(continua)
In un paesino lontano lontano, viveva una bella mucca, con il pelo candido come la neve. Il suo nome era Gigia.
Un giorno la Gigia cadde nel fango sporcandosi tutta.
Il padrone pensò bene di lavarla, ma - ahimè - quel giorno il nostro caro contadino era completamente ubriaco.
“Hic, hic!” faceva, e invece di prendere il tubo dell’acqua, afferrò quello della botte più grande, aprendo il rubinetto.
Immediatamente il rosso lambrusco si riversò spumeggiante sulla Gigia, avendo ragione di tutto il fango che incontrò, ma non tutto filò liscio come l’olio perché accadde qualcosa di veramente strano: dopo essere stata lavata con il vino, il bianco mantello della Gigia mostrava ora splendide macchie viola, sparpagliate in bella mostra qua e là!
Così, quando la Gigia uscì a pascolare, non poteva credere ai suoi occhi!
Tutti si voltavano a guardarla, rimanendo increduli e a bocca aperta.
“Oh! Oooh! Uuuuh!” facevano, pieni di stupore e di meraviglia.
Così la Gigia, per la prima volta nella sua vita, era tutta contenta, anzi era in un brodo di giuggiole!
Infatti, mai aveva suscitato tanto interesse e così grande simpatia!
La mattina dopo il padrone girava per casa disperato.
“Povero me, cosa ho combinato! Ho rovinato la mia unica mucca! E se adesso si ammala?” borbottava tra sé e sé. Il solo pensiero lo faceva rabbrividire.
Non sapendo come rimediare, in men che non si dica, era già dal vecchio veterinario del paese, che lo ascoltò pazientemente, osservandolo da sopra gli occhiali.
Dopo lungo meditare, con aria solenne, quest’ultimo si accostò ad un imponente armadio di legno.
Rovistò all’interno per un bel po’, quindi trasse fuori, con una certa fatica, un grosso sapone verde, legato con un fiocco di carta viola.
“Tenete, buon uomo, ed andate ad insaponare la vostra mucca con acqua abbondante.
Insaponatela e risciacquatela per ben tre volte e sarete certamente soddisfatto del vostro risultato.”.
Fu così che la Gigia si ritrovò legata nella stalla, accanto ad un grosso secchio di acqua saponosa.
Il suo padrone con una grossa spugna, passava e ripassava ogni centimetro della sua pelle.
Mentre l’acqua del secchio diventava sempre più viola, l’animo della Gigia diveniva sempre più triste e grosse lacrime cominciarono a scendere dai suoi occhi rotondi, mescolandosi a tutto quel sapone che la ricopriva.
Poi d’improvviso ci fu uno strappo.
E via! La Gigia si allontanò dalla stalla di corsa, verso la libertà.
Non voleva tornare una mucca normale: era stato così bello essere oggetto di tanta attenzione da parte della gente, sentirsi addosso gli occhi di tutti.
Perché tornare una semplice anonima mucca bianca? No, proprio no!
E infatti il miracolo si ripeté subito.
Appena fu fuori dalla stalla, ogni persona che la vedeva passare, lasciava le sue occupazioni e, atteggiando l’espressione a stupore, si irrigidiva ad osservarla con occhi sgranati.
Subito dopo lo strappo della fune, anche il padrone della Gigia era corso fuori per riacciuffare la fuggiasca. Si era guardato intorno per localizzarla e… era rimasto di stucco, incantato!
Non poteva quasi credere ai suoi occhi!
L’interesse che la nuova Gigia riscuoteva sugli abitanti della contrada era qualcosa di veramente strabiliante!
E tanto bastò perché capisse rapidamente che era meglio tenersi la Gigia così com’era: più bella, più allegra, più felice.
Ricondusse alfine la mucca a casa, trattandola con ogni riguardo, anzi, quando vedeva che le macchie si schiarivano un po’, tornava a lavarla velocemente con il suo spumeggiante lambrusco, riportando il morbido mantello maculato al primitivo splendore.
Migliorò e migliorò anche la stalla in cui la Gigia alloggiava, trasformandola gradatamente in una stalla a cinque stelle.
Fu così che la gente veniva da lontano a vedere quella mucca eccezionale, lasciando volentieri un piccolo soldino nel barattolo che la Gigia indicava, muovendo ad arte la coda, con fare sornione.
Inutile dire che il padrone diventò ben presto ricchissimo grazie alla Gigia, che adesso mangiava ogni giorno bocconi gustosi e prelibati e viveva come una regina.
Ormai l’uomo non si chiedeva nemmeno più come tutto quello fosse stato possibile.
(continua)
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