioni.
Che differenza in quell’atmosfera!
Quella era l’occasione per parlare con le comari, scambiare cose belle e cose brutte, sostenere chi in quel momento era in difficoltà, vuotare la testa dei tanti problemi che la dura vita del tempo non faceva mancare.
Insieme alle nonne c’erano i bimbi che giocavano intorno, le galline e i piccioni che cercavano cibo, il cane di casa...
C’erano anche nonnine e nonnini vecchissimi che non avevano più forze per fare niente, ma che ancora si sentivano partecipi del sistema, attraverso l’ascolto e la comunicazione di parole, pensieri, idee.
Quando si rientrava in casa, ci si sentiva bene, pronti a ricominciare.
Cosa c’era di diverso dalla vita in tabaccheria?
Una volta ci si sentiva comunque utili, si aveva uno scopo da perseguire, una necessità cui rispondere...
C’era poi il sostegno reciproco che attraverso parole e fatti consentiva di andare avanti in un’economia spesso di sussistenza.
Oggi si spera di trovare qualcosa che risolva i nostri problemi, di avere qualcosa da altri, fuori da noi, perché è così che si fa.
Non si crede più che comunque si deve trovare un equilibrio dentro di noi, che ci dobbiamo dare da fare per costruire la nostra esistenza col pensare e con il fare, perché solo noi siamo artefici della nostra vita.
È avvilente pensare che nessuno ci vuole regalare niente, ma è solo il prenderne atto che ci può fare ripartire.
Non ci sono gratta-e-vinci che ci risolvono la vita.
Sarebbe bello, ma non è così.

Allora non convenite che sia meglio ritrovare una corte e una panchina, anche se virtuale?
Viva, dunque la “calzetta”, come si diceva un tempo in certe zone d'Italia!
Anche oggi si potrebbe tornare a trascorrere il tempo in qualcosa di più utile e divertente, piuttosto che  credere alla dea bendata che ci porta ricchezze con la sua cornucopia!
Dai calcoli matematici si sa per certo che così non è.
Dunque cerchiamo di stare bene qui, insieme sulla panchina, tra le parole e lo scambio di idee, lontani da chi vuole estorcerci anche quel poco denaro che abbiamo a disposizione.
E guardiamoci intorno!
Ci sono sempre molte persone nelle strade con cui scambiare almeno un sorriso e un buongiorno!

A presto!




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