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Consigli per la lettura delle pagine
: 8

Il blog parte con i post periodici con cui
lanciamo spunti e ci teniamo in contatto.

Sotto seguono una serie di pagine
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L'elenco è lungo, la voglia di scrivere è tanta,
lasciatevi coinvolgere per allenare i muscoli
della mente e del cuore

Buona lettura



Racconto - Tra dare e avere

 





Tra  dare  e  avere



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Avere? Sì, ho avuto molto.
Il mio primo sorriso nasce nel mondo iperuranico.
Mi ricordo benissimo quando ero un puntino nello spazio inesplorato sulla Luna alla scoperta del mio destino. Vi pare strano? Per me non lo è affatto.
Quando chiedevo a mia madre dov'ero prima della mia nascita, lei mi rispondeva con una bella immagine fantastica. Mi diceva sorridendo che all'inizio ero un piccolissimo puntino sulla Luna e lì attendevo di venire da lei. E a me questa cosa mi piaceva tanto tanto.
Mentre ero in attesa di scendere nella mia famiglia, già vedevo intorno a me piccole luci, puntini luminosi in arrivo da molto lontano. Venivano direttamenre dal futuro, erano qualcosa di bello che già mi faceva l'occhiolino. Tanti nipotini dolci e affettuosi tentavano di farsi riconoscere e due figliolini facevano le capriole per farsi individuare.
Che paesaggio meraviglioso coglievo in quel momento!
 
E poi arrivai a nascere sulla Terra, una piccola principessa attesa, vezzeggiata. 
Avere... Ecco il primo abitino da bambola che ricordo, un'organza di seta, leggera leggera e trasparente, a quadretti celesti e bianchi. Lo completava un enorme fioccone in vita da annodare sul retro e una gonnella ricca, arricciata a palloncino, che sembrava avesse il potere di farmi volare.
E, infatti, chi è che mi solleva?
Mi ritrovo seduta sul bancone di un negozio. Intorno un bel via vai.
Qui si vendono stoffe, spolette di filo, teletta per rendere rigidi i colletti delle giacche, aghi e ditali...   
Intorno si muovono tanti ragazze e ragazzi. 
Tutti hanno un complimento per me. 
Non è difficile sentirmi importante, appagata e serena. 





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Finalmente ho un lavoro! E che lavoro!
Sono stata assunta da una società moderna, in espansione, una società che letteralmente vola.
Sono molto giovane, ma, in verità, cominciavo già a disperare. 
L'ho desiderato tanto questo lavoro. L'inedia mi uccide e mi fa sentire inutile. Un lavoro mi serve. La paura di non trovarlo mi preoccupava. E poi un lavoro è fondamentale nella vita di un individuo, ne sono proprio convinta. Dà uno scopo e crea la società.
Il lavoro… e questo lavoro! Questo è una fatto davvero positivo che sta cambiando la mia vita. 
Mi sento importante e speciale, anche se la mattina devo alzarmi alle cinque e mezza. Un po' prestino certamente. A quest'ora è ancora buio e la città nel complesso ancora dorme.
Un caffè per svegliarmi, un autobus ancora semivuoto per raggiungere una piazza più centrale, un pullman dell'azienda che ci viene a prendere… alle sette e trenta siamo a bordo pista. Tra il rombo dei motori e gli annunci degli altoparlanti, incollo delle scritte, pezzetti di carta fondamentali per aggiornare i piani di volo.
Che bello! In questo ufficio c'è un via vai di affascinante gente in divisa che porta l'allegria al solo guardarla.
Autonomia, possibilità, persone, esperienze, conoscenze… quante cose mi saranno possibili d'ora in poi.
Ho molte cose che posso mettere in avere in questi anni: la gioventù, valorizzata da una grande maturità che mi riconosco da sola, la bella linea fisica che ho riacquistato e soprattutto la salute, un bene prezioso senza il quale si vede buio intorno a sé.
Ho dato molto in questo ambito fino a questo momento, infatti sono sempre stata piuttosto delicatina.
Ho avuto il morbillo, la broncopolmonite, la difterite e ogni anno perdevo un mese di scuola,  ma a scuola avevo lo stesso buoni voti, perché andare a scuola per me era un piacevolissimo hobby.
 




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Pomeriggio invernale. Me ne sarei stata volentieri a casa.
Proprio mentre uscivo con la mia bella cartella di stoffa scozzese bordata di pelle, è venuto giù il finimondo.  Tuoni, lampi, fulmini, hanno attaccato gli uomini e la città. 
Io, animaletto terricolo, me ne sarei stata volentieri in letargo a casa mia.  
L'autobus vecchio e affollato come sempre, grondava vapore all'interno e scrosciava d'acqua sporca all'esterno.
Finalmente sono a scuola. In questo periodo noi della Sezione L facciamo il turno del pomeriggio.
Anche nell'aula c'è un’aria pesante, siamo in tante e le finestre devono restare chiuse per la pioggia battente. Sì, in tante e donne. Oggi anche la professoressa è una donna. Abbiamo pure un professore nel corpo docente, uno solo, ma ancora gli alunni, femmine e maschi, vivono in questa scuola realtà separate.
Apro il libro alla pagina indicata. Subito la voce mi giunge all'orecchio carezzevole. Lima gentilmente il significato, aggiunge dettagli, suggerisce interpretazioni.
Ogni cosa si allontana intorno a me. Sono dimentica di tutto.
Il buio si stempera in un nuovo chiarore. 
Luce… c'è molta luce. Quanta luce sugli orci, sui pretendenti che bivaccano, sulle coppe riempite e svuotate! Sono immersa nella luce mentre Penelope fa scorrere la spoletta avanti e indietro, avanti e indietro, di nuovo avanti e indietro… e tesse la tela, una tela infinita per “Laerte prima fornir che l'inclemente Parca di lunghi sonni apportatrice il colga”.
Ho voglia di approfondire, di perdermi in questo mondo che mi intriga, che mi fa sognare, che la mia fervida fantasia arricchisce di mille particolari. So che ci tornerò ancora, che non l'abbandonerò più.
Nel frattempo fuori della finestra si è fatto quasi buio. Continua a piovere. La pioggia e l'autobus sudato mi attendono per il ritorno.
Tante cose avrebbero potuto di questo pomeriggio essere ascritte nella partita del dare,  perché a ben pensarci per me niente é facile in questo periodo, ma io l'ho inserito decisamente nel capitolo dell'avere, in quanto è qui che sono nata del tutto, e qui che mi sono formata e definita per quello che sono oggi.
Sulle fiabe dell'infanzia, su “La piccola principessa”, “Ivanhoe”, l'immancabile “Piccole donne" che ho incontrato subito dopo aver imparato a leggere, si sono innestate le antiche civiltà… il latino, la mitologia, le piramidi, i capitelli corinzi.





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Il letto, munito di sbarre, avanza per i lunghi corridoi sospinto da sei infermiere, mentre la bottiglia della flebo ballonzola impazzita e un medico cerca di tenerla ferma.
L'uomo disteso nel letto è magrissimo, cinereo, pieno di tubicini. Fa paura nel suo pigiama a righe. Sembra muoversi nell'opera inventata dalla fantasia di uno scrittore.
Finalmente lo strano corteo si è fermato. 
Siamo in una cappella all'interno di un importante ospedale della città. Oggi mi sposo.
Mi sposo qui nella cappella dell'ospedale. È il primo e l'unico matrimonio, almeno fino ad ora, che viene celebrato in questo luogo.
I pochi invitati sono già convenuti. Non tutti sono in abiti da cerimonia. Tutto è mutato negli ultimi dieci giorni. Tutto si è fermato.
Io sì. Io ho il mio abito da sposa, semplice ma elegante, lucido nella sua seta con i mazzolini di fiori intessuti.
Sono stanca ma felice. Che conquista! Sono riuscita ad arrivare a questo momento e a permettere a mio padre di partecipare comunque al mio matrimonio, malgrado tutto, malgrado la morte che tenta di ghermirlo.
Addio alla bellissima chiesa di Santa Sabina all'Aventino che ho prenotato con tanto anticipo, addio alle musiche, ai fiori, agli addobbi e a tutto quello che ho organizzato.
È un miracolo essere arrivati fino a questa mattina ed aver potuto celebrare questa commovente cerimonia in cui c'è luce e bellezza, serenità e compiutezza, a questa cerimonia che io percepisco come un regalo molto desiderato.
È chiaro che, nella partita della vita, io inserisco tutto questo nell'avere. Tutto quello che ho dovuto dare non ha per me alcuna importanza. 
Sarebbe stato facile e forse anche comprensibile che io mi fossi sentita triste, perseguitata dal fato, sfortunata, negletta. Al contrario io mi sono sentita ripagata e speciale per essere riuscita a far vivere a tutti noi un momento di vita vera e bella anche nelle avversità.
Stanca e sfinita dalla stanchezza fui premiata da un giorno o due di sole alla Cinque Terre, per ritornare immediatamente indietro ancora per dare, ma questo ormai non aveva più importanza.
Per inciso, alla fine della fiera, in quell'occasione mio padre riuscì incredibilmente a sconfiggere la morte e a rimandarla per un bel po' di tempo. 





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Un erbario… che bella idea! Semplici erbine raccolte in giardino, sul ciglio della strada, nel prato vicino casa, stanno vivendo in un modo meraviglioso in questo erbario romantico, un po' d'altri tempi. 
Lei, mia figlia, è intenta nella decorazione delle sue pagine 
Mi diverto molto a guardarla. La serietà e il sorriso con cui si impegna mi commuove. 
Mi sembra di essere ritornata io stessa al tempo della scuola… e quello fu per me un tempo di piacere e di gioia.
La mia scuola? Niente di speciale. Forse ero io ad ammantare quell'aula luminosa, con le tende di leggera canapa nocciola ad onde simmetriche, di un romanticismo che non c'era, che probabilmente era dentro di me oppure no.
Lui,  mio figlio, è tutto preso con le sue riviste che gli raccontano di lucide macchine che con la loro potenza ed eleganza percorrono terre vicine e lontane da scoprire.
Sulla Rolls-Roice della sposa i suoi occhi brillavano. Che macchina! E lui c'era. Era evidentemente in una favola in realizzazione nel sole complice di Roma.
Condurre la vita familiare, seguire i figli per la scuola, non è un peso per me, come non lo è stato badare a loro due piccolini, nati da poco, in piena dipendenza da me, con giornate lunghissime che si confondevano con la notte.
Mi sento confortata. Basta sbaciucchiarli un po'  e il mondo è mio.
Devo sottolineare che tutto questo non è stato un peso per noi, neanche per me.
Non sono mai stata sola in senso affettivo, anche se sola mi ritrovavo spesso per gli impegni che certo non mancavano.
Tutto questo l'ho iscritto da sempre nella colonna dell'avere, perché le relazioni familiari a tutto tondo mi hanno dato tanto in termini di tenerezza, benessere, senso di completamento.
 




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E adesso?
Eccomi qui, ancora a navigare a vista tra le parole. 
Parole e parole. Un mondo questo che è pieno di tutto. Infatti, ci posso ritrovare proprio tutto quello che voglio. Una libertà e un‘opportunità che niente altro può dare.
Sono parole, ma sono anche idee. Sono parole, ma sono anche emozioni. Sono parole, ma sono anche realtà possibili e alternative.
Forse in molti non lo credono, ma nel mondo delle parole c'è vita vera e propria, una vita che può essere, guarda un po',  facilmente condivisibile con gli altri.
E le parole non costano niente, ma hanno un immenso valore e, cosa anche molto importante, nessuno può togliertele, se tu non vuoi. Sono tue, solo e soltanto tue.
Quindi, come non metterle nella colonna dell'avere?






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E nel dare allora non metto proprio niente?
Vediamo.... Sì, non riuscivo neppure a trovare il tempo per andarmi a comprare un rossetto, cosa gravissima per me tutta precisina che lo mettevo abitualmente anche per stare in casa, ma cosa del tutto senza importanza, se utilizzavo quel tempo per stare con i miei adorati bambini.
Sì, ero lontana dalla mia famiglia, ero completamente sola, avevo un lavoro nuovo da costruire, ma noi avevamo tutto quello che ci occorreva: la voglia di fare, di star bene, di apprezzare le piccole cose come una buganvillea lungo il muro, la gatta del vicino che sconfinava nel nostro giardino, l'albero di Natale gigantesco che potevo fare in un luogo in cui farlo poi uscire dalla finestra e portare via da un muletto che girava da quelle parti.
Dare e avere… questo è il problema.
Un dilemma? No, non per me. 
Io mi perdo nelle mille cose che ho. Sono tante, tantissime, e si moltiplicano al mio sguardo positivo.
 




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