Dopo aver letto
il racconto
che segue,
proviamo a stendere
un breve giudizio,
una semplice recensione?
📚
Sdraiata sul letto, cercava di concentrarsi per neutralizzare il caldo insopportabile di un'estate torrida come non accadeva da molti anni. Aveva chiuso gli occhi e si era immobilizzata, decisa ad evitare qualsiasi movimento che potesse ulteriormente aumentare il forte senso di disagio. Fu in quel momento che avvertì un'improvvisa presenza.
Dina alzò gli occhi di scatto. Un'enorme creatura si stagliava al di là della piccola ringhiera di ferro battuto di fronte alla sua finestra. Prendeva colore e ingrandiva a vista d'occhio.
Non fece in tempo nemmeno ad urlare. Quella massa informe aveva già scavalcato il davanzale e aveva riempito tutta la stanza. In un batter d'occhio l’aveva circondata completamente: nella stanza non era rimasto libero neppure un centimetro. Strano! Strano davvero! Il senso di paura era scomparso del tutto. Si accorse, con grande sorpresa, che da vicino quella creatura era splendidamente colorata e al tatto morbida ed elastica.
📚
Dina si accomoda su quella che all'inizio era parsa una gamba, la gamba enorme di un mostro smisurato. Stranamente, ora non ha affatto paura. È curiosa di vedere cosa accadrà. E, infatti, qualcosa accade immediatamente.
Si sente trasportare via. Dove non sa. Non capisce bene come, eppure sta andando. Ha urgenza di raggiungere una meta. Va via in velocità. Non sembra realistica una tale velocità. La concretezza si è fatta pensiero e ne ha colto tutte le opportunità che esso offre.
Scende dall'alto e si dirige verso valle. Attraversa spazi improbabili che non coincidono con strade canoniche. Prima che riesca a comprendere dove e come, eccola finire all'interno di una casa un po' datata, come ne ha viste tante sui tornanti di molte strade che ha percorso. Come ci è finita? Accetta con naturalezza di aver attraversato magicamente la parete di pietre antiche. Ha superato tutte le stanze e si è fermata proprio un attimo prima di sbucare dall'altra parte, su una nuova strada.
Dina riprende consapevolezza di se stessa. È seduta in una piccola Smart. Si è fermata perché deve telefonare, ma ha un telefono nuovo e non ha il numero che le serve. È la madre che deve chiamare. Ne ha urgenza. Deve avvisarla che sta arrivando, ma anche ascoltare cosa lei ha da dirle. Non sa come, ma la vede. È lì che la sta aspettando laddove lei è diretta. È ancora abbastanza giovane sua madre e sta badando ad un bambino. Tutto è tranquillo in quella casa.
Cerca di nuovo il telefono e compone un numero che le sembra di ricordare. Non è quello giusto. Torna ad occuparsi della sua Smart. Abbassa lo sguardo e si accorge che la sua è una ben strana Smart. La parte davanti non c'è e oltre il volante termina con un pianale di cartone. Si domanda come abbia fatto ad arrivare fin lì e a quella velocità. Continua ad armeggiare con il telefono.
Chiede alla signora che abita in quell'appartamento se può aiutarla in qualche modo. Si dà un tono di normalità. Lascia la Smart e chiede di poter usare il bagno. È tutto pulito in questa casa. Un'aria fresca fresca circola in ogni punto nella penombra estiva che sfrutta le finestre lasciate aperte ad arte.
Si siede nuovamente al volante e in qualche modo rimette in moto. Riprende immediatamente la corsa frenetica che non ha niente di umano, sospesa com'è tra passato e futuro. Attraversa boschi, ancora tornanti, passa sopra tetti, scendendo sempre più in basso. Non ci sono persone nei luoghi che attraversa. Tiene con difficoltà la Smart lungo il percorso che evidentemente deve percorrere.
Non riesce a comprendere tutto quello che le sta accadendo, ma coglie profonde emozioni intrise di bene e di male, di bello e di brutto. Nel complesso si sente ansiosa di arrivare, di superare gli ostacoli che le si frappongono e che rendono quell'insolito viaggio molto più lungo. Intanto rivive dubbi che ha incontrato nella giovinezza, esperienze a volte faticose, paure che ha dovuto superare, certezze che ha dovuto catturare, per diventare quello che è adesso. Cose pregnanti, comunque, che aveva rimosso e dimenticato.
Riflette. Si avvede che tutto questo convive ancora integro dentro di lei e torna fuori in momenti come questi. Non deve fermarsi, però, deve andare e ancora andare. Deve arrivare, tanto con il telefono non può fare proprio niente.
Ecco. La sarabanda si è conclusa. L'auto si è fermata di nuovo. Dina è ancora seduta al volante della Smart. La piattaforma di cartone con cui termina quella strana auto non si è affatto sciupata in tutto quel correre verso il basso attraverso tutto ciò che ha incontrato, tagliando i tornanti.
Ora è quaggiù, dentro la casa in cui doveva arrivare, accanto al telefono a cui non è riuscita a collegarsi. L'atmosfera è di accoglienza. La donna di mezza età la guarda ad una certa distanza con serenità, ma non si avvicina, mentre tiene per mano il bambino. Ha uno sguardo penetrante che vuol dire molte cose, ma le labbra non pronunciano parole. È muta.
Dina è completamente coinvolta dal suo sguardo. Cosa vuole dirle? Cosa vuole comunicarle? Non è facile comprendere. Quello che è chiaro è che certamente vuole rassicurarla. Comunica con chiarezza che lei è lì in attesa, che c'è serenità lì intorno… È come se volesse dirle che un qualcosa sta per accadere, ma che c'è lei a mediare. Niente paura, dunque! si accomoda su quella che all'inizio le era parsa una gamba, la gamba enorme di un mostro smisurato. Stranamente, ora non ha affatto paura. È curiosa di vedere cosa accadrà. E, infatti, qualcosa accade immediatamente.
Si sente trasportare via. Dove non sa. Non capisce bene come, eppure sta andando. Ha urgenza di raggiungere una meta. Va via in velocità. Non sembra realistica una tale velocità. La concretezza si è fatta pensiero e ne ha colto tutte le opportunità che esso offre.
Scende dall'alto e si dirige verso valle. Attraversa spazi improbabili che non coincidono con strade canoniche. Prima che riesca a comprendere dove e come, eccola finire all'interno di una casa un po' datata, come ne ha viste tante sui tornanti di molte strade che ha percorso. Come ci è finita? Accetta con naturalezza di aver attraversato magicamente la parete di pietre antiche. Ha superato tutte le stanze e si è fermata proprio un attimo prima di sbucare dall'altra parte, su una nuova strada.
Dina riprende consapevolezza di se stessa. È seduta in una piccola Smart. Si è fermata perché deve telefonare, ma ha un telefono nuovo e non ha il numero che le serve. È la madre che deve chiamare. Ne ha urgenza. Deve avvisarla che sta arrivando, ma anche ascoltare cosa lei ha da dirle. Non sa come, ma la vede. È lì che la sta aspettando laddove lei è diretta. È ancora abbastanza giovane sua madre e sta badando ad un bambino. Tutto è tranquillo in quella casa.
Cerca di nuovo il telefono e compone un numero che le sembra di ricordare. Non è quello giusto. Torna ad occuparsi della sua Smart. Abbassa lo sguardo e si accorge che la sua è una ben strana Smart. La parte davanti non c'è e oltre il volante termina con un pianale di cartone. Si domanda come abbia fatto ad arrivare fin lì e a quella velocità. Continua ad armeggiare con il telefono.
Chiede alla signora che abita in quell'appartamento se può aiutarla in qualche modo. Si dà un tono di normalità. Lascia la Smart e chiede di poter usare il bagno. È tutto pulito in questa casa. Un'aria fresca fresca circola in ogni punto nella penombra estiva che sfrutta le finestre lasciate aperte ad arte.
Si siede nuovamente al volante e in qualche modo rimette in moto. Riprende immediatamente la corsa frenetica che non ha niente di umano, sospesa com'è tra passato e futuro. Attraversa boschi, ancora tornanti, passa sopra tetti, scendendo sempre più in basso. Non ci sono persone nei luoghi che attraversa. Tiene con difficoltà la Smart lungo il percorso che evidentemente deve percorrere.
Non riesce a comprendere tutto quello che le sta accadendo, ma coglie profonde emozioni intrise di bene e di male, di bello e di brutto. Nel complesso si sente ansiosa di arrivare, di superare gli ostacoli che le si frappongono e che rendono quell'insolito viaggio molto più lungo. Intanto rivive dubbi che ha incontrato nella giovinezza, esperienze a volte faticose, paure che ha dovuto superare, certezze che ha dovuto catturare, per diventare quello che è adesso. Cose pregnanti, comunque, che aveva rimosso e dimenticato.
Riflette. Si avvede che tutto questo convive ancora integro dentro di lei e torna fuori in momenti come questi. Non deve fermarsi, però, deve andare e ancora andare. Deve arrivare, tanto con il telefono non può fare proprio niente.
Ecco. La sarabanda si è conclusa. L'auto si è fermata di nuovo. Dina è ancora seduta al volante della Smart. La piattaforma di cartone con cui termina quella strana auto non si è affatto sciupata in tutto quel correre verso il basso attraverso tutto ciò che ha incontrato, tagliando i tornanti.
Ora è quaggiù, dentro la casa in cui doveva arrivare, accanto al telefono a cui non è riuscita a collegarsi. L'atmosfera è di accoglienza. La donna di mezza età la guarda ad una certa distanza con serenità, ma non si avvicina, mentre tiene per mano il bambino. Ha uno sguardo penetrante che vuol dire molte cose, ma le labbra non pronunciano parole. È muta.
Dina è completamente coinvolta dal suo sguardo. Cosa vuole dirle? Cosa vuole comunicarle? Non è facile comprendere. Quello che è chiaro è che certamente vuole rassicurarla. Comunica con chiarezza che lei è lì in attesa, che c'è serenità lì intorno… È come se volesse dirle che un qualcosa sta per accadere, ma che c'è lei a mediare. Niente paura, dunque!
Trascorre un tempo indefinibile. Forse un tempo breve, ma non è detto che lo sia. Poi tutto è finito.
La massa di colore la circonda di nuovo, morbida ed elastica. Tante tonalità di grigi, sfumature di verde, giallo oro nel brillante blu pavone. Che pace! Da qui non si sposterà più. Che succede? Si muove. Cosa fa? Avverte che si sta ritirando e, prima che se ne renda conto del tutto, il mostro è tornato sul muro al di là della piccola ringhiera di ferro battuto.
📚
Dina apri gli occhi. Si sentiva molto strana. Non sapeva decidere come si sentisse. Aveva vissuto un'esperienza insolita. Non le sembrava affatto un semplice sogno. Rimase lì a lungo a pensare
Quel viaggio aveva certamente un significato. Doveva comprendere quale. Le era capitato già alcune altre volte.
Qualsiasi cosa fosse capitata, comunque, non c'era da preoccuparsi. Laggiù, al di là, c'era lei a mediare e di lei ci si poteva fidare.
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Dunque, chi comincia?
🌹
Quale è il confine che separa la realtà dall’irrealtà? Chi ha la capacità di definirlo? Sembra un sogno quello di Dina, ma lo è ?!
Il caldo crea strane suggestioni, il sudore che cola sul viso ed irrita gli occhi ci fa scorgere sbrilluccichii ed immagini contorte, ma Dina tocca con mano l’essere che entra nella sua stanza, essere che si dimostra un’entità pacifica.
Sembra che l’autrice "La Panchina" voglia farci viaggiare nel mondo dell'introspezione dei pensieri della protagonista facendole rivivere in modo fantastico vari momenti di vita per riportala alla consapevolezza di sé.
Un racconto ricco e corposo, sottolineato dall’alternanza di emozioni negative e positive... dalla voglia di arrivare al termine del lungo viaggio della protagonista superando gli ostacoli.
Il pensiero di Dina ci riporta alla realtà a volte irreale dei nostri tempi.
Complimenti all’autrice che consiglio di seguire nei prossimi scritti!
(Monica)
Dina è un persobaggio nel quale ci si puo facilmente ritrovare.
RispondiEliminaè sola nella sua stanza e immobile per il gran caldo.
ecco che senza volerlo si trova avvolta da un qualcosa di morbido che tutto comprende; paura sorpresa ma poi abbandono.
Docile si lascia trasportare anche se lei stessa crede di condurre
personalmente la sua strana improbabile auto ma che va veloce e sicura verso la sua meta.
La donna percorre un tempo dilatato e permeabile , sa che deve giungere ad una certezza, fino a rivedere una donna da sempre amata, sua madre che ancora la tiene per mano e seppur senza parole la rassicura con dolce fermezza; é la madre terrena, la custode del suo passato che angelicata dal trapasso diviene la madre celeste ,Maria, che tutti consola e assiste nelle ore buie della vita e che assicura la sua amorevole presenza anche nel nostro ultimo respiro. Lei sara con noi nella sublime eterea avventura e noi, piccole donne, saremo in lei nella gioia luminosa del vivere eterno. Questa certezza ha intuito Dina, ha chiesto e le è stata donata...ora sa, puo continuare la sua esperienza col cuore piu leggero e sentirå freschezza e benessere nonostante il caldo e la fatica del vivere. Questo suo viaggio che pere abbia sembianze di un sogno è a mio avviso un messaggio di speranza per
chiunque si interroghi sul significato piu profondo dell'esistenza
Grazie, Elisabetta! Molto interessante la tua analisi e la tua interpretazione di questa imptobabile avventura vissuta da Dina. Hai toccato molti punti interessanti che potranno ampliare ulteriormente la nostra discussione. Grazie ancora.
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