L'aliante
Renzo aveva compiuto da poco otto anni, quando cominciò ad avere voglia di vere avventure.
Ad un occhio poco attento avrebbe potuto dare l'impressione di un bambino calmo, molto obbediente, semplice. Insomma di un bambino di quelli che “dove lo metti sta".
In realtà Renzo era sensibile, altruista e soprattutto pieno di fantasia.
Nella sua mente le idee si generavano velocemente, poi si accavallavano senza criteri apparenti, per dissolversi in nuove trascinanti avventure.
Così non si annoiava mai e non si sentiva mai solo.
Al suo ottavo compleanno, però, qualcosa cambiò all'improvviso.
Aveva bisogno di sperimentare, di muoversi, di azione.
Sentiva una potente urgenza interiore di fare qualcosa che lo divertisse.
I suoi genitori lo osservavano nel suo cambiamento, anche con un po' di preoccupazione, finché convennero che bisognasse fare qualcosa. Ma che cosa?
Un giorno Renzo tornò da scuola tutto eccitato.
Daniel della terza B, durante la ricreazione in giardino, gli aveva detto che suo cugino, che viveva in un paese limitrofo, gli aveva parlato di un cosa bellissima.
C'era un signore che sapeva costruire e far volare degli alianti belli e grandi.
“Mamma, mamma! Voglio costruirli anch'io. Dai, mi porti da quel… Giorgio. Sì, Daniel mi ha detto che si chiama Giorgio. Dai, andiamo a vedere almeno come fa a farli volare!”.
Altro che dove lo metti sta.
Renzo in quel momento non sembra più nemmeno lui. Sembrava che niente potesse contenerlo o, meglio ancora, potesse fermarlo.
Così fu organizzato un viaggetto in Contrada La Bianca per incontrare il signor Giorgio che faceva provare il volo degli alianti.
Si scoprì che il signor Giorgio era un po' anzianotto, ma non ancora vecchio. Era molto abile nel manovrare i suoi attrezzi e aveva un bellissimo sorriso.
Renzo ne fu affascinato.
Trovò con lui altri ragazzini più o meno grandi, ma restò concentrato sull'uomo che manovrava gli alianti.
Già gli alianti! Erano molto più grandi di quanto lui avesse pensato.
Avevano un'apertura alare di tutto rispetto, anche se forse ce l'avrebbe fatta a sollevarne uno, perché il peso non sembrava essere eccessivo. Del resto dovevano librarsi nell'aria e la leggerezza avrebbe aiutato certamente.
Renzo cominciò a frequentare quel gruppo intensamente, in ogni momento libero dalla scuola, diventando un impegno gravoso per la famiglia che doveva accompagnarlo.
Vedendo, però, il suo interesse così profondo, genitori e nonni cercarono di accontentarlo.
Il signor Giorgio gli mostrò come si poteva costruire un bell'aliante.
In realtà in quel gruppo si costruivano modellini di aliante, ma non fatevi fuorviare dalla parola “modellini".
I giocattolini che realizzava Giorgio avevano un’apertura alare di tutto rispetto, anche più di due metri, e la bravura stava nel catturare l'aria in modo da farli alzare in volo e di farceli restare per un tragitto più lungo possibile.
Renzo sprizzava gioia da tutti i pori, mentre imparava i segreti per costruire piccoli e meno piccoli alianti e andava addirittura in sollucchero, quando cercava di farli volare.
In famiglia non lo riconoscevano più. Era l'entusiasmo fatto persona. Non la smetteva più con i suoi racconti di peso, attrito, traiettorie. Ne parlava con serietà e cognizione di causa.
A scuola era sempre lì con Daniel a magnificare le attività del gruppo de “La Branca", che viveva attraverso gli alianti, finché anche il suo amico si unì a lui e cominciò ad esercitarsi. La loro amicizia divenne così forte che cominciarono a trascurare ogni altro interesse.
Pian piano si scoprì che Renzo era particolarmente dotato nel far volare gli alianti. Sapeva saggiare l'aria, individuare le correnti, dosare il lancio e la forza da imprimere al velivolo.
Adesso nessuno più pensava di lui che fosse un bambino che “dove lo metti sta".
La sua vivacità aveva fatto breccia anche a scuola, dove aveva acquisito sicurezza e si mostrava più interessante agli occhi dei compagni.
Quando era sul campo di volo, sempre più spesso, Renzo si faceva prendere dalla fantasia e, senza accorgersene, si ritrovava a volare per cieli azzurri, sperimentando il senso di libertà e leggerezza che gli veniva dal profondo.
I suoi erano veri e propri voli pindarici, in cui dimenticava di essere un ragazzino e si trasformava in aquilone, in uccello del paradiso, in un extraterrestre alieno proiettato verso mondi inesplorati. In una manciata di secondi viveva una vita intera.
Quando l'aliante atterrava, correva a riprenderselo. Si accertava che fosse ancora integro e lo lanciava di nuovo, per continuare a vivere la sua avventura che si era bruscamente interrotta.
“Mamma, mamma, sabato ho una gara… mi dovete accompagnare!” gridò Renzo, quel pomeriggio, mentre usciva di corsa dal capannone dove aveva lavorato con Giorgio a costruire un nuovo piccolo modellino.
Fu così che cominciò l'intrigante periodo delle gare.
Le gare si susseguivano ritmicamente una dietro l'altra e Renzo girava per l'Italia con il suo gruppo.
Ben presto diventò la punta di diamante della squadra e i riconoscimenti cominciarono ad accumularsi.
Renzo ne era davvero felice, ma restò sempre quello che era, il ragazzo semplice e rassicurante, da sembrare quello che “dove lo metti sta”.
Ora sognava di guidare grandi aerei e, perché no, una navetta spaziale.
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