Vacanze Romane
Azzurro come mai il cielo di Roma in questi giorni, luminosa l'aria che profuma di sole. Un Natale ghiacciato che sa di primavera.
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È l'ora. Non è tardi, ma il buio è fitto.
Piazza San Pietro, laggiù, si è già riempita di gente: un'infinità di fedeli e curiosi sono qui convenuti per l'apertura della Porta Santa.
In tutte le vie intorno c'è un viavai di persone senza fine: Borgo Pio, Borgo San Marco, Via della Conciliazione... si respira aria di festa. Sembra tutto tranquillo e c'è tanta serenità. Non è poco in un mondo che naviga a vista e che non è più avvezzo alla meditazione e alla tolleranza.
Le persone sono gentili. Si fermano e cedono il passo. Sorridono. Collaborative, aprono zaini e giubbotti per consentire l'accurato controllo nei punti stabiliti.
L'albero fa l'occhiolino in lontananza: tanti colori cangianti in continuo movimento.
C'è veramente molta gente, tanta da sconsigliare un ulteriore avvicinamento o di provare a percorrere il colonnato, ma la sensazione di spazio e di libertà è grandissima.
È valsa la pena aver camminato fin qui.
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Piazza Navona. La fontana dei fiumi del Bernini. Sempre uno spettacolo ogni volta che l'ammiro. Inevitabile per me soffermarmi sull'allegoria del Rio della Plata, che con il suo braccio alzato sembra proteggersi dal crollo di Santa Agnese in Agone del Borromini e mi rimanda alla leggenda, che si creò a Roma e che è arrivata fino ai giorni nostri, secondo la quale il gesto avrebbe sottolineato la rivalità tra lui e, appunto, il Bernini.
Per il resto la Piazza mi ha emozionato meno che in passato, forse perché l'organizzazione dei richiami per turisti somiglia molto a quella di altre piazze e di altre città.
Persino il Babbo Natale mi è apparso poco convincente, troppe parole per l'offerta e poca poesia. Il mio bimbo lo ha snobbato e non è voluto salire sulla sua slitta, nemmeno troppo convincente in verità.
E allora via verso il ghetto, al Portico d'Ottavia... carciofi fritti, supplì al telefono, costine scottadito, torta di ricotta e visciole... insomma tutta Roma nel piatto.
Un nuovo giorno.
Ed eccoci ancora a passeggiare per strade e stradine di Roma, nella luce di Roma, immersi nelle mille voci di Roma, che parlano a chi sa ascoltare.
Abbiamo una meta... la chiesa di Sant'Agostino. È proprio lì, dietro Piazza Navona.
Un Caravaggio, un Raffaello, ancora un presepe... ma pure candele, silenzio anche in presenza di attenti visitatori, voci sommesse, che via via si palesano timide nel giorno di Santo Stefano in un luogo che comunque restituisce la grande energia di tutti coloro che di lì sono passati.
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Un altro ristorantino romano. Oggi siamo in zona Montecitorio... stradine piccole, scorci nascosti non immaginabili... incontri, chiacchiere, relax, persone di famiglia.
Ancora altre strade. Questo pomeriggio festivo è veramente affollato. Via del Corso è tutta un brulicare di persone... impossibile andare. Meglio girare in qualche stradina laterale meno conosciuta. Forse lì si riesce almeno ad avanzare.
Via della Vite e su per Via Frattina verso Piazza di Spagna. La Scalinata...
No, impossibile continuare. Troppe persone, una folla inconsapevole e disordinata, che non rende giustizia alla bellezza di Roma.
Oh! Mi sfugge persino la Barcaccia, nascosta da un muro umano troppo turbolento e distratto. Non penso neppure alla sua esistenza, impegnata come sono a guadagnare centimetri verso Via dei Condotti. Già, Via della Condotti... ma qui si scivola in un girone dell'inferno dantesco, se possibile, ancora più affollato degli spazi che abbiamo vissuto fino ad ora. No, meglio tornare indietro. Mi volto e con decisione mi dirigo nuovamente verso Via Frattina, una strada stranamente viva, ma con un ritmo più pacato e consapevole.
Mentre vado, alzo gli occhi verso un bagliore intrigante che scende dall'alto verso di me e resto ammaliata dall'incredibile decorazione delle vetrine di Dior. Per un attimo sono sola in Piazza di Spagna.
Via Frattina. Qui, a metà, c'è persino un bar amico con i tavolini all'apertp.
Per fortuna c'è posto. Così ci sediamo sotto un'amorevole stufa che mi ricorda una lontana esperienza parigina.
Una tisana calda è proprio quello che ci vuole per ritornare in se stessi e, nella calma di mille parole dette e non dette, ritrovo finalmente Roma come era e come comunque la voglio ancora immaginare.
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Per allenare i muscoli della mente e del cuore
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